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L’ illegittimità successiva e illegittimità derivata del provvedimento amministrativo e gli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica

Schema di trattazione

L’illegittimità successiva e derivata del provvedimento amministrativo

Le conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto stipulato tra P.A. e aggiudicatario

Le varie tesi: la tesi della annullabilità del contratto

La tesi della nullità del contratto

La tesi dell’inefficacia sopravvenuta ed. relativa del contratto

La tesi della caducazione automatica del contratto

I recenti arresti giurisprudenziali della Corte di Cassazione

Il Codice dei contratti

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2008 sulla sussistenza della giurisdizione amministrativa in relazione agli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto di appalto

Rassegna giurisprudenziale

Riferimenti normativi: artt.11, 23, 25, 1325, 1418, 1421, 1422, 1425, 1429, 1441 C.C.; R.D.18-11-1923, n. 2440 (art. 16, co. 4); L. 21-7-2000, n. 205 (art. 6); D.Lgs.20-8-2002, n. 90 (art. 14, co. 2).

L’illegittimità successiva e derivata del provvedimento amministrativo

In diritto amministrativo un atto è illegittimo quando si presenta difforme dal modello delineato astrattamente dalla legge.

A seconda della gravità di tale difformità, la dottrina distingue tre tipologie di illegittimità: la nullità, quando manca un elemento essenziale dell’ atto, 1’annullabilità quando l’atto ha tutti gli elementi essenziali,ma presenta un vizio in uno dei suoi requisiti di legittimità, ed infine l’ irregolarità, quando la difformità è talmente poco importante da non comportare l’annullabilità.

L’illegittimità può essere di quattro tipi: originaria, successiva, derivata, parziale.

In particolare, l’illegittimità è derivata quando l’atto, di per sé valido, subisce le conseguenze dell’invalidità di un altro atto precedente o presupposto, al quale sia strettamente collegato. L’illegittimità di un atto si trasmette in via derivata ad un altro solo quando sussista tra i due un nesso procedimentale, ovvero quando vi sia un rapporto di presupposizione.

Quale esempio di questa situazione si può ricordare l’invalidità relativa alla commissione giudicatrice che, in un concorso, inficia tutti gli atti successivi del procedimento, compresa l’approvazione della graduatoria e la nomina dei vincitori.

Con riferimento,invece, all’illegittimità successiva, occorre premettere che è principio generale quello secondo cui l’illegittimità di un atto vada determinata con riferimento alla situazione di fatto o di diritto esistente al momento della sua emanazione (tempus regit actum).

In generale, quindi, la normativa sopravvenuta all’emanazione del provvedimento non incide sulla validità, tranne i rari casi in cui venga emanata una legge retroattiva, in base alla quale atti già emanati, originariamente conformi alla norma, siano divenuti difformi rispetto alla nuova disciplina. Secondo la dottrina inoltre, non può parlarsi di illegittimità successiva nel caso in cui,successivamente al perfezionarsi dell’atto, vengano meno i presupposti soggettivi o le esigenze di interesse pubblico poste alla base dell’emanazione dell’atto stesso, comportando una tale situazione l’esercizio del mero potere di riesame da parte della P.A.

Le conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto stipulato tra P.A. e aggiudicatario

Stante tale premessa, occorre affrontare il problema specifico delle conseguenze dell’ annullamento giurisdizionale del provvedimento di aggiudicazione di una gara d’appalto nei confronti del contratto che, sulla base di tale provvedimento, sia stato successivamente stipulato fra privato aggiudicatario e pubblica amministrazione.

In particolare, dottrina e giurisprudenza si sono interrogati spesso sulla natura giuridica della causa invalidante che vizia il contratto di appalto pubblico a seguito della delibera di aggiudicazione.

È noto come il verbale di aggiudicazione definitiva determini la conclusione del procedimento di evidenza pubblica che connota una gara d’appalto.

In quanto provvedimento conclusivo del procedimento di gara e potenzialmente lesivo, esso è immediatamente impugnabile da parte del soggetto non aggiudicario, che ritenga di essere stato leso.

In concreto, vengono in rilievo due interessi tra loro configgenti: l’interesse del soggetto non aggiudicatario ricorrente, che impugna l’aggiudicazione, a vedersi garantita un’effettività di tutela, e l’interesse alla stabilità dei rapporti giuridici di cui è parte la pubblica amministrazione.

La giurisprudenza amministrativa si è occupata della questione in numerose occasioni, e, pur muovendo dal presupposto che la caducazione dell’aggiudicazione travolga inevitabilmente anche il contratto di appalto pubblico medio tempore stipulato, è pervenuta a diverse e contrastanti conclusioni sulla qualificazione giuridica della patologia contrattuale, con ovvie ripercussioni in ordine alla devoluzione della giurisdizione sull’azione invalidante e al mezzo di tutela concesso alla P.A. appaltante per ripristinare la legalità violata.

Appare opportuno, quindi, ripercorrere le quattro principali tesi, che si sono succedute negli ultimi anni sul punto:

1) la tesi della annullabilità del contratto;

2) la tesi della nullità del contratto;

3) la tesi dell’inefficacia sopravvenuta cosiddetta relativa del contratto;

4) la tesi della caducazione automatica del contratto.

Stante il contrasto esistente in giurisprudenza e in dottrina, la questione è stata rimessa all’ Adunanza Plenaria, sia dalla quinta sezione del Consiglio di Stato nell’ordinanza di rimessione n. 3355/2004, sia dal Consiglio di Giustizia amministrativa siciliana nell’ordinanza n. 104/2005.

Ad oggi, però, la questione è ancora pendente, non essendoci stata ancora una presa di posizione dell’Adunanza Plenaria, che ha definito, in entrambe le ipotesi, il caso sottoposto dai giudici emittenti senz’affrontare la questione giuridica dei rapporti tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto.

Le varie tesi: la tesi dell’annullabilità del contratto

L’orientamento tradizionale,seguito per decenni sia in dottrina che in giurisprudenza, soprattutto dalla Corte di Cassazione (cfr. ex multis Cass. civ. 17-11-2000, n. 14901 ), riteneva annullabile il contratto stipulato in seguito ad una aggiudicazione dichiarata illegittima in sede giurisdizionale. Secondo il presupposto teorico di questa posizione giurisprudenziale, le norme che disciplinano il procedimento di evidenza pubblica sono norme volte a garantire la corretta formazione della volontà contrattuale della pubblica amministrazione, con la conseguenza che i vizi che emergono nella gestione di questa procedura si concretano in vizi della formazione della volontà dell’amministrazione, nei cd. vizi del consenso che, ai sensi dell’art. 1427 e ss. c.c., determinano l’annullabilità del contratto.

Tale tesi, non priva di riscontri nella stessa giurisprudenza amministrativa ( cfr. C.d.S., sez. VI, 1-2-2002, n. 570), ravvisa quindi, nel venir meno del provvedimento a monte, costituito dall’aggiudicazione, di volta in volta, un vizio del consenso della pubblica amministrazione, prevalentemente sotto forma di errore essenziale riconoscibile sulla qualità del legittimo aggiudicatario del contraente privato (art. 1418, co. 1, n.3 c.c.) una causa di legale incapacità a contrattare un capo alla pubblica amministrazione medesima (art. 1425, co 1, c.c.), ovvero un difetto di legittimazione negoziale della parte pubblica.

Sul versante processuale due sono le conseguenze di questo orientamento.

Innanzitutto, in conformità al principio generale sancito dal comma 1 dell’art. 1441 del c.c. la legittimazione processuale a far valere l’annullabilità del contratto è della sola pubblica amministrazione stipulante, essendo, questa, riconosciuta in capo al soggetto nel cui interesse sono poste le norme la cui violazione ha comportato l’annullamento dell’aggiudicazione.

In questo modo, e in ciò, infatti, si sostanzia la principale critica mossa a tale posizione, non viene tutelato il ricorrente vittorioso, che, una volta ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione , qualora sia stato già concluso il contratto, non potrà attivarsi per rimuovere quest’ultimo con conseguente violazione dei principi di equità sostanziale, oltre che di effettività della tutela.

