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Acquisizione sanante sopravvenuta e difetto di giurisdizione

Acquisizione sanante sopravvenuta e difetto di giurisdizione
Acquisizione sanante sopravvenuta e difetto di giurisdizione

MASSIMA

Nel caso in cui la Pubblica Amministrazione adotti spontaneamente, in corso di causa, il decreto di acquisizione sanante “non è possibile dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adìto per quanto concerne la domanda finalizzata alla corretta quantificazione ed alla corresponsione dell’indennizzo ex articolo 42 d.p.r. n. 327/2001 in quanto dopo l’adozione del decreto di esproprio in sanatoria del 04.12.2015 detta domanda non risulta essere stata formulata da parte del ricorrente con motivi aggiunti” (Tar Puglia Bari, Sez. III, Sent n.1001/2017 del 03.10.2017, Pres.Francesco Gaudieri, Est.Francesco Cocomile, Ref.Cesira Casalaguida).

 

COMMENTO

Acquisizione sanante e Traslatio iudicii. I limiti intriseci della presupposta declinatoria di giurisdizione

Con sentenza n. 1001/2017 del 03.10.2017 il Tar Puglia Bari sez. III (Pres. Francesco Gaudieri, Est. Francesco Cocomile, Ref. Cesira Casalaguida), esercitando una vera e propria actio finium regundorum, delinea l’ambito di operatività della declinatoria di giurisdizione, cui può conseguire la traslatio iudicii, in materia di acquisizione sanante, nell’ipotesi nella quale il relativo decreto sopraggiunga nel corso di giudizio risarcitorio da occupazione illegittima.

 

IL FATTO

Il proprietario illegittimamente spogliato della sua proprietà, in ragione della protratta occupazione e utilizzazione sine titulo della stessa da parte della P.A. per scopi di pubblica utilità, nel perdurare della occupazione pubblica, proponeva dinanzi al Giudice Amministrativo domanda restitutoria e, subordinatamente, risarcitoria, nelle forme di cui all’articolo 42 bis T.U. Espropriazioni, con condanna dell’Amministrazione all’adozione dell’atto di acquisizione sanante.

Nel corso del giudizio, la Pubblica Amministrazione procedeva, sua sponte, all’adozione del decreto di acquisizione sanante, determinando la stima del relativo indennizzo in favore del proprietario e provvedendo al deposito dello stesso nelle forme e con le modalità prescritte dalla legge.

All’esito di tale sopravvenienza procedimentale, parte ricorrente, in occasione dell’ udienza di merito, deduceva il proprio sopravvenuto difetto di interesse, in relazione alla tutela restitutoria siccome alla domanda originariamente formulata di condanna della P.A. all’adozione del provvedimento acquisitivo, oramai intervenuto.

Con la memoria conclusiva, tuttavia, lo stesso ricorrente, insoddisfatto della quantificazione dell’indennizzo stimata dalla p.A. con il decreto di espropriazione in sanatoria, al fine di evitare la pronuncia di improcedibilità del gravame in ragione del sopravvenuto difetto di interesse e, pertanto, di  vedere conservati gli effetti della domanda al pagamento dell’indennizzo, pure introdotta in via subordinata nel ricorso, chiedeva al Giudice Amministrativo adìto di dichiarare, sulla specifica questione, il proprio difetto di giurisdizione in favore del Giudice Ordinario.

Orbene, secondo i giudici del Tar Bari, una volta emanato in corso di causa il decreto di acquisizione sanante, è impedita al Giudice Amministrativo adìto la declinatoria di giurisdizione, che consenta la successiva  traslatio iudicii, in relazione alla domanda finalizzata alla corresponsione dell’indennizzo, se tale specifica pretesa indennitaria non sia stata incardinata nel giudizio amministrativo per il tramite della proposizione di motivi aggiunti recanti impugnazione del decreto acquisitivo sopravvenuto.

