Esdebitazione: novità in vista a favore del debitore?

L’abrogazione dell’articolo 14-undecies nel Codice della Crisi rischia di diventare l’ennesima norma ex parte debitoris
Esdebitazione
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Esdebitazione: novità in vista a favore del debitore?


Indice

Abstract

1. La disposizione dell’articolo 14-undecies L.3/2012 e la prescrizione a contrario della durata minima

2. L’apprensione automatica dei beni sopravveniendi

3. L’esperienza giurisprudenziale sulla estensione della durata delle procedure concorsuali minori

4. L’abrogazione dell’articolo 14-undecies nel Codice della Crisi d’impresa

Conclusioni e critiche


Abstract

Con questo articolo gli autori si propongono di analizzare la natura della disposizione di cui all’articolo 14-undecies L. 3/2012 alla luce della prossima entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa, nella sua forma completa, che, fatta salva anzitutto l’eventualità di una sua ennesima proroga da parte del Legislatore oltreché l’inserimento di ulteriori modifiche, prevede la abrogazione della disposizione contenuta nella legge sul sovraindebitamento.

In particolare, essi cercheranno di fornire il quadro sistematico del possibile scenario che potrebbe manifestarsi a seguito della sopravvenuta abrogazione della norma, mettendo in luce da un lato l’esprit de loi e dall’altro l’interpretazione che di essa ne daranno la giurisprudenza sia questa di merito che di legittimità.

Gli autori cercheranno altresì di verificare l’astratta coerenza di tale abrogazione col generale impianto concorsual-pubblicistico al fine di restituire un’analisi critica delle possibili (per quanto non così remote) declinazioni patologiche della disciplina sì novellata. Essi analizzeranno infine l’impatto di questa scelta abrogatoria in relazione alla recentissima introduzione della legittimazione in capo al Liquidatore all’instaurazione di azioni recuperatorie e revocatorie.


1. La disposizione dell’articolo 14-undecies L. 3/2012 e la prescrizione a contrario della durata minima

Con un primo correttivo – primo di una serie interminabile di modifiche, spesso infauste o comunque farraginose e cervellotiche, fotografia di un nevrastenico Legislatore che, a prescindere dal “colore politico”, si è distinto per una assoluta inadeguatezza nell’alveo del sovraindebitamento [1] – il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221) introduceva nella L. 3/2012 l’articolo 14-undecies col quale si imponeva non solo la naturale e automatica apprensione da parte del Liquidatore dei beni sopravvenuti a seguito della apertura della procedura, ma si statuiva implicitamente la durata minima delle procedure di composizione della crisi, pari cioè a quattro anni [2].

Difatti, ancorché non espressamente disciplinato in alcuna delle norme di cui alla disciplina afferente al sovraindebitamento, negli anni dottrina [3] e giurisprudenza (ex multis, Tribunale Firenze, 23/01/2018, Tribunale Trento, 19/06/2018, Tribunale Roma,  17/07/2018, Tribunale Udine, 26/02/2021) hanno statuito, mediante una lettura a contrario dell’art 14-undecies, come l’arco temporale minimo per l’esaurimento della procedura concorsuale minore sia da considerarsi il quadriennio.


2. L’apprensione automatica dei beni sopravveniendi

Vale la pena evidenziare comunque, al netto delle considerazioni del presente articolo, come l’intero sistema concorsuale afferente la L. 3/2012 sia stato ab origine costellato di dimenticanze ed imprecisioni da parte del Legislatore, oltreché di scelte infelici ed illogiche che in alcuni casi appaiono persino assurde [4].

Ed è in tale contesto che la lettura degli articoli 14-novies ed -undecies si staglia come tra le più difficili sia nell’individuazione della ratio ad essa sottesa che del fine ultimo perseguito. Non si comprende cioè per quale ragione esclusivamente i beni entrati medio tempore [1] nel patrimonio del debitore durante i quattro anni successivi al decreto di apertura della procedura di sovraindebitamento siano appresi ipso iure alla massa attiva, mentre quelli sopravvenuti al di fuori di tale arco temporale siano (solo apparentemente?) fatti salvi.

Si potrebbe tentare di vedere in questa scelta come la voluntas legis fosse in realtà quella di ampliare l’esecutivo sugli assets non ancora presenti o comunque non liquidabili alla data dell’apertura della procedura da sovraindebitamento [5].