Inoltre, considerato che con la richiesta di annullamento si chiede al giudice una sentenza costitutiva, volta a riconoscere un’invalidità contrattuale, si dovrebbe ritenere competente il giudice ordinario, non il giudice amministrativo che pronuncia l’annullamento dell’aggiudicazione.

Si avrebbe, quindi, un inutile sdoppiamento della giurisdizione, dovendo ricorrere al G.A. per ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione e al g.o. per ottenere l’annullamento del contratto, in contrasto con l’art. 6 della L. 205/2000, che, rispondendo ad un’esigenza di concentrazione processuale, prevede la giurisdizione esclusiva del G.A. su tutte le controversie riguardanti le procedure di affidamento in tema di appalti pubblici.

Da ultimo, il suesposto orientamento tradizionale della Corte di Cassazione ha l’indubbio limite di non considerare che la procedura ad evidenza pubblica non è preordinata alla tutela dei soli interessi pubblici, ma anche degli interessi dei singoli concorrenti che intendono partecipare alla gara, nel rispetto del principio della competitività e della concorrenza.

La tesi della nullità del contratto

La seconda opzione interpretativa propende per la nullità del vincolo negoziale sorto sulla base di un’aggiudicazione annullata.

La nullità del contratto viene ricondotta, in alcune sentenze, ad un’ipotesi di mancanza originaria del consenso da parte della pubblica amministrazione (artt. 1325, co. 1, e 1418, co. 2, c.c.), in altre ad una fattispecie di violazione di norme imperative di legge, considerando tali le disposizioni che disciplinano le procedure ad evidenza pubblica ( art. 1418, co.1, c.c.), in altre ancora ad un difetto

di causa. (artt. 1325, co.1, n.2, e 1418, co. 1, c.c.).

Ovviamente in quanto tale, ai sensi dell’art. 1421 c.c è rilevabile , dal ,giudice d’ufficio, o su istanza di chiunque vi abbia interesse e, ai sensi dell’ art.1422 c.c., è imprescrittibile.

Proprio per tali conseguenze, questa impostazione è stata criticata: essa espone, il contratto all’accertamento della sua nullità su iniziativa di chiunque vi abbia interesse ed addirittura d’ufficio dal giudice, con pregiudizio delle esigenze di certezza e stabilità dei rapporti giuridici imputabili alla P.A.

Senza contare, poi, che il termine decadenziale breve per ricorrere, proprio del giudizio amministrativo, risulterebbe eluso dall’imprescrittibilità dell’azione di nullità .

Nonostante tali critiche , la tesi della nullità è stata di recente sostenuta sia dall’ordinanza di rimessione del C.G.A.R.S. (cfr. C.G.A.R.S, sez. giurisdizionale, ordinanza del 8-3-2005, n. 104) sia dal Consiglio di Stato (cfr. C.d.S., sez. v,21-5-2004. n. 3355).

Entrambe tali ordinanze hanno, innanzitutto, criticato la tesi dell’inefficacia, sostenendo come nell’ ordinamento civilistico l’ inefficacia non sia una categoria generale, ma soltanto una conseguenza di ipotesi espressamente contemplate dal legislatore come ad esempio la nullità, l’annullabilità la simulazione di un negozio giuridico, la risoluzione di un contratto, ecc.

Quindi. secondo tale impostazione. per poter risolvere il problema delle conseguenze dell’ annullamento dell’ aggiudicazione sul contratto, occorre prima capire di che patologia risulti affetto il contratto, una volta annullata l’ aggiudicazione,il problema che, a sua volta, presuppone la soluzione della questione della natura giuridica del provvedimento di aggiudicazione.

I giudici remittenti, quindi, esaminano le diverse tesi dottrinali e giurisprudenziali sul punto, optando per una tesi mista basata sulla natura tanto negoziale quanto provvedimentale dell’ aggiudicazione.

Ed infatti, secondo una prima impostazione, l’aggiudicazione è il provvedimento conclusivo della procedura ad evidenza pubblica, con cui l’amministrazione sceglie senza manifestare alcuna volontà negoziale.

Invece, secondo un altro orientamento, con l’aggiudicazione, l’ amministrazione non si limita a scegliere il contraente e quindi a concludere il procedimento di evidenza pubblica ma determina il contenuto del contratto che intende stipulare.

In altre parole, l’aggiudicazione, oltre che come atto conclusivo del procedimento di evidenza pubblica, varrebbe anche come atto giuridico con il quale l’amministrazione formalizza la. sua volontà di contrattare.

In questo modo, l’accordo contrattuale si forma già al momento dell’aggiudicazione e l’eventuale stipula del contratto acquista valenza meramente riproduttiva del consenso già manifestato dalle parti.

Questa tesi sarebbe, inoltre, confortata dal dato testuale dell’art. 16, co. 4, del R.D. 18-11-1923, n. 2440,che sancisce l’equivalenza dell’aggiudicazione al contratto.

Per i giudici rimettenti, quindi, l’aggiudicazione è già l’atto con cui l’amministrazione assume l’impegno contrattuale, con la conseguenza che l’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione comporta il venir meno del consenso negoziale della pubblica amministrazione, con conseguenze di nullità del contratto per difetto del consenso in base al combinato disposto degli artt. 1418 e 1325, n. 1. c.c.

Le ordinanze di rimessione affrontano anche le critiche che sono state rivolte alla tesi della nullità , sostenendo, in particolare, che la nullità vada coniugata con i principi del processo amministrativo.

Come già anticipato, infatti, la disciplina civilistica della nullità sarebbe in contrasto con l’interesse l’ interesse pubblicistico alla stabilità dei rapporti contrattuali, consentendo a chiunque di far valere la nullità del contratto, o rendendo imprescrittibile la relativa azione.

Ed invece, le ordinanze in questione affermano che quando una delle parti contrattuali manifesta e cristallizza il proprio consenso in un atto che riveste anche natura provvedimentale ( come nella fattispecie in esame), l’accertamento della sua illegalità ed il suo conseguente annullamento soggiacciono alle regole tipiche del processo impugnatorio.

Ne consegue che l’aggiudicazione debba essere impugnata nel prescritto termine di decadenza e che, in difetto di tale tempestiva iniziativa giurisdizionale, resti preclusa la proponibilità dell’azione di nullità.

Inoltre, seguendo tale impostazione, il giudice non potrà, considerata la natura provvedimentale dell’aggiudicazione, accertare d’ufficio la nullità del contratto, costituita dall’illegittimità del provvedimento finale della procedura di selezione del contraente, risolvendosi l’esercizio di quel potere nell’inammissibile sindacato ufficioso della legittimità di un atto amministrativo.

La legittimazione a far valere la nullità va, inoltre, riconosciuta alle sole parti che hanno impugnato l’aggiudicazione, quali unici soggetti che hanno manifestato, in concreto, interesse alla declaratoria della relativa invalidità, invocandone la rimozione.

La tesi dell’inefficacia sopravvenuta cd. relativa al contratto

I sostenitori della terza tesi affermano l’inefficacia relativa sopravvenuta del vincolo negoziale, ravvisando nell’annullamento dell’atto conclusivo del procedimento di evidenza pubblica il venir meno di un presupposto o di una condizione legale di inefficacia del contratto, ovvero una “mancanza legale del procedimento”.

In altre parole, la caducazione in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione comporterebbe il venire meno della legittimazione dell’amministrazione a negoziare, compromettendo un requisito di inefficacia del contratto. Una volta ricostruito in termini di inefficacia il rapporto tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto, tale posizione giurisprudenziale si è posta il problema della tutela dei soggetti che abbiano ottenuto ragione dinanzi al giudice amministrativo tramite l’annullamento dell’atto di aggiudicazione, nei casi in cui il contratto sia già stato concluso.

Secondo tale impostazione, l’amministrazione pubblica, in forza dell’ art. 11 del c.c., è pur sempre una persona giuridica, e pertanto soggetta alle norme civilistiche essenziali che disciplinano le persone giuridiche, oltre alle norme di diritto pubblico.

