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In tema di sinistri stradali la presunzione di colpa ha una funzione solo sussidiaria

1. Le massime

In tema di responsabilità civile per i sinistri occorsi nella circolazione stradale, la presunzione di colpa prevista in ugual misura a carico di ciascuno dei conducenti (art. 2054 cod. civ., comma 2) ha funzione meramente sussidiaria, giacché opera solo ove non sia possibile l'accertamento in concreto della misura delle rispettive responsabilità: l'accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera, perciò, l'altro dalla presunzione di responsabilità concorrente, nonché dall'onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (art. 2054, comma 1, c.c.).

Ove sia stata accertata solo una qualche percentuale di responsabilità a carico di uno dei due conducenti resta, ovviamente, da verificare la posizione dell’altro o degli altri, poiché l’accertamento della colpa di uno dei conducenti non esonera il giudice dall’obbligo di accertare anche l’eventuale colpa dell’altro, il quale resta vincolato dall’onere di fornire la relativa prova liberatoria (nel caso specifico, a giudizio della Corte, il giudice di merito, con motivazione accurata e priva di contraddizioni, era pervenuto all'affermazione della responsabilità esclusiva di Tizio nella determinazione del sinistro, specificando che il modesto eccesso di velocità tenuto dal conducente del veicolo antagonista doveva ritenersi del tutto ininfluente ai fini della dinamica dell'incidente).

La ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l'accertamento e la graduazione della colpa, l'esistenza o l'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico, il che comporta che il giudice di merito è pienamente padrone di individuare le fonti di prova dalla quali trae il proprio convincimento, purché ne dia congrua e motivata ragione (nella specie, nulla impediva alla Corte d'appello di utilizzare – contrariamente alle tesi prospettate dal ricorrente – il materiale raccolto dal consulente del p.m. in sede di indagini penali, ivi compresi i rilievi e le fotografie compiuti dai carabinieri nell'immediatezza del fatto, avendo potuto gli attori esercitare le proprie prerogative difensive mediante articolate contestazioni ed il deposito di una consulenza di parte).

2. Il caso

Il genitore e i fratelli germani di Tizio, deceduto a causa di un incidente stradale, convenivano in giudizio Sempronio e la società di assicurazioni Alfa per ottenere il risarcimento dei danni sofferti in ragione del sinistro in occasione del quale avevano perso il loro congiunto. Il Tribunale rigettava la domanda, con compensazione delle spese di lite.

Due dei soccombenti proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale. Il giudice di seconde cure confermava il provvedimento impugnato. A giudizio della Corte, gli stessi attori avevano ammesso fin dall’inizio che l’incidente mortale si era verificato anche per un concorso di colpa di Tizio. L’indagine penale compiuta a seguito dell’incidente si era conclusa con l’archiviazione. Alla luce degli accertamenti compiuti dal consulente del p.m., risultava che l’incidente era avvenuto in pieno giorno, in condizioni di perfetta luminosità e che il solo elemento di colpevolezza emerso a carico di Sempronio, conducente del camion procedente sulla corsia opposta rispetto a quella percorsa da Tizio, era costituito da un eccesso di velocità di cinque chilometri orari, procedendo a 55 km/h su di un tratto ove il limite era di 50 km/h. Tuttavia, Sempronio aveva correttamente tenuto la destra, provvedendo a frenare nel tentativo di evitare l’impatto, mentre Tizio non frenava e non tentava alcuna manovra eversiva. In ragione di tanto, il giudice di appello riteneva ininfluente nella determinazione del sinistro il modesto eccesso di velocità imputabile a Sempronio.

Articolando dodici motivi, solo uno dei soccombenti in appello spiegava ricorso per cassazione. Ivi, per brevità, si segnalano soltanto i motivi degni di maggiore interesse.

