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Sovraindebitato: rimedi processuali a un piano inammissibile

Sovraindebitamento: i nova in sede di reclamo e preclusione alla modifica del piano
Sovraindebitato: rimedi processuali a un piano inammissibile
Sovraindebitato: rimedi processuali a un piano inammissibile

Sovraindebitato: rimedi processuali a un piano inammissibile


Indice

1. Massima sul sovraindebitamento

2. Il caso sul sovraindebitamento

3. La questione giuridica di fondo

4. Le soluzioni giuridiche

5. Conclusioni


1. Massima sul sovraindebitamento

È inammissibile il reclamo ex articolo 737 c.p.c. al decreto di diniego di apertura della liquidazione ex articolo 14-ter L. 3/2012 che sia volto ad introdurre atti e fatti nuovi nonché a modificare nel merito, finanche in melius, il piano concorsuale.


2. Il caso sul sovraindebitamento

Il caso trae origine dal deposito, presso il Tribunale di Grosseto, di un piano concorsuale ex articolo 14-ter L. 3/2012 da parte di un soggetto titolare di ditta individuale, debitamente cessata e cancellata [1].

Il piano si atteggiava come una erogazione costante e periodica per un determinato lasso temporale (durata del piano) di una consistente pars pro quota dello stipendio.

L’importo, nel merito vagliato dal Gestore della Crisi, “destinando ed erogando deriva dal differenziale minimo tra quanto necessario al sostentamento e la cifra minima nei limiti di 1/5 ovvero superiore del valore di sopravvivenza per come delineato dall’ISTAT” per nuclei familiari comparabili secondo i dati di cui all’ultima annualità disponibile (2020).

Il piano non prevedeva la liquidazione di beni immobili – non presenti – ovvero beni mobili “giusta non economicità della liquidazione dello stesso [bene mobile registrato]” sostanziandosi, dunque, esclusivamente in un piano liquidatorio di credito o somma futura.

Tale previsione risultava, comunque, conforme alla L. 3/2012, in quanto non v’è dubbio che anche il denaro debba considerarsi “patrimonio” nell’ambito della procedura di liquidazione ex articolo 14-ter [2] (si veda, ex multis, Trib. Pordenone 14 marzo 2019, Trib. Milano 16 novembre 2017) tanto che si stanno sempre più, nella prassi, sviluppando procedure analoghe sottese ad una erogazione esclusiva di redditi futuri [3].

Dal programma di cui alla domanda era posta in risalto, comunque, una ragionevole prospettiva di soddisfazione del ceto creditorio, talché l’erogazione avrebbe consentito di coprire integralmente, oltre alle spese di giustizia, i creditori prededucibili della procedura oltre ad una quota di parte dei crediti privilegiati e chirografari.

Tra le altre, l’istante statuiva l’impegno a destinare alla procedura eventuale finanza esterna ovvero beni sopravvenienti finanche oltre il limite di cui all’articolo 14-undecies, sì da garantire una potenziale miglior soddisfazione del ceto creditorio, posto che, comunque, la valutazione circa il grado di soddisfazione dei creditori rilevi piuttosto nel successivo ed eventuale procedimento di esdebitazione ex articolo 14-terdecies L. n. 3/2012 e non già nella procedura prescelta in sé.

Vale la pena aggiungere che il Gestore della Crisi avesse ad esprimersi nel senso di evidenziare “la ragionevole fattibilità, la fondata attendibilità e l’idoneità del piano di Liquidazione del Patrimonio, in quanto il piano appare attendibile, sostenibile e coerente perché conforme alla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’istante e si fonda su ipotesi realistiche, prevedendo risultati ragionevolmente conseguibili”.

Ciononostante, il Giudice Delegato emetteva decreto di inammissibilità, sollevando perplessità circa la opportunità e convenienza della proposta in quanto “deve ritenersi che quando il reddito futuro destinabile ai creditori è minimo e la procedura consente, in ottica prognostica, di soddisfare, oltre alle spese prededucibili, i creditori concorsuali in una misura complessiva pressoché irrisoria, la stessa deve ritenersi priva di causa in concreto. [...] talché la somma residua da destinare al ceto creditorio [...] corrispondenti al 6% circa del debito residuo complessivo), è da considerarsi del tutto irrisoria anche alla luce delle capacità reddituali future della ricorrente [...] le cui prospettive lavorative devono considerarsi di durata ben superiore alla durata del piano.”

L’istante ricorreva dinanzi al collegio mediante impugnazione ai sensi e per gli effetti dell’articolo 737 c.p.c., evidenziando, preliminarmente, una situazione nuova – nell’accezione in cui la stessa non fosse contenuto nel piano rigettato – ossia il precario stato di salute, in quanto affetta “da una grave malattia genetica rara, la sindrome di Churg – Strauss [tale da renderla] invalida al 50%”.