Quindi, potendo essere richiamati in via analogica gli artt. 23 e 25 c.c., l’annullamento della deliberazione formativa della volontà contrattuale dell’ente “ non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima”.

Naturalmente, non potranno essere considerati terzi di buona fede i soggetti che abbiano partecipato al giudizio amministrativo di annullamento, non avendo potuto confidare nel consolidamento della loro posizione contrattuale.

Il contratto stipulato prima dell’instaurazione del giudizio di impugnazione del provvedimento, invece, secondo tale tesi, non potrà essere caducato.

La tesi della caducazione automatica del contratto

La soluzione ermeneutica attualmente prevalente nella giurisprudenza amministrativa afferma, infine, l’automatica caducazione degli effetti del contratto stipulato, in seguito all’annullamento della precedente procedura di gara illegittima.

Le fasi di evidenza pubblica, infatti, mirano a tutelare interessi sia generali sia dei soggetti partecipanti alle procedure e sono espressione dei principi fondamentali di concorrenza, di imparzialità e di buon andamento. Per questo motivo, la procedura di evidenza pubblica viene ad essere considerata presupposto o condizione legale di efficacia del contratto. La sua mancanza, quindi, dovuta all’annullamento del provvedimento di aggiudicazione, comporta l’automatica caducazione del contratto già stipulato.

Questo ragionamento, in analogia con la disciplina civilistica del collegamento negoziale, in sostanza afferma l’esistenza di un rapporto di consequenzialità necessaria tra la procedura di evidenza pubblica ed il contratto successivamente stipulato, in virtù del quale l’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione determina la caducazione automatica degli effetti della stipulazione.

La giurisprudenza amministrativa ha ritenuto, inoltre, che questa opzione interpretativa trovi conferma normativa nel D. Lgs. 190/2002, posto che l’art. 14, co. 2, prevede: “ la sospensione o l’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture non determina la risoluzione del contratto eventualmente già stipulato dai soggetti aggiudicatori; in tale caso il risarcimento degli interessi o diritti lesi avviene per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica”.

La giurisprudenza ha interpretato l’art. 14 a contrario, considerando che per tutti gli altri appalti non aventi ad oggetto insediamenti strategici, gli unici a cui l’art. 14 si applica, l’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione comporti la risoluzione e quindi la caducazione automatica del contratto.

Nell’ambito della giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha optato per la tesi della caducazione automatica, non è mancata qualche sentenza che ha ripreso lo stesso ragionamento prospettato dai fautori della tesi dell’inefficacia sopravvenuta, relativamente all’applicabilità in via analogica degli art. 23 e 25 c.c.

E’ parso in prima battuta che, sul versante processuale, l’adesione a questa tesi comportasse l’estensione al giudice amministrativo della giurisdizione anche in ordine agli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto stipulato, posto che la caducazione del contratto è mero effetto di tale annullamento.

Sul punto è tuttavia, intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con sentenza n. 9/2008, pur ritenendo – come si vedrà meglio più avanti – che la giurisdizione del giudice amministrativo si fermi dinnanzi al contratto ormai stipulato, ha affermato – sia pure in modo velato – che la conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione non può che essere “ la sopravvenuta caducazione del contratto” di cui l’Amministrazione è tenuta a prendere atto.

I recenti arresti giurisprudenziali della Corte di Cassazione

Se, come detto, in passato la Corte di Cassazione aveva assunto, rispetto alla questione de qua, una posizione tesa ad affermare l’annullabilità dl contratto di appalto in seguito ad un’aggiudicazione dichiarata illegittima dal giudice amministrativo, tale orientamento può dirsi superato dalle ultime pronunce dei giudici della Suprema Corte.

Ed invero, con una prima sentenza del 2006 (Cass. Civ. sez. I, 26 maggio 2006, n. 12629), la Corte ha modificato il proprio convincimento affermando che l’annullamento dell’aggiudicazione provoca la caducazione automatica del successivo contratto di appalto. I giudici, in particolare, addivengono a tale conclusione sulla considerazione che, nei casi di aggiudicazione mediante sistemi di incanti pubblici o licitazioni private, il verbale o altro provvedimento di aggiudicazione riveste la doppia natura di atto conclusivo del procedimento amministrativo e di estrinsecazione dell’accordo delle parti contraenti, che equivale, ad ogni effetto, al contratto, in virtù dell’art. 16, R.D. 2440/1923 e degli artt. 88 e 97, R.D. 827/1924. Sulla scorta di tale premessa, viene affermato che la successiva stipulazione del contratto configura, quindi, una semplice formalità ulteriore rispetto all’aggiudicazione, la quale, sola, rappresenta il momento in cui essa viene ad esistenza e si perfeziona il vincolo negoziale (salva, ovviamente, diversa volontà dell’Amministrazione appaltante). Corollario di tale principio è che il suo sopravvenuto annullamento giurisdizionale comporta, per un verso, che nessun effetto può essere riconosciuto al provvedimento invalido (ed agli atti presupposti ad evidenza pubblica su cui era fondato) fin dal momento del suo venire in essere nonché ai diritti soggettivi dallo stesso attribuiti, in quanto sorti da un atto non conforme alle condizioni prescritte dalla legge per la sua operatività. E, dall’altro, che esso pone nel nulla l’intero effetto-vicenda derivato dall’aggiudicazione, a cominciare quindi dal contratto di appalto, che non ha alcuna autonomia propria e non costituisce la fonte dei diritti ed obblighi tra le parti, ma, assumendo il menzionato valore di mero atto formale e riproduttivo, è destinato a subire gli effetti del vizio che affligge il provvedimento cui è inscindibilmente collegato ed a restare automaticamente ed immediatamente caducato, senza necessità di pronunce costitutive del suo cessato effetto o di atti di ritiro dell’amministrazione, in conseguenza della pronunciata inefficacia del provvedimento amministrativo ex tunc travolto dall’annullamento giurisdizionale”.

Tali principi sono stati ripresi e ribaditi anche in successive pronunce della Corte.

Specificamente, nella sentenza n. 7481 del 27 marzo 2007, i giudici della prima sezione hanno chiarito che la caducazione, con effetto ex tunc, di uno degli atti del procedimento costitutivo della volontà dell’ Amministrazione (come la deliberazione di contrattare,il bando o l’aggiudicazione), pone quest’ultima nella condizione di aver stipulato un contratto in assenza della necessaria legittimazione a negoziare. Il successivo contratto, quindi, resta automaticamente e definitivamente privato dei suoi effetti giuridici. Con l’ulteriore conseguenza che l’attività medio tempore posta in essere dall’aggiudicatario, e riconducibile alla prestazione dovuta in forza della relazione contrattuale instaurata per effetto dell’aggiudicazione, con l’annullamento dell’aggiudicazione diviene un’attività di fatto e all’aggiudicatario è dovuta, per i lavori posti in essere, esclusivamente indennità, secondo le regole del diritto comune, derivanti dall’art. 2041 c.c.

Da ultimo, la corte è tornata sulla questione ed ha ribadito tali concetti. (Cass. civ., sez. I, 15-4-2008, n. 9906).

Fin qui la recente posizione assunta dalla Suprema Corte in merito alle conseguenze sostanziali dell’annullamento dell’aggiudicazione di una gara d’appalto sul contratto stipulato.

Una menzione, va fatta, invero, anche sugli aspetti processuali della vicenda, sui quali pure è intervenuta la Corte di Cassazione.