3. La decisione

Nell’esaminare i motivi di ricorso relativi alla portata dell’art. 2054 c.c., sia in relazione alla prova liberatoria di cui al primo comma sia in ordine alla presunzione di responsabilità di cui al comma 2, la Suprema Corte ha modo di ricostruire la portata applicativa dell’art. 2054 c.c. Le previsioni oggetto di scrutinio sono, nello specifico, i primi due commi dell’art. 2054, recanti – il primo - la previsione secondo cui “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto il possibile per evitare il danno” (art. 2054, comma 1, c.c.) e – il secondo – la correlativa disposizione a mente della quale “Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno” (art. 2054, comma 2, c.c.). La Corte sottolinea la funzione sussidiaria del principio che enuncia la presunzione di responsabilità in misura eguale, in quanto operante con il limite della “prova contraria”, vale a dire solo ove non sia possibile l’accertamento in concreto della misura delle rispettive responsabilità. Da tanto consegue che l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l’altro non solo dalla presunzione della concorrente responsabilità in capo a sé, ma anche dell’onere di dover dimostrare di aver fatto quanto possibile per evitare il verificarsi del danno.

La Suprema Corte, poi, chiarisce che va certamente condiviso il principio – richiamato dal ricorrente – secondo cui l’accertamento della colpa di uno dei conducenti non esonera il giudice dall’obbligo di accertare anche l’eventuale colpa dell’altro, il quale ultimo rimane vincolato a fornire la prova liberatoria, tuttavia, esso trova applicazione in situazioni in cui sia stata accertata solo una qualche percentuale di responsabilità a carico di uno dei due conducenti e rimane da verificare la posizione dell’altro o degli altri. Nel caso scrutinato dalla Corte, invece, il giudice di merito era pervenuto all’affermazione di responsabilità esclusiva del defunto Tizio nella determinazione del sinistro, specificando che il modesto eccesso di velocità cui procedeva l’altro veicolo doveva ritenersi del tutto ininfluente ai fini della dinamica dell’incidente. Il Supremo Collegio neppure ritiene sussistere alcun difetto di motivazione.

Ulteriore motivo di doglianza era costituito dal fatto che la Corte di Appello avesse posto a fondamento della propria decisione un materiale probatorio raccolto nell’indagine penale. Anche a questo proposito, la Corte richiama una costante giurisprudenza di legittimità, a mente della quale la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei soggetti coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa, l’esistenza o meno del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, in quanto tali sottratti al sindacato di legittimità ove il ragionamento posto a base delle conclusioni sia completo, corretto e coerente dal punto di vista sia logico che giuridico. Il giudice di merito è, inoltre, libero di individuare le fonti di prova da cui trarre il proprio convincimento, purché ne dia congrua e motivata ragione. Nella specie, non sussisteva alcun ostacolo all’utilizzo del materiale raccolto dal consulente del p.m. nelle indagini penali, materiali peraltro oggetto di articolata contestazione da parte degli attori con il deposito di una apposita consulenza di parte, da cui si ricava come le prerogative difensive degli attori non fossero state in alcun modo vulnerate.

Il ricorso, pertanto, è integralmente rigettato.

4. I precedenti

Sulla natura sussidiaria della presunzione di colpa di cui all’art. 2054, comma 2, c.c., si vedano le sentenze Cass. Civ., 19 dicembre 2008, n. 29883; Cass. Civ. 5 dicembre 2011, n. 26004, e Cass. Civ., 12 giugno 2012, n. 9528. Sul correlato principio per cui l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l’altro dalla presunzione nonché dall’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro, la Corte fa rinvio alle sentenze Cass. Civ., 11 maggio 1999, n. 4648; Cass. Civ., 10 marzo 2006, n. 5226 e Cass. Civ., 22 aprile 2009, n. 9550.

L'enunciato principio secondo cui l'accertamento della colpa di uno dei conducenti non esonera il giudice dall'obbligo di accertare anche l'eventuale colpa dell'altro, il quale resta vincolato all'onere di fornire la relativa prova liberatoria, sulla cui portata si fa rinvia a quanto già detto più sopra al punto che precede, la Corte fa rinvio alle sentenze 15 gennaio 2003, n. 477, 16 maggio 2008, n. 12444, nonché alla già menzionata pronuncia n. 9528 del 2012.

Sui limiti propri del giudizio di legittimità e l’attività riservata al giudice del merito, si vedano le sentenze Cass. Civ., 5 aprile 2003, n. 5375; Cass. Civ., 23 febbraio 2006, n. 4009, e Cass. Civ., 25 gennaio 2012, n. 1028.

