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Art. 131-bis - Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (1)

1. Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

2. L’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. L'offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero nei casi di cui agli articoli 336, 337 e 341-bis, quando il reato è commesso nei confronti di  di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni e nell’ipotesi di cui all’articolo 343. (2) 

3. Il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

4. Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest’ultimo caso ai fini dell’applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69.

5. La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante.

(1) Articolo inserito dall’art. 1, comma 2, DLGS 28/2015. Con sentenza n. 156/2020, la Corte costituzionale lo ha dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non consente l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai reati per i quali non è previsto un minimo edittale di pena detentiva.

(2) L’ultimo periodo del comma 2 è stato aggiunto dall’art. 16, comma 1, lettera b), DL 53/2019 e poi modificato dall'art. 7 del DL 131/2020.

 

Rassegna di giurisprudenza

In generale

L'istituto della particolare tenuità del fatto non è applicabile, quoad poenam, al reato di bancarotta fraudolenta attenuato dalla speciale tenuità del danno patrimoniale, perché in tal caso la pena è diminuita in misura non eccedente il terzo - e non è prevista una riduzione minima - con la conseguenza che essa va da un anno (ossia tre anni meno due terzi) a dieci anni meno un giorno di reclusione (Sez. 5, 27985/2022).

In tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, l'esistenza della condizione ostativa dell'abitualità della condotta va interpretata nel senso che l'autore, anche successivamente al reato per cui si procede, deve avere commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame, non risultando dirimente il riferimento alla recidiva in quanto questa opera in un ambito diverso ed è fondata su un distinto apprezzamento, visto che i reati che qualificano l'abitualità possono essere anche successivi a quello in esame. (In sostanza – osserva la Suprema Corte in motivazione – solo il terzo illecito della medesima indole dà giuridicamente luogo alla serialità che osta all'applicazione dell'istituto nei termini indicati dall'art. 131-bis, comma 3, come, peraltro, emergeva già dalla Relazione illustrativa al testo normativo, in cui era espressamente escluso che un precedente giudiziario potesse precludere l'applicazione dell'istituto) (Sez. 6, 27168/2022).

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto può trovare applicazione nel giudizio di legittimità, senza rinvio del processo alla sede di merito, in presenza di un ricorso ammissibile anche se esclusa nel giudizio di appello, a condizione che i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali (Sez. 4, 8471/2022).

La causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis può essere rilevata di ufficio dal giudice d'appello in quanto, per assimilazione alle altre cause di proscioglimento per le quali vi è l'obbligo di immediata declaratoria in ogni stato e grado del processo, la stessa può farsi rientrare nella previsione di cui all'art. 129 CPP: invero, l'applicabilità dell'art. 129 citato anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio rende irrilevante che la sua operatività non fosse stata sollecitata con uno specifico motivo di appello e fosse stata richiesta, invece, dalla difesa dell'imputato solamente nel corso della discussione finale durante il giudizio di secondo grado; se sul giudice di merito grava, anche in difetto di una specifica richiesta, l'obbligo d'ufficio di pronunciare la considerata causa di esclusione della punibilità, un obbligo di esaminare la relativa questione deve ritenersi sussistente, a maggior ragione, allorquando sia stata avanzata una specifica richiesta da parte del difensore, sia pure per la prima volta con le conclusioni del giudizio di appello (Sez. 3, 15223/2022).

È fattore irrilevante, ai fini della applicabilità dell'art. 131-bis la condotta posta in essere dall'agente successivamente alla perpetrazione del reato onde limitarne o anche eliderne le conseguenze dannose (Sez. 3, 5298/2022).