In particolare, di recente, con la sentenza n. 27169 del 28-12-2007, le Sezioni Unite hanno chiarito che qualsiasi sindacato sugli atti di esecuzione conseguenti alla aggiudicazione di un appalto debba ritenersi sottratto alla giurisdizione del giudice amministrativo. Specificamente, questo vale in ordine al contratto stipulato medio tempore. La vicenda conseguente alla aggiudicazione di un appalto, infatti, verrebbe a configurarsi come una questione di “ merito sostanziale”, come tale, pertanto,governata da categorie civilistiche, e nell’ambito della quale emergerebbero unicamente posizioni di diritto soggettivo; di qui, la considerazione per cui la relativa giurisdizione vada devoluta al giudice ordinario e non al giudice amministrativo. Tale ultimo orientamento appare confermato anche dalla giurisprudenza più recente; in particolare, le Sezioni Unite (ordinanza n. 65421 del 11-3-2008) hanno avuto modo di ribadire ulteriormente che alla giurisdizione del giudice amministrativo sono attribuite tutte le controversie concernenti l’esecuzione dell’appalto sono devolute al giudice ordinario, compresa anche quella avente ad oggetto la risoluzione unilaterale e anticipata del contratto da parte dell’amministrazione per inadempimento dell’appaltatore.

Il codice dei contratti

Il 2 maggio è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il D. Lgs. 12-4-2006 n. 163 “ Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17*CE e 2004/18/CE” , in vigore dal 1º luglio 2006.

Si tratta della disciplina italiana di recepimento della Direttiva unica Appalti 2004/18/CE, oltre che della direttiva 2004/17/CE, per i settori esclusi, che ha accorpato in unico testo normativo le norme europee in materia di appalti pubblici, prima distinte in relazione all’oggetto (Lavori, Servizi, Forniture).

In particolare, l’art. 11 del Codice disciplina le diverse fasi delle procedure di affidamento, introducendo una netta distinzione tra la fase di scelta del contraente, che culmina nell’aggiudicazione quale atto unilaterale dell’amministrazione, e la stipulazione del contratto.

Il legislatore del Codice dei contratti, però, ha deciso di non occuparsi della questione relativa alla sorte del contratto a seguito dell’annullamento giurisdizionale dell’atto di aggiudicazione, probabilmente perché si tratta di una questione su cui non vi è ancora sufficiente chiarezza in giurisprudenza e dottrina.

Tale scelta è parsa condivisibile al Consiglio di Stato, nel parere del 6 febbraio 2006 da esso dato sul testo del Codice dei contratti pubblici, approvato in via preliminare dal Governo, vista l’assenza di un dato acquisito dell’ordinamento giuridico italiano, a fronte di una giurisprudenza non consolidata, in assenza di una norma espressa e vincolante di carattere generale.

L’adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2008 sulla sussistenza della giurisdizione amministrativa in relazione agli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto d’appalto.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 9/2008 del 30 luglio 2008, ha ritenuto di non doversi discostare dal consolidato orientamento delle Sezione Unite della Corte di Cassazione, secondo cui sussiste la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda volta ad ottenere, con efficacia di giudicato, l’accertamento dell’inefficacia del contratto, la cui aggiudicazione sia stata annullata dal giudice amministrativo.

Ha affermato, invero, il Consiglio di Stato che «nel vigente sistema ... non sussiste una espressa previsione normativa di carattere generale sulla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in ordine alle controversie riguardanti la fase dell’ esecuzione del contratto d’ appalto: pertanto, nel caso di una specifica domanda intentata da chi abbia chiesto ed ottenuto dal giudice amministrativo l’annullamento ed ottenuto dal giudice amministrativo dell’annullamento della aggiudicazione, ovvero in presenza di una domanda di una delle parti del contratto pubblico d’appalto stipulato medio tempore, sussiste la giurisdizione civile quando si intendano far accertare - con efficacia di giudicato - le conseguenze che la medesima sentenza ha prodotto sul contratto».

Sulla base di tale rilievo l’Adunanza Plenaria ha ritenuto estranea alla cognizione del giudice amministrativo anche la domanda di reintegrazione in forma specifica.

E ciò in quanto, ai sensi dell’ art. 244 del D. Lgs. 163/2006, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo rientrano le controversie inerenti le procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, con esclusione di ogni domanda che concerna la fase della esecuzione dei relativi contratti.

Sulla base di tale premessa è stato pertanto, ritenuto che alla richiesta di annullamento della aggiudicazione può conseguire solo il risarcimento del danno per equivalente, ma non anche la reintegrazione in forma specifica che, incidendo necessariamente sul contratto e quindi sulla fase negoziale e sui diritti soggettivi, esula dai poteri giurisdizionali amministrativi.

L’Adunanza Plenaria, tuttavia, pur non discostandosi dalla posizione assunta dall’organo competente a decidere in ultima istanza sul riparto di giurisdizione, ha trovato un’ efficace escamotage processuale per far sì che il limite riconosciuto alla giurisdizione del giudice amministrativo non si traduca in una diminuzione di tutela del soggetto che abbia ottenuto l’annullamento giurisdizionale dell’ aggiudicazione.

Ha ritenuto, invero, innanzitutto che «la sentenza di annullamento dell’aggiudicazione determina in capo all’amministrazione soccombente l’obbligo di conformarsi alle relative statuizioni ...: in altri termini, l’annullamento dell’aggiudicazione è costitutivo di un vincolo permanente e puntuale sulla successiva attività dell’amministrazione. ( C.d.S. , Ad. Plen. 19-3-1984, n. 6), il cui contenuto non può prescindere dall’effetto caducatorio del contratto stipulato».,

Ne deriva che, in sede di esecuzione della sentenza, l’ amministrazione non può non rilevare la sopravvenuta caducazione del contratto conseguente all’ annullamento e aggiudicazione (secondo quanto, del resto, ribadito dalla Corte di Cassazione, sez. l, 15-4-2008, n. 9906)….., nell’emanare i provvedimenti ulteriori che conseguono all’effetto caducatorio dell’annullamento dell’ aggiudicazione della gara, l’amministrazione deve tenere conto dei principi enunciati nella sentenza di annullamento e delle conseguenze giuridiche determinate dal suo contenuto ed orientare conseguentemente la sua ulteriore azione».

In secondo luogo, precisa ancora l’Adunanza Plenaria,ove l’amministrazione non si conformi puntualmente ai principi contenuti nella sentenza, l’interessato potrà instaurare il giudizio di ottemperanza, nel quale il giudice amministrativo - nell’esercizio della sua giurisdizione di merito - ben può sindacare in modo pieno e completo (e satisfattivo per il ricorrente) l’attività posta in essere dall’amministrazione o anche il suo comportamento omissivo, adottando tutte le misure (direttamente o per il tramite di un commissario) necessarie ed opportune per dare esatta ed integrale esecuzione alla sentenza ed assicurare al ricorrente vittorioso il bene della vita effettivamente perseguito attraverso il giudizio di legittimità.

«Ciò perché la funzione del giudice dell’ ottemperanza è proprio quella di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto nascente del giudicato, nell’ esercizio della potestà di riformare l’ atto illegittimo, sostituirlo espressamente conferitagli dall’ art. 26 della legge n. 1034 del 1971».

La sostituzione dell’aggiudicatario, quale «reintegrazione in forma specifica» del soggetto che ha ottenuto la statuizione di annullamento, appartiene, pertanto, agli ulteriori provvedimenti dell’ amministrazione, di cui il giudice amministrativo conosce nella sede dell’ ottemperanza nella quale, per effetto dei suoi ampi poteri derivanti dall’esercizio del potere, può sostituirsi all’amministrazione, reintegrando in forma specifica la parte vittoriosa nei diritti connessi al giudicato e quindi, eventualmente, nella sua posizione di aggiudicatario della gara, in luogo del contraente nei cui confronti l’aggiudicazione è stata impugnata.



Rassegna giurisprudenziale

C.d.S., sez. IV, 21-5-2004, n. 3355;

C.G.A.R.S. sez. giur., ordinanza 8-3-2005, n. 104.

T.A.R. Catania sez. III, 13-6-2005 n. 979 e 12-4-2006, n. 562.

C.d.S., sez. V, 28-5-2004, n. 3465.

C.d.S., sez. VI, 4-4-2007, n. 1523.

C.d.S., sez. V, 12-2-2008, n. 490.

Cass., SS. UU., 11-3-20078, n. 6421.

