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Maschile sovraesteso? Femminismo? Femminilità?

maschile sovraesteso
maschile sovraesteso

Maschile sovraesteso? Femminismo? Femminilità?

 

Parità di genere, il Comune di Bologna dice stop al maschile universale.” (Il Resto del Carlino, 25 ottobre 2023).

Un segnale ricorrente in tanti settori. Parliamo del nostro linguaggio. È il nostro pane quotidiano: serve per mettere in comune i vissuti, per creare le basi della storia. Nel tempo cambia: se così non fosse sarebbe morto! E i cambiamenti sono una testimonianza consistente dei mutamenti della società. Il nostro modo di esprimerci esplicita non solo contenuti, ma anche la propria visione e interpretazione di ciò che accade: la lingua è lo specchio della società.

Un argomento oggi ricorrentemente alla ribalta è declinare al femminile alcune cariche istituzionali. Per ruoli professionali tradizionalmente affidati a donne, il femminile è normale: segretaria, infermiera. Per cariche di prestigio e di potere la tendenza è stata quella di mantenere il maschile. Ma oggi diciamo anche: notaia, chirurga e medica, presenti nel vocabolario Treccani.

Prestiamo attenzione alla forza delle parole! Dice bene Gianrico Carofiglio: “Le parole hanno il potere di produrre trasformazioni: possono essere, letteralmente, lo strumento per cambiare il mondo”.

Proviamo a fare chiarezza rivedendo le regole del nostro italiano. Il sostantivo ha un genere: maschile o femminile. Non abbiamo il neutro. Per alcuni soggetti è l’articolo a dare evidenza al genere, come ad esempio il / la cliente, il / la giudice, il / la deputato. Per gli oggetti inanimati o astratti il genere è libero senza alcun altro riferimento: il tavolo o la cassa. Quando non si vuole esplicitare il genere, si è adottato il maschile sovraesteso, come termine omnicomprensivo. Posizione accettata come naturale: “Buongiorno a tutti!” è rivolto ad un gruppo di persone in cui ci sono tante donne e solo un uomo!

Il maschile sovraesteso ha assunto il ruolo di neutro: pratica ritenuta serenamente corretta per lungo tempo, anche se è stata accusata di visioni machiste! Il non nominare espressamente la presenza di una donna in alcuni contesti sta dando adito a reazioni collegate all’interpretazione secondo cui nomina sunt consequentia rerum, cioè i nomi sono conseguenti alle cose, che equivale a dire che ciò che non viene nominato è come se non esistesse! 

Oggi troviamo formule che vogliono rappresentare un’alternativa dal taglio paritetico: mettere il doppio articolo, aggiungere alla fine della parola l’asterisco o il simbolo ə =schwa.

Teniamo presente che questo tema, la declinazione al femminile di termini tradizionalmente maschili, non è nuovo: era già ricorrente nella metà degli anni ’80, dove l’approccio linguistico si intrecciava con la visione politica.

Esimerci da questa questione non è corretto: le parole non sono banali, non sono una mera sequenza di lettere: lasciano un tracciato. È normale che la lingua evolva nel tempo in relazione ai cambiamenti. Ma avviene anche il contrario: il linguaggio agisce sugli eventi a livello sociale e culturale. Possiamo parlare di una rivendicazione linguistica? Le posizioni sono varie e tutte interessanti. Aleggia una certezza: non è con l’imposizione di una diversa convenzione che la lingua può cambiare.

Quindi? Non c’è “la” soluzione”. La nostra lingua è viva: ne sono testimonianza le reazioni, i commenti e le iniziative di chi legge e di chi scrive: tutte lasciano un segno in un periodo storico. Da qui può partire il cambiamento che meglio rappresenta la volontà. Tutti siamo chiamati a dare un contributo, tenendo presente che l’insieme delle lettere, le parole quindi, hanno un potere sul contesto sociale. L’esito di queste azioni sarà affidato al tempo e alla diffusione dell’uso.

Il maschile sovraesteso, finora ciecamente adottato, come espressione omnicomprensiva, oggi viene sempre più letto come una forma di prevaricazione. Nelle contestazioni, in chiave di femminismo, traspare la voglia di scalzare la posizione di dominanza con l’intento di invertire i ruoli. Non mettiamo nei dimenticatoi la naturale e biologica differenza dei generi: la femminilità ha una sua identità che conferisce valore alle azioni e alle posizioni.