Ai fini della valutazione del presupposto ostativo del comportamento abituale ex art. 131 bis, comma 3, non va tenuto conto dei reati estinti, conseguendo all’estinzione del reato anche l’elisione di ogni effetto penale della condanna. Si tratta di un principio valido anche per l’esito positivo della messa alla prova, istituto di carattere sostanziale che costituisce una vera e propria causa di estinzione del reato, in ragione della collocazione sistematica nell’ambito del titolo VI (Della estinzione del reato e della pena) capo I (Della estinzione del reato) del codice penale, dell’espressa menzione di tale effetto nel testo dell’art. 163 ter (“l’esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede”) e della funzione di carattere preventivo e risocializzante demandata a tale istituto, il quale opera quale causa di estinzione della c.d. punibilità in astratto, intervenendo prima che sia emessa la sentenza di condanna e, pertanto, prescinde da qualunque accertamento sul merito della res iudicanda e sulla responsabilità dell’imputato - salvo il caso del ricorrere di cause evidenti di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. - tanto che nessun effetto di giudicato è riconosciuto alla sentenza emessa ai sensi dell’art. 168 ter nel successivo giudizio di accertamento di danno in sede civile (Fattispecie nella quale la corte di appello aveva fondato il mancato riconoscimento della speciale causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. sull’abitualità del comportamento dell’imputato, desunta dalla realizzazione di un reato successivamente commesso e dichiarato estinto per esito positivo per messa alla prova. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha annullato la sentenza impugnata con rinvio alla corte di appello competente per nuovo giudizio in ordine all’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto) (Sez. 2, 46064/2021).

In tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, preclusioni legate, in astratto, alla struttura del reato non trovano ragionevole giustificazione nell’ambito di una valutazione tutta incentrata sull’offensività, in concreto, al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice e sull’effettiva manifestazione del reato, nelle sue componenti oggettiva e soggettiva, delle quali l’esiguità del danno o del pericolo costituisce solo uno dei parametri del complessivo apprezzamento di tenuità (Sez. 5, 41016/2021).

La causa di non punibilità ex art. 131-bis si applica indistintamente ad ogni fattispecie criminosa, in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla medesima norma: il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa che prenda in esame tutte le peculiarità della fattispecie concreta riferite alla condotta in termini di possibile disvalore e non solo di quelle che attengono all'entità dell'aggressione del bene giuridico protetto, che comunque ricorre senza distinzione tra reati di danni e reati di pericolo (Sez. 3, 24857/2021).

Ai fini della applicabilità dell'art. 131-bis nelle ipotesi di violazioni urbanistiche e paesaggistiche, la consistenza dell'intervento abusivo - data da tipologia, dimensioni e caratteristiche costruttive - costituisce solo uno dei parametri di valutazione, assumendo rilievo anche altri elementi quali, ad esempio, la destinazione dell'immobile, l'incidenza sul carico urbanistico, l'eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l'impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli e la conseguente violazione di più disposizioni, l'eventuale collegamento dell'opera abusiva con interventi preesistenti, la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall'Amministrazione competente, le modalità di esecuzione dell'intervento (Sez. 3, 15223/2022).

In tema di tenuità del fatto, la natura permanente del reato è un elemento del tutto neutro, considerando che l'art. 131- bis si applica ad ogni fattispecie criminosa, in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla medesima norma, fermo restando che nei reati permanenti è preclusa l'applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto finché la permanenza non sia cessata, in ragione della perdurante compressione del bene giuridico per effetto della condotta delittuosa (Sez. 3, 15029/2021).

La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto può essere ravvisata anche in presenza di reato permanente, posto che quest’ultimo è caratterizzato dalla sola protrazione della condotta ma non dalla sua ripetizione, che invece connota il reato abituale; protrazione di per sé non ostativa all’applicazione di detta causa di esclusione della punibilità (Sez. 3, 37568/2021).

In tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, i precedenti di polizia esistenti a carico dell’imputato possono essere ritenuti sintomatici dell’abitualità del reato, ostativa alla concessione del beneficio, a condizione che siano verificati gli elementi fattuali da essi emergenti, le eventuali allegazioni difensive relative alla sussistenza di cause di giustificazione o di non punibilità della condotta e gli esiti delle segnalazioni, ossia la loro eventuale iscrizione nel registro delle notizie di reato e l’avvio di un procedimento penale (Fattispecie nella quale la corte di appello aveva rigettato la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis in relazione ai reati di contraffazione di marchi e ricettazione, ritenendo genericamente ostativi i precedenti di polizia dell’imputato. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha annullato la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione dell’art. 131-bis con rinvio alla corte di appello competente per nuovo giudizio sul punto) (Sez. 2, 12454/2022).

La pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione può risultare ostativa alla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis non di per sé, ma soltanto se è ritenuta, in concreto, dal giudice idonea ad integrare una o più delle condizioni previste tassativamente dalla suddetta disposizione per escludere la particolare tenuità dell'offesa o per qualificare il comportamento come abituale. In presenza di più reati unificati dal vincolo della continuazione, la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto può essere riconosciuta dal giudice all’esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che, salve le condizioni ostative previste dall’art. 131-bis, tenga conto di una serie di indicatori, rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici protetti, dall’entità delle disposizioni di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutive delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall’intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti. (SU, 18891/2022).

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis può essere dichiarata anche in presenza di più reati che sono legati dal vincolo della continuazione, purché non espressivi di una tendenza o inclinazione al crimine. Il vincolo della continuazione non si identifica infatti con l’abitualità nel reato e può prescindere dalla medesimezza dell’indole dei reati commessi, che è solo uno dei parametri di riferimento per ricostruire l’unicità del disegno criminoso (ed è l’unico che secondo il disposto di cui all’art. 131-bis, co. 3, è di per sé ostativo all’applicazione di tale causa di non punibilità). Il limite applicativo dell’art. 131-bis opera solo in relazione a reati abituali ovvero espressione di una tendenza o inclinazione al crimine, sia essa giudizialmente accertata che desumibile dagli atti e a reati espressione della stessa indole o che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali o reiterate. L’istituto della continuazione non può parimenti escludere il riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità perché la circostanza attenuante di cui all’art. 62, n.4, va valutata e applicata in relazione a ogni singolo reato unificato nel medesimo disegno criminoso, con riguardo al danno patrimoniale cagionato per ogni singolo fatto-reato (Sez. 5, 30434/2020).

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis può essere dichiarata anche in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, giacché quest'ultimo non si identifica automaticamente con l'abitualità nel reato, ostativa al riconoscimento del beneficio, non individuando comportamenti di per sé stessi espressivi del carattere seriale dell'attività criminosa e dell'abitudine del soggetto a violare la legge: in questa prospettiva persino il diniego delle circostanze attenuanti generiche, fondato sulla sola presenza di precedenti penali, non giustifica ex se la mancata applicazione della causa di esclusione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, dovendo la relativa motivazione tener conto dei parametri normativi di cui all'art. 131-bis, inerenti alla gravità del fatto ed al grado di colpevolezza ed assumendo i precedenti valenza ostativa solo ove l'imputato risulti essere stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, oppure abbia commesso più reati della stessa indole (Sez. 5, 21706/2021).

Pur essendo in astratto il proscioglimento ex art. 131-bis compatibile con il reato continuato, tuttavia va esclusa l'applicabilità della causa di non punibilità in questione quando si tratti di continuazione diacronica, allorché i reati siano stati commessi in momenti spazio-temporali diversi, nel qual caso la volizione criminosa non appare unitaria e circoscritta (Sez. 3, 35630/2021).

Nel caso di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate, l’operatività dell’istituto di cui all’art. 131-bis  va esclusa quando il soggetto agente abbia violato più volte la stessa o più disposizioni penali sorrette dalla medesima ratio punendi. Non è dunque la generica capacità a delinquere a venire in conto, con la conseguenza che il mero richiamo di plurimi precedenti penali da cui l’imputato risulti gravato non è sufficiente a giustificare il mancato riconoscimento dell’esimente (Sez. 5, 9805/2021).

il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis deve essere iscritto nel casellario giudiziale, fermo restando che non ne deve essere fatta menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell’interessato, del datore di lavoro e della pubblica amministrazione (SU, 38954/2019).

La mera presenza di precedenti penali non giustifica ex se la mancata applicazione della causa di esclusione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, dovendo la relativa motivazione tener conto dei parametri normativi di cui all’art. 131-bis c.p., inerenti alla gravità del fatto ed al grado di colpevolezza ed assumendo i precedenti valenza ostativa solo qualora possa ritenersi che gli stessi siano sintomatici dell’abitualità del comportamento sub iudice (Sez. 5, 31833/2020).