Cass. Civ., sez. I, 15-4-2008, n. 9906.

Schema di trattazione

L’illegittimità successiva e derivata del provvedimento amministrativo

Le conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto stipulato tra P.A. e aggiudicatario

Le varie tesi: la tesi della annullabilità del contratto

La tesi della nullità del contratto

La tesi dell’inefficacia sopravvenuta ed. relativa del contratto

La tesi della caducazione automatica del contratto

I recenti arresti giurisprudenziali della Corte di Cassazione

Il Codice dei contratti

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2008 sulla sussistenza della giurisdizione amministrativa in relazione agli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto di appalto

Rassegna giurisprudenziale

Riferimenti normativi: artt.11, 23, 25, 1325, 1418, 1421, 1422, 1425, 1429, 1441 C.C.; R.D.18-11-1923, n. 2440 (art. 16, co. 4); L. 21-7-2000, n. 205 (art. 6); D.Lgs.20-8-2002, n. 90 (art. 14, co. 2).

L’illegittimità successiva e derivata del provvedimento amministrativo

In diritto amministrativo un atto è illegittimo quando si presenta difforme dal modello delineato astrattamente dalla legge.

A seconda della gravità di tale difformità, la dottrina distingue tre tipologie di illegittimità: la nullità, quando manca un elemento essenziale dell’ atto, 1’annullabilità quando l’atto ha tutti gli elementi essenziali,ma presenta un vizio in uno dei suoi requisiti di legittimità, ed infine l’ irregolarità, quando la difformità è talmente poco importante da non comportare l’annullabilità.

L’illegittimità può essere di quattro tipi: originaria, successiva, derivata, parziale.

In particolare, l’illegittimità è derivata quando l’atto, di per sé valido, subisce le conseguenze dell’invalidità di un altro atto precedente o presupposto, al quale sia strettamente collegato. L’illegittimità di un atto si trasmette in via derivata ad un altro solo quando sussista tra i due un nesso procedimentale, ovvero quando vi sia un rapporto di presupposizione.

Quale esempio di questa situazione si può ricordare l’invalidità relativa alla commissione giudicatrice che, in un concorso, inficia tutti gli atti successivi del procedimento, compresa l’approvazione della graduatoria e la nomina dei vincitori.

Con riferimento,invece, all’illegittimità successiva, occorre premettere che è principio generale quello secondo cui l’illegittimità di un atto vada determinata con riferimento alla situazione di fatto o di diritto esistente al momento della sua emanazione (tempus regit actum).

In generale, quindi, la normativa sopravvenuta all’emanazione del provvedimento non incide sulla validità, tranne i rari casi in cui venga emanata una legge retroattiva, in base alla quale atti già emanati, originariamente conformi alla norma, siano divenuti difformi rispetto alla nuova disciplina. Secondo la dottrina inoltre, non può parlarsi di illegittimità successiva nel caso in cui,successivamente al perfezionarsi dell’atto, vengano meno i presupposti soggettivi o le esigenze di interesse pubblico poste alla base dell’emanazione dell’atto stesso, comportando una tale situazione l’esercizio del mero potere di riesame da parte della P.A.

Le conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto stipulato tra P.A. e aggiudicatario

Stante tale premessa, occorre affrontare il problema specifico delle conseguenze dell’ annullamento giurisdizionale del provvedimento di aggiudicazione di una gara d’appalto nei confronti del contratto che, sulla base di tale provvedimento, sia stato successivamente stipulato fra privato aggiudicatario e pubblica amministrazione.

In particolare, dottrina e giurisprudenza si sono interrogati spesso sulla natura giuridica della causa invalidante che vizia il contratto di appalto pubblico a seguito della delibera di aggiudicazione.

È noto come il verbale di aggiudicazione definitiva determini la conclusione del procedimento di evidenza pubblica che connota una gara d’appalto.

In quanto provvedimento conclusivo del procedimento di gara e potenzialmente lesivo, esso è immediatamente impugnabile da parte del soggetto non aggiudicario, che ritenga di essere stato leso.

In concreto, vengono in rilievo due interessi tra loro configgenti: l’interesse del soggetto non aggiudicatario ricorrente, che impugna l’aggiudicazione, a vedersi garantita un’effettività di tutela, e l’interesse alla stabilità dei rapporti giuridici di cui è parte la pubblica amministrazione.

La giurisprudenza amministrativa si è occupata della questione in numerose occasioni, e, pur muovendo dal presupposto che la caducazione dell’aggiudicazione travolga inevitabilmente anche il contratto di appalto pubblico medio tempore stipulato, è pervenuta a diverse e contrastanti conclusioni sulla qualificazione giuridica della patologia contrattuale, con ovvie ripercussioni in ordine alla devoluzione della giurisdizione sull’azione invalidante e al mezzo di tutela concesso alla P.A. appaltante per ripristinare la legalità violata.

Appare opportuno, quindi, ripercorrere le quattro principali tesi, che si sono succedute negli ultimi anni sul punto:

1) la tesi della annullabilità del contratto;

2) la tesi della nullità del contratto;

3) la tesi dell’inefficacia sopravvenuta cosiddetta relativa del contratto;

4) la tesi della caducazione automatica del contratto.

Stante il contrasto esistente in giurisprudenza e in dottrina, la questione è stata rimessa all’ Adunanza Plenaria, sia dalla quinta sezione del Consiglio di Stato nell’ordinanza di rimessione n. 3355/2004, sia dal Consiglio di Giustizia amministrativa siciliana nell’ordinanza n. 104/2005.

Ad oggi, però, la questione è ancora pendente, non essendoci stata ancora una presa di posizione dell’Adunanza Plenaria, che ha definito, in entrambe le ipotesi, il caso sottoposto dai giudici emittenti senz’affrontare la questione giuridica dei rapporti tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto.

Le varie tesi: la tesi dell’annullabilità del contratto

L’orientamento tradizionale,seguito per decenni sia in dottrina che in giurisprudenza, soprattutto dalla Corte di Cassazione (cfr. ex multis Cass. civ. 17-11-2000, n. 14901 ), riteneva annullabile il contratto stipulato in seguito ad una aggiudicazione dichiarata illegittima in sede giurisdizionale. Secondo il presupposto teorico di questa posizione giurisprudenziale, le norme che disciplinano il procedimento di evidenza pubblica sono norme volte a garantire la corretta formazione della volontà contrattuale della pubblica amministrazione, con la conseguenza che i vizi che emergono nella gestione di questa procedura si concretano in vizi della formazione della volontà dell’amministrazione, nei cd. vizi del consenso che, ai sensi dell’art. 1427 e ss. c.c., determinano l’annullabilità del contratto.

Tale tesi, non priva di riscontri nella stessa giurisprudenza amministrativa ( cfr. C.d.S., sez. VI, 1-2-2002, n. 570), ravvisa quindi, nel venir meno del provvedimento a monte, costituito dall’aggiudicazione, di volta in volta, un vizio del consenso della pubblica amministrazione, prevalentemente sotto forma di errore essenziale riconoscibile sulla qualità del legittimo aggiudicatario del contraente privato (art. 1418, co. 1, n.3 c.c.) una causa di legale incapacità a contrattare un capo alla pubblica amministrazione medesima (art. 1425, co 1, c.c.), ovvero un difetto di legittimazione negoziale della parte pubblica.

Sul versante processuale due sono le conseguenze di questo orientamento.

Innanzitutto, in conformità al principio generale sancito dal comma 1 dell’art. 1441 del c.c. la legittimazione processuale a far valere l’annullabilità del contratto è della sola pubblica amministrazione stipulante, essendo, questa, riconosciuta in capo al soggetto nel cui interesse sono poste le norme la cui violazione ha comportato l’annullamento dell’aggiudicazione.

In questo modo, e in ciò, infatti, si sostanzia la principale critica mossa a tale posizione, non viene tutelato il ricorrente vittorioso, che, una volta ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione , qualora sia stato già concluso il contratto, non potrà attivarsi per rimuovere quest’ultimo con conseguente violazione dei principi di equità sostanziale, oltre che di effettività della tutela.

