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Il rinnovato interesse dell'opinione pubblica per le esigenze ambientali globali

santo Stefano, Bologna
Ph. Anna Romualdi / santo Stefano, Bologna

Abstract

Fin dagli anni Ottanta, l'Unione europea ha mostrato una particolare sensibilità riguardo alla tematica dell'impatto negativo dei rifiuti sull'ambiente. Diversi sono stati gli interventi della Comunità, oggi Unione, al riguardo. I più rilevanti si individuano nelle Dir. 94/62/CE, 2000/59/CE 2008/98/CE, U.E. 2015/720 e la Dir. UE 2019/904.

 

Indice:

1. Cos ‘è la plastica

1.1. La plastica oggi e danni ambientali

1.2. Dalla "strategia" europea sulla plastica alla "direttiva" europea per la riduzione dell'incidenza sull'ambiente dei rifiuti di plastica

 

1. Cos ‘è la plastica

Gli anni '80 hanno consacrato le materie plastiche come nuove materie prime. Gli usi sono innumerevoli e la diffusione capillare è dovuta al basso costo, alla leggerezza, alle proprietà isolanti, alle proprietà adesive, alla resistenza agli agenti atmosferici, chimici e meccanici, alla facilità di lavorazione e colorazione. In Italia i principali settori di impiego delle materie plastiche sono l'imballaggio, che da solo assorbe circa il 35% dell'intero consumo, l'edilizia (13,5%), l'agricoltura (7%) e le industrie automobilistiche ed elettroniche. L'aumento dei consumi e la diffusione hanno portato in maniera pressante allo scoperto il problema dello smaltimento.  Alcuni tipi di impiego delle plastiche possono essere suddivisi per gruppi merceologici.

I polimeri più impiegati sono:

- il cloruro di polivinile (PVC), utilizzato in molteplici settori grazie alle caratteristiche di rigidità, resistenza agli urti, leggerezza e flessibilità. Difficilmente infiammabile, è idrorepellente e buon conduttore di elettricità. È impiegato per la fabbricazione di tubi, valvole, recipienti e rivestimenti isolanti (industria elettrotecnica e chimica), per la realizzazione di piani per tavoli, tapparelle, tubi per grondaie (in edilizia), per la produzione di sedili per auto, carrozzerie ferroviarie, giocattoli, salvagenti, bambole, stivali, impermeabili. Costituisce circa il 20% dei rifiuti plastici;

- il polipropilene (PP), dotato di maggiore rigidità e durezza, resistente all'abrasione e al calore, presenta eccellenti caratteristiche dielettriche e di isolamento. I settori di impiego sono estremamente vari: articoli sanitari, casalinghi, elettrodomestici, giocattoli, articoli sportivi, industria automobilistica;

- il polietilene (PE), a bassa densità (LDPE) o ad alta densità (HDPE), è caratterizzato da bassi costi, facilità di lavorazione, tenacità e flessibilità, assenza di odore e di tossicità, trasparenza. Viene utilizzato per fabbricare la maggior parte dei sacchetti e dei sacchi per la spazzatura (9 miliardi all'anno, nel 2020 in Italia), dei film e teloni per uso agricolo, industriale, edile e per imballaggio, tubi e profilati isolanti, tappi (LDPE); bottiglie e flaconi per detersivi, giocattoli, casalinghi, film per imballaggio (HDPE);

- il polietilenetereftalato (PET), caratterizzato da purezza, solidità, leggerezza, impermeabilità all'anidride carbonica e per queste sue proprietà particolarmente utilizzato oggi, oltre che nel settore imballaggi per cibi e cosmetici e nella realizzazione di tessuti, per la produzione di bottiglie per acqua minerale o per bevande. Insieme al polipropilene costituiscono oltre il 60% dei rifiuti plastici;

- il polistirolo, o poliestere cristallizzabile (PS), usato principalmente nella produzione di vassoi per cibi precucinati da impiegare nella congelazione e nei forni a microonde o in quelli tradizionali (è infatti resistente al calore da - 40°C a 220°C), nella produzione di bicchieri e piatti, coppette di gelati e yogurt, e, nella forma "espansa", per imballaggi di oggetti. Costituisce il 5% dei rifiuti plastici;

- il politetrafluoroetilene (teflon), utilizzato nei settori meccanico, elettrico e chimico, per tutte le applicazioni ove necessitano buone proprietà elettriche e resistenza agli agenti chimici ed alla temperatura (5% dei rifiuti plastici).

Occorre accennare alle c.d. "microplastiche", cioè quei frammenti di plastica che secondo la definizione della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) hanno una grandezza inferiore ai 5 millimetri: si stima che il 2-5% di tutta la plastica prodotta finisca negli oceani, di cui una parte cospicua sotto forma di microplastica.

Più precisamente, l'EFSA (European Food Safety Authority) definisce:

- microplastiche le particelle di dimensioni comprese tra 0,1 e 5.000 micrometri (µm), ossia 5 millimetri,

- nanoplastiche le particelle che misurano da 0,001 a 0,1 µm (ossia da 1 a 100 nanometri).