L’art. 131-bis ha dato vita a un istituto di diritto penale sostanziale che configura una causa di esclusione della punibilità, giustificata alla stregua dei principi di proporzione e di extrema ratio del ricorso alla sanzione penale, finalizzata a escludere dal circuito penale fatti che, proprio in quanto bagatellari, si palesano, in concreto, non meritevoli del ricorso alla pena. E dalla natura di istituto di diritto penale sostanziale deriva pacificamente che esso è applicabile retroattivamente, ai sensi dell’art. 2, comma 4, ai fatti che siano stati commessi anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina di favore (SU, 13681/2016).

In virtù dei principi affermati dalle SS. UU., la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131- bis è configurabile - in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma - in relazione ad ogni fattispecie criminosa e la presenza di soglie di punibilità all'interno della fattispecie tipica, non è in astratto, incompatibile, con il giudizio di particolare tenuità; certamente, quanto più ci si allontana dal valore-soglia tanto più è verosimile che ci si trovi in presenza di un fatto non specialmente esiguo, sebbene nessuna conclusione possa trarsi in astratto, senza considerare cioè le peculiarità del caso concreto. Ciò vale anche in tema di reati tributari caratterizzati dalla soglia di punibilità: in tale contesto, solo il superamento in misura significativa di detta soglia preclude la configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, laddove, invece, se tale superamento è di poco superiore, può procedersi a valutare i restanti parametri afferenti la condotta nella sua interezza (Sez. 3, 12384/2020).

Ora, il legislatore individua tre categorie di indicatori della "particolare tenuità del fatto": le modalità della condotta, l’esiguità del danno o del pericolo, il grado della colpevolezza, da apprezzare alla stregua di una valutazione complessiva ai sensi dell’art. 133, comma 1, la quale, considerando tutte le peculiarità della vicenda concreta, consenta di misurarne, nella sua dimensione storico-fattuale ed al di là della tipizzazione compiuta dal legislatore, l’effettivo (e complessivo) disvalore. Per quanto concerne, in particolare, le modalità della condotta l’art. 131-bis richiede che il comportamento non sia abituale ovvero che l’autore non "sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza", non "abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità", o ancora che non "si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate". Sul punto, il consolidato indirizzo giurisprudenziale, confortato dal chiaro tenore letterale della disposizione in esame, è nel senso che la norma intenda escludere la particolare tenuità del fatto in caso di comportamenti "seriali", concretizzatisi in «più reati della stessa indole», eventualmente commessi anche successivamente a quello per cui si proceda ed in ipotesi ancora sub iudice (Sez. 5, 26813/2016). E ad analoga conclusione deve giungersi, ancora una volta in ragione della univoca formulazione dell’enunciato normativo, con riguardo ai reati che siano stati realizzati attraverso una molteplicità di azioni od omissioni (cd. reati a condotta plurisussistente), atteso che pur avendo la norma incriminatrice ricondotto la pluralità delle relative manifestazioni illecite nell’ambito di una sola violazione della legge penale, la molteplicità delle condotte non consente di addivenire, secondo l’apprezzamento compiuto dal legislatore, ad un giudizio di minore offensività e di più attenuata riprovevolezza soggettiva, con conseguente esclusione della causa di non punibilità in esame (Sez. 1, 1008/2019).

L’art. 131-bis è inapplicabile nel procedimento innanzi al giudice di pace (SU, 53683/2017).

La questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis c.p. non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione, ostandovi il disposto di cui all'art. 606, comma terzo, c.p.p., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità (Sez. 3, 5200/2021).

L'imputato non è legittimato a proporre appello contro la sentenza di proscioglimento ex art. 131-bis per un reato per il quale potrebbe essere inflitta, in concreto, la sola pena dell'ammenda (Sez. 3, 18154/2021).

La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis, non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione, ostandovi la previsione di cui all’art. 606 comma 3 CPP, posto che tale disposizione era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza di appello e non risulta essere stata invocata in quella sede (Sez. 7, 4606/2019).

In tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma terzo, CPP, se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza d’appello (Sez. 7, 43838/2016).

In senso contrario: è rilevabile d’ufficio la causa di non punibilità anche in sede di legittimità (Sez. 6, 7606/2017 e Sez. 3, 6870/2016).