3. L’esperienza giurisprudenziale sulla estensione della durata delle procedure concorsuali minori

La laconicità della normativa si rende manifesta in primis con riferimento alla durata minima e massima (del resto tale criticità afferisce anche l’alveo delle procedure “sorelle” di cui al R.D. 267/42) perché se in via interpretativa si può ritenere congruo l’arco temporale minimo quadriennale, dall’altra parte si è inevitabilmente reso necessario elaborare il perimetro applicativo-temporale massimo invalicabile cosicché da poter sussumere le fattispecie concrete che man mano emergeranno ad una regola generale che non esiste(va).

L’assenza infatti di una indicazione temporale ulteriore rispetto a quella estrapolata dalla lettura combinata degli articoli 14-novies e 14-undecies aveva condotto autorevole dottrina a ritenere in un primo momento che il quadriennio fosse da considerarsi al contempo, come la durata minima e quella massima della procedura: solo così, invero, si può giustificare la norma contenuta nell’articolo 14-novies, comma 2, in virtù della quale il liquidatore deve cedere i crediti vantati dal debitore, anche se oggetto di contestazione, dei quali non è probabile l’incasso nei quattro anni successivi al deposito della domanda [4].

Di fronte all’infelice e sibillina disposizione di cui all’articolo 14-novies, recante peraltro l’invito al solo Liquidatore di assicurare mediante l’elaborazione del programma di liquidazione “la ragionevole durata della procedura”, sono stati gli arresti giurisprudenziali a sopperire a tale manchevolezza andando a “fissare dei paletti” per evitare procedimenti palesemente dilatori [6] e in frode al ceto creditorio [7].

Interventi giurisprudenziali che, come di sovente accade, sono stati contrastati (vds. Tribunale di Milano 27/11/2016, Tribunale di Catania 27/04/2016, Tribunale di Napoli 18/08/2017 e Tribunale di Rovigo 13/12/2016) ed hanno pertanto reso impellente il recente intervento risolutivo della Suprema Corte di Cassazione in merito all’arco temporale entro cui poter estendere quantitativamente le maglie delle procedure concorsuali minori (Cass. civile sez. I n. 27544/2019) [8].

Gli Ermellini hanno chiarito come “non può aprioristicamente escludersi che gli interessi del creditore risultino meglio tutelati con un piano del consumatore, che pur preveda una dilazione di significativa durata (anche superiore ai 5-7 anni), piuttosto che per mezzo della vendita forzata dei beni del patrimonio del debitore [e che] se, pertanto, la ratio dell’applicazione del limite implicito di durata massima è quella di tutelare il creditore, nei casi appena visti non si vede perché non possa derogarsi a tale limite, concedendo l’omologa al piano, anche se di durata ultraquinquennale”.

Da tale importante pronuncia si evince come non vi sia, e non possa nemmeno esservi, una regola precisa, un limen temporale fisso entro il quale operare; sussiste piuttosto l’onere anzitutto in capo al Gestore della Crisi, e successivamente al Giudice Delegato, di valutare concretamente la congruità dell’arco temporale proposto affinché possa essere assicurata l’effettiva soddisfazione, non solo quantitativa ma anche qualitativa, del ceto creditorio.

È essenziale cioè, che il piano presentato, affinché possa essere ritenuto ammissibile, comporti dei vantaggi palpabili per la massa creditoria e non si esaurisca in un intento meramente dilatorio. E a tale proposito vale la pena evidenziare come il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte prevedeva un piano decennale che è stato ritenuto congruo alla luce proprio della predittiva valutazione dell’integrale soddisfazione del ceto creditorio [9].

Tale pronuncia porta inevitabilmente a riflettere non solo sulla possibilità che dalla stessa possano essere tratte delle chiare linee guida ma, e soprattutto, se la procedura di sovraindebitamento ed il relativo piano debba sempre volgere alla soddisfazione integrale della massa creditoria oppure no.


4. L’abrogazione dell’articolo 14-undecies nel Codice della Crisi d’impresa

Una simile situazione, già intrisa di criticità ed interessi difficilmente contemperabili, potrebbe essere ulteriormente scossa dalle previsioni del Codice della Crisi d’Impresa (CCII). [2]

In assenza, quindi, di una ratio univoca, che tenga in considerazione organicamente le modifiche normative succedutosi nel tempo, il Legislatore del Codice della Crisi ha ritenuto opportuno abrogare l’obbligo di cui all’articolo 14-novies con la conseguenza, come gli autori hanno messo in luce, che i beni o i crediti sopravveniendi nei quattro anni successivi all’apertura della liquidazione non saranno più acquisiti alla procedura, concedendo in tal modo la legittimazione al debitore di trattenerli per sé ed evitando pertanto la loro destinazione alla massa creditoria.

