Diritto marittimo: la delimitazione dei confini secondo il diritto libico e diritto internazionale

Cenni alla questione delle acque marittime libiche e al diritto internazionale
diritto marittimo
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Indice

1. Il diritto marittimo in Libia

2. I principi della Corte di Giustizia Internazionale e l’articolo 38

3. L’attività di pesca nelle acque libiche: il problema dei pescherecci di Mazara del Vallo

 

La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare è stata sottoscritta a Montego Bay nel 1982 e definisce i diritti e le responsabilità degli Stati nell’utilizzo dei mari e degli oceani. Ratificata dall’Italia nel 1994, riconosce il diritto agli Stati di fissare, discrezionalmente, la larghezza del proprio mare territoriale fino a un limite massimo di 12 miglia marine (Articolo 3, Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, 10 dicembre 1982).

In tal senso la Convenzione stabilisce che il mare territoriale debba essere misurato a partire dalla “linea di base” – la quale può essere la linea di costa a bassa marea oppure una linea retta – che unisce i punti più sporgenti di una costa molto frastagliata o la linea di chiusura di una baia, che risponda a precisi requisiti (c.d. regola del semicerchio).

Tanto specificato, l’art. 74 ha istituito la Zona Economica Esclusiva (ZEE), la quale viene delineata tra gli Stati con coste adiacenti od opposte sulla base di accordi (Articolo 74, Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, 10 dicembre 1982).

La Libia, tuttavia, ha firmato il 3 dicembre 1984 la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare solo parzialmente e l’autorità legislativa interna non ha ancora ratificato la sottoscrizione: pertanto tale materia è regolata della convenzione e diritto consuetudinario libico.

 

Il diritto marittimo in Libia

La Libia ha adottato diversi legge e decreti in cui ha definito le sue delimitazioni marittime, in maniera unilaterale ma sempre in conformità ai principi di diritto internazionale.

Possiamo citare, per iniziare:

 Decreto legge n 2 del 1959 per delineare le acque territoriali, riconosciuto dagli altri Stati costieri

 Decreto legge n 260 del 2009 in cui, ai sensi dell’art.1, si dichiara espressamente quali siano i confini della zona economica esclusiva, oltre ai confini dell’acqua territoriale  

Nel 2005, inoltre, a Tripoli è stata istituita la Zona di Protezione della Pesca (ZPP): un’area estesa 62 miglia al di là delle acque territoriali sottoposta alla giurisdizione libica ed i cui parametri sono assimilabili a quelli della ZEE.

Si noti che il confine della ZPP, in particolare, tiene conto della linea di chiusura del Golfo della Sirte. Infatti con Dichiarazione del 10 Ottobre 1973, l’autorità libica ha esercitato la sua sovranità giuridica in conformità con i principi del diritto internazionale in alto mare ed ha pertanto sancito la chiusura del Golfo della Sirte, prevedendo il tracciamento di una linea di base di 307 miglia di lunghezza tra le città di Bengasi e Misurata.

Da ciò è facilmente comprensibile come la superficie dell’area sia nettamente inferiore a quella del semicerchio avente come diametro la linea di chiusura di cui sopra. Perciò, tale area risulta a tutti gli effetti essere una zona sotto il controllo legislativo libico.

Di conseguenza, la pesca in acque incluse nella ZPP libica si configurerebbe illegittima perché si concretizzerebbe in attività di pesca senza il consenso delle autorità libiche, tranne qualora vi sia naturalmente il consenso dello Stato costiero. In tal senso l’Unione Europea, a seguito di un’interrogazione parlamentare del 22 luglio 2005, ne ha eccepito l’illegittimità in ragione della non conformità al diritto internazionale.

Benché l’intera scena giuridica internazionale si sia espressa in senso non ben chiaro al riconoscimento della citata ZPP, l’Italia non ha ancora assunto una posizione ufficiale (Articolo 38 dello statuto della corte della giustizia internazionale). Invero, la Direzione generale della pesca del Ministero delle politiche agricole ha raccomandato alle associazioni di categoria di sensibilizzare gli associati “perché rispettino appieno la legislazione libica, si tengano con i loro battelli a notevole distanza dalle coste libiche, ivi compresa la Zona di protezione, al fine di non incorrere in spiacevoli situazioni che potrebbero, tre l’altro, ripercuotersi sui rapporti bilaterali dei due Paesi”.

