x

x

Le organizzazioni non-profit e la loro futura armonizzazione transfrontaliera ad opera dell’unione europea

non-profit
non-profit

Le organizzazioni non-profit e la loro futura armonizzazione transfrontaliera ad opera dell’unione europea

 

A livello europeo, gli enti non-profit non sono regolati da una disciplina specifica. I tentativi di introdurre una normativa armonizzata sono stati diversi dagli anni ’90 ma, ad oggi, si sono sempre rivelati progetti fallimentari che, in effetti, non hanno prodotto alcun risultato fattivo (si pensi, ad esempio, alla proposta sull’associazione europea del 1991). Nel 2018, poi, il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione in cui si chiedeva alla Commissione Europea di attivarsi al fine di introdurre uno statuto europeo delle imprese sociali. È stato, questo, il momento storico nel quale i riflettori si sono accesi nuovamente sul tema e che ha dato un nuovo input al processo di razionalizzazione della materia. Su commissione del Dipartimento tematico “Diritti dei cittadini e affari costituzionali” del Parlamento europeo, su richiesta della Commissione Juri, è stato quindi realizzato uno studio dettagliato circa l’analisi comparativa delle principali leggi in materia di organizzazioni senza scopo di lucro in vigore in alcuni paesi europei e l’esame di una potenziale iniziativa legislativa dell’Unione europea in merito. Ma perché sarebbe importante arrivare ad una legislazione unica?

Anzitutto, perché le organizzazioni senza scopo di lucro sono sempre più diffuse in Europa: basti pensare, ad esempio, che in Belgio vi sono più di 100.000 associazioni, in Francia sono registrate 2 milioni di associazioni e 5.000 fondazioni, in Germania più di 23.000 fondazioni, in Italia circa 16.000 cooperative sociali. Il non-profit, infatti, costituisce una realtà importante che, oramai, non è più limitata alle sole due forme giuridiche più conosciute (l’associazione e la fondazione) ma, al contrario, si estende, e comprende, anche le società e le cooperative. Invero, grazie alla c.d. “neutralizzazione funzionale delle forme giuridiche”, proprio queste ultime realtà si sono progressivamente allontanate dall’automatismo che le vede imprescindibilmente legate al profitto e alle mutue finalità. A fronte di tale ampliamento giuridico, una armonizzazione delle normative (oggi previste da ciascuno Stato membro in modo autonomo) apporterebbe dei vantaggi sotto diversi profili, primi tra tutti quello politico, sociale ed economico. Uno studio del 2021 del Servizio ricerca del Parlamento Europeo, a cura di Klaus Müller, ha evidenziato, inoltre, che sempre più organizzazioni non-profit si scontrano, ad oggi, con le difficoltà di natura amministrativa e fiscale a causa delle normative disomogenee vigenti attualmente. Ciò si traduce, inevitabilmente, in una limitazione dell’attività nei vari settori in cui le organizzazioni operano (istruzione, assistenza sanitaria, assistenza umanitaria, cultura ecc..).

Peraltro, ad oggi, il diritto dell’Unione Europea accenna alle organizzazioni oggetto di questa trattazione sia nel TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea) sia nel TUE (Trattato sull’Unione Europea) rispettivamente agli artt. 54, par. 2 TFUE e all’art. 11, par. 2 TUE. Nel perseguimento di una legislazione europea in materia, lo studio commissionato dalla JURI, che ha preso il nome di “A statute for European cross-border associations and non-profit organizations”, ha evidenziato tre possibili modelli. Il primo consisterebbe nell’introduzione di forme giuridiche europee per associazione, fondazione e mutua attraverso regolamenti dell’Unione analoghi a quelli relativi alla Società europea e alla Società cooperativa europea. Tale modello avrebbe però, come base giuridica, l’art. 352 TFUE che richiederebbe, pertanto, l’unanimità nell’adozione di decisioni. Il secondo modello contempla, invece, l’introduzione dei regolamenti, di cui poc’anzi, utilizzando il meccanismo della cooperazione rafforzata ai sensi dell’art. 20 TUE. In tal modo, però, pur aggirando il vincolo dell’unanimità, non si terrebbero in considerazione gli sviluppi nelle legislazioni nazionali, portando a statuti istituenti forme giuridiche “tradizionali”. Il terzo ed ultimo modello consiste, invece, nel definire uno status giuridico/etichetta di “organizzazione europea del terzo settore (o di economia sociale). Si tratta della strategia già adottata dal Parlamento Europeo nella risoluzione del 2018 sulle imprese sociali, basata su un precedente studio del medesimo autore dello studio qui in esame, il Prof. Antonio Fici. In quest’ultimo caso, si dovrebbe prevedere il rispetto di alcuni requisiti minimi come, ad esempio, la natura privata dell’organizzazione, il perseguimento esclusivo di scopi di pubblica utilità, l’obbligo di utilizzare tutti i beni per il perseguimento delle finalità (delimitando quindi la remunerazione del capitale sociale entro limiti precisi), l’iscrizione ad un pubblico registro, l’obbligo di rispettare determinati standard di trasparenza e la sottoposizione a controlli pubblici.

Il 17 febbraio 2022, la sessione plenaria del Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che invita la Commissione europea a presentare una direttiva che stabilisca le norme comuni per le organizzazioni senza scopo di lucro, nonché un regolamento che istituisca uno statuto per le associazioni e le organizzazioni non-profit transfrontaliere europee. A questo punto, siamo di fronte ad un imminente cambiamento che, senz’altro, migliorerà l’attività delle organizzazioni in una chiave non più “interna” bensì “europea”, facendo venire progressivamente meno i confini nazionali non più sostenibili per un continente che si dirige con vigore verso un assetto legislativo necessariamente uniforme.