1. Le massime

In tema di responsabilità civile per i sinistri occorsi nella circolazione stradale, la presunzione di colpa prevista in ugual misura a carico di ciascuno dei conducenti (art. 2054 cod. civ., comma 2) ha funzione meramente sussidiaria, giacché opera solo ove non sia possibile l'accertamento in concreto della misura delle rispettive responsabilità: l'accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera, perciò, l'altro dalla presunzione di responsabilità concorrente, nonché dall'onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (art. 2054, comma 1, c.c.).

Ove sia stata accertata solo una qualche percentuale di responsabilità a carico di uno dei due conducenti resta, ovviamente, da verificare la posizione dell’altro o degli altri, poiché l’accertamento della colpa di uno dei conducenti non esonera il giudice dall’obbligo di accertare anche l’eventuale colpa dell’altro, il quale resta vincolato dall’onere di fornire la relativa prova liberatoria (nel caso specifico, a giudizio della Corte, il giudice di merito, con motivazione accurata e priva di contraddizioni, era pervenuto all'affermazione della responsabilità esclusiva di Tizio nella determinazione del sinistro, specificando che il modesto eccesso di velocità tenuto dal conducente del veicolo antagonista doveva ritenersi del tutto ininfluente ai fini della dinamica dell'incidente).

La ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l'accertamento e la graduazione della colpa, l'esistenza o l'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico, il che comporta che il giudice di merito è pienamente padrone di individuare le fonti di prova dalla quali trae il proprio convincimento, purché ne dia congrua e motivata ragione (nella specie, nulla impediva alla Corte d'appello di utilizzare – contrariamente alle tesi prospettate dal ricorrente – il materiale raccolto dal consulente del p.m. in sede di indagini penali, ivi compresi i rilievi e le fotografie compiuti dai carabinieri nell'immediatezza del fatto, avendo potuto gli attori esercitare le proprie prerogative difensive mediante articolate contestazioni ed il deposito di una consulenza di parte).

2. Il caso

Il genitore e i fratelli germani di Tizio, deceduto a causa di un incidente stradale, convenivano in giudizio Sempronio e la società di assicurazioni Alfa per ottenere il risarcimento dei danni sofferti in ragione del sinistro in occasione del quale avevano perso il loro congiunto. Il Tribunale rigettava la domanda, con compensazione delle spese di lite.

Due dei soccombenti proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale. Il giudice di seconde cure confermava il provvedimento impugnato. A giudizio della Corte, gli stessi attori avevano ammesso fin dall’inizio che l’incidente mortale si era verificato anche per un concorso di colpa di Tizio. L’indagine penale compiuta a seguito dell’incidente si era conclusa con l’archiviazione. Alla luce degli accertamenti compiuti dal consulente del p.m., risultava che l’incidente era avvenuto in pieno giorno, in condizioni di perfetta luminosità e che il solo elemento di colpevolezza emerso a carico di Sempronio, conducente del camion procedente sulla corsia opposta rispetto a quella percorsa da Tizio, era costituito da un eccesso di velocità di cinque chilometri orari, procedendo a 55 km/h su di un tratto ove il limite era di 50 km/h. Tuttavia, Sempronio aveva correttamente tenuto la destra, provvedendo a frenare nel tentativo di evitare l’impatto, mentre Tizio non frenava e non tentava alcuna manovra eversiva. In ragione di tanto, il giudice di appello riteneva ininfluente nella determinazione del sinistro il modesto eccesso di velocità imputabile a Sempronio.

Articolando dodici motivi, solo uno dei soccombenti in appello spiegava ricorso per cassazione. Ivi, per brevità, si segnalano soltanto i motivi degni di maggiore interesse.