 

Il DIRITTO

Il Giudice Amministrativo, come detto, con la pronuncia quivi annotata, ha ritenuto non sussistenti i presupposti per declinare la propria giurisdizione in favore del G.O. con riguardo alla domanda di pagamento dell’indennizzo, formulata in via subordinata nel ricorso introduttivo, in ragione della sopravvenuta adozione, in corso di causa, del decreto di acquisizione sanante.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n.15283/16 del 27/07/16  hanno infatti approvato l’applicazione estensiva del decreto legislativo n. 150/2011 anche all’ipotesi indennitaria ex articolo 42 bis, affermando che la disposizione di cui  all’articolo 29, commi 1 e 2, della ridetta legge,  per il quale sulle “controversie aventi ad oggetto l’opposizione alla stima di cui del Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, articolo 54…… è competente la corte d’appello nel cui distretto si trova il bene espropriato”, deve ritenersi applicabile anche ai giudizi aventi ad oggetto la determinazione del ristoro previsto in favore del proprietario ablato, giusta adozione del decreto di espropriazione in sanatoria da parte della P.A.

Con la ridetta decisione i giudici di legittimità, nell’esercizio della funzione nomofilattica che è loro attribuita, risolvono il contrasto interpretativo preesistente affermando che anche le controversie relative alla determinazione e liquidazione dell’interesse del 5% annuo di cui all’articolo 42 bis comma 3 D.P.R. 327/2001, che per la sua dichiarata portata risarcitoria poteva radicare la giurisdizione del G.A.,  vanno proposte davanti al G.O.

Secondo le SS.UU. citate  l’uso dell’espressione “a titolo risarcitorio” nel comma 3 dell’articolo 42-bis, riferita all’interesse, è mera imprecisione lessicale, “che non altera la natura della corrispondente voce dell’indennizzo, il quale essendo unitario non può che avere natura unitariaTale interpretazione, peraltro” – proseguono le SS.UU- è imposta anche dai principi di concentrazione ed effettività della tutela giurisdizionale, coerenti con gli articoli 24 e 111 Cost., con cui mal si concilierebbe l’onere dell’espropriato di richiedere davanti al giudice ordinario l’indennizzo per la perdita della proprietà e davanti al giudice amministrativo il “risarcimento” per l’occupazione dell’immobile, la quale costituisce peraltro non un mera eventualità, bensì un indefettibile presupposto della fattispecie espropriativa in questione”.

Accertata la giurisdizione della Corte d’Appello in funzione di giudice unico anche per le controversie inerenti l’esatta determinazione dell’indennizzo di cui all’articolo 42 bis, unitariamente inteso nelle sue diverse componenti è, dunque, rilevante stabilire i confini di operatività della eventuale traslatio iudicii nella particolare ipotesi, che ricorre nella fattispecie commentata, nella quale la pretesa restitutoria e risarcitoria, nel perdurare della occupazione sine titulo, sia stata incardinata dinanzi al Giudice Amministrativo e sopraggiunga, in corso di causa, il decreto di acquisizione sanante.

Ebbene, secondo la prospettazione del Tar, al fine di ottenere una declaratoria di difetto di giurisdizione e pertanto di poter assicurare con la traslatio iudicii la conservazione degli effetti della domanda dinanzi al giudice ad quem, il decreto di acquisizione sanante adottato dalla Pubblica Amministrazione in corso di causa  deve essere espressamente gravato dinanzi al giudice a quo con motivi aggiunti. In tal caso può dirsi introdotta, benché dinanzi al giudice privo di giurisdizione, la ridetta specifica domanda, con conseguenziale possibilità, per effetto della declaratoria di difetto di giurisdizione del G.A., di traslarne gli effetti dinanzi al Giudice Ordinario.

Invero le Sentenze nn. 77 e 4109 del 2007, rispettivamente della Consulta e della Cassazione, hanno da tempo definitivamente ammesso l’operatività della traslatio iudicii quale meccanismo volto ad assicurare la conservazione degli effetti della domanda proposta innanzi a giudice privo di giurisdizione, con la conseguenza che, in ragione della unicità della tutela giurisdizionale, la causa erroneamente instaurata dinanzi al giudice sprovvisto di giurisdizione può essere riassunta dalla parte dinanzi all’autorità dichiarata competente, con salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda.

Nel processo amministrativo il ridetto meccanismo è assicurato espressamente dal legislatore con la regola di cui all’articolo 11 C.p.A., mutuata dalla norma di cui all’articolo 59 della  Legge n.69/2009. Entrambe le norme, tuttavia, tracciano il confine entro cui la traslatio può operare, precisando che la possibilità di far trasmigrare la domanda giudiziale dinanzi al giudice dotato di giurisdizione è soggetta comunque ad un rigido limite dettato dalla prescrizione per la quale restano “ferme le preclusioni e le decadenze intervenute”.

