Riforma 231: la colpa di organizzazione

colpa di organizzazione
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Riforma 231: la colpa di organizzazione

 

Propongo alcuni spunti e riflessioni in tema di colpa di organizzazione ex d.lg. 231/2001 in prospettiva di riforma.
 

1. La colpa di organizzazione è elemento costitutivo della responsabilità dell’ente e deve essere dimostrato dall’Accusa

In altri termini, occorre sancire l’orientamento ormai consolidato della Cassazione.

A tal fine, gli artt. 6 e 7 dovrebbero essere formulati in positivo: l’ente risponde se non ha adottato il Modello e non più “se prova” di averlo adottato.

In tal modo, l’onere della prova (degli elementi costitutivi della colpa di organizzazione) viene spostato, ex lege, a carico del P.M.

In questo senso già la bozza AREL, 2010:

Articolo 6 - Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente.

1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettera a), l'ente risponde se:

a) l'organo dirigente non ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento non è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, nonché di mezzi, anche finanziari, adeguati;

c) l'organismo di vigilanza di cui alla lettera b) non ha correttamente esercitato tale vigilanza e cura;

d) le persone hanno commesso il reato senza aver eluso fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione.

Idem, la proposta di legge A.C. 3640/2010, addirittura esplicita sull’onere della prova:

1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettera a) e lettera b), per aversi la responsabilità amministrativa dell'ente la pubblica accusa dovrà dimostrare che:

a) l'organo dirigente non ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento non è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

c) le persone hanno commesso il reato non eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;

d) vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).

Nella stessa direzione, AODV231, 2016:

Art. 6 - Reati commessi da soggetti apicali

1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell’articolo 5, comma 1, lettera a), l’ente risponde se:

a) l’organo dirigente non ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, un modello di organizzazione, gestione e controllo, di cui all’articolo 7-bis, idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sull’efficace attuazione del modello, nonché sul suo aggiornamento, non è stato affidato all’organismo di cui all’articolo 7-ter;

c) vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui all’articolo 7-ter.

Art. 7 - Reati commessi da soggetti sottoposti all’altrui direzione

1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell’articolo 5, comma 1, lettera b), l’ente risponde se:

a) l’organo dirigente non ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, un modello di organizzazione, gestione e controllo, di cui all’articolo 7-bis, idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sull’efficace attuazione del modello, nonché sul suo aggiornamento, non è stato affidato all’organismo di cui all’articolo 7-ter;

c) vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui all’articolo 7-ter;

d) la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.
 

2. Eliminare la necessità dell’elusione fraudolenta

Se la responsabilità dell’ente si fonda sulla sua colpa organizzativa, non dovrebbe rilevare la condotta elusiva dell’autore del reato.

Si consideri pure che la giurisprudenza di legittimità grava il P.M. dell’onere della prova della colpa organizzativa ma non parla mai di prova dell’elusione fraudolenta a carico del P.M. stesso.

Inoltre, tale requisito non si concilia con i reati colposi, costringendo la giurisprudenza ad obliterarlo nella sostanza.

In questo senso, AODV231, 2016:

Inoltre, si decide l’espunzione del discusso requisito dell’elusione fraudolenta, concentrando lo sforzo probatorio richiesto al pubblico ministero sui tre elementi residui (adozione ed efficace attuazione del modello, affidamento del compito di vigilanza e di aggiornamento del modello a un OdV, omessa o insufficiente vigilanza dell’OdV), che concorrono a dimostrare l’esistenza di una c.d. colpa organizzativa in capo all’ente.

Il punto, peraltro, non è condiviso da tutti: si noti, ad esempio, che la bozza AREL e l’AC 3640 mantenevano il riferimento all’elusione fraudolenta, rendendola comunque oggetto di prova (negativa) a carico del P.M.
 

3. Rileva la prevenzione del reato verificatosi e non quella del reato “della specie di quello verificatosi”

In altri termini, occorre sancire l’orientamento della Cassazione.

Cass. “Impregilo” 2022:

Il giudice, dunque, è chiamato ad una valutazione del modello in concreto, non solo in astratto. Tale controllo, tuttavia, è sempre limitato alla verifica dell'idoneità del modello a prevenire reati della specie di quello verificatosi, sicché dev'escludersi che il controllo giudiziario del compliance (program) abbia una portata "totalizzante", dovendo essere rivolto, invece, ad escludere la reiterazione degli illeciti già commessi. Il modello organizzativo, cioè, non viene testato dal giudice nella sua globalità, bensì in relazione alle regole cautelari che risultano violate e che comportano il rischio di reiterazione di reati della stessa specie. È all'interno di questo giudizio che occorre accertare la sussistenza della relazione causale tra reato ovvero illecito amministrativo e violazione dei protocolli di gestione del rischio.

In questa direzione pure la Commissione Pisapia, 2007:

Articolo 56 (Responsabilità degli enti)

Prevedere la responsabilità dell’ente per fatti di reato, recependo la disciplina attualmente prevista dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, con gli adeguamenti che seguono:

d) stabilire che la responsabilità delle persone giuridiche si perfezioni solo se il reato sia stato reso possibile da una lacuna organizzativa ascrivibile alla stessa o dalla carenza di sorveglianza o controllo ovvero sia stato commesso su indicazione dei vertici organizzativi o gestionali dello stesso

Tale soluzione deve essere ulteriormente approfondita: il riferimento al reato concreto potrebbe spostare la responsabilità dell’ente al suo mancato impedimento e, tra l’altro, rilanciare la tesi del coinvolgimento dell’OdV in tale omesso impedimento.
 

4. La lacuna del Modello deve avere avuto efficacia causale rispetto al reato de quo

In altri termini, occorre sancire l’orientamento della Cassazione.

Trattasi, come visto, di principio introdotto in via interpretativa da Cass. “Impregilo” 2022.

Commissione Pisapia, 2007:

Articolo 56 (Responsabilità degli enti)

Prevedere la responsabilità dell’ente per fatti di reato, recependo la disciplina attualmente prevista dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, con gli adeguamenti che seguono:

d) stabilire che la responsabilità delle persone giuridiche si perfezioni solo se il reato sia stato reso possibile da una lacuna organizzativa ascrivibile alla stessa o dalla carenza di sorveglianza o controllo ovvero sia stato commesso su indicazione dei vertici organizzativi o gestionali dello stesso

Tale soluzione deve essere ulteriormente approfondita: il riferimento al reato concreto potrebbe spostare la responsabilità dell’ente al suo mancato impedimento e, tra l’altro, rilanciare la tesi del coinvolgimento dell’OdV in tale omesso impedimento.