L’essenziale funzione familiare della donna tra origine e attualità
L’essenziale funzione familiare della donna tra origine e attualità
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione” (art. 37 Cost.). Da una celere lettura della disposizione si evince chiaramente il rilievo assunto dall’aggettivo “essenziale. Lo stesso innesca un animato dibattito in sede di Assemblea Costituente. Celebre è il confronto
tra l’on. Moro e l’on. Merlin. Il primo avanza una formulazione della norma simile a quella vigente: “Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore ed inoltre è garantita in ogni caso la possibilità di adempiere, insieme al suo lavoro, alla sua essenziale missione familiare”. La senatrice, invece, sostiene che l’impiego della parola “essenziale” avrebbe circoscritto l’attività femminile al solo contesto familiare, confinando la donna dall’ambito economico, sociale e politico. Secondo l’on. Merlin “la maternità [...] non è una condanna, ma una benedizione e deve essere protetta dalle leggi dello Stato senza che si circoscriva e si limiti il nostro diritto a dare quanto più sappiamo e vogliamo in tutti i campi della vita nazionale e sociale, certe, come siamo, di continuare e completare liberamente la nostra maternità”. Al contrario, l’on. Moro ritiene che “questo riferimento alla “essenzialità” della missione familiare della donna sia un avviamento necessario ed un chiarimento per il futuro legislatore, perché esso, nel disciplinare l'attività della donna nell'ambito della vita sociale del lavoro, tenga presenti i compiti che ne caratterizzano in modo peculiare la vita”. Un’interpretazione simile del concetto di “essenziale funzione familiare” trova giustificazione nel periodo storico di redazione della Costituzione. I molteplici interventi delle Madri Costituenti comprovano la necessità di affermare la più ampia pubblicizzazione e socializzazione del lavoro di riproduzione sociale, senza trascurare il suo valore economico, in modo tale da superare le disuguaglianze di genere tracciate
intorno alla dicotomia tra la dimensione privata della famiglia e quella pubblica della
produzione.
A distanza di quasi ottant’anni, è indispensabile interrogarsi sulla concreta attualità del termine sopraindicato o meglio chiedersi se la sua permanenza contribuisca ad inasprire la condizione di svantaggio di cui la donna è vittima da sempre. La risposta è affermativa, ove essa continui ad essere relegata nel suo habitat, quello domestico, omettendo le esigenze scaturenti dal contrasto storico vigente.
È da tempo in atto un’evoluzione sociale, che coinvolge la cellula per eccellenza, la famiglia: quella tratteggiata dall' art. 37 non è più una funzione prettamente femminile, se si prende atto che anche l'altra parte provvede in maniera significativa alla vita familiare, includendo mantenimento ed educazione della prole.
In un’ottica progressista, il primo passo da compiere è quello di considerare che il diritto di bilanciare sfera privata e professionale spetta alla famiglia in sé e non al singolo componente.