Inoltre, considerato che con la richiesta di annullamento si chiede al giudice una sentenza costitutiva, volta a riconoscere un’invalidità contrattuale, si dovrebbe ritenere competente il giudice ordinario, non il giudice amministrativo che pronuncia l’annullamento dell’aggiudicazione.

Si avrebbe, quindi, un inutile sdoppiamento della giurisdizione, dovendo ricorrere al G.A. per ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione e al g.o. per ottenere l’annullamento del contratto, in contrasto con l’art. 6 della L. 205/2000, che, rispondendo ad un’esigenza di concentrazione processuale, prevede la giurisdizione esclusiva del G.A. su tutte le controversie riguardanti le procedure di affidamento in tema di appalti pubblici.

Da ultimo, il suesposto orientamento tradizionale della Corte di Cassazione ha l’indubbio limite di non considerare che la procedura ad evidenza pubblica non è preordinata alla tutela dei soli interessi pubblici, ma anche degli interessi dei singoli concorrenti che intendono partecipare alla gara, nel rispetto del principio della competitività e della concorrenza.

La tesi della nullità del contratto

La seconda opzione interpretativa propende per la nullità del vincolo negoziale sorto sulla base di un’aggiudicazione annullata.

La nullità del contratto viene ricondotta, in alcune sentenze, ad un’ipotesi di mancanza originaria del consenso da parte della pubblica amministrazione (artt. 1325, co. 1, e 1418, co. 2, c.c.), in altre ad una fattispecie di violazione di norme imperative di legge, considerando tali le disposizioni che disciplinano le procedure ad evidenza pubblica ( art. 1418, co.1, c.c.), in altre ancora ad un difetto

di causa. (artt. 1325, co.1, n.2, e 1418, co. 1, c.c.).

Ovviamente in quanto tale, ai sensi dell’art. 1421 c.c è rilevabile , dal ,giudice d’ufficio, o su istanza di chiunque vi abbia interesse e, ai sensi dell’ art.1422 c.c., è imprescrittibile.

Proprio per tali conseguenze, questa impostazione è stata criticata: essa espone, il contratto all’accertamento della sua nullità su iniziativa di chiunque vi abbia interesse ed addirittura d’ufficio dal giudice, con pregiudizio delle esigenze di certezza e stabilità dei rapporti giuridici imputabili alla P.A.

Senza contare, poi, che il termine decadenziale breve per ricorrere, proprio del giudizio amministrativo, risulterebbe eluso dall’imprescrittibilità dell’azione di nullità .

Nonostante tali critiche , la tesi della nullità è stata di recente sostenuta sia dall’ordinanza di rimessione del C.G.A.R.S. (cfr. C.G.A.R.S, sez. giurisdizionale, ordinanza del 8-3-2005, n. 104) sia dal Consiglio di Stato (cfr. C.d.S., sez. v,21-5-2004. n. 3355).

Entrambe tali ordinanze hanno, innanzitutto, criticato la tesi dell’inefficacia, sostenendo come nell’ ordinamento civilistico l’ inefficacia non sia una categoria generale, ma soltanto una conseguenza di ipotesi espressamente contemplate dal legislatore come ad esempio la nullità, l’annullabilità la simulazione di un negozio giuridico, la risoluzione di un contratto, ecc.

Quindi. secondo tale impostazione. per poter risolvere il problema delle conseguenze dell’ annullamento dell’ aggiudicazione sul contratto, occorre prima capire di che patologia risulti affetto il contratto, una volta annullata l’ aggiudicazione,il problema che, a sua volta, presuppone la soluzione della questione della natura giuridica del provvedimento di aggiudicazione.

I giudici remittenti, quindi, esaminano le diverse tesi dottrinali e giurisprudenziali sul punto, optando per una tesi mista basata sulla natura tanto negoziale quanto provvedimentale dell’ aggiudicazione.

Ed infatti, secondo una prima impostazione, l’aggiudicazione è il provvedimento conclusivo della procedura ad evidenza pubblica, con cui l’amministrazione sceglie senza manifestare alcuna volontà negoziale.

Invece, secondo un altro orientamento, con l’aggiudicazione, l’ amministrazione non si limita a scegliere il contraente e quindi a concludere il procedimento di evidenza pubblica ma determina il contenuto del contratto che intende stipulare.

In altre parole, l’aggiudicazione, oltre che come atto conclusivo del procedimento di evidenza pubblica, varrebbe anche come atto giuridico con il quale l’amministrazione formalizza la. sua volontà di contrattare.

In questo modo, l’accordo contrattuale si forma già al momento dell’aggiudicazione e l’eventuale stipula del contratto acquista valenza meramente riproduttiva del consenso già manifestato dalle parti.

Questa tesi sarebbe, inoltre, confortata dal dato testuale dell’art. 16, co. 4, del R.D. 18-11-1923, n. 2440,che sancisce l’equivalenza dell’aggiudicazione al contratto.

Per i giudici rimettenti, quindi, l’aggiudicazione è già l’atto con cui l’amministrazione assume l’impegno contrattuale, con la conseguenza che l’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione comporta il venir meno del consenso negoziale della pubblica amministrazione, con conseguenze di nullità del contratto per difetto del consenso in base al combinato disposto degli artt. 1418 e 1325, n. 1. c.c.

Le ordinanze di rimessione affrontano anche le critiche che sono state rivolte alla tesi della nullità , sostenendo, in particolare, che la nullità vada coniugata con i principi del processo amministrativo.

Come già anticipato, infatti, la disciplina civilistica della nullità sarebbe in contrasto con l’interesse l’ interesse pubblicistico alla stabilità dei rapporti contrattuali, consentendo a chiunque di far valere la nullità del contratto, o rendendo imprescrittibile la relativa azione.

Ed invece, le ordinanze in questione affermano che quando una delle parti contrattuali manifesta e cristallizza il proprio consenso in un atto che riveste anche natura provvedimentale ( come nella fattispecie in esame), l’accertamento della sua illegalità ed il suo conseguente annullamento soggiacciono alle regole tipiche del processo impugnatorio.

Ne consegue che l’aggiudicazione debba essere impugnata nel prescritto termine di decadenza e che, in difetto di tale tempestiva iniziativa giurisdizionale, resti preclusa la proponibilità dell’azione di nullità.

Inoltre, seguendo tale impostazione, il giudice non potrà, considerata la natura provvedimentale dell’aggiudicazione, accertare d’ufficio la nullità del contratto, costituita dall’illegittimità del provvedimento finale della procedura di selezione del contraente, risolvendosi l’esercizio di quel potere nell’inammissibile sindacato ufficioso della legittimità di un atto amministrativo.

La legittimazione a far valere la nullità va, inoltre, riconosciuta alle sole parti che hanno impugnato l’aggiudicazione, quali unici soggetti che hanno manifestato, in concreto, interesse alla declaratoria della relativa invalidità, invocandone la rimozione.

La tesi dell’inefficacia sopravvenuta cd. relativa al contratto

I sostenitori della terza tesi affermano l’inefficacia relativa sopravvenuta del vincolo negoziale, ravvisando nell’annullamento dell’atto conclusivo del procedimento di evidenza pubblica il venir meno di un presupposto o di una condizione legale di inefficacia del contratto, ovvero una “mancanza legale del procedimento”.

In altre parole, la caducazione in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione comporterebbe il venire meno della legittimazione dell’amministrazione a negoziare, compromettendo un requisito di inefficacia del contratto. Una volta ricostruito in termini di inefficacia il rapporto tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto, tale posizione giurisprudenziale si è posta il problema della tutela dei soggetti che abbiano ottenuto ragione dinanzi al giudice amministrativo tramite l’annullamento dell’atto di aggiudicazione, nei casi in cui il contratto sia già stato concluso.

Secondo tale impostazione, l’amministrazione pubblica, in forza dell’ art. 11 del c.c., è pur sempre una persona giuridica, e pertanto soggetta alle norme civilistiche essenziali che disciplinano le persone giuridiche, oltre alle norme di diritto pubblico.

