Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza: in vista dell’ulteriore slittamento dell’entrata in vigore
Il Decreto Legge n. 41 del 22 marzo 2021 recante “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza Covid-19” ha visto la conversione in Legge dello Stato n. 69 del 21 maggio 2021 (GU n. 120/2021).
In relazione al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, ad oggi non in vigore), è d’uopo segnalare che il Decreto Sostegni ha modificato il comma 7 dell’art. 15 (c.d. “allerta esterna”) che per gli effetti è dunque del seguente tenore (in grassetto le novità apportate): “Per l'Agenzia delle entrate, l'obbligo di cui al comma 1 decorre dalle comunicazioni della liquidazione periodica IVA di cui all'articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n.122, relative al primo trimestre del secondo anno di imposta successivo all'entrata in vigore del presente codice. Per l’Istituto nazionale della previdenza sociale e per l’agente della riscossione, l’obbligo di cui al comma 1 decorre dall’anno successivo a quello di entrata in vigore del presente codice”
Ragionando al netto della odierna previsione di entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, che decorrerà dal prossimo 1° settembre 2021, dalle ulteriori modifiche all’art. 15 (già oggetto di revisione, invero, ad opera del precedente Decreto Legislativo 147/2020 (il “Correttivo” al CCI dello scorso dicembre, che aveva ridimensionato notevolmente i casi di attivazione dell’Agenzia delle Entrate), in sostanza si desume che l’obbligo cui deve soggiacere l’Agenzia delle Entrate di segnalare il superamento delle soglie del debito IVA rilevanti ai fini delle procedure d’allerta slitterà ulteriormente e per gli effetti si riferirà alle comunicazioni della liquidazione periodica IVA relative al primo trimestre 2023. E per quanto attiene l’INPS e l’agente di riscossione, i relativi obblighi decorreranno dal 1° settembre 2022.
Il tutto accompagnato da una necessaria “postilla” laddove, invero, il termine di inizio dell’obbligo di segnalazione decorre dalla entrata in vigore del CCI: esso, che attualmente dovrebbe entrare in vigore 1° settembre 2021, è soggetto ancora ad oggi a valutazioni relative alla opportunità di una sua ulteriore proroga.
Il Presidente della Commissione ministeriale incaricata della elaborazione di proposte di interventi sul Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza ha rilasciato recentemente una intervista ([i]) ha esposto che nella relazione dimessa al Ministero (il testo della quale cui purtroppo non è reperibile sul sito del Ministero della Giustizia o su altri siti governativi), sarebbe stato proposto un ulteriore rinvio dell’entrata in vigore del CCI quanto meno al giugno 2022. Nell’ambito di una completa seppur sintetica esposizione degli argomenti contenuti nella relazione predisposta – pur con ogni doveroso riserbo e opportuna cautela ad opera dell’intervistato – viene rappresentato che per effetto delle integrazioni all’art. 15 ad opera del Decreto Sostegni , sarebbe stato proposto il rinvio dell’entrata in vigore degli articoli 12 e seguenti del CCI ad una data ulteriormente successiva a quella proposta per l’entrata in vigore del CCI medesimo, proponendo dunque per tali procedure l’entrata in vigore dal 31.12.2023. Nello specifico, si segnala come sia stata ritenuta opportuna una completa rimodulazione della c.d. “allerta interna” mantenendo e riscrivendo solo i doveri di tempestiva segnalazione dell’organo di controllo.
La rimodulazione annunciata – motivata dalla necessità di adottare le disposizioni legislative per conformarsi alla Direttiva 2019/1023/UE (c.d. “Direttiva Insolvency”) alla quale l’Italia dovrà dare completa attuazione e recepimento entro il 17 luglio 2022 – consisterebbe nella introduzione di uno strumento che possa rispondere tanto alle esigenze dell’emergenza quanto alle indicazioni della direttiva, ai sensi della quale gli Stati membri devono adottare sistemi di early warning che sulla carta risulterebbero diversi dall’allerta del Codice e articolati piuttosto come strumenti che forniscano soluzioni di tipo stragiudiziale. Percorsi, si afferma, che non costituiranno una ulteriore procedura ma una volontaria “sede privilegiata per le trattative che precedono qualunque forma di composizione negoziale della crisi”. Si prefigurerebbe dunque una trasformazione completa (se non una specie di smantellamento) degli Organi di Composizione della Crisi d’Impresa (i c.d. OCRI) presso le Camere di Commercio alle quali comunque, da quanto parrebbe intendersi, dovrebbe rimanere affidata la base logistica e organizzativa per lo meno di tali negoziazioni finalizzate alla composizione delle crisi.
Quindi, nella sostanza, la complessa cronologia di entrata in vigore delle norme parrebbe essere in successione:
- Proroga dell’entrata in vigore del CCI al 30 giugno 2022;
- Rimodulazione e previsione di strumenti di allerta e soluzioni stragiudiziali nonché ulteriori correttivi al CCI in pendenza della sua entrata in vigore;
- Recepimento completo della Direttiva 2019/1023/UE entro il 17 luglio 2022;
- Proroga dell’entrata in vigore delle procedure di allerta “rimodulate” (artt. 12 e ss. CCI) dal 31 dicembre 2023.
Un quadro che, se vero, alla luce della modifica dell’art. 15 ad opera del Decreto Sostegni comporterà però lo slittamento ulteriore degli obblighi di allerta esterna stante il fatto che essi opererebbero dal primo trimestre del secondo anno di imposta successivo (Agenzia delle Entrate) o dall’anno successivo (INPS e agente di riscossione) dall’entrata in vigore del CCI.
Ancora una volta, dunque, l’umaréll del diritto concorsuale rimarrà a braccia conserte sul grande perenne cantiere della riforma delle procedure concorsuali; a lui non viene dato alcun superbonus, ma è sereno, perché egli ha la pazienza di Giobbe….
([i]) Il Codice della crisi d’impresa slitta al 2022, in Sole24Ore del 30.06.2021, p. 7.