L’imprescindibile necessità di assicurare la certezza del diritto ha imposto, dunque, al legislatore, nel delineare i confini dell’istituto, di individuare il giusto criterio di operatività dello stesso, al fine di evitare che la traslatio iudicii, così come ammessa dai Giudici di legittimità, determini elusioni al divieto di introdurre domande nuove, le cui deroghe sono espressamente previste dal legislatore, o favorisca inammissibili mutatio libelli attraverso le quali il cittadino finisca per poter tutelare il proprio interesse ad libitum.

Il Tar Puglia Bari, pronunciandosi sul punto, benché in fattispecie a parti inverse, si pone nel solco di quanto concluso dal Consiglio di Stato sez. III con sentenza n. 940 del 21.02.2012, con la quale è stato espressamente chiarito che “E’ indubbio infatti che la Traslatio iudicii non può consentire elusioni dei termini temporali posti, a pena d decadenza, a tutela delle posizioni giuridicamente protette dinanzi al giudice dotato di giurisdizione e l’articolo 11 comma 2 cpa ha espressamente tenuto “ferme” in materia le preclusioni e le decadenze intervenute”.   

Il sopraggiungere, in corso di causa, del decreto di acquisizione sanante, determina certamente il sopravvenuto difetto di giurisdizione del G.A., in ragione della circostanza che con il ridetto decreto la P. A. riprende a muoversi nell’alveo della legalità e l’adozione del provvedimento espropriativo, benché in sanatoria, radica la giurisdizione del G.O. (Corte Cass  SS.UU. 29.10.2015 n. 2296 e conforme Cons. St Sez IV n. 5530 del 4.12.2015). Tuttavia, la mancata espressa impugnazione con motivi aggiunti del sopravvenuto decreto acquisitivo impedisce al G.A. di pronunciare il proprio difetto di giurisdizione sulla domanda di condanna alla corresponsione dell’indennizzo originariamente formulata, sia pure in via subordinata, non risultando introdotta dinanzi al ridetto giudice, sebbene sul tema privo di giurisdizione, quel gravame la cui forma tipica è quella dell’opposizione alla stima. Tanto con i conseguenziali effetti preclusivi rispetto alla traslatio iudicii.

Per poter essere traslata dinanzi al giudice dotato di giurisdizione la domanda, dunque, deve essere stata espressamente e specificatamente introdotta dinanzi al giudice che ne è privo e deve essere proposta nel rispetto dei termini di decadenza cui la predetta domanda è sottoposta ex lege.

Si è detto che, alla luce delle conclusioni raggiunte nel 2016 dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la contestazione dell’indennizzo stimato dall’Amministrazione, a ristoro dello spoglio subito dal proprietario ablato, in ragione dell’acquisizione sanante disposta dalla P.A., può essere formulata esclusivamente per il tramite dell’azione tipica della opposizione alla stima disciplinata dall’articolo 53 del T.U E. da proporsi dinanzi alla Corte d’Appello in funzione di giudice unico ai sensi dell’art 54 d.p.r. n. 327/2001.

Secondo il principio generale, desumibile dalla pronuncia sopra richiamata del Consiglio di Stato n. 940/2012, dovrebbe concludersi nel senso che la domanda riferita alla corretta corresponsione dell’indennizzo può essere traslata dinanzi al giudice ad quem, all’esito di declinatoria di giurisdizione da parte del giudice amministrativo erroneamente adìto, solo ove proposta dinanzi al giudice a quo entro gli stretti limiti del termine di decadenza prescritti dal Testo Unico delle Espropriazioni.

Tale prescrizione, avendo riguardo ai contenuti della pronuncia del Tar quivi annotata, sarebbe applicabile anche nel caso in cui il decreto di acquisizione sanante venga adottato nel corso di giudizio inizialmente correttamente introdotto dinanzi al G.A. in ragione del protrarsi della occupazione illegittima e sine tutulo da parte della p.A.

Con la conseguenza che nella ipotesi in cui il sopravvenuto decreto di acquisizione sanante venga correttamente gravato con autonomi motivi aggiunti, la domanda potrebbe essere efficacemente traslata dinanzi al giudice ad quem solo ove introdotta dinanzi al giudice a quo entro i termini di decadenza ai quali ex lege è sottoposta quali, nella fattispecie tipica, quelli di cui al T.U.E. più volte citato.