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Art. 612 - Minaccia

1. Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 1.032 (1).

2. Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno. (2)

3. Si procede d’ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell’art. 339. (3)

(1) Comma così modificato ai sensi dell’art. 113, L. 689/1981 e, successivamente, dall’art. 1, comma 2-ter, DL 93/2013 convertito con L. 119/2013.

(2) Comma così modificato dal DLGS 36/2018.

(3) Comma inserito dal DLGS 36/2019.

Rassegna di giurisprudenza

Elementi strutturali

È indifferente la forma o il modo della minaccia, potendo questa essere manifesta o implicita, palese o larvata, diretta o indiretta, reale o figurata, orale o scritta, determinata o indeterminata, purché comunque idonea, in relazione alle circostanze concrete, a incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo.

La connotazione di una condotta come minacciosa e la sua idoneità a integrare l’elemento strutturale del delitto di estorsione vanno valutate in relazione a concrete circostanze oggettive, quali la personalità sopraffattrice dell’agente, le circostanze ambientali in cui lo stesso opera, l’ingiustizia della pretesa, le particolari condizioni soggettive della vittima, vista come persona di normale impressionabilità, a nulla rilevando che si verifichi una effettiva intimidazione del soggetto passivo (Sez. 2, 7304/2019).

Il delitto di minaccia è reato di pericolo che non presuppone la concreta intimidazione della persona offesa, ma solo la comprovata idoneità della condotta ad intimidirla: idoneità che sussiste in presenza di un’oggettiva riconoscibilità del male ingiusto, siccome desumibile dalla situazione contingente, non rilevando neppure l’improbabilità che il male prospettato si verifichi effettivamente. Ne viene che la richiesta riconducibilità del male ingiusto prospettato alla sfera di azione e di volizione dell’agente non deve essere apprezzata in astratto, ma con criterio medio, in relazione alle concrete circostanze del fatto e ai rapporti tra l’autore e la vittima del reato (Sez. 5, 15801/2019).

Nel reato di minaccia elemento essenziale è la limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male possa essere cagionato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente (Sez. 5, 45502/2014).

Costituisce orientamento consolidato quello secondo cui, ai fini dell’integrazione del reato di minaccia, non è necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo semplicemente sufficiente che la condotta posta in essere dall’agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo ed a delineare, cioè, anche solo una mera attitudine della condotta ad intimorire, mentre è irrilevante l’indeterminatezza del male minacciato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente (Sez. 1, 44128/2016).

L’elemento soggettivo del reato di minaccia si caratterizza per il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di minacciare un male ingiusto, indipendentemente dal fine avuto di mira dall’agente, di guisa che il preteso intento ritorsivo non appare idoneo ad escludere - ma anzi conferma - la rappresentazione della natura dell’espressione minacciosa e la sua volizione da parte dell’imputato, situandosi la finalità reattiva ad una pretesa giudiziaria ritenuta ingiusta nell’ambito della causale della condotta antigiuridica (Sez. 5, 55829/2018).

L’art. 612 contempla un reato di pericolo, che richiede un accertamento ex ante ed in concreto dell’idoneità della condotta a limitare la libertà di autodeterminazione della persona offesa, e che non viene meno per il fatto che la stessa non abbia, di fatto, subito suggestione alcuna, sicché anche un male oscuro, il cui concretizzarsi dipende dalla persona che lo prospetta, è idoneo a realizzare l’offesa tipica che la norma tende a scongiurare. Peraltro, la concreta idoneità della minaccia a creare turbamento nella persona offesa rappresenta una quaestio facti, la cui valutazione è riservata al giudice del merito e che, nei consueti limiti della ragionevolezza argomentativa, non è censurabile dinanzi al giudice di legittimità (Sez. 5, 55829/2018).

 

Minaccia grave

La minaccia deve essere, nella sua gravità, valutata con un criterio medio e, in relazione alle concrete circostanze di fatto, oggettive e soggettive, e deve essere idonea a causare effetti intimidatori sul soggetto passivo, anche se il turbamento psichico non si verifichi in concreto; in tale contesto l’espressione usata dal ricorrente di “spaccare la mazza in testa” all’agente, attuata con inequivoci gesti ed atteggiamento aggressivo appare certamente idonea ad integrare “minaccia grave”, ai sensi e per gli effetti di cui al cpv. dell’art. 612 (Sez. 7, 5325/2019).

Il giudizio di gravità ex. art. 612 cpv. deve essere ancorato all’insieme delle circostanze concrete ed alle condizioni particolari, in cui si trovano i soggetti del delitto; in particolare deve aversi riguardo al grado del turbamento psichico provocato nella vittima che va ragguagliato alla gravità del male minacciato ed alle circostanze nelle quali la minaccia è fatta (Sez. 7, 5311/2019).

Al concetto di gravità della minaccia va attribuito un carattere relativo, riferibile non soltanto alla entità del male minacciato, ma anche all’insieme delle modalità dell’azione ed alle condizioni in cui si trovavano i soggetti del delitto, ravvisando, ad esempio, la minaccia grave nell’avere l’imputato pronunciato la frase: “se non te ne vai ti sparo” senza alcun serio motivo, nei confronti di due fidanzati che si trovavano all’interno di un’autovettura (Sez. 5, 2669/2019).

La gravità della minaccia va accertata avendo riguardo, in particolare, al tenore delle eventuali espressioni verbali ed al contesto nel quale esse si collocano, onde verificare se, ed in quale grado, la condotta minatoria abbia ingenerato timore o turbamento nella persona offesa, non essendo necessario, a tal fine, che la minaccia sia circostanziata, potendo benissimo, ancorché pronunciata in modo generico, produrre un grave turbamento psichico (Sez. 6, 35593/2015).