In astratto, e in attesa naturalmente che entri in vigore il CCII e che questi possa fornire auspicabilmente una interpretazione autentica in merito agli aspetti critici e laconici concernenti la regolamentazione normativa di tale procedura, sembra non peregrina l’ipotesi che essa possa risolversi in un arco temporale limitatissimo che, ad avviso di chi scrive, sarebbe ontologicamente inidonea a qualsivoglia procedura concorsuale – divenendo quasi un surrogato sostenibile della procedura disciplinata ai sensi dell’articolo 14-quaterdecies [10].

Non sussistendo più alcun arco temporale minimo di durata, si potrebbe ipotizzare un piano concorsuale che, anche per mezzi e fini, si traduca concretamente come una misura premiale (l’esdebitazione dell’incapiente) piuttosto che ad una procedura concorsuale in senso stretto.

Ci si domanda ineluttabilmente pertanto se questa scelta abrogatoria possa davvero essere considerata un passo avanti in assenza di una naturale quanto fondamentale coordinazione con l’impianto concorsuale tout court considerato. Ma, non solo. Gli interrogativi posti in luce dagli autori alimentano maggiormente i dubbi e le perplessità attorno al futuro delle procedure concorsuali minori che rischierebbero di essere ridotte ad una breve liquidazione, priva fra l’altro di un piano che possa realmente dirsi conveniente dal versante economico-finanziario.

 

Conclusioni e critiche

In considerazione degli scenari sopra ricostruiti e analizzati, non sembra affatto così remota l’eventualità che possano essere proposte procedure dal valore satisfattivo minimale (per non dire infime), pur nei limiti della convenienza di elaborazione giurisprudenziale, anteriormente ad accettazioni ereditarie, donazioni e qualsivoglia altra utilità che, ad oggi, invece, sarebbe coartata nell’attivo endoprocedurale.

Appare opportuno ricordare come, nella prassi, fino ad oggi, numerosi sono stati gli istanti rimasti irretiti dalla naturale scure della apprensione ipso iure di qualsivoglia utilità sopravvenuta successivamente – nei limiti del quadriennio – diversa ed ulteriore da quella necessaria al sostentamento [11] proprio e dell’eventuale nucleo familiare.

Gli autori, stante il vulnus di cui sopra, si augurano vivamente che il Legislatore, nell’adottare i correttivi normativi in merito alle procedure minori, possa prendere atto delle evidenziate contraddizioni ed estendere l’ambito applicativo dell’articolo 14-quaterdecies co. 1 e 9 di modo che, anche a fronte dell’istanza di esdebitazione eventualmente accolta, permanga l’obbligo di un pagamento in capo al debitore al sopraggiungere, nel quadriennio, di utilità idonee ad assicurare il soddisfacimento della massa in misura non inferiore al dieci per cento [12].

Al netto del piano del consumatore e dell’accordo di composizione della crisi, vale la pena chiedersi cosa resti dell’an dell’altra procedura, che ha avuto un ruolo centrale in questo decennio nel panorama del sovraindebitamento, sul quale le Corti in più occasioni si erano spese per approdare alla definizione finale di piccolo fallimento. [3]

Come oltremodo vale la pena chiedersi quale possa essere la ratio di incardinare una procedura fallimentare che nega la fisiologica tutela del ceto credito impedendo de facto l’apprensione dei beni sopravveniendi del debitore e conseguentemente la riapertura della procedura medesima.

Non solo. A seguito della L. 176/2020 importanti criticità emergono anche con riguardo alla figura del Liquidatore e dei suoi poteri.

Non si vede cioè come la prossima abrogazione dell’articolo 14-undecies possa sposarsi con l’articolo 7 co. 2 d-quater che ha aperto, seppur per la fase della liquidazione del patrimonio del debitore, le porte alla legittimazione in capo al Liquidatore [6] a promuovere l’actio Pauliana. [4] Inevitabilmente ci si interroga difatti come possano convivere le strade adottabili dal Liquidatore che si collocano ontologicamente [13] agli antipodi in questa procedura minore, vale a dire l’esercizio della revocatoria ordinaria da un lato e la concessione dell’esdebitazione dall’altro lato, che svuota la prima della propria funzione comportando un reale danno per la massa creditoria [14].

