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Il trasferimento fraudolento di valori nel d.lg. 231/2001

trasferimento fraudolento di valori
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Il trasferimento fraudolento di valori nel d.lg. 231/2001


L’integrazione dell’art 25-octies.1 d.lg. 231

Il D.D.L. di conversione del decreto-legge n. 105/2023 (“Disposizioni urgenti in materia di processo penale, processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura nonché in materia di personale della Magistratura e della Pubblica amministrazione”), approvato in via definitiva e di prossima pubblicazione, interviene – tra l’altro - sull’art. 25-octies.1 del d.lg. 231/2001 (Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti), inserendo tra i reati-presupposto ivi previsti il delitto di trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.).

Questo il testo vigente della fattispecie:

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter, è punito con la reclusione da due a sei anni.

Il nuovo delitto si aggiunge, pertanto, all’indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti (art. 493-ter c.p.); alla detenzione e diffusione di dispositivi diretti a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti (art. 493-quater c.p.) e alla frode informatica (art. 640-ter c.p.) aggravata dal trasferimento di denaro.

L’art 25-octies. 1 configura quale reato presupposto ogni altro delitto contro la fede pubblica, contro il patrimonio o che comunque offende il patrimonio, previsto dal codice penale, quando ha ad oggetto strumenti di pagamento diversi dai contanti, salvo che il fatto costituisca più grave illecito amministrativo.

Nei casi di condanna per i delitti menzionati si applicano all’ente le sanzioni interdittive dell'interdizione dall'esercizio dell’attività; della sospensione o della revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni; del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi; del divieto di pubblicizzare beni o servizi (art. 9 comma 2, d.lg. n. 231/2001).

La sanzione pecuniaria a carico dell’ente per il nuovo delitto è compresa tra 250 e 600 quote; ad esso sono applicabili le sanzioni interdittive citate.

A mio avviso sarebbe stata preferibile la collocazione del delitto in esame tra i delitti di riciclaggio, ai sensi dell’art 25-octies d.lg. 231 posto che il dolo specifico richiesto consiste (anche) nella finalità di agevolare la commissione dei delitti di ricettazione, riciclaggio o reimpiego.
 

Il delitto di trasferimento fraudolento di valori

Come è noto, l’articolo 512-bis c.p., introdotto dal d.lg. n. 21/2018, riproduce senza modifiche l’articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, recante interventi urgenti di contrasto alla criminalità mafiosa.

Si tratta di un reato che può essere commesso con una grande varietà di negozi simulati riguardanti non solo denaro contante su un conto corrente o immobili, ma beni della più diversa natura.

A titolo esemplificativo, si può citare la cessione di quote o azioni eseguita al fine di estraniarsi dalla compagine della società solo apparentemente, poiché chi si è spogliato formalmente della titolarità delle quote o azioni continua di fatto a determinarne l’attività come amministratore o socio occulto e a partecipare alla gestione e agli utili derivanti dall’attività imprenditoriale.

Solitamente è presente una c.d. «testa di legno» che risponde del medesimo reato a titolo di concorso; ovviamente può rispondere del reato in concorso anche il professionista che ha progettato l’operazione simulata.

Il reato di cui all'art. 512-bis c.p., è un reato solo eventualmente plurisoggettivo, con la conseguenza che il terzo fittiziamente interposto (non punito direttamente dalla stessa disposizione) risponde a titolo di concorso con chi ha operato la fittizia attribuzione in quanto con la sua condotta cosciente e volontaria, contribuisce alla lesione dell'interesse protetto dalla norma (II, n. 35826/2019).

È, quindi, sufficiente, ai fini della configurabilità del dolo del concorrente, che la particolare finalità tipizzata dalla disposizione incriminatrice sia perseguita almeno da uno dei soggetti che concorrono alla realizzazione del fatto (II, n. 38044/2021).

 

Rapporti con il delitto di riciclaggio

In un procedimento si è discusso del seguente caso:

Tizia apre a proprio nome un conto corrente, delegando il coniuge Caio per le relative operazioni; sul conto viene riversato il denaro provento dei delitti di bancarotta commessi dal marito; con tale denaro vengono periodicamente pagate le rate mensili del prezzo di un immobile acquistato e fittiziamente intestato a Tizia.

Ci si è posti il problema se Tizia dovesse rispondere di fittizia intestazione ex art 512-bis c.p. in concorso con il delitto di riciclaggio oppure solo di quest’ultimo (che avrebbe assorbito il primo).

Secondo Cass., II, 15 luglio 2022 n. 38141 integra il reato di riciclaggio anche la semplice condotta di colui che accetta di essere indicato come beneficiario economico di beni che, nella realtà, appartengono a terzi e sono frutto di attività delittuosa, in quanto detta condotta, pur non concretizzandosi nel compimento di atti dispositivi, è comunque idonea a ostacolare l'identificazione della provenienza del denaro (II, n. 21687/2019; VI, n. 24548/2013; II, n. 23890/2021).

Nel caso di specie, però, veniva in rilievo la figura del reato unico a formazione progressiva, considerato che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il riciclaggio è un reato a forma libera, la cui condotta costitutiva può consistere anche in una pluralità di distinti atti in sé leciti, realizzati a distanza di tempo l'uno dall'altro, purché unitariamente riconducibili all'obiettivo comune cui sono finalizzati, ossia l'occultamento della provenienza delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilità che ne costituiscono l'oggetto.

In tale ipotesi, si configura proprio un unico reato a formazione progressiva, che viene a cessare con l'ultima delle operazioni poste in essere (II, n. 7257/2019; II, n. 29869/2016; I, n. 29611/2016; II, n. 52645/2014; II, n. 26250/2022).

In sostanza, si poteva ravvisare un’unica condotta di riciclaggio, realizzata con più atti, il primo dei quali costituito dal versamento sul conto corrente della ricorrente del denaro provento dei delitti commessi dal marito, poi utilizzato per pagare l'immobile, alla stessa fittiziamente intestato.

La fittizia intestazione, dunque, costituiva un segmento della più articolata condotta di riciclaggio che, considerata la clausola di riserva dell'art. 512-bis c.p. («salvo che il fatto costituisca più grave reato»), non poteva essere sanzionata una seconda volta.


Rapporti con l’autoriciclaggio

Già Cass., II, 12 gennaio 2017 n. 3935, ha chiarito, in tema di concorso con il reato di trasferimento fraudolento di valori, che la condotta di autoriciclaggio non presuppone e non implica che l'autore ponga in essere anche un trasferimento fittizio ad un terzo dei cespiti rivenienti dal reato presupposto.

Le due violazioni della legge penale si pongono anche in momenti cronologicamente distinti, di nuovo a dimostrazione della loro diversità, che non consente assorbimenti:

l'autore del reato presupposto, prima, compie l'operazione di interposizione fittizia che, poi, darà luogo a quella di autoriciclaggio, senza la quale la condotta sarebbe punibile solo per il reato di cui all'art. 12-quinquies…

Il delitto di intestazione fraudolenta di valori non può essere presupposto dell’autoriciclaggio, poiché quest’ultimo richiede l’autonoma provenienza illecita dei beni che ne sono oggetto (Cass., VI, n. 22417/2022, per la quale i rapporti tra i due reati sono regolati dal criterio di consunzione, in applicazione della clausola di sussidiarietà contenuta nell’art. 512-bis c.p., salvo il caso in cui l’intestazione fraudolenta abbia finalità elusiva delle disposizioni in materia di prevenzione).