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Diritti aeroportuali: la delibera art. n. 118 del 1° agosto 2019

Mare
Ph. Stefania Fiorenza / Mare

Indice:

1. Il contesto previgente alla delibera: i modelli 2014 e 2017

2.  Ambito di applicazione: i diritti aeroportuali

2.1 Princìpi generali

2.2  Finalità 

2.3 Le competenze di Enac e di Art

3.  Conclusioni

 

1. Il contesto previgente alla delibera: i modelli 2014 e 2017

La costituzione dell'Autorità dei trasporti completa il sistema della regolazione per autorità indipendenti e risponde ad esigenze largamente presenti nel Paese, soprattutto con riferimento al tema della crescita e dello sviluppo: essa, infatti, è strettamente funzionale sia all'obiettivo di assicurare una maggiore apertura dei mercati e tutela degli utenti, riducendo le potenziale deviazioni derivanti dalla commistione di funzioni tra Stato regolatore e Stato imprenditore (ancora ampiamente presente nel settore dei trasporti), sia all'obiettivo di favorire gli investimenti privati, garantendo alla regolazione maggiore credibilità e stabilità e, al contempo, contenendo il rischio di cattura da parte dei medesimi. Del resto, l'inadeguatezza del modello ministeriale finora seguito è di tutta evidenza: basti pensare a quanto accaduto nel settore autostradale e in quello aeroportuale, nonché alle cronache recenti connesse all'avvio di una nuova iniziativa imprenditoriale nel settore ferroviario.

La costruzione normativa, unitamente alle specificità del settore considerato, tuttavia, pone una serie di complesse questioni in ordine alla delimitazione degli ambiti operativi, all'individuazione delle soluzioni strutturali più adeguate e ai rapporti con le altre amministrazioni. Molte possono essere risolte in sede applicativa, ispirandosi alle esperienze già maturate dalle autorità di regolazione esistenti. Altre richiedono invece qualche affinamento normativo. Due aspetti, in particolare, destano maggiori perplessità. Il primo riguarda l'estrema ampiezza ed eterogeneità delle funzioni e dei compiti, da un lato, e la difficoltà di definirne con esattezza gli ambiti e a volte finanche le connessioni, dall'altro. È emblematica da questo punto di vista la ripartizione delle competenze in materia di definizione dei corrispettivi e dei contratti di programma e delle convenzioni: mentre non sembra sussistano particolari problemi nei casi in cui l'Autorità si limita a fissare i criteri di determinazione dei corrispettivi. Ben più problematici sono i casi in cui l'Autorità è tenuta ad approvare puntualmente la regolazione dei pedaggi autostradali e dei diritti aeroportuali, che sono tipici contenuti delle convenzioni e dei contratti di programma, definiti da organismi diversi. Il secondo motivo di perplessità concerne poi la mancata previsione di un generale disegno di riordino delle strutture e delle competenze degli organismi operanti nel settore in modo coerente con le funzioni attribuite all'Autorità: la soppressione dell'Ufficio di regolazione dei servizi ferroviari certamente non basta ad evitare duplicazioni funzionali e aumento dei costi. Vi è, quindi, il rischio che nella fase iniziale l'Autorità possa scontare qualche incertezza ed essere percepita più come un problema che come un'opportunità.

Va inoltre considerato che l'Autorità nasce in un contesto di forti resistenze: quelle della politica che non vuole rinunciare a importanti prerogative, per di più in ambiti che presentano strette connessioni con la politica economica, industriale e sociale; quelle della burocrazia ministeriale che non intende perdere la propria influenza sulla elaborazione e sull'applicazione delle decisioni; quelle degli stessi operatori, e in particolare degli incumbent, che da una politica accondiscendente e da un'amministrazione debole sanno di poter trarre maggiori benefici; quelle, infine, di una parte della accademia e della pubblicistica specializzata, contraria a una ulteriore proliferazione di autorità indipendenti. A ciò si aggiungano altri due elementi. Il primo è che l'Autorità, almeno al momento, non trova nel diritto europeo un solido ancoraggio, tanto che, a ben vedere, requisiti di stretta "indipendenza" dal governo non sono richiesti nemmeno dalla più evoluta normativa in materia di diritti aeroportuali. Il secondo elemento è che la soluzione dell'autorità indipendente non trova sostegno neanche nelle tradizioni amministrative degli Stati membri dell'Unione europea, ove è nettamente prevalente il modello di regolazione ministeriale. Vi è, quindi, - anche in considerazione dell'esperienza già maturata per le autorità di regolazione da tempo istituite - la possibilità che il legislatore possa ritornare sui suoi passi ridimensionando fortemente l'Autorità o addirittura eliminandola.