Il termine "microplastica" è stato coniato nel 2004 da Richard Thompson, oceanografo dell'Università di Plymouth, per descrivere i miliardi di minuscoli frammenti di plastica che derivano dalla rottura di plastiche più grandi o che sono stati deliberatamente creati per essere impiegati in prodotti commerciali. Come sottolineato dall'Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA), infatti, se da un lato i frammenti di microplastica possono formarsi accidentalmente in seguito al deterioramento di pezzi di plastica più grandi, compresi i tessuti sintetici - a seguito dell'esposizione alla luce e al calore, all'azione dell'acqua e dell'attrito - dall'altro lato le microplastiche possono essere fabbricate e aggiunte intenzionalmente a determinati prodotti per uno scopo specifico (ad esempio, granuli esfolianti negli omonimi preparati per il corpo e per il viso, vari tipi di cosmetici, vernici, prodotti dell'industria petrolifera e del gas nonché per la sabbiatura abrasiva, etc.).

 

1.1. La plastica oggi e danni ambientali

Con l'approvazione definitiva e la successiva pubblicazione sulla GUUE della Direttiva Ue 2019/904 del 5 giugno 2019 (c.d. direttiva SUP, single use plastics), che pone al bando taluni prodotti in plastica monouso (dei quali l'Italia è il maggior produttore in Europa) e che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 3 luglio 2021, entra nel vivo la guerra dichiarata dall'Ue all'inquinamento, in particolare marino, provocato dalla dispersione nell'ambiente dei rifiuti di plastica.

Si tratta di una risposta concreta per evitare che i nostri fiumi e i nostri mari siano sempre più pieni di residui di plastica, di varie forme e dimensioni, persistenti e spesso con effetti tossici e nocivi, con la conseguenza non solo estetica di far apparire degradate spiagge e corsi d'acqua, ma piuttosto quella più preoccupante di mettere in pericolo la sussistenza degli ecosistemi marini e della biodiversità, di penetrare nella catena alimentare sino ad arrivare nei nostri piatti, minacciando la stessa salute umana. In un circolo vizioso che vede rispedita al mittente quella che era stata (ed è) una delle realizzazioni più formidabili del genio umano, la favolosa plastica dalle mille forme e proprietà si è trasformata nel pernicioso rifiuto del quale non riusciamo più a liberarci dopo averlo usato nei modi più diversi, divenendo così uno dei nemici principali dell'uomo nel quadro delle minacce ambientali da contrastare, affiancandosi sotto tale profilo, almeno nella percezione dell'opinione pubblica, ai cambiamenti climatici.

Un risveglio dell'interesse per l'ambiente da parte della gente, se si vuole, improvviso che ha seguito una lunga e preoccupante fase di sonno REM durata alcuni anni, fenomeni delle cui cause - di cosa abbia portato a questo assopimento delle coscienze e al loro repentino risveglio - molti si interrogano, al fine di comprendere come un tema relegato al margine dei notiziari possa guadagnarsi pressoché all'improvviso le pagine dei giornali o spazi sempre più ampi in televisione dopo un silenzio e un disinteresse (tranne alcune eccezioni) durato anni, nonostante ripetuti allarmi e molteplici studi degli enti di ricerca, approfonditi report e politiche strategiche.

Nel prosieguo, proveremo a collocare ognuno dei temi accennati in un ampio quadro di insieme, nel quale terremo conto anche della nuova "ondata ambientalista" incentrata principalmente sulla lotta ai cambiamenti climatici per passare poi a questa nuova crociata contro i rifiuti di plastica, per comprendere se quest'ultima possa, o addirittura debba, trasformarsi in una vera e propria guerra alla plastica, cioè al materiale in sé e non solo al suo rifiuto, facendo sì che, con un neologismo che, ai tempi di "petaloso", mi permetto di proporre, il cambiamento di rotta da intraprendere necessariamente nell'ambito della gestione dei rifiuti a livello globale debba addirittura richiedere una "plastexit", una "uscita dalla plastica" intesa non come mera lotta a testa bassa alla diffusione dell'uso della plastica nella produzione di beni e oggetti, di per sé antistorica e per certi versi irrealizzabile, almeno allo stato attuale delle conoscenze tecnologiche e per motivi di politica economica, ma in primo luogo come lotta alla dispersione nell'ambiente di rifiuti di plastica, sia derivanti da beni monouso che da beni pluriuso. In tale quadro, questa plastexit dovrà comprendere non solo progetti volti a combattere l'inquinamento ma anche lo studio e la ricerca di nuovi materiali plastici alternativi a quelli attuali, che non abbiano lo stesso impatto sull'ambiente, una volta giunti al termine della loro vita utile, e che siano più facilmente recuperabili e riciclabili.

Solo in questi termini, al giorno d'oggi, ci sembra sia possibile realizzare in concreto questa "plastexit", una "uscita" dalla produzione e dal consumo percorribile, dal punto di vista tecnologico, e sostenibile, dal punto di vista economico. Ovviamente, le misure da intraprendere, devono riguardare vari livelli, non ultimo quello legislativo e come vedremo e come in parte accennato, sul tema della plastica i legislatori, italiano ed europeo, si stanno già dando molto da fare.

