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Una nuova pronuncia della Cassazione sul reato di truffa ai danni dello Stato

Truffa ai danni dello stato
Truffa ai danni dello stato

Abstract

La falsa attestazione dei requisiti richiesti per il rinnovo della patente da parte del medico legale non costituisce truffa ai danni dello Stato ma ha delle ripercussioni solo sul piano civilistico: è stata la VI sezione della Corte di Cassazione a chiarirlo, con sentenza 20 ottobre 2020 nr. 28957.

 

Indice:

1. Introduzione

2. La sentenza della Cassazione numero 28957 del 20 ottobre 2020

3. Vicenda fattuale

4. La posizione della Corte

5. Conclusioni

 

1. Introduzione

Generalmente, il rilascio di certificato medico in assenza di visita attestante il possesso di requisiti psicofisici viene prima facie sussunto nel reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative, ai sensi dell’articolo 480 del codice penale; la giurisprudenza si è espressa in tal senso anche recentemente, confermando l’integrazione di tale delitto in capo al medico accertatore che, senza svolgere la doverosa visita, aveva attestato il possesso dei requisiti psicofisici richiesti per il conseguimento della patente di guida.

 

2. La sentenza della Cassazione numero 28957 del 20 ottobre 2020

Nella recente sentenza numero 28957 del 20 ottobre 2020 invece, la Cassazione si è trovata di fronte ad una fattispecie delittuosa diversa.

Protagonista un medico legale della Asl il quale, tra i numerosi capi di imputazione, era accusato di truffa aggravata ai sensi dell’articolo 640, comma 2, numero 1 codice penale, perché aveva attestato la falsa sussistenza dei requisiti volti ad ottenere non il conseguimento della patente ma il suo rinnovo a favore di soggetti privati.

 

3. Vicenda fattuale

Dopo che la Corte di Appello aveva confermato la condanna pronunciata in primo grado nella misura di tre anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, il ricorrente aveva circoscritto le censure ai soli reati di truffa e all'applicazione della pena accessoria interdittiva perpetua.

Nello specifico, all’imputato veniva contestato di aver raggirato l’Asl nell’ambito della sottoscrizione di una clausola d’impegno volta ad esercitare attività professionale solo intra muraria, ove invece le indagini svolte avevano rilevato la violazione della suddetta clausola, poiché il ricorrente aveva esercitato la sua attività professionale extra moenia per procurarsi un ingiusto profitto ai danni dell’ente pubblicoil medico legale era altresì accusato di aver emesso fatture riguardanti prestazioni mai eseguite a favore di pazienti che non avevano invece effettuato la visita medico-legale necessaria per conseguire il rinnovo della patente, col proposito di legittimare procedure irregolari per permettere a costoro di ottenere i requisiti di cui erano sprovvisti.

 

4. La posizione della Corte

Per la Corte di Cassazione è “evidente il difetto in entrambi i casi degli elementi costitutivi del delitto di truffa e cioè il raggiro o l’artificio in danno della parte offesa, l’induzione in errore ed infine la disposizione patrimoniale eseguita da quest’ultima”.

Sulla violazione della clausola d’impegno, per gli Ermellini integra solo un illecito civile, stante l’omesso rispetto di una delle condizioni convenute in sede contrattuale dalle parti e non anche gli artifici o i raggiri richiesti per la configurazione del delitto di truffa; tale assunto è sostenuto altresì dalla mancanza di una disposizione patrimoniale da parte dell’ASL.

Nel secondo caso, invece, la Corte evidenzia la dissociazione tra l’ente pubblico Asl che sarebbe essere stato raggirato e i richiedenti il rinnovo della patente sprovvisti dei requisiti legali per ottenerlo, che avrebbero subìto la depauperazione patrimoniale. Secondo la Suprema Corte, l'emissione delle fatture da parte della Asl costituirebbe in realtà un negozio avente causa illecita ai sensi dell’articolo 1343 del codice civile sicché rappresentava un espediente utilizzato dall’imputato per legalizzare pratiche da lui gestite abusivamente e finalizzate a fornire effettivamente un servizio ai privati, che gli corrispondevano l'importo delle fatture emesse a loro carico.

 

5. Conclusioni

Sulla scorta di siffatte motivazioni, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza in relazione al reato di truffa ai danni dello stato perché il fatto non sussiste, anche in ordine all'entità della pena accessoria, rinviando ad altra sezione della Corte di Appello territoriale la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.