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I Coreco reclamano un ruolo di controllo sulla gestione

 da Rivista A.N.C.I. dicembre 1998

I CORECO RECLAMANO UN RUOLO DI CONTROLLO SULLA GESTIONE

Un compito da svolgere ad attività espletata per valutare i risultati e i mezzi impiegati dai Comuni: "Una valutazione interna dell’amnistrazione non sarebbe credibile"

 "Roma (Bononia) locuta est: causa finita est" (S.Agostino, Sermoni, 131, 10).

 Con poche ma sicure parole il Sindaco di Bologna boccia inappellabilmente la proposta evolutiva "eretica" avanzata dallo scrivente, qualificata da codesta rivista proposta-provocazione.

I punti cardine della tesi "curiale" sono:

-  "la natura tipicamente interna del controllo gestionale";

- in particolare deve essere "completamente internalizzata la valutazione dei risultati";

- "appare impossibile un ritorno al classico controllo formale dell’attività dell’Ente locale svolta da un organo esterno".

Le osservazioni sindacali dimostrano quanta paura faccia ancora l’organo di controllo alla categoria dei sindaci delle grandi metropoli il cui primo pensiero è quello di svincolarsi da ogni controllo esterno, considerato alla stregua di lacci e lacciuoli, affidandosi solo al controllo giurisdizionale (e a quello politico degli elettori).

In proposito occorre anzitutto precisare lo scenario in cui va inserito il "nuovo" controllo di gestione.

Appare utile partire da alcuni dati, in particolare c’è lo studio della Banca Mondiale che, nel documento pubblicato sul numero di marzo 1998 di Finance et Development, pubblicazione trimestrale del Fondo Monetario Internazionale, dedicato alla lotta alla corruzione mondiale, assegna la palma del’onestà alla Danimarca, piazza l’Italia al trentesimo posto (su 47) dietro Cile, Spagna, Grecia e Polonia e appena prima di Malaysia e Zambia.

Ora se si collega questo dato a quelli risultanti dalle relazioni lette in pompa magna dai vari Procuratori generali in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario alla presenza delle "autorità", allora si vede che nel 1997 il 95 % dei furti denunciati è rimasto impunito. In totale l’83% dei delitti denunciati è risultato impunito nel 1997. Ma non si pensi che il 1997 sia un anno eccezionale, se andiamo indietro negli anni le medie non cambiano (nel 1991 ad es. è rimasto impunito il 96,6% dei furti): rimangono grosso modo le stesse per tutti gli anni novanta.

Comunque la si pensi, questo è il quadro obiettivo in cui va ad inserirsi il controllo di gestione. Ciò premesso occorre osservare che il Sindaco Vitali non ha letto con attenzione le "eretiche" proposte da noi formulate giungendo a confondere il controllo sulla gestione (che era quello proposto) col controllo di gestione.

Allo scopo di dare maggiori elementi di chiarezza non sembra superfluo indugiare in qualche riflessione sui due concetti. Le espressioni controllo di gestione o controllo di efficienza servono ad indicare operazioni non del tutto omogenee e corrispondenti a diverse finalità.

Accanto ad un controllo "sulla gestione", che interviene ad attività espletata al fine di valutare i risultati raggiunti e i mezzi impiegati, esiste anche - ed è questa senz’altro la nozione più diffusa nel management privato - una funzione denominata controllo "di gestione", che si svolge in tempi concomitanti all’azione controllata per verificare la sua rispondenza agli obiettivi programmatici e per disporre contestualmente le eventuali correzioni di rotta.

Nella prima accezzione l’aspetto prevalente è quello del giudizio: le valutazioni dell’organo controllante, che non può essere che esterno e neutrale, servono a contestare responsabilità di ordine sia gestionale e rappresentano la base per successive variazioni programmatiche e normative.

Nella seconda, invece, prevale l’aspetto della collaborazione e della partecipazione del controllore all’azione del controllato, che si manifesta nell’individuazione delle distorsioni, quando ancora si stanno verificando, e nella contemporanea indicazione dei rimedi occorrenti.

Per un controllo di questo secondo tipo non occorre la neutralità del controllore, ma il suo pieno coinvolgimento e corresponsabilizzazione nella realizzazione dei programmi: esso non consiste in una revisione critica operata a posteriori per apprezzare il grado di realismo de programmatori e valutare l’operato degli esecutori, ma in un’azione continua di indirizzo e di correzione da attuare in regime di contemporaneità allo svolgimento dell’attività immediatamente operativa.

Scopo del controllo "di gestione" è quello di governare razionalmente la gestione e di raggiungere i fini prestabiliti. Esso assolve a tale duplice funzione attraverso una costante verifica dell’andamento dell’attività aziendale che permette, durante lo svolgimento dei processi amministrativi, di accertare e di controllare la congruenza degli stessi rispetto agli obiettivi prefissati.

Il controllo di gestione del secondo tipo è quindi un tipico controllo interno, mentre quello di primo tipo è un controllo per sua natura esterno.

A queso punto, ben conoscendo la preparazione tecnica del sindaco Vitali, sorge il ragionevole dubbio che la confusione tra le due forme di controllo sia fatta ad arte, in particolare quando si pretende che anche la valutazione di risultati sia fatta "all’interno".