Quindi, potendo essere richiamati in via analogica gli artt. 23 e 25 c.c., l’annullamento della deliberazione formativa della volontà contrattuale dell’ente “ non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima”.

Naturalmente, non potranno essere considerati terzi di buona fede i soggetti che abbiano partecipato al giudizio amministrativo di annullamento, non avendo potuto confidare nel consolidamento della loro posizione contrattuale.

Il contratto stipulato prima dell’instaurazione del giudizio di impugnazione del provvedimento, invece, secondo tale tesi, non potrà essere caducato.

La tesi della caducazione automatica del contratto

La soluzione ermeneutica attualmente prevalente nella giurisprudenza amministrativa afferma, infine, l’automatica caducazione degli effetti del contratto stipulato, in seguito all’annullamento della precedente procedura di gara illegittima.

Le fasi di evidenza pubblica, infatti, mirano a tutelare interessi sia generali sia dei soggetti partecipanti alle procedure e sono espressione dei principi fondamentali di concorrenza, di imparzialità e di buon andamento. Per questo motivo, la procedura di evidenza pubblica viene ad essere considerata presupposto o condizione legale di efficacia del contratto. La sua mancanza, quindi, dovuta all’annullamento del provvedimento di aggiudicazione, comporta l’automatica caducazione del contratto già stipulato.

Questo ragionamento, in analogia con la disciplina civilistica del collegamento negoziale, in sostanza afferma l’esistenza di un rapporto di consequenzialità necessaria tra la procedura di evidenza pubblica ed il contratto successivamente stipulato, in virtù del quale l’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione determina la caducazione automatica degli effetti della stipulazione.

La giurisprudenza amministrativa ha ritenuto, inoltre, che questa opzione interpretativa trovi conferma normativa nel D. Lgs. 190/2002, posto che l’art. 14, co. 2, prevede: “ la sospensione o l’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture non determina la risoluzione del contratto eventualmente già stipulato dai soggetti aggiudicatori; in tale caso il risarcimento degli interessi o diritti lesi avviene per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica”.

La giurisprudenza ha interpretato l’art. 14 a contrario, considerando che per tutti gli altri appalti non aventi ad oggetto insediamenti strategici, gli unici a cui l’art. 14 si applica, l’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione comporti la risoluzione e quindi la caducazione automatica del contratto.

Nell’ambito della giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha optato per la tesi della caducazione automatica, non è mancata qualche sentenza che ha ripreso lo stesso ragionamento prospettato dai fautori della tesi dell’inefficacia sopravvenuta, relativamente all’applicabilità in via analogica degli art. 23 e 25 c.c.

E’ parso in prima battuta che, sul versante processuale, l’adesione a questa tesi comportasse l’estensione al giudice amministrativo della giurisdizione anche in ordine agli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto stipulato, posto che la caducazione del contratto è mero effetto di tale annullamento.

Sul punto è tuttavia, intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con sentenza n. 9/2008, pur ritenendo – come si vedrà meglio più avanti – che la giurisdizione del giudice amministrativo si fermi dinnanzi al contratto ormai stipulato, ha affermato – sia pure in modo velato – che la conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione non può che essere “ la sopravvenuta caducazione del contratto” di cui l’Amministrazione è tenuta a prendere atto.

I recenti arresti giurisprudenziali della Corte di Cassazione

Se, come detto, in passato la Corte di Cassazione aveva assunto, rispetto alla questione de qua, una posizione tesa ad affermare l’annullabilità dl contratto di appalto in seguito ad un’aggiudicazione dichiarata illegittima dal giudice amministrativo, tale orientamento può dirsi superato dalle ultime pronunce dei giudici della Suprema Corte.

Ed invero, con una prima sentenza del 2006 (Cass. Civ. sez. I, 26 maggio 2006, n. 12629), la Corte ha modificato il proprio convincimento affermando che l’annullamento dell’aggiudicazione provoca la caducazione automatica del successivo contratto di appalto. I giudici, in particolare, addivengono a tale conclusione sulla considerazione che, nei casi di aggiudicazione mediante sistemi di incanti pubblici o licitazioni private, il verbale o altro provvedimento di aggiudicazione riveste la doppia natura di atto conclusivo del procedimento amministrativo e di estrinsecazione dell’accordo delle parti contraenti, che equivale, ad ogni effetto, al contratto, in virtù dell’art. 16, R.D. 2440/1923 e degli artt. 88 e 97, R.D. 827/1924. Sulla scorta di tale premessa, viene affermato che la successiva stipulazione del contratto configura, quindi, una semplice formalità ulteriore rispetto all’aggiudicazione, la quale, sola, rappresenta il momento in cui essa viene ad esistenza e si perfeziona il vincolo negoziale (salva, ovviamente, diversa volontà dell’Amministrazione appaltante). Corollario di tale principio è che il suo sopravvenuto annullamento giurisdizionale comporta, per un verso, che nessun effetto può essere riconosciuto al provvedimento invalido (ed agli atti presupposti ad evidenza pubblica su cui era fondato) fin dal momento del suo venire in essere nonché ai diritti soggettivi dallo stesso attribuiti, in quanto sorti da un atto non conforme alle condizioni prescritte dalla legge per la sua operatività. E, dall’altro, che esso pone nel nulla l’intero effetto-vicenda derivato dall’aggiudicazione, a cominciare quindi dal contratto di appalto, che non ha alcuna autonomia propria e non costituisce la fonte dei diritti ed obblighi tra le parti, ma, assumendo il menzionato valore di mero atto formale e riproduttivo, è destinato a subire gli effetti del vizio che affligge il provvedimento cui è inscindibilmente collegato ed a restare automaticamente ed immediatamente caducato, senza necessità di pronunce costitutive del suo cessato effetto o di atti di ritiro dell’amministrazione, in conseguenza della pronunciata inefficacia del provvedimento amministrativo ex tunc travolto dall’annullamento giurisdizionale”.

Tali principi sono stati ripresi e ribaditi anche in successive pronunce della Corte.

Specificamente, nella sentenza n. 7481 del 27 marzo 2007, i giudici della prima sezione hanno chiarito che la caducazione, con effetto ex tunc, di uno degli atti del procedimento costitutivo della volontà dell’ Amministrazione (come la deliberazione di contrattare,il bando o l’aggiudicazione), pone quest’ultima nella condizione di aver stipulato un contratto in assenza della necessaria legittimazione a negoziare. Il successivo contratto, quindi, resta automaticamente e definitivamente privato dei suoi effetti giuridici. Con l’ulteriore conseguenza che l’attività medio tempore posta in essere dall’aggiudicatario, e riconducibile alla prestazione dovuta in forza della relazione contrattuale instaurata per effetto dell’aggiudicazione, con l’annullamento dell’aggiudicazione diviene un’attività di fatto e all’aggiudicatario è dovuta, per i lavori posti in essere, esclusivamente indennità, secondo le regole del diritto comune, derivanti dall’art. 2041 c.c.

Da ultimo, la corte è tornata sulla questione ed ha ribadito tali concetti. (Cass. civ., sez. I, 15-4-2008, n. 9906).

Fin qui la recente posizione assunta dalla Suprema Corte in merito alle conseguenze sostanziali dell’annullamento dell’aggiudicazione di una gara d’appalto sul contratto stipulato.

Una menzione, va fatta, invero, anche sugli aspetti processuali della vicenda, sui quali pure è intervenuta la Corte di Cassazione.

