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Fratelli musulmani, svelato il bluff. Ma non in Europa

Fratelli musulmani
Ph. La Nuova Bussola Quotidiana / Fratelli musulmani

“L’islam è la soluzione (a tutti i problemi)”, è questo il motto che i Fratelli Musulmani, fin dall’inizio della loro storia nel 1928, hanno ripetuto. Ed è in particolar modo in  Egitto, Tunisia, Marocco e Sudan che la Fratellanza ha potuto esprimere lo slogan avendo la possibilità di governare, più o meno, negli ultimi dieci anni. Eppure proprio là la popolazione ha decretato come l'organizzazione sia corrotta e incompetente tanto quanto, se non di più, i regimi e i vecchi capi di Stato arabi secolarizzati.

Le ultime settimane raccontano, infatti, come gran parte di quel mondo arabo-islamico che ha conosciuto la Fratellanza non creda più che davvero “l’islam possa essere la soluzione”. 

Negli ultimi due mesi, i Fratelli Musulmani hanno subito due gravi battute d'arresto, prima a luglio in Tunisia e, ad inizio mese di settembre, in Marocco. E con la sconfitta del partito marocchino “Giustizia e Sviluppo”, l'ultima esperienza degli islamisti nei paesi arabi al potere è crollata. Il Partito islamico per lo sviluppo e la giustizia (PJD) ha conquistato solo 12 seggi dei 395 seggi del parlamento, nel 2016 erano ben 125.

Come ha riferito scrittore marocchino Saeed Nashed, “i Fratelli Musulmani hanno portato il Marocco in un decennio di oscurità” e le urne hanno confermato l’amara sconfitta del Partito islamista: un colpo senza precedenti al progetto dell'islam politico nella regione e nel mondo arabo. Addirittura per alcuni analisti la portata della sconfitta non è inferiore a quella subita dai Fratelli Musulmani, nel 2013, in Egitto. 

Nel frattempo, a luglio le urne tunisine hanno inferto un altro colpo alla Fratellanza bocciando il partito islamista di governo “Ennahda” (Rinascita). Ennahda puntò, nel 2011, con il passaggio da movimento a partito, a diventare la via tunisina dell’islamismo sull’onda della cosiddetta “Rivoluzione del gelsomino”. Con il suo leader Rāshid al-Ghannūshī, il fondamentalista con il sogno di re-islamizzare gli stessi musulmani troppo “moderni”, e in esilio a Londra per vent’anni - fino al crollo di Ben Ali nel 2011 - i Fratelli Musulmani hanno potuto governare. Ma quest'estate è arrivata la condanna per la Fratellanza e il modo in cui ha contribuito a diffondere caos ed instabilità. Mentre Ghannūshī gridava al golpe, l’islam di governo è tramontato. 

Sami Brahem, un ricercatore islamico tunisino, ha commentato la sconfitta elettorale come una “fallimento a tutti i livelli: politico e morale”. Per l'analista politico libanese Hoda Rizk “l’era dell’islam politico e delle rivolte sostenute da Obama  è finita con un clamoroso fallimento”.

D’altronde le “Primavere arabe” avevano investito in particolare modo in Abdelilah Benkirane e Ghannūshī come leader modello per l’islamismo mondiale. Ma dopo soli dieci anni hanno straperso le partite sia della credibilità che quelle di influenza e di stabilità interna, per entrambi i Paesi, Tunisia e Marocco. Oltre ad aver contribuito ad acuire le crisi economiche e sociali.

L’influenza della Fratellanza va scemando anche più ad Est e nel Golfo Persico da quando sono stati classificati come gruppo terroristico in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi.

Amr Al-Shobaki, ricercatore presso l'Egyptian Al-Ahram Center for Studies, in un’intervista ad Al-Hurra Tv, ha individuato due delle principali ragioni della caduta dei Fratelli Musulmani: “L’insofferenza sempre più latente del popolo arabo per l’impossibile separazione tra religione e politica e la pretesa arrogante di rappresentare il vero islam”.

