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Imminente l’inizio delle prove orali per l’abilitazione forense

1. La disciplina vigente per lo svolgimento degli esami orali.

In questi giorni, in ordine sparso, vengono resi noti i risultati delle prove scritte, corrette secondo gli abbinamenti stabiliti con decreto dal Ministero della Giustizia lo scorso 11 dicembre, in ossequio alla legge 18 luglio 2003, n. 180, con la quale è stato convertito, con modifiche, il decreto legge 21 maggio 2003, n. 112, recante Modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense. Lo scorso anno, sul dato aggregato nazionale, la percentuale di ammessi agli orali si è attestata al di sotto del quaranta per cento: poco meno di quattro aspiranti su dieci sono stati ammessi alle prove orali. I risultati dell’anno in corso, seppure ancora parziali, paiono confermare il dato percentuale indicato.

La commissione d'esame, nominata con decreto ministeriale, è composta da cinque membri titolari e cinque supplenti, dei quali due titolari e due supplenti sono avvocati, iscritti da almeno dodici anni all'Albo degli avvocati; due titolari e due supplenti sono magistrati, con qualifica non inferiore a magistrato di Corte di appello; un titolare ed un supplente sono professori ordinari, professori associati o ricercatori di materie giuridiche presso un'università della Repubblica ovvero presso un istituto superiore. Per le funzioni di segretario, il Ministro nomina un dipendente dell'Amministrazione, appartenente all'area C del personale amministrativo, come delineata dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Ministeri del 16 febbraio 1999.

L'elenco degli ammessi, sottoscritto dal presidente e dal segretario, è anzitutto depositato negli uffici della segreteria della commissione. Al presidente della commissione è demandato il compito di stabilire, quindi, il giorno, l'ora ed il luogo, in cui avranno inizio le prove orali. L'intervallo tra il deposito dell'elenco degli ammessi e l'inizio delle prove orali non può essere minore di un mese né maggiore di due. A ciascuno degli ammessi è ex lege data comunicazione del giorno, dell'ora e del luogo in cui dovrà presentarsi alla prova orale.

L’esame orale consiste nella discussione, dopo una succinta illustrazione delle prove scritte, di brevi questioni relative a cinque materie, di cui almeno una di diritto processuale (civile o penale), scelte preventivamente dal candidato tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto civile, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto penale, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto processuale civile, diritto processuale penale, diritto internazionale privato, diritto ecclesiastico e diritto comunitario. Il candidato, inoltre, deve dimostrare la conoscenza dell’ordinamento forense e dei diritti e doveri dell’avvocato.

Per la prova orale ciascun componente della commissione dispone di dieci punti di merito per ciascuna delle materie oggetto dell’esame. È conseguita l’idoneità da parte dei candidati che conseguano un punteggio complessivo di centottanta punti ed un punteggio non inferiore a trenta punti per almeno cinque prove. La prova orale è pubblica e deve durare non meno di 45 e non più di 60 minuti per ciascun candidato.

Terminata la prova di ciascun candidato, si procede alla votazione e il segretario ne registra il risultato nel processo verbale, distintamente per ogni materia .

È questa la vigente disciplina, recata dall'art. 17 - bis del Regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37 (in Gazz. Uff., 30 gennaio, n. 24), la quale continuerà applicarsi – in forza dell’art. 49 della Legge 31 dicembre 2012, n. 247 (pubblicata in G.u. il 18 gennaio 2013, n. 15) – per i primi due anni dalla data di entrata in vigore della “Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense".

2. Qualche suggerimento ai candidati.

Raggiungere una adeguata padronanza delle numerose discipline dell’orale (cinque, di cui una procedura, più l’ordinamento e la deontologia forensi) è compito rimesso alla diligenza del candidato, il quale, misurando attentamente le proprie forze, farebbe bene ad evitare di concentrare lo studio a ridosso dell’esame. Il candidato deve tenere, peraltro, presente che il tipo di preparazione richiesto per l’abilitazione è comunque diverso da quello proprio degli esami universitari: qui la padronanza “manualistica” della materia non basta, occorre sapersi orientare nel diritto giurisprudenziale ed aver maturato una adeguata sensibilità verso i risvolti operativi delle principali problematiche sostanziali e processuali, per acquisire la quale si rivela fondamentale l’avere svolto in modo consapevole il periodo di pratica professionale. In questo si rivela la natura spiccatamente “teorico-pratica” dell’esame, di cui è espressione anche la composizione “mista” degli esaminatori, i quali – come visto – non sono esclusivamente accademici, ma anche operatori pratici del diritto.

Un errore che il candidato pagherebbe a caro prezzo, poi, sarebbe quello di trascurare lo studio dell’ordinamento forense e della deontologia professionale: essi, oltre a costituire oggetto d’esame al pari delle altre discipline, poiché concernono da presso l’assetto normativo della professione di avvocato ed il suo esercizio, sono – per ovvie ragioni – oggetto di scrupoloso vaglio da parte degli avvocati presenti in commissione, i quali giustamente esigono una non superficiale conoscenza delle prescrizioni deontologiche e dell'ordinamento professionale.