Relativamente all’applicabilità dell’art. 131-bis si deve premettere che secondo il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite (SU, 13681/2016), ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. 2, 4414/2019).

L’art. 131-bis presuppone l’accertamento di un fatto tipico, che per il suo lieve grado di offensività non comporta che l’autore sia soggetto a sanzione, la sentenza di proscioglimento emessa ai sensi dell’art. 131-bis è fondata sul pieno accertamento dell’esistenza di un fatto reato e costituisce precedente penale, tant’è che l’art. 651-bis CPP prevede l’efficacia di giudicato della sentenza di proscioglimento ex art. 131-bis (in sede civile od amministrativa) non solo in punto di sussistenza del fatto e della sua riferibilità all’imputato, ma anche della sua "illiceità penale". Pertanto, la non punibilità comporta comunque un’affermazione di responsabilità, dalla quale tuttavia, non derivano effetti e conseguenze penali diversi da quello della iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziale. Sussiste quindi l’interesse ad impugnare per chi punti ad ottenere l’assoluzione nel merito o una pronuncia di proscioglimento più favorevole. Del resto, l’interesse all’impugnazione ed all’eliminazione degli effetti sfavorevoli della sentenza ex art. 131-bis è stato già riconosciuto in sede di legittimità sia in tema di prescrizione, affermandosi la prevalenza della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione sulla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis sia perché diverse sono le conseguenze che scaturiscono dai due istituti, sia perché il primo estingue il reato, mentre il secondo lascia inalterato l’illecito penale nella sua materialità storica e giuridica (Sez. 6, 2985/2019).

Il GE, ai sensi dell’art. 673 CPP, non può revocare la sentenza di condanna pronunciata prima dell’entrata in vigore della disposizione di cui all’art. 131-bis per consentire l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, perché essa presuppone l’accertamento del reato e la sua riferibilità soggettiva all’imputato, incidendo solo sulla possibilità di irrogare la sanzione, mentre l’abrogazione comporta il venir meno della rilevanza penale della condotta incriminata (Sez. 7, 11833/2016).

Le condizioni necessarie ai fini della qualificazione della offesa arrecata al bene tutelato dalla norma come di particolare tenuità, ex art. 131-bis, hanno natura e struttura oggettiva ed operano su di un piano diverso rispetto a quello relativo alla personalità del reo, sicché non può costituire autonomo elemento preclusivo alla affermazione della causa di non punibilità in questione il fatto che il prevenuto sia gravato da precedenti penali (Sez. 3, 42120/2019).

Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. 1, 42898/2019).

È doveroso l’apprezzamento in ordine alla gravità dell’illecito connesso all’applicazione dell’art. 131-bis che consente ed anzi impone di considerare se il fatto illecito abbia generato un contesto concretamente e significativamente pericoloso (Sez. 4, 5018/2019).

In tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l'autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole, incidentalmente accertabili da parte del giudice procedente. In tal senso, non può ritenersi sufficiente la mera constatazione della presenza di denunzie nei confronti dell'imputato o di "precedenti di polizia", di cui si ignora la sorte. Il giudice investito della richiesta di applicazione della causa di non punibilità deve, infatti, verificare, su richiesta della difesa o d'ufficio, l'esito di tali segnalazioni, per trarne l'esistenza di eventuali concreti elementi fattuali che dimostrino la abitualità del comportamento dell'imputato. (Nel caso di specie, la Suprema corte ha ritenuto che il giudice del merito non si fosse conformato a tali principi, avendo ritenuto l'abitualità del comportamento sulla base delle sole risultanze dell'annotazione del Commissariato di p.s. in cui venivano elencate le precedenti segnalazioni a carico dell'imputato, senza procedere ad una adeguata valutazione degli elementi fattuali relativi alle violazioni precedentemente segnalate ed al loro esito) (Sez. 6. 10796/2021)

La speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis  applicabile ai i reati per i quali è prevista una pena detentiva non superiore, nel massimo, a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta  è configurabile, corna recita il comma 1, "quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale". Il comma 2, peraltro, pone un limite alla discrezionalità del giudizio, escludendo alcune situazioni ritenute incompatibili con l’idea di speciale tenuità tra cui quando l’autore ha agito con crudeltà, anche in danno di animali, in tale locuzione dovendosi ricomprendere quelle condotte che, incidendo oggettivamente sul bene tutelato  e quindi sull’offesa  siano eccedenti rispetto alla normalità causale e determinino, in modo del tutto gratuito, sofferenze aggiuntive agli animali (Sez. 3, 4877/2019).