Amin Sossi Alawi, ricercatore marocchino in questioni geopolitiche, ha descritto la sconfitta degli islamisti in Marocco come “un terremoto che spezzerà la schiena dei Fratelli Musulmani nel mondo islamico”. Ma si sa, declino non vuol dir certo sconfitta definitiva.

Per lo scrittore e analista politico saudita, Fahd Al-Shoqiran, la caduta dei Fratelli Musulmani in Marocco è attribuita “all'oltraggiosa diffusione della corruzione, che ha scatenato la rabbia popolare”.

I Fratelli Musulmani, in Nord Africa, non si sono presi cura dei loro cittadini. E con un’attenzione morbosa ai dhimmi - i sudditi non musulmani di uno Stato islamico - hanno preferito legare il destino dei loro popoli alla Turchia. E importando da essa tutto per rilanciarne l’economia, hanno ottenuto casse svuotate e ad un impoverimento diffuso tra disoccupazione e criminalità. 

Dopo un decennio denso di governi islamisti, il mondo arabo manifesta tutta la sua diffidenza e idiosincrasia per la Fratellanza musulmana. Atteggiamento che, invece, per nulla condiviso in Europa, dove l’islamismo della Fratellanza musulmana viene esaltato e sponsorizzato. Sebbene si allunghi la lista dei governi occidentali che la inseriscono nella lista delle organizzazione terroristiche. 

In Francia i Fratelli musulmani rappresentano una delle principali minacce ai valori repubblicani e nessuno riesce a fermarli, sebbene non superino il migliaio di adepti. La Fratellanza non usa, infatti, fucili, ma, creando una rete di moschee e associazioni, diffonde una visione dell’islam che crea polarizzazione. E chi insegna al liceo, oggi, in Francia, sa cosa vuol dire non poter parlare di Shoah, per esempio. A Parigi sono sempre di più bambini musulmani che si rifiutano di partecipare alle feste di compleanno di loro compagni di classe perché non sono islamici. Il musulmano figlio dell’islamismo deve vedersi diverso e in costante contrapposizione con la società europea. E per lo stesso motivo il velo è molto più diffuso in Occidente, nel ventunesimo secolo, che non nel mondo arabo. L’islamismo non violento sul lungo termine è molto più pericoloso. Tant’è che contemporaneamente la Fratellanza crea un bacino di simpatia per il jihadismo. Un cane che si morde la coda. 

Numericamente i Fratelli musulmani potrebbero rappresentare un gruppo ridotto. Il problema è che esercitano un’influenza sproporzionata. Basti pensare che in Italia, da anni, molte amministrazioni locali ricevono fondi da associazioni vicine ai Fratelli per realizzare diversi progetti sul territorio. Ma non solo: molte organizzazioni vicine alla Fratellanza ricevono fondi statali o locali per portare avanti le loro attività. 

Un esempio. Il Parlamento europeo con il suo programma, “diritti, uguaglianza e cittadinanza” si affida all’organizzazione “Femyso” per promuoverlo. A luglio scorso, il comune di Milano, presentava il “Piano locale di azione contro l’islamofobia” come parte integrante del progetto “Meet”, a sua volta finanziato dal programma europeo “Diritti, uguaglianza e cittadinanza”. “Meet” sta per “More Equal Europe Together”, coinvolge cinque Paesi europei ed è coordinato in Italia dalla Fondazione, l'Albero della vita, che ha citato fra i nove partner “Femyso”. Chi sono? Il ramo giovanile della Fioe, organizzazione che viene identificata come la struttura pan-europea della Fratellanza dai servizi di Intelligence di mezza Europa e dai vari leader della Fratellanza stessa in Medio oriente. Ayman Aly, il segretario generale della Fioe, è un membro anziano dell'Ufficio di orientamento dei Fratelli musulmani egiziani, nonché ex consigliere dell’ex presidente islamista Mohammed Morsi.

Secondo gli Usa, la Fioe ha anche legami com Hamas e le varie organizzazioni che raccolgono fondi in tutto il mondo per il gruppo paramilitare palestinese islamista.