ASL condannata al rimborso spese sanitarie per cure fuori dai centri convenzionati
Il paziente che si rivolge ad una struttura sanitaria privata, non convenzionata con il sistema sanitario nazionale, ha diritto al rimborso delle spese mediche se il ricovero è stato effettuato in stato di urgenza e necessità. Ad affermarlo è il Tribunale di Brindisi con la sentenza n.1059/2020.
Ripercorriamo la vicenda.
Una signora, affetta da problemi di carattere oncologico, si recava presso una clinica privata per effettuare una visita specialistica da un medico altamente specializzato nella patologia da cui era interessata. Durante la visita il medico, rilevato l’avanzato stato della malattia, provvedeva a ricoverarla d’urgenza e la sottoponeva a due distinti interventi chirurgici.
In seguito alle dimissioni e al pagamento di quanto richiesto dalla clinica e dai professionisti che avevano eseguito gli interventi, la paziente con ricorso al Tribunale di Brindisi chiedeva all’ASL di Brindisi e alla Regione Puglia il rimborso per le spese mediche sopportate.
Si costituivano i due enti che eccepivano l’infondatezza della pretesa.
Il Tribunale di Brindisi ha ritenuto che la sussistenza del diritto all’erogazione da parte del Servizio Sanitario Nazionale di cure tempestive non ottenibili dal servizio pubblico, quando siano prospettati motivi di urgenza suscettibili di esporre la salute a pregiudizi gravi ed irreversibili, deve essere accertato sulla base dei presupposti richiesti dalla disciplina dettata in materia sanitaria dal Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n.502 (nel testo modificato dal Decreto Legislativo 19 giugno 1999, n.229, articolo 1).
Ed invero, il Decreto Legislativo n. 502/92, in particolare l’articolo 1, stabilisce che il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso risorse pubbliche, i livelli essenziali di assistenza nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze e prevede che siano posti a carico del Servizio sanitario le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate.
In sostanza, afferma il Tribunale, “elemento essenziale di discrimine – nel riconoscere o meno l’insorgenza del diritto soggettivo al rimborso delle suddette spese, da parte della Azienda Sanitaria territorialmente competente – è l’effettiva ricorrenza di una comprovata situazione, non soltanto di pericolo di vita o di rischio di aggravamento della malattia per l’assistito, ma anche di impossibilità per la struttura pubblica convenzionata di offrire a costui l’intervento o la cura nei tempi e modi utili, alla luce delle conoscenze medico - scientifiche.
Si può, quindi, affermare che urgenza ed indifferibilità dell’intervento terapeutico da un lato, e impossibilità per la struttura pubblica di approntare in modo tempestivo tale intervento dall’altro, costituiscono vere e proprie condizioni legislativamente imposte per il riconoscimento del diritto soggettivo al rimborso da parte del SSN delle spese sanitarie sostenute in regime di assistenza non convenzionata”.
Dunque, secondo il Giudice sussiste il diritto al rimborso in caso di comprovato stato di urgenza, stante l’oggettiva impossibilità di usufruire della struttura pubblica, ovvero l’inadeguatezza ed inidoneità di quest’ultima ad offrire la prestazione sanitaria che si renda in concreto necessaria.
Nella fattispecie il Tribunale di Brindisi ha riconosciuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento del diritto al rimborso delle spese mediche, avendo accertato, sulla scorta delle conclusioni rassegnate dal CTU,
che al momento degli interventi vi era una effettiva situazione di urgenza;
che tali interventi erano adeguati in quanto migliorarono le condizioni fisiche della ricorrente e allungarono la sua aspettativa di vita;
che il Servizio Regionale pugliese non poteva offrire l’assistenza specializzata richiesta per l’esecuzione dei trattamenti terapeutici.
Con riguardo alla quantificazione del rimborso il Tribunale di Brindisi ha ritenuto applicabile in via analogica, stante l’identità di ratio, il dm 3.11.1989 che disciplina il rimborso delle spese sostenute per l’assistenza sanitaria indiretta per ricoveri ospedalieri all’estero.
Perciò l’ASL di Brindisi è stata condannata al pagamento di una percentuale dell’intero importo elargito dalla paziente alla clinica privata ma solo ad una percentuale dello stesso.