Secondo la previsione dell’art. 131-bis, nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. Lo stesso legislatore si è preoccupato di precisare che l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. Del pari, è stato espressamente formulata la definizione di comportamento abituale; tale è quello dell’autore che sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza o che abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, è di particolare tenuità; ed è comportamento abituale anche quello di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. Tale causa di non punibilità è configurabile  in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma  ad ogni fattispecie criminosa, e pertanto anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile, con il giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di punibilità all’interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati, anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un illecito amministrativo (SU, 13681/2016).

La natura di reati autonomi delle diverse fattispecie dell’art. 186, comma 2 lett. b) e c) CDS delimitate ‘internamente’ in virtù del grado alcolemico, implica che il giudizio di particolare tenuità va espresso considerando l’escursione di gravità interna alla singola fattispecie e non la complessiva scala di gravità definita dagli illeciti descritti da quelle disposizioni (e da quella di cui alla lettera a) (Sez. 4, 5009/2019).

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis, non può essere applicata, ai sensi del terzo comma del predetto articolo, qualora l’imputato, anche se non gravato da precedenti penali specifici, abbia commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima ratio punendi), anche nell’ipotesi in cui ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità (Sez. 3, 776/2018).

Il parametro di riferimento, sul quale calibrare il giudizio sulla particolare tenuità del fatto, sia costituito, anche in presenza, come nell’ipotesi delle contravvenzioni in esame, di reati meramente omissivi (in relazione ai quali, attesa la modesta caratterizzazione della fattispecie tipica, non può non assumere valore dirimente l’elemento temporale, ovverosia la protrazione della stessa omissione) dal primo comma dell’art. 133, tenendosi pertanto conto delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (SU,  13681/2016).

Anche ove si ritenga che la presenza di più reati avvinti dal vincolo della continuazione osta all’applicabilità dell’art. 131-bis, occorre ribadire che detta preclusione non opera ove si sia in presenza di fatti illeciti commessi in un contesto unitario, significativo del carattere unico e circoscritto della deliberazione criminosa del soggetto agente (Sez. 6, 10596/2019).

L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis non può essere dichiarata con riferimento al reato di abusivo esercizio di una professione, in quanto tale delitto presuppone una condotta che, in quanto connotata da ripetitività, continuità o, comunque, dalla pluralità degli atti tipici, è di per sé ostativa al riconoscimento della causa di non punibilità (Sez. 6, 6664/2017).

Comportamento abituale

Nell’individuare il "comportamento non abituale" rilevante ex art. 131-bis, è fuorviante fare riferimento alla categoria della recidiva: l'intento del legislatore è stato, infatti, quello di escludere dall'ambito della particolare tenuità del fatto condotte "seriali" ed il tenore letterale della disposizione lascia intendere che l'abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (dunque almeno due) diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis. Solo il terzo illecito della medesima indole dà, pertanto, legalmente luogo alla serialità che osta all'applicazione dell'istituto (Sez. 5, 15646/2021).

Ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis, il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame (SU, 13681/2016).

In tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l'autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole, incidentalmente accertabili da parte del giudice procedente. In tal senso, non può ritenersi sufficiente la mera constatazione della presenza di denunzie nei confronti dell'imputato o di "precedenti di polizia", di cui si ignora la sorte. Il giudice investito della richiesta di applicazione della causa di non punibilità deve, infatti, verificare, su richiesta della difesa o d'ufficio, l'esito di tali segnalazioni, per trarne l'esistenza di eventuali concreti elementi fattuali che dimostrino la abitualità del comportamento dell'imputato. (Nel caso di specie, la Suprema corte ha ritenuto che il giudice del merito non si fosse conformato a tali principi, avendo ritenuto l'abitualità del comportamento sulla base delle sole risultanze dell'annotazione del Commissariato di p.s. in cui venivano elencate le precedenti segnalazioni a carico dell'imputato, senza procedere ad una adeguata valutazione degli elementi fattuali relativi alle violazioni precedentemente segnalate ed al loro esito) (Sez. 6, 10796/2021).