Ora ci si domanda: quale credibilità può avere un giudizio formulato da un "giudice" che a tutti gli effetti è alle dipendenze dell’amministrazione?

E’ evidente che tenderà ad enfatizzare i risultati raggiunti dal Comune, ponendo sotto silenzio ogni voce critica, anche perchè un "cattivo" giudice potrebbe essere facilmente rimosso dall’impiego (che allora risulterà a tutti gli effetti privato; cfr. il D.Lgs. n. 29 del 1993 citato d Vitali) overo trasferito ad altro incarico.

Quello che effettivamente il Sindaco di Bologna non capisce è proprio il nuovo controllo che non sarà, nè può essere, un controllo "formale", ma un controllo sulla gestione che potrà quindi legittimamente svolgere quell’attività di "monitoraggio ancora da definire nel dettaglio" (è evidente che se il Comune nella visione "curiale" è un ente autarchico chiuso in se stesso, controllato da se stesso, chi potrà poi monitorarlo?).

Trattasi di un tipo di controllo che potremmo definire "europeo" che non ha nulla di formale.

In proposito, a titolo meramente esemplificativo, potrebbe richiamarsi il controllo esercitato nel Regno Unito dalla "Audit commission for local authorities" (non a caso istituita nel 1985 per sottoporre a controllo gli Enti locali, prima svincolati da ogni forma di controllo esterno, e proprio perchè ciò provocava problemi alle finanze pubbliche): è quello che si chiama il controllo "sulla" gestione, che il Sindaco di Bologna ben conosce e che vorrebbe affidare ai suoi dipendenti.

In sostanza le tesi di Vitali non portano affatto avanti, come pretende il titolo apparso sulla Vostra rivista, ma portano ad un Comune autarchico governato da una sorta di podestà (sia pur eletto dai cittadini), in cui chi gestisce il potere si autocontrolla almeno fino alle prossime elezioni, a cui potrà presentarsi con l’avallo di un controllo interno più o meno "rigoroso" ma che riconoscerà sempre il pieno raggiungimento dei risultati, salvo qualche incidente di percorso determinato dallo stato comatoso della giurisdizione.

Questo non è proprio l’idale democratico ed europeistico che avremmo voluto quando con l’allora assessore Vitali parlavamo di un nuovo rapporto degli enti con gli organi di controllo, di controlli d’efficacia e d’efficienza.

Ma si sa, "Tempus edax rerum" ("Il tempo divora ogni cosa") (Ovidio, Metamorfosi, 15, 234).

 da Rivista A.N.C.I. dicembre 1998

I CORECO RECLAMANO UN RUOLO DI CONTROLLO SULLA GESTIONE

Un compito da svolgere ad attività espletata per valutare i risultati e i mezzi impiegati dai Comuni: "Una valutazione interna dell’amnistrazione non sarebbe credibile"

 "Roma (Bononia) locuta est: causa finita est" (S.Agostino, Sermoni, 131, 10).

 Con poche ma sicure parole il Sindaco di Bologna boccia inappellabilmente la proposta evolutiva "eretica" avanzata dallo scrivente, qualificata da codesta rivista proposta-provocazione.

I punti cardine della tesi "curiale" sono:

-  "la natura tipicamente interna del controllo gestionale";

- in particolare deve essere "completamente internalizzata la valutazione dei risultati";

- "appare impossibile un ritorno al classico controllo formale dell’attività dell’Ente locale svolta da un organo esterno".

Le osservazioni sindacali dimostrano quanta paura faccia ancora l’organo di controllo alla categoria dei sindaci delle grandi metropoli il cui primo pensiero è quello di svincolarsi da ogni controllo esterno, considerato alla stregua di lacci e lacciuoli, affidandosi solo al controllo giurisdizionale (e a quello politico degli elettori).

In proposito occorre anzitutto precisare lo scenario in cui va inserito il "nuovo" controllo di gestione.

Appare utile partire da alcuni dati, in particolare c’è lo studio della Banca Mondiale che, nel documento pubblicato sul numero di marzo 1998 di Finance et Development, pubblicazione trimestrale del Fondo Monetario Internazionale, dedicato alla lotta alla corruzione mondiale, assegna la palma del’onestà alla Danimarca, piazza l’Italia al trentesimo posto (su 47) dietro Cile, Spagna, Grecia e Polonia e appena prima di Malaysia e Zambia.

Ora se si collega questo dato a quelli risultanti dalle relazioni lette in pompa magna dai vari Procuratori generali in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario alla presenza delle "autorità", allora si vede che nel 1997 il 95 % dei furti denunciati è rimasto impunito. In totale l’83% dei delitti denunciati è risultato impunito nel 1997. Ma non si pensi che il 1997 sia un anno eccezionale, se andiamo indietro negli anni le medie non cambiano (nel 1991 ad es. è rimasto impunito il 96,6% dei furti): rimangono grosso modo le stesse per tutti gli anni novanta.