La scelta di fondo, per le ragioni di cui si è detto, resta invece valida. Occorre per questo consolidarla, sia sul piano legislativo, apportando correttivi che possano superare alcuni dei nodi rilevati (a cominciare dalla previsione di un generale riordino delle amministrazioni coinvolte), sia - e prima ancora - sul piano dell'attuazione, così da consentire un rapido ed efficace avvio dell'Autorità (partendo dalla nomina di un collegio autorevole e dal reclutamento di personale altamente qualificato, che se sono condizioni imprescindibili di ogni autorità, lo sono ancora di più per un'Autorità che trova davanti a sé così tante sfide).

 

2. Ambito di applicazione: i diritti aeroportuali

In attuazione delle disposizioni di cui agli articoli da 71 a 82 del d.l. 1/20128 di recepimento della direttiva 2009/12/CE, il presente schema di atto di regolazione dei diritti aeroportuali è applicabile agli aeroporti nazionali, aperti al traffico commerciale, con specifiche misure tariffarie e distinte prescrizioni di natura procedurale e operativa, a seconda che abbiano registrato un traffico superiore a 1 milione di passeggeri annui, valutato sulla base della media dei passeggeri annui trasportati registrati negli ultimi due anni, per i quali il dato sia disponibile (Parte II - Modello A); abbiano registrato un traffico pari o inferiore a 1 milione di passeggeri annui, valutato sulla base della media dei passeggeri annui trasportati registrati negli ultimi due anni, per i quali il dato sia disponibile (Parte III - Modello B); abbiano costituito una rete aeroportuale ai sensi dell’articolo 74, comma 1, del d.l. 1/2012, ovvero compongano un sistema aeroportuale ai sensi del medesimo articolo 74, comma 3, (Parte IV - Principi e criteri per la regolazione delle Reti e dei Sistemi aeroportuali).

Tali misure non si applicano ai diritti riscossi per la remunerazione di servizi di navigazione aerea di rotta e di terminale, di cui al regolamento (CE), dell’11 febbraio 2019, n. 2019/317 della Commissione; ai diritti riscossi a compenso dei servizi di assistenza a terra di cui all'allegato (A) al decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, di attuazione della direttiva 96/67/CE del 15 ottobre 2006 del Consiglio, relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità; ai diritti riscossi per finanziare l'assistenza fornita alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta (PRM) di cui al regolamento (CE) del 5 luglio 2006, n. 1107/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio11 .

 

2.1 Princìpi generali

I Modelli tariffari per la determinazione dei diritti aeroportuali sono caratterizzati dalla definizione di un periodo di regolazione di durata non superiore a 5 anni; definizione della procedura obbligatoria di consultazione periodica tra il gestore aeroportuale e gli utenti dell’aeroporto o i rappresentanti o le associazioni degli utenti dell’aeroporto in relazione al funzionamento del sistema dei diritti aeroportuali, al loro ammontare e alla qualità del servizio fornito; distinzione delle attività: direttamente soggette a regolazione tariffaria; non direttamente soggette a regolazione tariffaria, ma rilevanti ai fini della destinazione della extraprofittabilità generata in virtù dello svolgimento di attività accessorie; di incentivazione; non pertinenti; applicazione della metodologia del price cap alla componente tariffaria di gestione, come definito alla Misura 18; gestione efficiente ed utilizzo ottimale della capacità esistente; previsione del sistema di contabilità regolatoria e definizione di obblighi di separazione contabile.

Le modalità di determinazione delle tariffe aeroportuali, secondo i citati Modelli tariffari A e B sono illustrate rispettivamente nella Parte II e nella Parte III del presente atto di regolazione, unitamente ai relativi criteri di costing e di pricing da utilizzare ex ante (per ogni periodo tariffario) per la predisposizione del Piano Finanziario Regolatorio, nonché per l’adeguamento ex post dei diritti aeroportuali in esito al monitoraggio annuale.

I principi e i criteri per la regolazione tariffaria delle reti e dei sistemi aeroportuali che adottano un sistema tariffario comune e trasparente, nonché le relative distinte prescrizioni di natura procedurale e operativa, sono illustrate nella Parte IV del presente atto di regolazione.

 

2.2 Finalità

La delibera persegue le seguenti finalità: di definizione di alcuni aspetti fondamentali delle relazioni tra gestore ed utenti, in particolare per quanto riferibile al corretto funzionamento dei diritti aeroportuali ed alle condizioni di loro fissazione; valorizzazione delle consultazioni periodiche tra gestore e utenti da tenersi almeno una volta all’anno, salvo quanto diversamente convenuto negli accordi pluriennali in essere fra il gestore e gli utenti; predefinizione delle procedure di consultazione aventi connotazioni di garanzia quanto a trasparenza ed a certezza della corretta rappresentazione e rilevazione delle differenti posizioni espresse dal gestore e dagli utenti aeroportuali.