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un’ipotesi di "comportamento abituale", ostativa al riconoscimento del beneficio (Sez. 3, 19159/2018).

 

In senso parzialmente contrario: ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis non osta la presenza di, più reati legati dal vincolo della continuazione, qualora questi riguardano azioni commesse nelle medesime circostanze di tempo, di luogo e nei confronti della medesima persona, elementi da cui emerge una unitaria e circoscritta deliberazione criminosa, incompatibile con l’abitualità presa in considerazione in negativo dall’art. 131-bis (Sez. 5, 5358/2018).

Per quanto concerne il requisito della non abitualità della condotta, la causa di esclusione della punibilità non possa essere applicata, ai sensi del terzo comma dell’art.131-bis, qualora l’imputato abbia commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima ratio punendi), poiché è la stessa previsione normativa a considerare il "fatto" nella sua dimensione "plurima", secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui esso si articola (Sez. 5, 26813/2016). D’altronde la stessa richiamata disposizione normativa esclude di poter riconoscere la causa di non punibilità in favore di chi abbia commesso più reati della stessa indole, anche nell’ipotesi in cui ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità. Né appare plausibile ritenere che, con tale previsione, il legislatore abbia voluto riferirsi solo ai casi in cui l’autore del reato sia gravato da precedenti penali specifici, posto che altrimenti si sarebbe eventualmente espresso in termini di recidiva specifica. A questo proposito, infatti, è stato parimenti osservato che la nozione di comportamento abituale  che ricorre quando l’autore ha commesso almeno altri due illeciti oltre quello preso in esame  non può essere assimilata a quella della recidiva, che opera in un ambito diverso ed è fondata su un distinto apprezzamento. In definitiva, quindi, non vi è nel testo alcun indizio che consenta di ritenere che l’indicazione di abitualità presupponga un pregresso accertamento in sede giudiziaria ed, anzi, sembra proprio che possa pervenirsi alla soluzione diametralmente opposta, con la conseguenza che possono essere oggetto di valutazione anche condotte prese in considerazione nell’ambito del medesimo procedimento, il che amplia ulteriormente il numero di casi in cui il comportamento può ritenersi abituale, considerata anche la ridondanza dell’ulteriore richiamo alle "condotte plurime, abituali e reiterate". Nello stesso senso è stato così annotato che la predetta causa di esclusione della punibilità non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un’ipotesi di "comportamento abituale", ostativa al riconoscimento del beneficio (Sez. 3, 56106/2018).

Incidenza delle circostanze

L’istituto della non punibilità del fatto per la sua speciale tenuità risponde prevalentemente a finalità deflattive e che in tale prospettiva la scelta del legislatore, che ha imposto un limite all’apprezzamento discrezionale del giudice con il divieto di bilanciamento per le circostanze ad effetto speciale, non è irragionevole. Infatti, si è inteso evitare che, attraverso il meccanismo di bilanciamento delle circostanze attenuanti, ivi comprese quelle ex art 62-bis, si venissero ad includere nella sfera di operatività dell’art 131-bis, reati che proprio nella forma caratterizzata dall’aggravante speciale eccedono in misura significativa il limite di 5 anni previsto per l’applicabilità della causa di non punibilità. Si pensi ad esempio, oltre all’ipotesi del furto aggravato, anche alle lesioni gravi, fattispecie incriminatrici per le quali il ricorrere dell’aggravante ad effetto speciale ed il conseguente notevole incremento di pena che ne deriva, sta a significare il notevole disvalore sociale che la legge vi attribuisce, sanzionando la forma aggravata in misura indipendente rispetto al reato semplice. Il divieto di bilanciamento ex art 69 tra queste circostanze aggravanti e le attenuanti garantisce che non vengano attratte nell’ambito della particolare tenuità del fatto, e quindi della non punibilità dell’autore, ipotesi delittuose che, al contrario, sono state giudicate dal legislatore, in linea generale ed astratta, degne di una risposta sanzionatoria di più che consistente afflittività. La norma che impone il divieto di bilanciamento, quindi, lungi dal presentare profili di irragionevolezza è coerente col sistema e ne garantisce la tenuta (Sez. 5, 30083/2018).