Comunque la si pensi, questo è il quadro obiettivo in cui va ad inserirsi il controllo di gestione. Ciò premesso occorre osservare che il Sindaco Vitali non ha letto con attenzione le "eretiche" proposte da noi formulate giungendo a confondere il controllo sulla gestione (che era quello proposto) col controllo di gestione.

Allo scopo di dare maggiori elementi di chiarezza non sembra superfluo indugiare in qualche riflessione sui due concetti. Le espressioni controllo di gestione o controllo di efficienza servono ad indicare operazioni non del tutto omogenee e corrispondenti a diverse finalità.

Accanto ad un controllo "sulla gestione", che interviene ad attività espletata al fine di valutare i risultati raggiunti e i mezzi impiegati, esiste anche - ed è questa senz’altro la nozione più diffusa nel management privato - una funzione denominata controllo "di gestione", che si svolge in tempi concomitanti all’azione controllata per verificare la sua rispondenza agli obiettivi programmatici e per disporre contestualmente le eventuali correzioni di rotta.

Nella prima accezzione l’aspetto prevalente è quello del giudizio: le valutazioni dell’organo controllante, che non può essere che esterno e neutrale, servono a contestare responsabilità di ordine sia gestionale e rappresentano la base per successive variazioni programmatiche e normative.

Nella seconda, invece, prevale l’aspetto della collaborazione e della partecipazione del controllore all’azione del controllato, che si manifesta nell’individuazione delle distorsioni, quando ancora si stanno verificando, e nella contemporanea indicazione dei rimedi occorrenti.

Per un controllo di questo secondo tipo non occorre la neutralità del controllore, ma il suo pieno coinvolgimento e corresponsabilizzazione nella realizzazione dei programmi: esso non consiste in una revisione critica operata a posteriori per apprezzare il grado di realismo de programmatori e valutare l’operato degli esecutori, ma in un’azione continua di indirizzo e di correzione da attuare in regime di contemporaneità allo svolgimento dell’attività immediatamente operativa.

Scopo del controllo "di gestione" è quello di governare razionalmente la gestione e di raggiungere i fini prestabiliti. Esso assolve a tale duplice funzione attraverso una costante verifica dell’andamento dell’attività aziendale che permette, durante lo svolgimento dei processi amministrativi, di accertare e di controllare la congruenza degli stessi rispetto agli obiettivi prefissati.

Il controllo di gestione del secondo tipo è quindi un tipico controllo interno, mentre quello di primo tipo è un controllo per sua natura esterno.

A queso punto, ben conoscendo la preparazione tecnica del sindaco Vitali, sorge il ragionevole dubbio che la confusione tra le due forme di controllo sia fatta ad arte, in particolare quando si pretende che anche la valutazione di risultati sia fatta "all’interno".

Ora ci si domanda: quale credibilità può avere un giudizio formulato da un "giudice" che a tutti gli effetti è alle dipendenze dell’amministrazione?

E’ evidente che tenderà ad enfatizzare i risultati raggiunti dal Comune, ponendo sotto silenzio ogni voce critica, anche perchè un "cattivo" giudice potrebbe essere facilmente rimosso dall’impiego (che allora risulterà a tutti gli effetti privato; cfr. il D.Lgs. n. 29 del 1993 citato d Vitali) overo trasferito ad altro incarico.

Quello che effettivamente il Sindaco di Bologna non capisce è proprio il nuovo controllo che non sarà, nè può essere, un controllo "formale", ma un controllo sulla gestione che potrà quindi legittimamente svolgere quell’attività di "monitoraggio ancora da definire nel dettaglio" (è evidente che se il Comune nella visione "curiale" è un ente autarchico chiuso in se stesso, controllato da se stesso, chi potrà poi monitorarlo?).

Trattasi di un tipo di controllo che potremmo definire "europeo" che non ha nulla di formale.

In proposito, a titolo meramente esemplificativo, potrebbe richiamarsi il controllo esercitato nel Regno Unito dalla "Audit commission for local authorities" (non a caso istituita nel 1985 per sottoporre a controllo gli Enti locali, prima svincolati da ogni forma di controllo esterno, e proprio perchè ciò provocava problemi alle finanze pubbliche): è quello che si chiama il controllo "sulla" gestione, che il Sindaco di Bologna ben conosce e che vorrebbe affidare ai suoi dipendenti.

In sostanza le tesi di Vitali non portano affatto avanti, come pretende il titolo apparso sulla Vostra rivista, ma portano ad un Comune autarchico governato da una sorta di podestà (sia pur eletto dai cittadini), in cui chi gestisce il potere si autocontrolla almeno fino alle prossime elezioni, a cui potrà presentarsi con l’avallo di un controllo interno più o meno "rigoroso" ma che riconoscerà sempre il pieno raggiungimento dei risultati, salvo qualche incidente di percorso determinato dallo stato comatoso della giurisdizione.

Questo non è proprio l’idale democratico ed europeistico che avremmo voluto quando con l’allora assessore Vitali parlavamo di un nuovo rapporto degli enti con gli organi di controllo, di controlli d’efficacia e d’efficienza.

Ma si sa, "Tempus edax rerum" ("Il tempo divora ogni cosa") (Ovidio, Metamorfosi, 15, 234).