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Case popolari: la revoca dell’assegnazione al giudice ordinario

Sulla decadenza dall’assegnazione dell’alloggio decide il giudice ordinario se è correlata alla carenza del requisito della residenza
Case popolari: la revoca dell’assegnazione al giudice ordinario
Case popolari: la revoca dell’assegnazione al giudice ordinario

Case popolari: la revoca dell’assegnazione al giudice ordinario


Indice

La decisione sulla giurisdizione relativa alla revoca dell’alloggio popolare

La revoca dell’alloggio popolare

Le motivazioni del TAR sul difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo

Considerazioni sulle finalità pubblicistiche e privatistiche perseguite dalla Pubblica Amministrazione

Corollario sul comportamento virtuoso delle pubbliche amministrazioni


La decisione sulla giurisdizione relativa alla revoca dell’alloggio popolare

Il TAR Palermo – sede Sicilia – sez. II, con sentenza n. 1153/2022 resa nella forma breve ex articolo 60 Codice del Processo Amministrativo, ha ribadito e chiarito un principio fondamentale in materia di giurisdizione relativa alla eventuale fase di revoca di assegnazione degli alloggi popolari, dichiarando la propria incompetenza nella materia de qua, posto che le ipotesi di revoca pedissequamente individuate dall’articolo 17 D.P.R. n. 1035/1972, non importano in alcun modo una nuova valutazione dell’interesse pubblico, necessaria per radicare la giurisdizione del Giudice Amministrativo.

Conseguentemente, il TAR ha indicato piuttosto – quale plesso munito di giurisdizione – il Giudice Ordinario, ribadendo il seguente principio di diritto già specificato dal Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 684/2022: “(…) l’assegnazione di un alloggio di edilizia pubblica residenziale non dà luogo ad un rapporto di concessione di bene pubblico, quanto piuttosto ad un rapporto privatistico di carattere paritetico, riconducibile a quello locativo, con le conseguenti determinazioni in ordine all’individuazione della posizione giuridica soggettiva sottesa alle eventuali controversie che dovessero insorgere nelle fasi precedenti e successive all’assegnazione dell’alloggio”.


La revoca dell’alloggio popolare

Un noto Comune veniva convenuto in giudizio dinnanzi al Giudice Amministrativo in seguito ad accertamenti incrociati espletati dagli Uffici preposti, ad esito dei quali veniva emessa Determina dirigenziale ad hoc avente ad oggetto la “Revoca dell’alloggio popolare”, cui seguiva il provvedimento di diffida di rilascio dell’immobile a firma dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari, quest’ultimo del pari convenuto in giudizio.

La ricorrente dichiarava di essere titolare dal 1976 di un alloggio popolare sito nel territorio del Comune e di essersi trasferita nel 2001 – per ragioni di salute del marito – in altro Comune di destinazione, presso il quale godeva di un ulteriore alloggio popolare. Dagli accertamenti incrociati posti in essere dagli Uffici competenti di entrambi i Comuni coinvolti, risultava riscontrato il trasferimento della residenza della ricorrente al Comune di destinazione, proprio presso l’indirizzo dell’ulteriore alloggio popolare dato in godimento alla predetta.

Seguivano i provvedimenti rispettivamente di revoca dell’alloggio del Comune di provenienza, nonché la diffida al rilascio dell’immobile.


Le motivazioni del TAR sul difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo

Con sentenza breve de qua, previo avviso reso in udienza, il ricorso con la relativa domanda cautelare veniva dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo adito.

A sostegno delle ragioni, veniva richiamata dal TAR anche la giurisprudenza di legittimità in forza della quale è stato, tra l’altro, più volte precisato che

In materia di edilizia residenziale pubblica, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 (…) è necessario tenere distinta la prima fase, antecedente all’assegnazione dell’alloggio, di natura pubblicistica, da quella successiva all’assegnazione, di natura privatistica, nella quale la posizione dell’assegnatario, assume natura di diritto soggettivo, dovendosi attribuire alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie attinenti a pretesi vizi di legittimità dei provvedimenti emessi nella prima fase fino all’assegnazione, mentre sono riconducibili alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie in cui siano in discussione cause sopravvenute di estinzione o di risoluzione del rapporto. Appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio, correlata non già ad un’asserita (nuova) valutazione dell’interesse pubblico a mantenerla, bensì all’avvenuto accertamento della carenza del requisito dell’impossidenza e/o del superamento dei limiti reddituali, quale previsto dalla legge per il diritto alla conservazione dell’alloggio, e perciò costituente atto con valenza dichiarativa incidente su una posizione di diritto soggettivo dell’assegnatario” (tra le altre, Cass. Civ. Sez. Un. N. 621/2021).

