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Art. 53 - Uso legittimo delle armi

1. Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona (1).

2. La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza.

3. La legge determina gli altri casi, nei quali è autorizzato l’uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica.

(1) Le parole da «e comunque» a «sequestro di persona» sono state aggiunte con l’art. 14 della L. 152/1975, recante disposizioni a tutela dell’ordine pubblico.

Rassegna di giurisprudenza

Ai fini della configurazione di una causa di giustificazione, l’imputato è gravato da un mero onere di allegazione, essendo tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze altrimenti ignoti che siano in astratto idonei, ove riscontrati, a configurare in concreto la causa di giustificazione invocata; ove tale onere di allegazione sia positivamente adempiuto dall’imputato, l’onere di dimostrare la non configurabilità della causa di giustificazione invocata grava sulla parte pubblica e, nei casi in cui residui il dubbio sull’esistenza di essa, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato (nella fattispecie, avente ad oggetto l’occupazione abusiva di un alloggio di edilizia popolare, la Corte, in applicazione del principio enunciato, ha disposto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata) (Sez. 2, 35024/2020).

Perché possa ritenersi integrata la scriminante prevista dall’art. 53, il ricorso all’uso delle armi deve costituire "extrema ratio" nella scelta dei mezzi necessari per l’adempimento del dovere, essendo ammissibile solo quando: a) non siano praticabili altre modalità d’intervento; b) non siano superati i limiti di gradualità dettati dalle esigenze del caso concreto; c) sia inoltre rispettato il principio di proporzione, inteso come necessario bilanciamento tra interessi contrapposti in relazione alla specifica situazione (Sez. 5, 41038/2014).

La scriminante prevista dall’art. 53 nasce da una vocazione autoritaria dell’ordinamento, connessa all’esigenza di assicurare il corretto adempimento dei doveri funzionali e dei compiti di tutela della sicurezza collettiva da parte della forza pubblica. Da ciò la previsione di requisiti applicativi meno rigorosi rispetto a quelli delle altre e più tradizionali cause di giustificazione, tanto che nel testo normativo manca un riferimento espresso al criterio della proporzione.

A distinguere la causa di giustificazione in argomento dalle altre e a evidenziarne i differenti criteri di valutazione basti considerare che essa opera nel caso in cui il pubblico ufficiale si trovi in una situazione in cui deve adempiere al dovere di ufficio, senza che sia riconosciuto a chi della causa di giustificazione si avvale, come nel caso di legittima difesa, un’opzione di rinuncia o di commodus discessus.

Ciò non significa che, come evidenziato dalla dottrina, il ricorso alle armi non richieda la presenza di una situazione necessitante e non imponga una reazione necessitata. Il requisito della necessità, infatti, accomuna la scriminante in esame a quelle previste dalle altre norme del codice e vale a sottolineare che il pubblico ufficiale non deve avere altra scelta, per adempiere al proprio dovere, che usare il mezzo coercitivo. D’altra parte è da considerare che la dottrina più avveduta suggerisce di considerare la proporzione come autonomo requisito implicito della scriminante, da valere non solo in relazione al rapporto fra resistenza o violenza e mezzo coattivo impiegato, ma anche riguardo ai beni in conflitto. I concetti enunciati devono trovare applicazione anche nel caso in cui, come nella specie, l’attività svolta dall’agente sia avvenuta in costanza di fuga dei malviventi (Sez. 4, 6719/2015).

La scriminante dell’uso legittimo delle armi è configurabile anche quando l’attività dell’agente è posta in essere nel corso della fuga dei malviventi, purché detta fuga non sia finalizzata esclusivamente alla conservazione dello stato di libertà ma, per le sue modalità, determini l’insorgere di pericoli per l’incolumità di terzi (Sez. 4, 6719/2015).

L’eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi presuppone l’esistenza di tutti gli elementi e di tutte le condizioni della scriminante, reale (che esclude l’antigiuridicità) o putativa (che esclude il dolo), e consiste nell’oltrepassare per errore i limiti imposti dalla necessità, concretandosi nell’eccesso nell’uso dei mezzi (Sez. 1, 941/1983).