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Art. 54 - Stato di necessità

1. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

2. Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.

3. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo.

Rassegna di giurisprudenza

Ai fini della configurazione di una causa di giustificazione, l’imputato è gravato da un mero onere di allegazione, essendo tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze altrimenti ignoti che siano in astratto idonei, ove riscontrati, a configurare in concreto la causa di giustificazione invocata; ove tale onere di allegazione sia positivamente adempiuto dall’imputato, l’onere di dimostrare la non configurabilità della causa di giustificazione invocata grava sulla parte pubblica e, nei casi in cui residui il dubbio sull’esistenza di essa, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato (nella fattispecie, avente ad oggetto l’occupazione abusiva di un alloggio di edilizia popolare, la Corte, in applicazione del principio enunciato, ha disposto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata) (Sez. 2, 35024/2020).

L’esimente dello stato di necessità postula il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non scongiurabile se non attraverso l’atto penalmente illecito, e non può quindi applicarsi a reati asseritamente provocati da uno stato di bisogno economico, qualora ad esso possa comunque ovviarsi attraverso comportamenti non criminalmente rilevanti (Sez. 3, 7164/2019).

Ai fini dell’esimente di cui all’art. 54, pur dovendo ritenersi che il danno grave alla persona non è solo quello alla vita ed all’integrità fisica, ma altresì quello minacciato ai beni attinenti alla personalità, quali, ad esempio, quello alla libertà, al pudore, all’onore, al decoro, è peraltro da considerarsi che, alla stregua della detta disposizione, il pericolo cioè la costrizione a violare la legge, viene a mancare tutte le volte in cui con altri mezzi si possa ottenere quanto è indispensabile per evitare il danno (Sez. 3, 50141/2018).

Ai fini della configurabilità dell’esimente dello stato di necessità, il pericolo che ne costituisce il presupposto non deve essere cagionato dal soggetto che compie l’intervento necessitato e, quindi, deve essere indipendente dalla volontà dell’agente, con la conseguenza che questi non deve avere volontariamente o colposamente determinato la situazione pericolosa (Sez. 3, 977/2019).

L’esimente di cui all’art 54 richiede, per la sua configurabilità, che nel momento in cui l’agente agisca “contra ius”, al fine di evitare un danno grave alla persona, il pericolo sia imminente e, quindi, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio (Sez. 2, 43078/2014).

Non sussiste la causa di giustificazione dello stato di necessità quando l’imputato può sottrarsi dalla costrizione a violare la legge mediante ricorso all’autorità, cui va chiesta tutela (Sez. 4, 15167/2015).

L’imputato ha un onere di allegazione avente per oggetto tutti gli estremi della causa di esenzione prevista dall’art. 54, sì che egli deve allegare di avere agito per insuperabile stato di costrizione, avendo subito la minaccia di un male imminente non altrimenti evitabile, e di non aver potuto sottrarsi, nemmeno putativamente, al pericolo minacciato, con la conseguenza che il difetto di tale allegazione esclude l’operatività dell’esimente (Sez. 2, 45065/2014).

È lecito l’uso della contenzione meccanica al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 54, allorquando sussista una concreta situazione di pericolo attuale di grave danno alla persona (del paziente o di coloro che con lui interagiscono durante la degenza), non altrimenti evitabile e rispondente al criterio di proporzionalità. In particolare, questa Corte (Sez. 5, 28704/2015), proprio in un caso in cui era stata applicata al paziente sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio la contenzione meccanica, ha statuito che, ai fini dell’integrazione dell’esimente dello stato di necessità, occorre che il pericolo di un grave danno sia attuale ed imminente, o, comunque, idoneo a far sorgere nell’autore del fatto la ragionevole opinione di trovarsi in siffatto stato, non essendo all’uopo sufficiente un pericolo eventuale, futuro, meramente probabile o temuto.

Si deve trattare di un pericolo non altrimenti evitabile sulla base di fatti oggettivamente riscontrati e non accertati solo in via presuntiva. Dunque, occorre, in primo luogo, che la situazione di pericolo sia “attuale”. Questo vuoi dire che non è assolutamente ammissibile l’applicazione della contenzione in via “precauzionale” sulla base della astratta possibilità o anche mera probabilità di un danno grave alla persona, occorrendo che l’attualità del pregiudizio risulti in concreto dal riscontro di elementi obiettivi che il sanitario deve avere cura di indicare in modo puntuale e dettagliato.