3. La decisione

Nell’esaminare i motivi di ricorso relativi alla portata dell’art. 2054 c.c., sia in relazione alla prova liberatoria di cui al primo comma sia in ordine alla presunzione di responsabilità di cui al comma 2, la Suprema Corte ha modo di ricostruire la portata applicativa dell’art. 2054 c.c. Le previsioni oggetto di scrutinio sono, nello specifico, i primi due commi dell’art. 2054, recanti – il primo - la previsione secondo cui “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto il possibile per evitare il danno” (art. 2054, comma 1, c.c.) e – il secondo – la correlativa disposizione a mente della quale “Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno” (art. 2054, comma 2, c.c.). La Corte sottolinea la funzione sussidiaria del principio che enuncia la presunzione di responsabilità in misura eguale, in quanto operante con il limite della “prova contraria”, vale a dire solo ove non sia possibile l’accertamento in concreto della misura delle rispettive responsabilità. Da tanto consegue che l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l’altro non solo dalla presunzione della concorrente responsabilità in capo a sé, ma anche dell’onere di dover dimostrare di aver fatto quanto possibile per evitare il verificarsi del danno.

La Suprema Corte, poi, chiarisce che va certamente condiviso il principio – richiamato dal ricorrente – secondo cui l’accertamento della colpa di uno dei conducenti non esonera il giudice dall’obbligo di accertare anche l’eventuale colpa dell’altro, il quale ultimo rimane vincolato a fornire la prova liberatoria, tuttavia, esso trova applicazione in situazioni in cui sia stata accertata solo una qualche percentuale di responsabilità a carico di uno dei due conducenti e rimane da verificare la posizione dell’altro o degli altri. Nel caso scrutinato dalla Corte, invece, il giudice di merito era pervenuto all’affermazione di responsabilità esclusiva del defunto Tizio nella determinazione del sinistro, specificando che il modesto eccesso di velocità cui procedeva l’altro veicolo doveva ritenersi del tutto ininfluente ai fini della dinamica dell’incidente. Il Supremo Collegio neppure ritiene sussistere alcun difetto di motivazione.

Ulteriore motivo di doglianza era costituito dal fatto che la Corte di Appello avesse posto a fondamento della propria decisione un materiale probatorio raccolto nell’indagine penale. Anche a questo proposito, la Corte richiama una costante giurisprudenza di legittimità, a mente della quale la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei soggetti coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa, l’esistenza o meno del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, in quanto tali sottratti al sindacato di legittimità ove il ragionamento posto a base delle conclusioni sia completo, corretto e coerente dal punto di vista sia logico che giuridico. Il giudice di merito è, inoltre, libero di individuare le fonti di prova da cui trarre il proprio convincimento, purché ne dia congrua e motivata ragione. Nella specie, non sussisteva alcun ostacolo all’utilizzo del materiale raccolto dal consulente del p.m. nelle indagini penali, materiali peraltro oggetto di articolata contestazione da parte degli attori con il deposito di una apposita consulenza di parte, da cui si ricava come le prerogative difensive degli attori non fossero state in alcun modo vulnerate.

Il ricorso, pertanto, è integralmente rigettato.

4. I precedenti

Sulla natura sussidiaria della presunzione di colpa di cui all’art. 2054, comma 2, c.c., si vedano le sentenze Cass. Civ., 19 dicembre 2008, n. 29883; Cass. Civ. 5 dicembre 2011, n. 26004, e Cass. Civ., 12 giugno 2012, n. 9528. Sul correlato principio per cui l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l’altro dalla presunzione nonché dall’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro, la Corte fa rinvio alle sentenze Cass. Civ., 11 maggio 1999, n. 4648; Cass. Civ., 10 marzo 2006, n. 5226 e Cass. Civ., 22 aprile 2009, n. 9550.

L'enunciato principio secondo cui l'accertamento della colpa di uno dei conducenti non esonera il giudice dall'obbligo di accertare anche l'eventuale colpa dell'altro, il quale resta vincolato all'onere di fornire la relativa prova liberatoria, sulla cui portata si fa rinvia a quanto già detto più sopra al punto che precede, la Corte fa rinvio alle sentenze 15 gennaio 2003, n. 477, 16 maggio 2008, n. 12444, nonché alla già menzionata pronuncia n. 9528 del 2012.

Sui limiti propri del giudizio di legittimità e l’attività riservata al giudice del merito, si vedano le sentenze Cass. Civ., 5 aprile 2003, n. 5375; Cass. Civ., 23 febbraio 2006, n. 4009, e Cass. Civ., 25 gennaio 2012, n. 1028.