 

Modalità di cui all’art. 339

…Uso di armi

Per integrare la specifica aggravante ex art. 339 è sufficiente che la minaccia sia posta in essere mediante l’uso di uno strumento atto ad offendere, nel cui novero certamente va ricompresa un’asta di ferro (Sez. 5, 10390/2019).

L’uso o porto fuori della propria abitazione di un’arma giocattolo assume rilevanza penale soltanto se mediante essa si realizzi un diverso reato del quale l’uso o porto di un’arma rappresenti elemento costitutivo o circostanza aggravante, come avviene nei delitti di rapina aggravata (art. 628, comma 3 n. 1, prima ipotesi), di violenza e resistenza aggravata a pubblico ufficiale (art. 339), di estorsione aggravata (art. 629 cpv.), di minaccia aggravata (art. 612 cpv.), o quando venga portato indosso nella commissione del reato di furto. Mantiene dunque rilevanza l’uso di arma giocattolo non riconoscibile come tale (SU, 3394/1992).

La minaccia attuata con l’esibizione di un coltello concreta l’aggravante dell’uso dell’arma ai sensi dell’art. 339 (Sez. 7, 30278/2018).

L’efficacia intimidatoria delle pistole scacciacani deve essere riconosciuta sia per la somiglianza con una vera arma da fuoco, sia per l’effetto sonoro (Sez. 7, 4351/2018).

Sussiste l’aggravante dell’uso dell’arma nel delitto di minaccia, ancorché la minaccia sia proferita con l’uso di un’arma giocattolo, in quanto, in unione con le ulteriori modalità della condotta, essa determina un maggior effetto intimidatorio sull’animo della persona offesa (Sez. 5, 10179/2013).

 

…Lancio di corpi contundenti

Anche il lancio di pietre può assumere valenza intimidatoria, avuto riguardo al contesto nel quale la condotta viene tenuta (contesto del tutto negletto dall’imputato). Ciò che rileva è il fine perseguito dall’agente che, se volto esclusivamente a prefigurare la concreta possibilità di cagionare lesioni all’incolumità della persona destinataria della condotta, attribuisce all’azione quella valenza esclusivamente minacciosa che è valorizzata anche dal legislatore per tipizzare la condotta ai sensi dell’art. 612, cpv.

Il secondo comma dell’art. 612, infatti, nel definire i requisiti della gravità della minaccia, afferma esser tale anche quella «fatta in uno dei modi indicati nell’art. 339» e cioè, «la minaccia (...) commessa mediante il lancio o l’utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere (...) in modo da creare pericolo alle persone» (art. 339, comma terzo). Anche per il legislatore, dunque, il lancio di oggetti atti ad offendere (le pietre sono tali) può astrattamente integrare il reato di minaccia (grave) (Sez. 3, 38601/2018).

 

…Più persone riunite

L’aggravante prevista dal comma primo dell’art. 339, cioè la violenza o minaccia da più persone riunite, non prevede che le persone debbano essere cinque o più. La norma, infatti, non fa alcun riferimento all’art. 112 e la successiva e specifica previsione contenuta nell’art. 339, comma 2, nel quale si prevede espressamente l’ipotesi in cui la condotta sia posta in essere “da più di cinque persone”, conferma tale assunto (Sez. 2, 46798/2018).

Perché ricorra la circostanza aggravante della minaccia commessa da più persone riunite, di cui all’art. 339, richiamato dall’art. 611 cpv. per la sussistenza dell’ipotesi aggravata della violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, occorre che la partecipazione di più persone sia percepita dalla vittima al momento della consumazione del reato (Sez. 5, 13611/1990).

In tema di resistenza a pubblico ufficiale l’omessa menzione dell’estremo delle «più persone riunite» ai fini della contestazione dell’aggravante ex art. 339 nel provvedimento di rinvio a giudizio non è causa di nullità allorquando sia richiamato il concetto d’una «collettività», come nel caso di un equipaggio della nave (Sez. 1, 2034/1983).

 

…Più di dieci persone

Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante della violenza o minaccia commessa da più di dieci persone, di cui all’art. 339, secondo comma, non rileva che alcune di esse siano rimaste non identificate (Sez. 6, 15546/1990).

 

…Associazione segreta

In tema di resistenza, minaccia o violenza a pubblico ufficiale, non possono ritenersi mancanti gli elementi individualizzanti della «associazione segreta», ai fini della sussistenza dell’aggravante relativa all’avvalersi «della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni esistenti o supposte» di cui al primo comma dell’art. 339, qualora l’imputato stesso abbia rivendicato, in precedenza, l’appartenenza a specifici gruppi eversivi, e a nulla rilevando il fatto che si sia poi successivamente «dissociato».

Essenziale è, infatti, che il comportamento dell’agente, comunque manifestato, abbia ingenerato nel soggetto passivo un timore di rappresaglia da parte dell’associazione segreta, creduta esistente, di cui l’agente possa o lasci credere di poter determinare l’intervento (Sez. 5, 10941/1987).

 

Casistica

La minaccia di fare una strage si presenta oggettivamente integrante il reato di cui all’art. 612 e, comunque, ai fini dell’integrazione del reato di minaccia, non è necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo semplicemente sufficiente che la condotta posta in essere dall’agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo (Sez. 5, 3532/2019).

La prospettazione di adire le vie legali, in quanto esercizio di un diritto, non implica un danno ingiusto e, come tale, rimane estranea alla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 612 (Sez. 5, 563/2019).