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Inclusione, parità di genere, sistemi di gestione

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Inclusione, parità di genere, sistemi di gestione

 

I concetti di Diversità e Inclusione, in cui si inserisce la parità di genere, stanno emergendo a livello globale come principi cardine all’interno delle organizzazioni, caratteristica fondamentale dell’ambiente di lavoro e colonna portante delle strategie di CSR e di sostenibilità, al fine di migliorare resilienza e reputazione delle organizzazioni di riferimento. La parità di genere, insieme al “gender pay gap” e a tutte le tematiche connesse sono problemi reali, che tutte le parti sociali sono chiamate a prendere in considerazione. Tra queste, prime fra tutte, le imprese che, consce del divario sociale, economico e politico esistente tutt’oggi tra uomo e donna, devono attivarsi concretamente, modificando o ampliando il loro sistema di gestione. Pensare l’organizzazione come entità composta di donne e uomini e valorizzare le loro differenze e competenze come risorsa dell’organizzazione è il punto di partenza per offrire pari opportunità di crescita e per favorire la presenza delle donne nelle posizioni decisionali.

 

Il World Economic Forum del 2021

Il World Economic Forum (il più importante appuntamento economico-sociale dell’anno a livello mondiale) si è dotato di un Global ‘gender gap’ Index. Si tratta, in sostanza, di uno studio relativo al rapporto finale, pubblicato ogni anno, dove viene misurata l’entità del divario di genere. Sono quattro gli indici che vengono considerati: 

1. situazione economica ed opportunità lavorative (Economic partecipation and Opportunity);

2. istruzione (Educational Attainment); 

3. salute e sopravvivenza (Healt and Survival); 

4. partecipazione alla vita politica (Politica Empowerment).

Lo studio, partito nel 2006, valuta in una scala da 0 a 100 il divario di genere allo stato attuale e la sua evoluzione. Se consideriamo l’ultimo rapporto del 2022, a livello mondiale il trend riporta che il divario di genere risulta colmato al 68%;  ma il trend in atto, calcoli alla mano, dimostra che ci vorranno 132 anni per la effettiva gender equality.  La prima notizia è che nessun Paese al mondo ha raggiunto una parità di genere al 100% e l’Islanda risulta essere il Paese dove questo divario è meno accentuato (90,8% di parità di genere).  La seconda notizia è che l’Italia non brilla certamente nella classifica mondiale, ponendosi al 63° posto a livello mondiale. Quando, infatti, si considerano tutti questi ulteriori parametri, ecco che il gap cresce enormemente tra i due generi, giungendo fino al 44% in Italia, mentre in Europa si attesta al 40% (fonte: Gender Overall Earnings Gap).

 

L’impatto della pandemia sulla parità di genere

La pandemia, inoltre, sembra aver avuto un effetto amplificatore di questo divario. In Italia le cause che portano a questa situazione sono molteplici e sono sintetizzabili in: minor numero di donne impiegate in lavori qualificati dell’ambito Technologies e affini (che sono quelli maggiormente in crescita); interruzione o sospensione della carriera per esigenze di maternità; interruzione o sospensione della carriera per esigenze di assistenza (caregiver) a familiari in difficoltà; abbandono del lavoro (dimissioni volontarie) per difficoltà a conciliare vita privata e lavorativa; pregiudizi in fase di selezione (soprattutto verso le giovani lavoratrici). Queste principali cause limitano l’accesso delle donne alle posizioni di vertice, alla partecipazione continuativa alla vita aziendale, con pregiudizio per la propria carriera, minor numero di ore lavorate (con contratti part time, congedi parentali) fino ad una maggior percentuale di rinuncia volontaria al posto di lavoro a favore di necessità familiari.
 

Soluzioni adottabili dalle aziende

Premesso che ogni azienda adotta politiche aderenti ai propri valori e stile, nonché in linea con le necessità organizzative, dove le persone fisiche che occupano ruoli decisionali possono fare la differenza in base al proprio grado di sensibilità sull’argomento, è possibile individuare azioni concrete che un’azienda può adottare per rendere la ‘gender gap’ più ridotta possibile, se non annullarla del tutto: politiche di sostegno alla maternità, a partire dallo smart working, fino ai bonus asilo o in alcuni casi l’implementazione di asili interni; percorsi di carriera personalizzati, che tengano conto delle esigenze delle lavoratrici madri; sostegno alla leadership al femminile, assicurando posizioni di vertice a figure femminili adeguatamente formate; parità retributiva, basata su criteri meritocratici trasparenti e condivisi; gestione trasparente e meritocratica dei colloqui di selezione; gestione della privacy interna, che tuteli tutte le informazioni che possono essere fonte diretta o indiretta di disparità di genere


