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Un (raro) caso di istigazione alla corruzione tra privati

Corruzione
Corruzione

Una notizia di stampa (“Nella cassa di vino c’è una mazzetta: manager di Ubi Banca denuncia”, corriere.it, 30 gennaio 2019) ci consente di esaminare un caso di istigazione alla corruzione tra privati (articolo 2635-bis del Codice Civile) che ha coinvolto pure una società ai sensi del Decreto Legislativo n.231/2001.

Questi, in sintesi, i fatti riportati nell’articolo:

Un’imprenditrice immobiliare, interessata ad acquistare da una banca alcuni palazzi in via di dismissione, ha tentato di corrompere il capo della divisione immobiliare della banca, offrendogli 30mila euro nascosti in una confezione di vino in regalo. Il funzionario ha avvisato la banca, che ha querelato la donna.

La donna è titolare di una società immobiliare, che è stata sottoposta, a sua volta, a procedimento penale ex Decreto Legislativo n. 231/2001 (articolo 25-ter).

Risulta in corso di definizione un patteggiamento concordato con la Procura per il reato menzionato: la società accetterebbe la sanzione pecuniaria di 20mila euro oltre alla confisca dell’importo della tangente, al risarcimento del danno subito dalla banca e all’adozione di un modello organizzativo, essendone sprovvista al momento dei fatti.

Trattasi, precisamente, della fattispecie prevista nell’articolo 2635-bis del Codice Civile, introdotta dal Decreto Legislativo n. 38/2017 (mentre la corruzione tra privati ex art 2635 Codice Civile è stata introdotta dalla legge 190/2012):

Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi un’attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell’articolo 2635, ridotta di un terzo.

La pena di cui al primo comma si applica agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per sé o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata.

Solo la fattispecie del primo comma può costituire reato presupposto ai sensi del Decreto Legislativo n. 231/2001: il soggetto che tenta di corrompere l’altrui esponente aziendale può, effettivamente, agire nell’interesse o a vantaggio della sua società.

La narrazione di cui si dispone evidenzia i seguenti dati che possono essere raffrontati con il testo normativo:

1. offerta indebita di denaro: Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti

2. a soggetto che svolge funzioni direttive presso una banca: agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi un’attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive,

3. affinchè convincesse la banca ad accettare la vendita dell’immobile ad un prezzo più basso: affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà

4. il funzionario della banca non ha accettato l’offerta, anzi ha segnalato il tentativo di corruzione: qualora l’offerta o la promessa non sia accettata.

La società immobiliare può essere ritenuta responsabile ex articolo 25-ter, lettera s-bis, Decreto Legislativo n. 231, proprio perché trattasi dell’ipotesi di cui al comma 1 dell’articolo 2635-bis del Codice Civile.

La sanzione pecuniaria per l’ente è compresa tra duecento e quattrocento quote: il valore della quota è compreso tra 258 euro e 1549 euro.

Sono pure applicabili le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata compresa tra 3 mesi e 2 anni.

Va ricordato che quella in esame è l’unica fattispecie di reato c.d. societario (ex articolo 25-ter Decreto Legislativo n. 231), insieme alla corruzione tra privati, a consentire le sanzioni interdittive (anche in sede cautelare).

Il patteggiamento, nel caso di specie, non prevede l’applicazione di interdittive in quanto l’articolo 17 Decreto Legislativo n. 231 le esclude se l’ente risarcisce il danno, mette a disposizione il profitto illecito per la confisca e adotta ex post un Modello organizzativo.

Infine, va ricordato che con la legge n. 3/2019 le due fattispecie diventano procedibili d’ufficio: non sarà quindi più necessaria la querela dell’ente al quale appartiene il soggetto corrotto (o istigato alla corruzione).