 

2.3 Le competenze di Enac e di Art

Invero, sino ad ora, le competenze del CIPE in materia sono state, di fatto, vanificate in quanto a detto organo i contratti di Programma venivano trasmessi anni dopo la loro sottoscrizione, in un stato ormai eccessivamente avanzato del periodo regolatorio di riferimento. La tempestiva e completa trasmissione dei testi dei contratti di programma, unitamente alle esigenze di dinamica tariffaria, consentirebbe al contrario al CIPE di intervenire puntualmente in materia per offrire, nel rispetto dell’autonomia delle Autorità che si occupano di trasporto aereo (ENAC e ART), l’adeguata coerenza del sistema ed evitare, così, che a causa della “distanza” attualmente in essere tra investimenti e tariffe possono registrarsi pericolose fratture in grado di arrestare lo sviluppo aeroportuale del Paese necessario, come detto, per far fronte agli attuali problemi di capacità. Di talché, appare opportuno che l’ENAC, quale Autorità di settore, e Assaeroporti, in qualità di Associazione di riferimento dei gestori aeroportuali, chiedano una formale audizione al CIPE. In tal modo, per il tramite del Nucleo di consulenza per l’Attuazione delle linee guida per la Regolazione dei Servizi di pubblica utilità (NARS) sarà possibile formulare al Comitato proposte utili a sensibilizzare il Governo per l’adozione di provvedimenti di cui ravvisi la necessità.

Peraltro, è evidente che nell’ipotesi in cui l’ART, all’esito delle consultazioni, dovesse confermare, senza modifiche, i modelli di regolazione dei diritti aeroportuali, si potrebbe assistere all’instaurazione di complessi contenziosi da parte delle società di gestione aeroportuale che avrebbero, quale conseguenza, quella di “bloccare” la realizzazione dei necessari interventi infrastrutturali. In tale ultima e non auspicabile evenienza, sarebbe comunque opportuno che i ricorsi avverso le Delibere dell’ART, nel rispetto della sua competenza in materia di emanazione della delibera, siano proposti, oltre che contro detta Autorità, anche nei confronti dell’ENAC al fine di consentire anche a quest’ultimo di poter rappresentare la propria posizione in giudizio in ragione degli indubbi profili di connessione degli atti con le proprie attribuzioni istituzionali.

 

3. Conclusioni

Per quanto in concreto funzionali all'interesse comunitario, i riferimenti a nozioni come le prerogative dei pubblici poteri, o a criteri come la dissociabilità delle competenze, sono discutibili sia per la loro vaghezza, sia, soprattutto, perché ne comportano una continua messa in discussione alla luce delle innovazioni che si determinano nelle amministrazioni di tutti gli Stati membri. D'altra parte, è proprio l'ordinamento comunitario a determinare i principali mutamenti nell'ambito statale, ridefinendo le funzioni dello Stato o imponendo l'apertura alla concorrenza di settori economici in precedenza riservati ai monopoli pubblici. Mediante ellittiche affermazioni, lungi dall'aver esplicato presupposti e modalità applicative del criterio della dissociabilità delle attività - che anzi sembra talvolta operare in modo alquanto artificiale - la Corte si è piuttosto garantita un'ampia libertà di movimento, trasformandolo in un vero e proprio strumento di politica giudiziaria, capace di aprire nuovi mercati o proteggere e implementare la concorrenza in altri.

Allo stesso modo, evitando di procedere ad una definizione di carattere generale di impresa pubblica, si è riservata un'ampia discrezionalità che può condurre, a seconda delle circostanze, ad interpretazioni sia estensive che limitative, mantenendo una forma di controllo ex post sul processo di attuazione delle disposizioni comunitarie. Ciò avviene, però, a scapito del fondamentale principio della certezza del diritto, il quale, è bene sottolineare, assume grande rilevanza non solo per quanto riguarda il tema fondamentale dell'equità, ma anche per gli importanti riflessi in termini di efficienza economica.

Se le nozioni funzionali sono inevitabili per garantire l'uniformità del diritto comunitario nell'intera Unione, è necessario che i criteri e le ragioni della loro applicazione siano precisati con più cura da parte dei giudici, al fine di rendere maggiormente coerente il sistema e meno incerti e imprevedibili gli sviluppi futuri.