In particolare, di recente, con la sentenza n. 27169 del 28-12-2007, le Sezioni Unite hanno chiarito che qualsiasi sindacato sugli atti di esecuzione conseguenti alla aggiudicazione di un appalto debba ritenersi sottratto alla giurisdizione del giudice amministrativo. Specificamente, questo vale in ordine al contratto stipulato medio tempore. La vicenda conseguente alla aggiudicazione di un appalto, infatti, verrebbe a configurarsi come una questione di “ merito sostanziale”, come tale, pertanto,governata da categorie civilistiche, e nell’ambito della quale emergerebbero unicamente posizioni di diritto soggettivo; di qui, la considerazione per cui la relativa giurisdizione vada devoluta al giudice ordinario e non al giudice amministrativo. Tale ultimo orientamento appare confermato anche dalla giurisprudenza più recente; in particolare, le Sezioni Unite (ordinanza n. 65421 del 11-3-2008) hanno avuto modo di ribadire ulteriormente che alla giurisdizione del giudice amministrativo sono attribuite tutte le controversie concernenti l’esecuzione dell’appalto sono devolute al giudice ordinario, compresa anche quella avente ad oggetto la risoluzione unilaterale e anticipata del contratto da parte dell’amministrazione per inadempimento dell’appaltatore.

Il codice dei contratti

Il 2 maggio è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il D. Lgs. 12-4-2006 n. 163 “ Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17*CE e 2004/18/CE” , in vigore dal 1º luglio 2006.

Si tratta della disciplina italiana di recepimento della Direttiva unica Appalti 2004/18/CE, oltre che della direttiva 2004/17/CE, per i settori esclusi, che ha accorpato in unico testo normativo le norme europee in materia di appalti pubblici, prima distinte in relazione all’oggetto (Lavori, Servizi, Forniture).

In particolare, l’art. 11 del Codice disciplina le diverse fasi delle procedure di affidamento, introducendo una netta distinzione tra la fase di scelta del contraente, che culmina nell’aggiudicazione quale atto unilaterale dell’amministrazione, e la stipulazione del contratto.

Il legislatore del Codice dei contratti, però, ha deciso di non occuparsi della questione relativa alla sorte del contratto a seguito dell’annullamento giurisdizionale dell’atto di aggiudicazione, probabilmente perché si tratta di una questione su cui non vi è ancora sufficiente chiarezza in giurisprudenza e dottrina.

Tale scelta è parsa condivisibile al Consiglio di Stato, nel parere del 6 febbraio 2006 da esso dato sul testo del Codice dei contratti pubblici, approvato in via preliminare dal Governo, vista l’assenza di un dato acquisito dell’ordinamento giuridico italiano, a fronte di una giurisprudenza non consolidata, in assenza di una norma espressa e vincolante di carattere generale.

L’adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2008 sulla sussistenza della giurisdizione amministrativa in relazione agli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto d’appalto.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 9/2008 del 30 luglio 2008, ha ritenuto di non doversi discostare dal consolidato orientamento delle Sezione Unite della Corte di Cassazione, secondo cui sussiste la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda volta ad ottenere, con efficacia di giudicato, l’accertamento dell’inefficacia del contratto, la cui aggiudicazione sia stata annullata dal giudice amministrativo.

Ha affermato, invero, il Consiglio di Stato che «nel vigente sistema ... non sussiste una espressa previsione normativa di carattere generale sulla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in ordine alle controversie riguardanti la fase dell’ esecuzione del contratto d’ appalto: pertanto, nel caso di una specifica domanda intentata da chi abbia chiesto ed ottenuto dal giudice amministrativo l’annullamento ed ottenuto dal giudice amministrativo dell’annullamento della aggiudicazione, ovvero in presenza di una domanda di una delle parti del contratto pubblico d’appalto stipulato medio tempore, sussiste la giurisdizione civile quando si intendano far accertare - con efficacia di giudicato - le conseguenze che la medesima sentenza ha prodotto sul contratto».

Sulla base di tale rilievo l’Adunanza Plenaria ha ritenuto estranea alla cognizione del giudice amministrativo anche la domanda di reintegrazione in forma specifica.

E ciò in quanto, ai sensi dell’ art. 244 del D. Lgs. 163/2006, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo rientrano le controversie inerenti le procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, con esclusione di ogni domanda che concerna la fase della esecuzione dei relativi contratti.

Sulla base di tale premessa è stato pertanto, ritenuto che alla richiesta di annullamento della aggiudicazione può conseguire solo il risarcimento del danno per equivalente, ma non anche la reintegrazione in forma specifica che, incidendo necessariamente sul contratto e quindi sulla fase negoziale e sui diritti soggettivi, esula dai poteri giurisdizionali amministrativi.

L’Adunanza Plenaria, tuttavia, pur non discostandosi dalla posizione assunta dall’organo competente a decidere in ultima istanza sul riparto di giurisdizione, ha trovato un’ efficace escamotage processuale per far sì che il limite riconosciuto alla giurisdizione del giudice amministrativo non si traduca in una diminuzione di tutela del soggetto che abbia ottenuto l’annullamento giurisdizionale dell’ aggiudicazione.

Ha ritenuto, invero, innanzitutto che «la sentenza di annullamento dell’aggiudicazione determina in capo all’amministrazione soccombente l’obbligo di conformarsi alle relative statuizioni ...: in altri termini, l’annullamento dell’aggiudicazione è costitutivo di un vincolo permanente e puntuale sulla successiva attività dell’amministrazione. ( C.d.S. , Ad. Plen. 19-3-1984, n. 6), il cui contenuto non può prescindere dall’effetto caducatorio del contratto stipulato».,

Ne deriva che, in sede di esecuzione della sentenza, l’ amministrazione non può non rilevare la sopravvenuta caducazione del contratto conseguente all’ annullamento e aggiudicazione (secondo quanto, del resto, ribadito dalla Corte di Cassazione, sez. l, 15-4-2008, n. 9906)….., nell’emanare i provvedimenti ulteriori che conseguono all’effetto caducatorio dell’annullamento dell’ aggiudicazione della gara, l’amministrazione deve tenere conto dei principi enunciati nella sentenza di annullamento e delle conseguenze giuridiche determinate dal suo contenuto ed orientare conseguentemente la sua ulteriore azione».

In secondo luogo, precisa ancora l’Adunanza Plenaria,ove l’amministrazione non si conformi puntualmente ai principi contenuti nella sentenza, l’interessato potrà instaurare il giudizio di ottemperanza, nel quale il giudice amministrativo - nell’esercizio della sua giurisdizione di merito - ben può sindacare in modo pieno e completo (e satisfattivo per il ricorrente) l’attività posta in essere dall’amministrazione o anche il suo comportamento omissivo, adottando tutte le misure (direttamente o per il tramite di un commissario) necessarie ed opportune per dare esatta ed integrale esecuzione alla sentenza ed assicurare al ricorrente vittorioso il bene della vita effettivamente perseguito attraverso il giudizio di legittimità.

«Ciò perché la funzione del giudice dell’ ottemperanza è proprio quella di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto nascente del giudicato, nell’ esercizio della potestà di riformare l’ atto illegittimo, sostituirlo espressamente conferitagli dall’ art. 26 della legge n. 1034 del 1971».

La sostituzione dell’aggiudicatario, quale «reintegrazione in forma specifica» del soggetto che ha ottenuto la statuizione di annullamento, appartiene, pertanto, agli ulteriori provvedimenti dell’ amministrazione, di cui il giudice amministrativo conosce nella sede dell’ ottemperanza nella quale, per effetto dei suoi ampi poteri derivanti dall’esercizio del potere, può sostituirsi all’amministrazione, reintegrando in forma specifica la parte vittoriosa nei diritti connessi al giudicato e quindi, eventualmente, nella sua posizione di aggiudicatario della gara, in luogo del contraente nei cui confronti l’aggiudicazione è stata impugnata.



Rassegna giurisprudenziale

C.d.S., sez. IV, 21-5-2004, n. 3355;

C.G.A.R.S. sez. giur., ordinanza 8-3-2005, n. 104.

T.A.R. Catania sez. III, 13-6-2005 n. 979 e 12-4-2006, n. 562.

C.d.S., sez. V, 28-5-2004, n. 3465.

C.d.S., sez. VI, 4-4-2007, n. 1523.

C.d.S., sez. V, 12-2-2008, n. 490.

Cass., SS. UU., 11-3-20078, n. 6421.

Cass. Civ., sez. I, 15-4-2008, n. 9906.