Nell'ultimo paio d'anni, in Italia e nel mondo, le sorti del pianeta sembrano essere divenute una delle maggiori preoccupazioni delle persone, dopo un periodo in cui si era registrata una contrazione del livello di sensibilità della popolazione verso fattori di rischio ambientali che, in precedenza, avevano guadagnato e tenuto la ribalta dei mass media quali l'effetto serra o il buco nell'ozono.

In particolare, sembrano essere tornati all'attenzione dell'opinione pubblica proprio il cambiamento climatico e, subito dopo, l'inquinamento ambientale in particolare quello provocato da materiali di plastica.

 

1.2. Dalla "strategia" europea sulla plastica alla "direttiva" europea per la riduzione dell'incidenza sull'ambiente dei rifiuti di plastica

La Comunicazione COM (2018) 28 final espone innanzitutto un documentato e inquietante quadro della formazione di rifiuti di plastica generati annualmente in Europa, nell'ordine dei 28,5 milioni di tonnellate, di cui meno del 30% sono raccolti a fini di riciclaggio, mentre la restante parte è in parte destinata allo smaltimento (mediante incenerimento o deposito in discarica), ma in buona parte dispersa nell'ambiente, senza essere conferita a un qualsiasi sistema di raccolta e trattamento dei rifiuti; ciò è vero in particolare per i rifiuti rilasciati nell'ambiente marino, ove si stima che ne finisca un quantitativo compreso tra le 150.000 e le 500.000 tonnellate annue, solo per quanto riguarda i mari e gli oceani che bagnano gli Stati dell'Ue.

Come dimostrato dall'analisi tipologica dei rifiuti spiaggiati, nella frazione dispersa in mare dei rifiuti di plastica, che rappresentano quantitativamente circa l'80 - 85% del totale dei rifiuti marini, giocano un ruolo importante gli "oggetti in plastica monouso", anche diversi dagli imballaggi, che ne rappresentano circa il 50%, e i rifiuti di attrezzi e reti da pesca.

La Dir. 2019/997/Ue, in vigore dal 4 luglio 2019, dovrà essere recepita dagli Stati membri secondo un articolato scadenzario, che ne implica un'esecutività, - per così dire - "a rate," - secondo le disposizioni dell'articolo 17 della Dir. in questione, comportanti adempimenti e obblighi sia in capo agli Stati membri, che a carico dei produttori, nei termini di seguito esposti.

Le finalità della "marcatura" sulle confezioni prevista dalla Direttiva rispondono all'esigenza di una immediata informazione dei consumatori finali sulle modalità corrette di gestione dei rifiuti costituiti dai prodotti di cui alla Parte D dell'Allegato, - o, per i prodotti in questione, le forme di smaltimento dei rifiuti da evitare, - nonché sugli effetti negativi derivanti dall'eventuale dispersione nell'ambiente del prodotto dopo l'uso, e/o dall'avvio dei prodotti monouso a forme improprie di smaltimento.

Con ciò si ritiene conclusa l'esposizione degli aspetti chiave della Dir. 2019/907/Ue, a valle della quale si ritiene opportuno proporre brevissime considerazioni finali.

Questa recentissima direttiva europea, emanata nel segno di una dichiarata crescente volontà di ri-configurare la gestione dei rifiuti secondo la filosofia dell'economia circolare, implementando al proprio interno le linee guida espresse dalla "strategia europea per la plastica nell'economia circolare", di cui alla Comunicazione COM (2018) 28 final del 16 gennaio 2018, è stata salutata con favore dall'ambientalismo militante, che ne sottolinea il ruolo soprattutto sul fronte della dispersione dei rifiuti di plastica dell'ambiente marino, tra i quali, in prima linea contribuiscono i rifiuti costituiti da prodotti di plastica "monouso", segnati dal disdicevole "marchio" dell'equazione "Prodotto monouso = Usa e getta".

Tuttavia tale assioma rappresenta - almeno in astratto - una situazione allo "stato di fatto" che andrebbe corretta con un impegno articolato, piuttosto che assunta come punto di partenza immodificabile, a meno di draconiane soluzioni a senso unico.

Letture consigliate

  • Le Guern, Conil, Houot, Physico-Chemical separation of plastic waste before recycling, XX International Mineral processing Congress, Aachen, 1997, 31.
  • EFSA, Microplastiche e nanoplastiche negli alimenti: una questione emergente, 23 giugno 2016 (https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/160623).
  • European Chemicals Agency, ECHA (https://echa.europa.eu/it/home).
  • Muratori, "Prodotti in plastica monouso: dalla Dir. 2019/907/Ue, regole 'circolari' contro la dispersione nell'ambiente", in Foro.it. n. 7/2019, pagg. 519-524.
  • Maestri, "Direttiva SUP e guerra ai rifiuti di plastica: il problema è la plastica o il rifiuto?", Piacenza, 17 maggio 2019 (https://www.tuttoambiente.it/).