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Accesso alla mediazione

Estratto da "La mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali" - Filodiritto Editore - 2011 - www.filodirittoeditore.com
[Estratto da "La mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali" - Filodiritto Editore - 2011 - www.filodirittoeditore.com]

Capo II

DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE

Art.4

Accesso alla mediazione

1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 é presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data della ricezione della comunicazione.

2. L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa.

3. All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione.

COMMENTO

Comma 1

La procedura di mediazione viene attivata mediante il deposito di un’istanza scritta che può essere anche congiunta.

In caso di più domande singole prevale l’organismo che si è preventivamente adito.

La relazione illustrativa ci informa che l’unico criterio adottato è appunto quello della prevenzione; non è stato fissato deliberatamente un criterio di competenza e le giustificazioni addotte sarebbero in parte condivisibili se la mediazione non fosse trattata come un’attività giudiziaria.

La conciliazione delle origini effettivamente non aveva nemmeno un luogo privilegiato di svolgimento: a Roma inizialmente si poteva celebrare nel tragitto che conduceva al tribunale, sotto ad una colonna nel Foro di Cesare o nel tempio di Giunone o ancora inter parietes, ossia a casa di parenti e vicini che appunto fungevano da amichevoli compositori dei litiganti.

Di competenza lo stesso Platone (v. “Le Leggi”) parla sempre con esclusivo riferimento ai tribunali ovvero agli organi sovraordinati.

Tuttavia questo stato di cose è mutato con la Rivoluzione francese quando la giustizia di pace ha cambiato la sua funzione, è diventata strumento di controllo del territorio ed è stata quindi ivi diffusa capillarmente.

Lo stesso conciliatore italiano del 1865 aveva una competenza che ricomprendeva gli oggetti e le persone del territorio che gli era stato affidato e non svolgeva conciliazione per gli “estranei” di cui aveva cura altro giudice collega di pari grado.

A commento dell’art. 1 la relazione illustrativa precisa che “si è scelto di riservare la mediazione a organismi dotati di un’abilitazione pubblica e soggetti alla vigilanza del Ministero della giustizia”; è indubbio quindi che siamo in presenza della stessa logica di giurisdizionalizzazione della mediazione che animò la Costituente francese.

L’unica differenza è che qui tendenzialmente siamo in presenza di una mediazione facilitativa che impone il canone della imparzialità . Nella conciliazione ottocentesca il pericolo di una minaccia all’imparzialità veniva considerato di secondo ordine: il conciliatore aveva un rapporto perlomeno di conoscenza con le parti che andavano in conciliazione.

Dunque, sarebbe stato opportuno prevedere almeno un criterio almeno di competenza territoriale anche per la mediazione attuale.

Non pare sufficiente replicare che si considera giustificata la mancata partecipazione “davanti a un organismo senza alcun collegamento con la residenza o sede delle parti, con il loro domicilio o con i fatti oggetto di conflitto” , perché comunque l’accertamento dell’ipotesi è legato alla valutazione del giudice, allo stesso modo in cui lo sarebbe l’incompetenza o la competenza dell’organismo adito.

Né appare condivisibile l’assunto che una competenza territoriale non sarebbe ammissibile perché “in alcune materie, gli organismi ben difficilmente conosceranno una distribuzione così capillare da riprodurre la competenza degli uffici giudiziari”; se così fosse, infatti, si determinerebbe un fallimento del modello che è stato messo in piedi.

Ci sono poi dei casi che non sono sicuramente risolvibili col mero criterio della prevenzione: ciò accade quando le istanze non abbiano il medesimo oggetto o lo abbiano solo in parte o ancora quando le istanze siano connesse l’una all’altra.

[Estratto da "La mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali" - Filodiritto Editore - 2011 - www.filodirittoeditore.com]

Capo II

DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE

Art.4

Accesso alla mediazione

1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 é presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data della ricezione della comunicazione.

2. L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa.

3. All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione.

COMMENTO

Comma 1

La procedura di mediazione viene attivata mediante il deposito di un’istanza scritta che può essere anche congiunta.

In caso di più domande singole prevale l’organismo che si è preventivamente adito.

La relazione illustrativa ci informa che l’unico criterio adottato è appunto quello della prevenzione; non è stato fissato deliberatamente un criterio di competenza e le giustificazioni addotte sarebbero in parte condivisibili se la mediazione non fosse trattata come un’attività giudiziaria.

La conciliazione delle origini effettivamente non aveva nemmeno un luogo privilegiato di svolgimento: a Roma inizialmente si poteva celebrare nel tragitto che conduceva al tribunale, sotto ad una colonna nel Foro di Cesare o nel tempio di Giunone o ancora inter parietes, ossia a casa di parenti e vicini che appunto fungevano da amichevoli compositori dei litiganti.

Di competenza lo stesso Platone (v. “Le Leggi”) parla sempre con esclusivo riferimento ai tribunali ovvero agli organi sovraordinati.

Tuttavia questo stato di cose è mutato con la Rivoluzione francese quando la giustizia di pace ha cambiato la sua funzione, è diventata strumento di controllo del territorio ed è stata quindi ivi diffusa capillarmente.

Lo stesso conciliatore italiano del 1865 aveva una competenza che ricomprendeva gli oggetti e le persone del territorio che gli era stato affidato e non svolgeva conciliazione per gli “estranei” di cui aveva cura altro giudice collega di pari grado.

A commento dell’art. 1 la relazione illustrativa precisa che “si è scelto di riservare la mediazione a organismi dotati di un’abilitazione pubblica e soggetti alla vigilanza del Ministero della giustizia”; è indubbio quindi che siamo in presenza della stessa logica di giurisdizionalizzazione della mediazione che animò la Costituente francese.

L’unica differenza è che qui tendenzialmente siamo in presenza di una mediazione facilitativa che impone il canone della imparzialità . Nella conciliazione ottocentesca il pericolo di una minaccia all’imparzialità veniva considerato di secondo ordine: il conciliatore aveva un rapporto perlomeno di conoscenza con le parti che andavano in conciliazione.

Dunque, sarebbe stato opportuno prevedere almeno un criterio almeno di competenza territoriale anche per la mediazione attuale.

Non pare sufficiente replicare che si considera giustificata la mancata partecipazione “davanti a un organismo senza alcun collegamento con la residenza o sede delle parti, con il loro domicilio o con i fatti oggetto di conflitto” , perché comunque l’accertamento dell’ipotesi è legato alla valutazione del giudice, allo stesso modo in cui lo sarebbe l’incompetenza o la competenza dell’organismo adito.

Né appare condivisibile l’assunto che una competenza territoriale non sarebbe ammissibile perché “in alcune materie, gli organismi ben difficilmente conosceranno una distribuzione così capillare da riprodurre la competenza degli uffici giudiziari”; se così fosse, infatti, si determinerebbe un fallimento del modello che è stato messo in piedi.

Ci sono poi dei casi che non sono sicuramente risolvibili col mero criterio della prevenzione: ciò accade quando le istanze non abbiano il medesimo oggetto o lo abbiano solo in parte o ancora quando le istanze siano connesse l’una all’altra.