In secondo luogo, la reclamante si doleva delle motivazioni assunte dal Giudice di prime cure sulla mancanza di qualsivoglia convenienza, decidendo di proporre “una modifica migliorativa delle dazioni […] arrivando a versare nei 6 anni di piano 18.000,00 euro a fronte dei 14.440,00 previsti nell’istanza originaria. Inoltre, […] potrà aggiungersi [quale onere della madre] una dazione annua di 1000 euro per tre anni consecutivi, a far corso dal giugno 2022, talché si andranno ad aggiungere nei primi tre anni di piano altri 3000 euro per una erogazione totale di euro 21.000,00 (a fronte dei 14.400,00).

In ultima istanza, ed è forse questo l’aspetto più dirimente per il prosieguo della trattazione, la ricorrente evidenziava che sebbene “il rigetto del piano non comporta l’impossibilità futura di sua nuova proposizione, ma l’esposizione debitoria di cui si sta trattando sarà aggravata oltre che dalle spese della nuova procedura, anche dalle spese di questa.

Il Collegio adito si esprimeva nel senso di rigettare il reclamo (Tribunale di Grosseto, VG 1097/2021, decreto del 08.04.2022).


3. La questione giuridica di fondo

Il profilo problematico che inerisce alla procedura analizzata concerne l’esatto inquadramento sistematico dell’istituto se, dunque, il reclamo ex articolo 737 avverso il decreto di inammissibilità ex articolo 14-ter sia da qualificarsi come rimedio volto a far valere atti e fatti nuovi, finanche modificando l’atto originario, ovvero se, sinistramente lo stesso debba inquadrarsi come procedimento assimilabile al novellato appello secondo il combinato disposto di cui agli artt. 342 e 345 c.p.c., limitando sensibilmente, dunque, l’ambito applicativo del gravame ex se e condannando i potenziali reclamanti ad una rinuncia ab origine.

La questione giuridica di fondo, dunque, sottende all’ambito applicativo effettivo entro cui il reclamante possa muoversi per far valere le proprie ragioni avverso il decreto appellato.

Ci si chiede, difatti, se i motivi di impugnativa possano realmente scavare nel merito della decisione presa dal giudice di prime cure ovvero se il gravame possa essere circoscritto a motivi formali e procedurali.


4. Le soluzioni giuridiche

Il Collegio adito statuiva nel senso di respingere il ricorso per le seguenti motivazioni.

Il primo motivo sottendeva alla assenza della relazione del gestore a corredo delle modifiche, peraltro solo quantitative e non già qualitative – sostanziate da una mera migliore erogazione di denaro – asserendo che il Collegio [non] può vagliare le modifiche apportate nell’atto di reclamo alla relazione particolareggiata del gestore della crisi da sovraindebitamento: in questa sede, infatti, è possibile scrutinare la sola bontà della decisione assunta dal Giudice reclamato, poiché altrimenti dovrebbe effettuarsi un nuovo giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda che concluda per la sussistenza di tutti i presupposti di legge, l’assenza di condizioni ostative e per la piena fattibilità del piano liquidatorio”.

In secondo luogo, il Collegio si esprimeva, tra le altre, di non ritenere ammissibile la produzione di nova – sostanziati nei documenti sanitari attestanti la situazione sanitaria della ricorrente – in quanto “analoghe ragioni valgono in merito alle precarie condizioni di salute della reclamante”.

In calce, il Collegio riteneva, nel respingere il ricorso, di dichiarare la decisione impugnata come “corretta”, quasi a sottolineare la ritualità formale della stessa, la cui idoneità sotto tale angolo visuale non era oggetto di gravame quanto piuttosto la di questi sostanziale congruità.


5. Conclusioni

Le conclusioni degli autori sono volte a comprendere, alla luce del caustico provvedimento quali siano le reali possibilità concesse ad un istante – ricordiamo, sovraindebitato – allorquando occorra un provvedimento di inammissibilità [4] derivante da un – ingiustificato – vaglio di merito del Giudice Delegato [5], altro da sé rispetto alla lettera della norma ed all’esprit de loi che sottende all’intero impianto del sovraindebitamento.

Il tenore del provvedimento del Collegio irretisce e stigmatizza, in maniera eccessiva, quella sezione di debitori che si vedono rigettare, a fronte di una generica inammissibilità, la domanda ex articolo 14-ter L.3/2012 e che, pur sacrificando ulteriori denari in quota ovvero attingendo a finanza esterna, non possono finanche sperare nella agognata esdebitazione.

Il corollario che ne deriva si staglia esiziale nei confronti del sovraindebitato.

Quali rimedi – nel senso più processuale del termine – rimangono al soggetto debole e sovraindebitato per far valere, migliorare e modificare un piano genericamente reso inammissibile?

E cosa si può dedurre in sede di gravame?

Se non sono ammessi i nova e modifiche, meramente migliorative in erogazione, quale dovrebbe essere lo scopo del reclamo?

