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Il sindaco paga per le perdite subite dalla S.p.a. del Comune

da Il Sole 24 Ore 5/11/1999

IL SINDACO PAGA PER LE PERDITE SUBITE DALLA S.P.A. DEL COMUNE

Una sentenza della Corte dei conti sulla responsabilità

Se la S.p.a. nelle mani del Comune, è in perdita, dei danni subiti dall’ente risponde, in prima persona il sindaco (sentenza 6/5 - 10/09/1999 n.1015 della sezione giurisdizionale per il Lazio della Corte dei conti).

Occorre evidenziare la specificità, nella fattispecie, della configurazione societaria, trattandosi di società il cui capitale azionario era integralmente posseduto dall’ente locale, con la conseguente anomala attribuzione a quest’ultima di una illimitata responsabilità patrimoniale per le obbligazioni assunte in base all’articolo 2362 del c.c., tanto che, secondo la Corte dei conti, non si era in presenza di una vera e propria società per azioni, ma di una sorta di organismo ausiliario dell’ente locale. "La partecipazione totalitaria a una S.p.a. da parte di un solo ente locale socio - si legge nella sentenza - non è solo inammissibile ma va considerata anche come stipulata in frode alla legge perché costituisce un mezzo per eludere l’applicazione della normativa vigente prima e dopo l’entrata in vigore della legge 8/6/1990 n.142".

La decisione, però, non tiene in alcun conto l’articolo 17, comma 51, della legge 127/1997 che prevede, sia pure la trasformazione delle aziende speciali in S.p.a., la possibilità per gli enti locali di "restare azionisti unici per un periodo non superiore ai due anni dalla trasformazione":

Sotto il profilo dei controlli sugli atti degli enti locali la fattispecie dimostra come sia stato un errore quello di eliminare di fatto il controllo previsto dall’articolo 130 della Costituzione (ancora legge 12/97).

I sindaci, succedutesi in carica durante la vigenza della S.p.a. posseduta dall’ente locale, hanno dovuto rispondere "per l’attività omissiva posta in atto volontariamente", e cioè per l’omissione di specifici adempimenti di vigilanza, controllo e denuncia facenti capo al sindaco nella sua posizione di vertice di un ente locale pienamente coinvolto, appunto quale "azionista unico" nella società.

La sentenza ritiene che il punto di riferimento normativo "non può circoscriversi a quelle sole norme del codice civile ma che queste, considerata l’incidenza delle risultanze gestionali delle menzionate società con il bilancio dello Stato e dell’ente locale, vanno coordinate con l’articolo 81 della Costituzione".

In riferimento all’articolo 81 può sembrare eccessivo e fuori posto, ma in realtà serve ad evidenziare la stretta correlazione esistente fra le risultanze della gestione societaria e il bilancio e il patrimonio dell’ente locale. Quest’ultimo discorso porta direttamente al concetto di responsabilità amministrativa.

La pronunzia sottolinea infatti la diversità dell’azione di responsabilità amministrativo-contabile rispetto a quella civile nascente da reato, rilevando che un certo comportamento può dare luogo a rilievi in sede penale (nasce in tal caso un’azione di responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043 c.c. da esercitarsi innanzi al giudice civile oppure al giudice penale), e il medesimo comportamento, indipendentemente dalla sua qualificazione penale, rileva anche come inadempimento di obblighi di servizio e come tale è fonte di responsabilità amministrativo-contabile (nasce in tal caso un’azione di responsabilità di natura contrattuale di competenza della Corte dei conti e che copre evidentemente un’area più vasta della precedente).

Tale viene qualificato l’atteggiamento psicologico dei convenuti che si pone in rilievo sia sotto il profilo della colpa grave che del dolo, inteso quindi come dolo contrattuale, che attiene cioè all’inadempimento di uno specifico obbligo preesistente di corretta amministrazione.

Da ultimo la sentenza prende in esame anche il rapporto sindaci-consiglio comunale, per scagionare totalmente quest’ultimo, in quanto non è stato posto dai sindaci in condizione di svolgere il proprio ruolo.

La decisione in argomento, di fronte a realtà gestionali pubbliche sempre più complesse che utilizzano moduli propri del mondo privatistico, pur impiegando risorse collettive, è destinata a fare scalpore, soprattutto perché si inserisce in una giurisprudenza della Cassazione a sezioni unite, tradizionalmente orientata a riconoscere la giurisdizione ordinaria per la sfera gestionale degli enti pubblici: tuttavia essa recupera un nuovo profilo di responsabilità amministrativa che si sostanzia di contenuti concreti e che va a incidere anche su chi gestisce il pubblico denaro muovendosi nelle acque del diritto privato e del mercato.

da Il Sole 24 Ore 5/11/1999

IL SINDACO PAGA PER LE PERDITE SUBITE DALLA S.P.A. DEL COMUNE

Una sentenza della Corte dei conti sulla responsabilità

Se la S.p.a. nelle mani del Comune, è in perdita, dei danni subiti dall’ente risponde, in prima persona il sindaco (sentenza 6/5 - 10/09/1999 n.1015 della sezione giurisdizionale per il Lazio della Corte dei conti).