1. La disciplina vigente per lo svolgimento degli esami orali.

In questi giorni, in ordine sparso, vengono resi noti i risultati delle prove scritte, corrette secondo gli abbinamenti stabiliti con decreto dal Ministero della Giustizia lo scorso 11 dicembre, in ossequio alla legge 18 luglio 2003, n. 180, con la quale è stato convertito, con modifiche, il decreto legge 21 maggio 2003, n. 112, recante Modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense. Lo scorso anno, sul dato aggregato nazionale, la percentuale di ammessi agli orali si è attestata al di sotto del quaranta per cento: poco meno di quattro aspiranti su dieci sono stati ammessi alle prove orali. I risultati dell’anno in corso, seppure ancora parziali, paiono confermare il dato percentuale indicato.

La commissione d'esame, nominata con decreto ministeriale, è composta da cinque membri titolari e cinque supplenti, dei quali due titolari e due supplenti sono avvocati, iscritti da almeno dodici anni all'Albo degli avvocati; due titolari e due supplenti sono magistrati, con qualifica non inferiore a magistrato di Corte di appello; un titolare ed un supplente sono professori ordinari, professori associati o ricercatori di materie giuridiche presso un'università della Repubblica ovvero presso un istituto superiore. Per le funzioni di segretario, il Ministro nomina un dipendente dell'Amministrazione, appartenente all'area C del personale amministrativo, come delineata dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Ministeri del 16 febbraio 1999.

L'elenco degli ammessi, sottoscritto dal presidente e dal segretario, è anzitutto depositato negli uffici della segreteria della commissione. Al presidente della commissione è demandato il compito di stabilire, quindi, il giorno, l'ora ed il luogo, in cui avranno inizio le prove orali. L'intervallo tra il deposito dell'elenco degli ammessi e l'inizio delle prove orali non può essere minore di un mese né maggiore di due. A ciascuno degli ammessi è ex lege data comunicazione del giorno, dell'ora e del luogo in cui dovrà presentarsi alla prova orale.

L’esame orale consiste nella discussione, dopo una succinta illustrazione delle prove scritte, di brevi questioni relative a cinque materie, di cui almeno una di diritto processuale (civile o penale), scelte preventivamente dal candidato tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto civile, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto penale, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto processuale civile, diritto processuale penale, diritto internazionale privato, diritto ecclesiastico e diritto comunitario. Il candidato, inoltre, deve dimostrare la conoscenza dell’ordinamento forense e dei diritti e doveri dell’avvocato.

Per la prova orale ciascun componente della commissione dispone di dieci punti di merito per ciascuna delle materie oggetto dell’esame. È conseguita l’idoneità da parte dei candidati che conseguano un punteggio complessivo di centottanta punti ed un punteggio non inferiore a trenta punti per almeno cinque prove. La prova orale è pubblica e deve durare non meno di 45 e non più di 60 minuti per ciascun candidato.

Terminata la prova di ciascun candidato, si procede alla votazione e il segretario ne registra il risultato nel processo verbale, distintamente per ogni materia .

È questa la vigente disciplina, recata dall'art. 17 - bis del Regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37 (in Gazz. Uff., 30 gennaio, n. 24), la quale continuerà applicarsi – in forza dell’art. 49 della Legge 31 dicembre 2012, n. 247 (pubblicata in G.u. il 18 gennaio 2013, n. 15) – per i primi due anni dalla data di entrata in vigore della “Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense".

2. Qualche suggerimento ai candidati.

Raggiungere una adeguata padronanza delle numerose discipline dell’orale (cinque, di cui una procedura, più l’ordinamento e la deontologia forensi) è compito rimesso alla diligenza del candidato, il quale, misurando attentamente le proprie forze, farebbe bene ad evitare di concentrare lo studio a ridosso dell’esame. Il candidato deve tenere, peraltro, presente che il tipo di preparazione richiesto per l’abilitazione è comunque diverso da quello proprio degli esami universitari: qui la padronanza “manualistica” della materia non basta, occorre sapersi orientare nel diritto giurisprudenziale ed aver maturato una adeguata sensibilità verso i risvolti operativi delle principali problematiche sostanziali e processuali, per acquisire la quale si rivela fondamentale l’avere svolto in modo consapevole il periodo di pratica professionale. In questo si rivela la natura spiccatamente “teorico-pratica” dell’esame, di cui è espressione anche la composizione “mista” degli esaminatori, i quali – come visto – non sono esclusivamente accademici, ma anche operatori pratici del diritto.

Un errore che il candidato pagherebbe a caro prezzo, poi, sarebbe quello di trascurare lo studio dell’ordinamento forense e della deontologia professionale: essi, oltre a costituire oggetto d’esame al pari delle altre discipline, poiché concernono da presso l’assetto normativo della professione di avvocato ed il suo esercizio, sono – per ovvie ragioni – oggetto di scrupoloso vaglio da parte degli avvocati presenti in commissione, i quali giustamente esigono una non superficiale conoscenza delle prescrizioni deontologiche e dell'ordinamento professionale.