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Ecco, mi è piaciuto…

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Ecco, mi è piaciuto…

Non pretendo di enunciare novità da interessare la medicina del lavoro, ma se la sera di mercoledì cedo alla pigrizia di andare a dormire senz’aver scelto lo spunto del colonnino, il giovedì mi sveglio prestissimo. Corro al tavolino ovale a sinistra della grande scrivania Impero, a abbranco le cartelline: sono copertine di cataloghi antiquari, o di annunci di mostre d’arte. Su una c’è scritto “Spunti nuovi”, e sulle altre “Spunti vecchi, “Spunti anomali”, “posta”. Lo racconto perché ho scoperto che sono molti, come me, curiosi dei particolari minuti. Su una, c’è scritto “Affari in corso”: so bene che dovrò dedicare uno dei prossimi colonnini alla lunga storia delle lapidi e iscrizioni, in cui ho coinvolto circa quattrocento lettori. Ma prima devo prendere accordi col direttore Montanelli e l’amministratore Ferrauto. E un altro, dovrò dedicarlo alle lettere giuntemi sullo “sfascio nautico”, tra cui una, figlia del comandante Calamai. Il colonnino ha un certo sul margine di autonomia, si amministra i suoi affari e dirime i suoi contrasti. Finora, è andata bene. C’è anche una cartellina intitolata “B.F.”, che vuol dire “Brutte figure” (ognuno può fare le sue), ma per il momento è vuota.

E allora, perché divaghi, mi par di sentire. Tira fuori i tuoi famosi spunti, vecchi o nuovi, e parla. Ma i miei famosi spunti sono tutti tetri e negativi, viene la nausea a dibattersi in questo pantano. Quando facevo il giornalista attivo, mi scelsi come specialità la politica internazionale come evasione dalla pattumiera domestica. Allora, si sperava nell’Europa, l ‘America combatteva in Asia, la Cina non s’era ancora rivelata un problema del Mezzogiorno moltiplicato per mille. Ian Smith salvava la Rhodesia dal naufragio. Adesso, ovunque il guardo giro, è uguale.

Dell’Iran, dell’Afghanistan, dell’oro, del generale Zia, che l’anno scorso era cattivo perché impiccava Bhutto, e oggi è un difensore della civiltà occidentale, del maresciallo Tito, dello scià che ieri sembrava arrestato, e così sul punto di seguire il consiglio di un giornalista del Corriere della Sera, di andare a farsi impiccare al suo Paese, e così togliere a noi le preoccupazioni sul petrolio; di tutte queste magne faccende, non tocca a me d’occuparmi, per fortuna. Ce ne sarebbero altre, piccole e minime. Scrisse Paolo Cattaneo, in una di queste pagine, che abbiamo torto, quando esitiamo ad occuparci di tante faccende, che a prima vista sembrano, e invece non sono, piccole. Come aveva ragione. Non è piccola questa storia dell’equo canone, cui sembriamo tutti rassegnati, che avvelena la vita di tanti, ha distrutto i normali rapporti tra proprietari e inquilini e dato un colpo forse mortale al diritto di proprietà. A Bologna, hanno arrestato per estorsione un medico che aveva preteso undici milioni da una professoressa per affittarle un appartamento. Non sarà una figura simpatica, ma questi eccessi criminali sono istigati da una legge pazza e idiota, e vanno imputati a chi l’ha approvata. Avrei storie di opere d’arte, di terrorismo, di droga. E gli sposini d’un paese vicino a Napoli, rapinati mentre fanno all’amore in macchina, perché non trovano casa. E la rivelazione sui preti alcoolisti, comparsa per un attimo, di cui nessuno ha parlato più. E le storie di bambini, che mi stanno conficcate dentro, perché mi fa vergogna impiantarci sopra il pezzetto lagrimoso: la bimba cieca che si uccide buttandosi dalla finestra di Secondigliano. E il ragazzo di dodici anni, che scopre la madre a letto con l’amante (chiamiamolo pure così), e viene da questo giustiziato. E poi lui e lei che issano, insieme, quel corpicino inerte, con una cinghia al collo, per far credere che il ragazzo si è impiccato, come tanti, in questa repubblica colma di gioia e di giustizia. Non l’ho mai concepito, per me, il Paradiso, ma vorrei che ci fosse per voi, Giovani D’Aulisio, e Girolamo Pugliese, che non avete avuto nulla dalla vita di qua.

E poi, tante altre storie. “Rumeno ferisce vietnamita in una rissa al campo profughi”, e l’amara soddisfazione del commentatore: “Lo sapevo che finivano là”. E le minute torture e vessazioni legali, applicate o soltanto immaginate: come la pretesa che i camionisti, in questo marasma, si presentino alla frontiera con non più di cinquanta litri di gasolio nel serbatoio. L’idea del ministro Bisaglia, di “impedire il percorso casa-lavoro con mezzi propri”; ossia vietar l’uso dell’automobile a chi va a lavorare. (Forse per riservarlo ai vacanzieri, o magari a ladri, ruffiani e rapinatori?).

Vi dicevo, se cerco uno spunto da dire: “Ecco, mi è piaciuto, questo mi par che funzioni”, non riesco a trovarlo. Ah, sì, un momento. Mi è piaciuto il generale Corsini, comandante dell’Arma dei Carabinieri, silurato in anticipo, e a tradimento, per aver detto la verità sulla classe politica e la magistratura, che ha rifiutato la nomina a consigliere di Stato, con cui volevano comprare il suo silenzio, e il suo assenso.

Vedete, dunque. La sola cosa che mi  piaciuta, in alcune settimane, in questo Paese, è un rifiuto, ossia un comportamento negativo. Mi pare che dica molte cose …

Da: “Il Giornale”, 25 gennaio 1980