Occorre evidenziare la specificità, nella fattispecie, della configurazione societaria, trattandosi di società il cui capitale azionario era integralmente posseduto dall’ente locale, con la conseguente anomala attribuzione a quest’ultima di una illimitata responsabilità patrimoniale per le obbligazioni assunte in base all’articolo 2362 del c.c., tanto che, secondo la Corte dei conti, non si era in presenza di una vera e propria società per azioni, ma di una sorta di organismo ausiliario dell’ente locale. "La partecipazione totalitaria a una S.p.a. da parte di un solo ente locale socio - si legge nella sentenza - non è solo inammissibile ma va considerata anche come stipulata in frode alla legge perché costituisce un mezzo per eludere l’applicazione della normativa vigente prima e dopo l’entrata in vigore della legge 8/6/1990 n.142".

La decisione, però, non tiene in alcun conto l’articolo 17, comma 51, della legge 127/1997 che prevede, sia pure la trasformazione delle aziende speciali in S.p.a., la possibilità per gli enti locali di "restare azionisti unici per un periodo non superiore ai due anni dalla trasformazione":

Sotto il profilo dei controlli sugli atti degli enti locali la fattispecie dimostra come sia stato un errore quello di eliminare di fatto il controllo previsto dall’articolo 130 della Costituzione (ancora legge 12/97).

I sindaci, succedutesi in carica durante la vigenza della S.p.a. posseduta dall’ente locale, hanno dovuto rispondere "per l’attività omissiva posta in atto volontariamente", e cioè per l’omissione di specifici adempimenti di vigilanza, controllo e denuncia facenti capo al sindaco nella sua posizione di vertice di un ente locale pienamente coinvolto, appunto quale "azionista unico" nella società.

La sentenza ritiene che il punto di riferimento normativo "non può circoscriversi a quelle sole norme del codice civile ma che queste, considerata l’incidenza delle risultanze gestionali delle menzionate società con il bilancio dello Stato e dell’ente locale, vanno coordinate con l’articolo 81 della Costituzione".

In riferimento all’articolo 81 può sembrare eccessivo e fuori posto, ma in realtà serve ad evidenziare la stretta correlazione esistente fra le risultanze della gestione societaria e il bilancio e il patrimonio dell’ente locale. Quest’ultimo discorso porta direttamente al concetto di responsabilità amministrativa.

La pronunzia sottolinea infatti la diversità dell’azione di responsabilità amministrativo-contabile rispetto a quella civile nascente da reato, rilevando che un certo comportamento può dare luogo a rilievi in sede penale (nasce in tal caso un’azione di responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043 c.c. da esercitarsi innanzi al giudice civile oppure al giudice penale), e il medesimo comportamento, indipendentemente dalla sua qualificazione penale, rileva anche come inadempimento di obblighi di servizio e come tale è fonte di responsabilità amministrativo-contabile (nasce in tal caso un’azione di responsabilità di natura contrattuale di competenza della Corte dei conti e che copre evidentemente un’area più vasta della precedente).

Tale viene qualificato l’atteggiamento psicologico dei convenuti che si pone in rilievo sia sotto il profilo della colpa grave che del dolo, inteso quindi come dolo contrattuale, che attiene cioè all’inadempimento di uno specifico obbligo preesistente di corretta amministrazione.

Da ultimo la sentenza prende in esame anche il rapporto sindaci-consiglio comunale, per scagionare totalmente quest’ultimo, in quanto non è stato posto dai sindaci in condizione di svolgere il proprio ruolo.

La decisione in argomento, di fronte a realtà gestionali pubbliche sempre più complesse che utilizzano moduli propri del mondo privatistico, pur impiegando risorse collettive, è destinata a fare scalpore, soprattutto perché si inserisce in una giurisprudenza della Cassazione a sezioni unite, tradizionalmente orientata a riconoscere la giurisdizione ordinaria per la sfera gestionale degli enti pubblici: tuttavia essa recupera un nuovo profilo di responsabilità amministrativa che si sostanzia di contenuti concreti e che va a incidere anche su chi gestisce il pubblico denaro muovendosi nelle acque del diritto privato e del mercato.