Agli autori non rimane pertanto altro se non auspicare vivamente che il Legislatore possa destarsi e prendere atto di tutte le incongruenze e le sopraccitate contraddizioni per adottare interventi correttivi già in seno al CCII che possano rendere l’impianto normativo complessivamente coordinato ed armonico. [15].

***

[1] Nella sezione precipua di cui alla liquidazione dei beni, con riferimento all’inventario appare opportuno sottolineare come, stranamente, la norma ponga, finanche in capo al debitore – e non, già, come sarebbe più logico, al liquidatore – l’onere di apportare integrazioni allo stesso allorquando, a seguito dell’aperura della procedura, sopravvengano assets inizialmente non presenti nel patrimonio da liquidare. Peraltro, l’obbligo de quo appare estremamente vincolante, anche alla luce della sanzione penale posta dall’articolo 16, comma 1, lett. c), i cui effetti sussistono per la mera omessa indicazione del bene nell’inventario aggiornato.

[2] Il decreto legge 30 aprile 2022, n. 36, recante “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” ha previsto un ulteriore rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, dal 16 maggio al prossimo 15 luglio.

[3] Tribunale di Rimini, decreto del 22.04.2021 “La procedura di liquidazione ex art 14 ter e ss. L 3/2012 integra il c.d., “piccolo fallimento”: è cioè la procedura di liquidazione controllata di beni e di ripartizione dell’attivo fra i creditori che riguarda il debitore “civile” o comunque il debitore imprenditore non fallibile perché “sottosoglia” o cessato da oltre un anno; procedura che può consentirgli, all’esito, di esdebitarsi e rientrare come soggetto attivo nel circuito economico, al pari del debitore fallibile.”

[4]La proposta non è ammissibile quando il debitore, anche consumatore […] limitatamente all'accordo di composizione della crisi, risulta abbia commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.”

Bibliografia

[1]      F. Cesare, “Sovraindebitamento: Liquidazione del patrimonio,” Il Fallimentarista, 2020.

[2]      A. J. Pagano, “Parere sugli effetti sospensivi od interruttivi delle azioni esecutive individuali a seguito della omologazione delle procedure minori di cui alla L. 3/2012,” Livorno, 2018.

[3]      L. Giannini, Crisi da sovraindebitamento. Mezzi e strumenti di risoluzione. Roma: Eurilinlk, 2019.

[4]      D. Vattermoli, “La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore alla luce del diritto ‘oggettivamente’ concorsuale,” Dirit. fallimentare e delle Soc. Commer., vol. 6, 2013.

[5]      G. Limitone, “La suggestione (e la trappola) della meritevolezza soggettiva nel sovraindebitamento e la legge n. 176/2020: la colpa per il debito e la responsabilità del sovraindebitamento,” Cris. d’Impresa e Insolvenza, pp. 1-11, 2021.

[6]      A. J. Pagano, S. Giugni, and L. Provaroni, “Accesso al sovraindebitamento : la sorte degli atti dispositivi in frode ai creditori,” Altalex, 2022.

[7]      S. Giugni, “Sovraindebitamento, meritevolezza, esdebitazione: un legame indissolubile ?,” Camera Civ. di Pisa, 2021.

[8]      S. Leuzzi, “La liquidazione del patrimonio dei soggetti sovraindebitati fra presente e futuro,” Exec., pp. 1-80, 2018.

[9]      M. Di Martino, “La crisi da sovraindebitamento: la concorsualita differenziata e il piano del Consumatore,” Salvis Juribus, 2022.

[10]    A. Crivelli, “L’esdebitazione dell’incapiente tra codice della crisi e L. 3/2012 novellata,” Il Fallimentarista, 2021.

[11]    C. Cracolici and A. Curletti, “Necessario individuare i criteri precisi per quantificare il fabbisogno del debitore,” Eutekne, 2022.

[12]    A. Maiolino, “L’esdebitazione nel sovraindebitamento,” Il Fallimentarista, 2021.

[13]    F. Cesare, “La meritevolezza nel sovraindebitamento, rischi di involuzione,” Il Fallimentarista, 2021.

[14]    La Redazione, “Procedure di sovraindebitamento pendenti e applicabilità dell’esdebitazione del debitore incapiente,” Il Fallimentarista, 2021.

[15]    V. Minervini, “Composizione negoziata, norme unionali e ( nuovo ) Codice della crisi,” Dirit. della Cris., 2022.