L’istituto della particolare tenuità del fatto, invero, non è applicabile all’ ipotesi di cui agli artt. 2 e 7 L. 895/1967, in quanto l’attenuante di cui all’art. 5 della stessa legge non prevede una diminuzione minima ( "Le pene...possono essere diminuite in misura non eccedente i due terzi...") e non può quindi affermarsi che si tratti di circostanza ad effetto speciale (ravvisabile quando l’aumento o la diminuzione è superiore ad un terzo), della quale può tenersi conto ai fini del calcolo della pena detentiva .prevista ai sensi del primo comma dell’art. 131 bis cod. pen. per l’applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto (la pena detentiva massima della detenzione di arma comune è pari ad anni 5 e mesi 4 di reclusione e quindi superiore al limite di cinque anni di pena detentiva previsto per detta applicazione) (Sez. 7, 28887/2018).

La causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis è applicabile solo in relazione ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni (comma 1), tenendo conto delle circostanze ad effetto speciale e trascurando gli effetti del giudizio di bilanciamento di cui all’art. 69 (comma 4). E, nel caso di specie, il giudice non ha escluso la circostanza aggravante contestata, ossia quella di cui all’art. 625, comma 1, n. 2. Considerato che il furto monoaggravato comporta una pena edittale massima di sei anni di reclusione (art. 625, comma 1), non vi è spazio per l’applicabilità della indicata causa di non punibilità (Sez. 4, 3875/2018).

Reato continuato e particolare tenuità del fatto

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis può essere dichiarata anche in presenza di più reati che sono legati dal vincolo della continuazione, purché non espressivi di una tendenza o inclinazione al crimine. Il vincolo della continuazione non si identifica infatti con l’abitualità nel reato e può prescindere dalla medesimezza dell’indole dei reati commessi, che è solo uno dei parametri di riferimento per ricostruire l’unicità del disegno criminoso (ed è l’unico che secondo il disposto di cui all’art. 131-bis, co. 3, è di per sé ostativo all’applicazione di tale causa di non punibilità). Il limite applicativo dell’art. 131-bis opera solo in relazione a reati abituali ovvero espressione di una tendenza o inclinazione al crimine, sia essa giudizialmente accertata che desumibile dagli atti e a reati espressione della stessa indole o che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali o reiterate. L’istituto della continuazione non può parimenti escludere il riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità perché la circostanza attenuante di cui all’art. 62, n.4, va valutata e applicata in relazione a ogni singolo reato unificato nel medesimo disegno criminoso, con riguardo al danno patrimoniale cagionato per ogni singolo fatto-reato (Sez. 5, 30434/2020).

Casistica

Non vi è incompatibilità tra la concessione del beneficio ex art. 163 e il rigetto dell’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto. I giudizi posti a fondamento dell’uno e dell’altra devono essere tenuti distinti, anche sul piano motivazionale, perché il primo si riferisce ad una valutazione prognostica circa la capacità dell’autore del reato di astenersi in futuro dalla commissione di nuovi fatti di rilevanza penale, mentre i parametri di valutazione previsti dal comma primo dell’art. 131-bis si riferiscono alla struttura e alla natura del fatto (con riferimento alla pena edittale, alla modalità e particolare tenuità della condotta, all’esiguità del danno) e al profilo psicologico di esso ovvero a tipizzate connotazioni di propensione al crimine (Sez. 5, 4779/2019).

La declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sulla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis sia perché diverse sono le conseguenze che scaturiscono dai due istituti, sia perché il primo di essi estingue il reato, mentre il secondo lascia inalterato l’illecito penale nella sua materialità storica e giuridica (Sez. 4, 3448/2019).

L’istituto di cui all’art. 131-bis è, in linea di principio, applicabile anche con riferimento al reato di evasione. È poi compito del giudice di merito valutare se, in concreto, sussistano o no i presupposti per la sua operatività (Sez. 6, 58232/2018).