La valutazione dell’attualità del pericolo richiede un costante monitoraggio del paziente  e non solo al momento dell’applicazione della contenzione ma anche ai fini del suo mantenimento  ed il medico deve dar conto in modo fedele delle condizioni di quest’ultimo e delle scelte che lo riguardano in cartella clinica, in modo tale da consentire ai sanitari che gli subentreranno di avere a loro volta un quadro preciso dell’evoluzione clinica.

La “inevitabilità altrimenti del pericolo” sussiste allorquando non vi sia la possibilità di salvaguardare la salute del paziente con strumenti alternativi, la cui valutazione di inidoneità è rimessa al prudente apprezzamento del medico. Infine, il requisito della “proporzionalità” riguarda le modalità di applicazione della contenzione, essendo evidente che, per la sua estrema invasività, tale presidio deve essere applicato, oltre che nei limiti dello stretto necessario, verificando, anche in conseguenza dell’evoluzione clinica, se sia sufficiente il blocco solo di alcuni arti o se il pericolo di pregiudizio sia tale da imporre il blocco ad entrambi i polsi e caviglie. Anche queste ulteriori valutazioni richiedono un’attenta ponderazione del medico che dovrà spiegare, anche sinteticamente, le ragioni della scelta della contenzione e delle sue modalità di applicazione fornendo tutti gli elementi obiettivi che hanno reso in concreto inevitabile il suo utilizzo.

Riportare tutte queste informazioni in cartella clinica si rende necessario a tutela, non solo del paziente, ma anche dello stesso sanitario che può rappresentare con trasparenza le motivazioni che lo hanno indotto, nell’interesse del malato, ad adottare questa decisione così delicata (Sez. 5, 50497/2018).

Non ricorre lo stato di necessità di cui all’art. 54 in presenza della mera circostanza che un soggetto tossicodipendente versi in crisi di astinenza, trattandosi della conseguenza di un atto di libera scelta e quindi evitabile da parte dell’agente (Sez. 6, 45068/2014).

La situazione di indigenza non è di per sé idonea ad integrare la scriminante dello stato di necessità per difetto degli elementi dell’attualità e dell’inevitabilità del pericolo (Sez. 7, 26143/2016).

È inapplicabile l’art. 54 per la tutela di bisogni economici, soprattutto in presenza di comportamenti delittuosi perduranti nel tempo (Sez. 7, 53481/2018).

In materia di abusivismo edilizio, non è configurabile l’esimente dello stato di necessità in quanto, pur essendo ipotizzabile un danno grave alla persona in cui rientri anche il danno al diritto all’abitazione, difetta in ogni caso il requisito dell’inevitabilità del pericolo (Sez. 3, 2280/2018).

L’illecita occupazione di un immobile è scriminata dallo stato di necessità solo in presenza di un pericolo imminente di danno grave alla persona, non potendosi legittimare – nelle ipotesi di difficoltà economica permanente, ma non connotata dal predetto pericolo  una surrettizia soluzione delle esigenze abitative dell’occupante e della sua famiglia (Sez. 2, 28067/2015).

Lo stato di necessità può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa, tanto più che l’edilizia popolare è destinata a risolvere le esigenze abitative dei non abbienti, attraverso procedure pubbliche e regolamentate (Sez. 2, 9655/2015).

In materia di rifiuti, l’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 54 è stata esclusa nei confronti del Sindaco e del gestore dei rifiuti che ne consentano il deposito senza autorizzazione, considerata la possibilità per gli stessi di conferirli presso siti autorizzati ovvero, per il Sindaco, di emettere e, per il gestore, di richiedere a quest’ultimo l’emanazione di un’ordinanza contingibile e urgente per garantire una forma temporanea di smaltimento (Sez. 3, 46836/2009, richiamata da Sez. 3, 51821/2018).

In riferimento a casi concreti di immigrazione clandestina, la scriminante dello stato di necessità non è ravvisabile per difetto degli elementi dell’attualità e dell’inevitabilità del pericolo quando sia possibile ovviare all’esigenza venutasi a creare mediante altri rimedi diversi dalla violazione della legge penale, quali la richiesta di rilascio di un valido titolo di soggiorno (Sez. 5, 3967/2016).

La colpevolezza del sostituto di imposta non è esclusa dalla crisi di liquidità intervenuta al momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’esercizio precedente, a meno che l’imputato non dimostri che le difficoltà finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse, inoltre, non possano essere altrimenti fronteggiate con idonee misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale (Sez. 3, 8352/2015).

Non è applicabile l’esimente dello stato di necessità a favore del magistrato che ritardi gravemente, anche dopo ripetuti solleciti, il deposito di un provvedimento giustificandosi in virtù di un incidente patito dalla figlia in epoca risalente (Sez. 6, 43903/2018).