Europa, solidarietà e crisi
Abstract
L’articolo analizza con un leggero sfondo giuridico, filosofico e storico l’attuale situazione di crisi pandemica dovuta al Covid-19 che sta mettendo a dura prova, tra gli altri, il principio della solidarietà perseguito dall’Europa. In particolare, si nota come nei momenti di crisi si risveglia l’egoismo sopito degli stati e si demarca la difficoltà europea di gestione di situazioni straordinarie come la crisi stessa, di fronte alla sua efficacia dinanzi alle situazioni ordinarie.
Indice:
1. Solidarietà
2. L’Europa in teoria
3. Guasto all’ingranaggio europeo
4. Albori o utopia? Le due facce dell’Europa
5. Egoismo in tempo di crisi
1. Solidarietà
Paideia nella cultura greca, humanitas in quella romana, fraternité in quella francese. Ecco i precursori concettuali della solidarietà.
Un termine che negli ultimi giorni ha avuto il ruolo di protagonista nel palco che mette in scena la crisi epidemica da Covid-19. Fin dagli albori dell’umanità la collaborazione e lo spirito di fratellanza sono valori radicati nel genoma umano. Ce li portiamo dietro, li trasmettiamo inconsciamente ai nostri posteri. Ognuno di noi riconosce, talvolta con un sentore di opportunismo, che la solidarietà tra persone più che un dovere è sia una necessità sociale che emotiva. Un gesto solidale smuove nei soggetti coinvolti quanto meno un sorriso, accompagnato dalla presa di coscienza che è bello esserci per gli altri e avere qualcuno che ci sia per te.
Come insegnava anche Émile Durkheim, dal punto di vista etico-sociale, la solidarietà si riferisce a quell’azione di sostegno reciproco tra persone che appartengono alla medesima collettività.
2. Europa e solidarietà
Se ingrandiamo la lente lo stesso concetto è applicabile a soggetti che a loro volta rappresentano collettività: gli Stati. È sulla scia di tali considerazioni storiche, sociali e comportamentali che inizia a profumare l’idea di Unione Europea.
Nel preambolo al Trattato si legge difatti che l’Unione è istituita “desiderando intensificare la solidarietà tra i loro popoli rispettandone la storia, la cultura e le tradizioni”. Un “desiderando” ampiamente tenuto in considerazione nella struttura giuridica ossea che lo stesso Trattato (agli articoli 3 e 24), il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (all’articolo 80), la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (nel suo Titolo IV), e altre sparse disposizione e pronunce giurisdizionali, si sono premurati di riconoscere.
3. Guasto all’ingranaggio europeo
Un conto, però, è la teoria mentre altra cosa sembra essere l’applicazione pratica. Sono giorni difficili quelli che l’Italia sta vivendo per l’emergenza sanitaria causata da quello che comunemente viene chiamato coronavirus.
Dato il disegno teorico prima accennato, in cui l’Italia è chiaramente raffigurata, ciò che ci si può ragionevolmente attendere da un’Unione fondata, tra l’altro, sulla solidarietà tra Stati Membri, è quel sostegno di cui Durkheim parlava.
Sostegno solidale che, in questo contesto giuridico e pratico, ci si può perfino spingere a pretendere, sebbene la solidarietà sembri essere intrisa di spontaneità. Il grido di aiuto lanciato dall’Italia, in primis ai “fratelli europei”, non ha avuto il riscontro che il mittente si aspettava.
Chiara testimonianza di ciò è la questione del blocco alla fornitura di ben 19 milioni di mascherine all’Italia, primo stato membro a imbattersi nella lotta al Covid-19. Addirittura, alcune mascherine provenienti da paesi extra UE sono state bloccate in paesi europei che dovevano semplicemente fungere da scalo per l’arrivo del materiale sanitario in Italia.
In altri casi l’esportazione del suddetto materiale è stata perfino vietata con un affronto egoistico che non ha per niente il sapore della tanto proclamata solidarietà. Poi, il fatto che Bruxelles si sia espressa solo in termini di “monito” agli stati non solidali, una semplice raccomandazione, ci fa capire il perché il popolo italiano con i suoi rappresentanti politici si mostri ancor di più euroscettico in un periodo per l’Europa già complicato da altri fattori. In termini non affatto diversi si è espressa la BCE, suscitando scalpore perfino negli europeisti più convinti.
4. Albori o utopia? Le due facce dell’Europa
La questione, per estensione, principale è, allora, quella volta a stabilire se ancora oggi, dopo le conclamate tappe dell’integrazione, l’Europa dei Trattati, delle Carte o della volontà di Spinelli, Schuman e compagnia, sia solo agli albori o perfino una utopia in stile Thomas More. Talvolta pare, infatti, che l’Europa di strada ne abbia fatta ma solo in termini cronologici.
Tale ultima soluzione parrebbe certo eccessiva. Se teniamo in considerazione i numerosi benefici della costruzione europea, a partire dal sancire diritti e libertà oggi imprescindibili, dai progetti e i finanziamenti e così via, arrivare alla conclusione che l’Unione Europea sia una utopia significherebbe negare l’opposta evidenza.
Piuttosto appare ragionevole guardare all’Europa come se avesse due facce: quella ordinaria, che mostra tutti i giorni e quella delle grandi occasioni, o, meglio delle occasioni che mai vorrebbe avere, e cioè le crisi. Al giorno d’oggi l’Unione è vivace, preponderante e ben organizzata nelle faccende ordinarie per le quali mostra – quasi – appieno i suoi vantaggi. Diverso discorso bisogna fare per le situazioni di crisi, che spaziano da quelle economiche a quelle finanziarie a quelle, come quella attuale, sanitarie. È lì che l’Europa mostra il fianco, poco dotata di una capacità di problem solving che, invece, dovrebbe essere un distintivo della propria uniforme. Ne sono testimonianze gli eventi attuali dati dalla pandemia di coronavirus, la gestione poco lodevole della crisi finanziaria del 2008, la predisposizione di meccanismi molto criticati per la soluzione di crisi di vario tipo, come ad esempio il MES, e così via.
5. Egoismo in tempo di crisi
Tale faccia problematica la si riscontra soprattutto negli atteggiamenti degli stati membri in tempi di crisi. In queste situazioni, a conferma di studi di psicologia comportamentale operati con riferimento alle persone, gli stati si comportano reagendo proprio come reagirebbero, almeno nella maggioranza statistica, quest’ultime: con atteggiamenti di egoismo che tendono a negare il valore della solidarietà, ma anche di leale collaborazione e del termine stesso “unione”, tanto ostentati.
In altri termini, in tempi di crisi, ogni stato si chiude attorno ai propri confini facendo i propri interessi. Sembra più che mai attuale l’applicazione della filosofia di Hobbes riassumibile, si perdoni la semplificazione, nell’enunciato homo homini lupus, l’uomo è un lupo per gli altri uomini nella “lotta alla sopravvivenza” – cioè lo stato di crisi – con un desiderio di potere predominante sugli altri.
È lì che, allora, l’Europa deve fare un’opera di labor limae volto appunto a limare le incongruenze tra le due facce e far sì che lo stesso efficace risultato che si ha nella sua faccia, per così dire, ordinaria, lo si possa avere anche nella faccia della gestione delle crisi.
Solo allora si potrà dire che “uscimmo a riveder le stelle”, magari quelle della bandiera di una Europa per come si deve.