 

I principi della Corte di Giustizia Internazionale e l’articolo 38

La Libia in passato ha già affrontato controversie in materia di delineazione marittima sia con la Tunisia che con Malta, più precisamente negli anni 1982-1985 ed in entrambi i casi l’organo giudicante, cioè la Corte di Giustizia Internazionale, ha riconosciuto ragione in capo alla Libia in merito ai limiti marittimi.

Come detto sopra, alcuni paesi confinanti a livello marittimo non hanno ad oggi siglato alcun accordo bilaterale – tra i quali l’Italia – e pertanto, in mancanza di tali accordi, come stabilito dall’art. 38 dello Statuto della Corte di Giustizia Internazionale, la Corte, cui è affidato il compito di regolare conformemente al diritto internazionale le divergenze che le sono sottoposte, applica:

a. le convenzioni internazionali, generali o speciali, che istituiscono delle regole espressamente riconosciute dagli Stati in lite;

b. la consuetudine internazionale che attesta una pratica generale accettata come diritto.

Pertanto è evidente che nel caso di specie, ove sono stati sollevati contrasti di natura giuridica sulla condotta dello stato libico, l’organo a cui è più opportuno rivolgersi sia la stessa Corte, qualora gli Stati confinanti non abbiano sottoscritto accordi bilaterali o non riconoscano la ZEE libica, la quale è stata applicata in piena conformità del diritto internazionale e delle consuetudini riconosciute a livello nazionale e internazionale.

 

L’attività di pesca nelle acque libiche: il problema dei pescherecci di Mazara del Vallo

La questione trae origine dalla seguente vicenda: nel 2020 due pescherecci della marineria di Mazara del Vallo, l’Antartide e il Medinea, sono stati fermati dalle autorità libiche a circa 35 miglia a Nord di Bengasi, poiché si riteneva fossero entrati senza autorizzazione in acque libiche.

È necessario però fare un passo indietro: il 12 marzo 2019 FederPesca aveva firmato con la Libyan Investment Authority (LIA) di Bengasi un accordo per consentire ad un numero limitato di pescherecci di Mazara del Vallo di operare in acque libiche.

Ebbene, tale accordo è stato immediatamente sospeso perché ritenuto illegittimo sul piano del diritto internazionale. Federpesca, infatti, aveva firmato tale accordo con la LIA, che era però un ente libico privato.

Da qui, lo “scoppio” di un vero e proprio casus belli, che ha visto coinvolti i due pescatori mazaresi, i quali, a seguito di un fermo da parte delle autorità libiche, sono stati arrestati per presunto traffico di droga.

La questione rientrava, ancora una volta, nel riconoscimento della ZPP. Infatti secondo il diritto libico, la zona di fermo ricadeva tra la ZPP e le acque territoriali libiche, e giustificava pertanto i sopracitati provvedimenti da parte del governo libico (decreto legge n 260/2009 dal comitato generale popolare  in Libia (presidenza del consiglio dei ministri)).

Al di là della soluzione poi raggiunta, tale questione avrebbe potuto risolversi in maniera più veloce e pacifica se fosse stata effettuata una stipulazione di un accordo bilaterale, tramite il quale le parti interessate potrebbero impegnarsi al mutuo riconoscimento dei principi generali di diritto internazionale e della sovranità libica.

I tempi sembrano già maturi, posto che la piattaforma continentale italiana aperta alla ricerca di idrocarburi tiene già precauzionalmente conto della chiusura del Golfo. Tale limite potrebbe essere confermato al momento in cui sarà operante la ZEE italiana.

In tal senso, si potrebbe mirare ad ottenere il riconoscimento di un numero limitato di pescatori italiani nella ZEE di Tripoli. Non si tratterebbe, dunque, di un accordo di pesca tra Stati, ma di un accordo di partenariato tra privati onde ottenere l’accesso alla pesca al fine di: «contenere al minimo gli scompensi economici negli Stati i cui soggetti che ne hanno la nazionalità abbiano abitualmente esercitato la pesca nella zona o abbiano dato un contributo sostanziale alla ricerca e all’identificazione dei banchi» (Articolo 62, comma 3, Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, 10 dicembre 1982).