La posizione dell’Italia e il sistema di certificazione

In Italia, a seguito delle spinte dell’Unione Europea, è stato creato un sistema di certificazione per la parità di genere, previsto all’interno del PNRR quale strumento in grado di ridurre il divario di genere nell’ambito lavorativo. La prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 è stata pubblicata il 16 marzo 2022 e presentata dalla Ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti e dal Presidente di UNI – Ente Italiano di Normazione – Giuseppe Rossi. Recepita nell’ordinamento italiano con il decreto del 29 aprile 2022, prevede l’adozione di specifici indicatori chiave che hanno l’obiettivo di valutare la prestazione delle organizzazioni in termini di adozione e implementazione delle politiche per la parità di genere. La prassi si prefigge di raggiungere questo obiettivo incorporando nella cultura aziendale un nuovo paradigma che, nel lungo periodo, sia capace di generare un cambiamento sostenibile e durevole. Per rendere efficaci le azioni, sono state identificate 6 Aree d’intervento all’interno delle quali sono specificati vari Key Performance Indicators (qualitativi e quantitativi) utili a contraddistinguere il livello di inclusività e di parità raggiunto da un’organizzazione:

  • Cultura e strategia (15%);
  • Governance (15%);
  • Processi HR (10%);
  • Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda (20%);
  • Equità remunerativa per genere (20%);
  • Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro (20%).

La certificazione ha validità triennale, ma è soggetta a monitoraggio annuale. Ad eccezione delle Partite IVA senza dipendenti o figure addette, la certificazione può dunque essere richiesta da organizzazioni e imprese di tutte le dimensioni su base volontaria e su richiesta dell’impresa; può essere ottenuta con una soglia minima del 60%.

Sono tre gli obiettivi concordati con l’Unione Europea: il primo – l’unico raggiunto al momento – riguardava l’entrata in vigore il sistema di certificazione entro dicembre 2022. Il secondo, da raggiungere entro il 2026, è di far ottenere la certificazione ad almeno 800 imprese (di cui 450 micro, piccole e medie imprese) e di riuscire ad assicurare sostegno e assistenza tecnica a tal fine ad almeno 1000 imprese. In un tessuto produttivo come quello italiano, caratterizzato dalla prevalenza di micro, piccole e medie imprese, il principale limite con cui questo provvedimento si scontra è quello dei costi che un adeguamento in questi termini potrebbe comportare. È proprio per garantire la coerenza con le diverse realtà aziendali che i KPI potranno essere applicati in modo proporzionale e graduale rispetto al profilo dimensionale dell’organizzazione, tenendo dunque conto degli specifici livelli di articolazione e complessità, con un contributo massimo per impresa pari a 12.500 euro. Per beneficiare di questi contributi, gli Organismi accreditati dovranno rispondere a un avviso pubblico (entro il 30 giugno 2026) e prestare i propri servizi alle imprese che non ne sosterranno direttamente il costo, poiché esso sarà coperto da Unioncamere attraverso i fondi del PNRR. Sempre per le micro, piccole e medie imprese, un’ulteriore misura di supporto riguarda la previsione di un servizio di assistenza tecnica e accompagnamento durante il processo di certificazione coperto tramite un sistema di voucher del valore massimo di 2.500 euro a impresa (il cui relativo avviso è in fase di pubblicazione). A maggio 2023, le aziende che hanno già aderito e ottenuto la certificazione sono 305, dato che dimostra come il sistema economico stia cogliendo le opportunità che derivano dall’implementazione di questo strumento


Prospettive future e conclusioni

Tutte le realtà intenzionate a diventare parte di questo virtuoso cambiamento sono chiamate a rivedere il proprio sistema di gestione sulla base delle sei macroaree previste dalla prassi di riferimento e, per ciascuna di tali aree, a individuare lo stato dell’arte ed eventuali rafforzamenti per garantire una piena, longeva ed efficiente parità di genere al suo interno. L’intenzione è quella di incrementare tale sistema, monitorandolo e migliorandolo a cadenza biennale, al fine di rendersi parte attiva del cambiamento.