Sembra, dunque, che in completa antitesi allo spirito della norma, il Collegio adito abbia creato un particolare connubio di inammissibilità proprio del rito dell’appello sì che i motivi per cui ricorrervi siano – pur non meglio identificati – probabilmente assimilabili a quelli enunciati, su diversa materia dalle Sezioni Unite talché come nel rito ordinario, con riguardo alla produzione di nuovi documenti in grado di appello, l’articolo 345, comma 3, c.p.c. sia da intendere nell’accezione per cui esso fissa sul piano generale il principio di inammissibilità di mezzi di prova nuovi e, parimenti, anche delle produzioni documentali, statuendo che, per trovare la legittimazione in sede di gravame, i nuovi documenti debbano avere quale requisito fondamentale la “dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per la decisione” (Cass. civ., Sez. Unite, Sent. n. 3567 del 14/02/2011).

È davvero questo il rimedio processuale che merita un soggetto sovraindebitato?

Pare quasi che – in stile estremamente pilatesco – il Collegio si sia parato dietro alla assenza della relazione ex articolo 9 – già presente in fase di deposito ex articolo 14-ter ed, assente, ipso iure, in sede di reclamo – per indurre il sovraindebitato alla riproposizione di un nuovo piano con estremo e nuovo dispendio di energie e denaro, soprattutto alla luce del quantum medio debendo per l’attività di OCC, che duplicato, in caso di ripresentazione del piano de quo, genererebbe un ammontare debitorio, in favore dei soli gestori pari almeno al 5% dell’intero comparto.

Ad avviso di chi scrive, una simile coartazione, oltre che priva di qualsivoglia utilità per il soggetto debole [6], risulta in assoluto contrasto con le linee guida sovranazionali, talché, forse, alla luce della Direttiva 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019 [7], sarebbe opportuno, implicitamente ovvero espressamente, concedere agli istanti - il cui accesso alla procedura era interdetto ab initio - una qualche modifica quantitativa e la eventuale produzione di nova al fine di evitare la replica di un percorso – quello introduttivo, di asseverazione [8] e di deposito – che, oltre a generare altri debiti, peraltro in prededuzione endoproceduralmente, prolunga l’agonia dell’attesa dell’ottenimento della sperata esdebitazione che sembra assumere, sempre più, i connotati di Godot.

Peraltro, su materia diversa, la Suprema Corte, avrebbe già fornito un potenziale rimedio in ordine ai riti camerali talché “il rito camerale previsto per l’appello avverso le sentenze di divorzio e di separazione personale, essendo caratterizzato dalla sommarietà della cognizione e della semplicità delle forme, esclude la piena applicabilità delle norme che regolano il processo ordinario e quindi si può anche ritenere ammissibile una produzione documentale al di fuori degli stretti limiti dettati dall’articolo 345 c.p.c.” (Cass. civ., Sez. VI – 1, Ord. n. 18532 del 07/09/2020).

Forse, dato l’aspetto sociale [9] affatto secondario ed assolutamente peculiare delle procedure prescritte ai sensi della L. 3/2012, gli autori sperano e auspicano che un simile favor possa trovare luogo quanto prima nel futuribile CCII [10].

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[1]      M. Di Martino, “La crisi da sovraindebitamento: la concorsualita differenziata e il piano del Consumatore,” Salvis Juribus, 2022.

[2]      F. Silla, “Sovraindebitamento: liquidazione dei beni e crediti futuri,” Il Fallimentarista, 2021.

[3]      F. Cesare, “Sovraindebitamento: Liquidazione del patrimonio,” Il Fallimentarista, 2020.

[4]      A. J. Pagano, S. Giugni, and L. Provaroni, “Accesso al sovraindebitamento : la sorte degli atti dispositivi in frode ai creditori,” Altalex, 2022.

[5]      A. J. Pagano and S. Sforzi, “Il vaglio di merito del G.D. nelle procedure concorsuali minori liquidatorie. Elementi di inammissibilità e diniego di omologa,” Il Fallimentarista, vol. Giuffrè, 2021.

[6]      S. Leuzzi, “La liquidazione del patrimonio dei soggetti sovraindebitati fra presente e futuro,” Cris. d’impresa e Proced. Concors., pp. 1–80, 2019.

[7]      C. Pagliughi, “Obiettivi dell’allerta secondo la Direttiva 1023/2019, il CCI e il D.L. 118/2021: similitudini e divergenze,” Il Fallimentarista, 2021.

[8]      D. Portinaro, “La liquidazione del patrimonio e il compimento di atti di frode,” Il Fallimentarista, 2020.

[9]      S. Giugni, “Sovraindebitamento, meritevolezza, esdebitazione: un legame indissolubile ?,” Camera Civ. di Pisa, 2021.

[10]    S. Giugni, “Il ruolo del tribunale nella riforma della crisi di impresa,” Camera Civ. di Pisa, 2021.