Segnatamente, nel caso di specie – osservava il TAR – la revoca per cui è causa trovava la sua ratio nello spostamento della residenza della ricorrente ad altro Comune di destinazione, presso il quale beneficiava di altro alloggio popolare.

Precisava, altresì, il TAR adito, che il provvedimento della P.A. impugnato recava la motivazione di tal sorta, sub specie che la residenza è requisito fondamentale che deve essere mantenuto costantemente a mente dell’articolo 17, D.P.R. n. 1035/1972. Ora, dall’esame di tale disposizione – prosegue il TAR – ne discende che “(…) non emerge in alcun modo una nuova valutazione dell’interesse pubblico, necessaria, come si è visto, per radicare la giurisdizione di questo giudice. Non può allora rinvenirsi alcuna posizione di interesse legittimo in capo alla ricorrente, con le conseguenti determinazioni in ordine al plesso giurisdizionale competente”.

Poste tali chiare e lapidarie motivazioni, il TAR dichiarava il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo e indicava quale giudice competente il Giudice Ordinario.


Considerazioni sulle finalità pubblicistiche e privatistiche perseguite dalla Pubblica Amministrazione

All’odierno scrivente piace cogliere l’occasione determinata dalla presente importante sentenza nella materia, per richiamare alla mente – quale spunto di riflessione – la questione assai più complessa e sempre innovativa degli strumenti contrattuali e dei moduli convenzionali della P.A., nel cui amplio genus afferisce la vicenda di specie che oggi ci occupa, che giustifica la statuizione relativa alla giurisdizione.

A voler citare Autorevole Dottrina “L’attività contrattuale della P.A. era stata sempre considerata specularmente inversa a quella autoritativa funzionale, dipendendo l’agire «iure gestionis» o «iure imperii» dalla posizione di supremazia o meno in cui operasse l’amministrazione. Anzi, proprio sulla base di tale distinzione veniva fondato il riparto di giurisdizione fra G.O. e G.A.. Oggi, invece, il discrimen si pone tra finalità pubblicistiche e privatistiche perseguite dalla P.A., in quanto è emerso che, anche attraverso l’attività contrattuale, essa può realizzare un fine pubblico. È così caducata l’antica obiezione secondo la quale con l’attività convenzionale si potevano perseguire solo fini di carattere privatistico” (cfr. R. e D. Galli, Corso di Diritto Amministrativo).

Da quanto appena precisato discende che, nella misura in cui la P.A. agisce iure privatorum, id est nella fase successiva al procedimento di formazione del contratto – quella relativa allo svolgimento del rapporto contrattuale derivante dalla stipulazione della convenzione con il soggetto privato – la predetta è disciplinata dalle norme che regolano i rapporti tra privati.

Tanto vale, generalmente, a radicare la giurisdizione in capo al Giudice Ordinario delle controversie inerenti tale fase successiva, in ragione della posizione giuridica sostanziale tutelata, qualificabile come diritto soggettivo.

Con riguardo piuttosto al procedimento di formazione del contratto, quest’ultimo è sempre soggetto a regole che assicurano la trasparenza e l’imparzialità della scelta del contraente, e per ciò solo, avuto riguardo alla posizione giuridica rilevante qualificabile in termini di interesse legittimo, il giudice competente, generalmente, non può che essere il Giudice Amministrativo.


Corollario sul comportamento virtuoso delle pubbliche amministrazioni

In ultimo si consenta esprimere un corollario alla vicenda: in una società sempre più povera come la nostra, dove il tasso d’inflazione cresce ogni giorno a dismisura, le retribuzioni sono basse e il “denaro è gratis”, la disoccupazione è elevata, la sicurezza economica sempre più scarsa, il lavoro è sempre più a tempo determinato e toglie certezze a chi vorrebbe sottoscrivere un mutuo (e alla banca che il mutuo deve concedere); in questo disastroso contesto socio-economico l’acquisto/la disponibilità di un’abitazione, anche per singolo nucleo familiare, è un nodo talvolta davvero complicato da sciogliere.

L’attenzione mostrata dagli Enti locali coinvolti nella vicenda de qua circa il controllo dei requisiti afferenti la provvidenza del mantenimento dell’alloggio popolare, certamente contrassegna un comportamento virtuoso delle pubbliche amministrazioni.

Ma non basta!

Bisogna rieducarsi tutti alla solidarietà, alla condivisione, al rispetto delle regole di benessere comune, perché nel caso di specie l’alloggio cumulato ad altro alloggio in capo allo stesso soggetto, è un “tetto” sotto cui dimorare, tolto a chi ne ha bisogno.

La cultura della condivisione, allora, è la strada maestra per arginare la guerra tra i poveri ogni giorno sempre più numerosi.