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Intorno al concetto di autonomia

Books from Colombia
Ph. Giorgia Pavani / Books from Colombia

Intorno al concetto di autonomia

 

In ordine crescente di ampiezza: privata, negoziale, contrattuale

Si sente costantemente parlare di autonomia. Pressoché ovunque, nel diritto civile. L’espressione è un tutt’uno con la materia. Non c’è settore del diritto civile in cui essa non si manifesti. Ma procediamo con ordine. Cos’è l’autonomia privata? Essa rappresenta la possibilità, riconosciuta dall’ordinamento giuridico alle parti private, di regolare autonomamente i propri interessi, purché rispettosi dei principi fondamentali dell’ordinamento e del carattere inderogabile che viene spesso riconosciuto ad alcune norme di legge. Si definisce individuale, quando è espressione della libertà del singolo, si definisce collettiva, quando è espressione della libertà di un gruppo.  Quando è riferita a tutti i negozi giuridici (Treccani), assume la veste ampia di autonomia negoziale; quando si riferisce ai contratti, si definisce contrattuale, come suggerisce la stessa rubrica dell’art. 1322 cc. Con particolare riferimento a quest’ultima categoria, essa si manifesta nella possibilità, riconosciuta alle parti, non solo di arricchire i contratti tipici (comma primo), bensì anche di dar vita a schemi negoziali privi di disciplina legale e, dunque, di “inventare” lo schema negoziale più adeguato per raggiungere gli scopi che le stesse si sono prefissate. Il cuore pulsante dell’economia dei contratti è, dunque, da rinvenire nell’esigenza di tutela della libertà di espressione degli interessi delle parti. Libertà che, pur trovando fondamento normativo esplicito nell’art. 1322 cc., si ripercuote poi, in alcuni casi riespandendosi e riacquisendo a tratti la più ampia veste di autonomia privata o negoziale, in altri continuando ad essere definibile come contrattuale, in tutti i settori del diritto. Nel diritto di famiglia, quando si parla di convenzioni; nell’ambito dei diritti reali, non solo quando si tocca il tema della comunione o delle distanze legali, bensì anche quando si fa riferimento alla produzione di effetti traslativi, dando per assodato che solo il principio di tipicità dei diritti reali è un punto fermo (anche se, negli ultimi anni, sempre più vacillante), e non anche il numero di schemi ad effetto reale, al quale, conseguentemente, si preferisce riconoscere carattere non tassativo, specie dopo la riconosciuta ammissibilità nell’ordinamento giuridico della gratuità atipica traslativa. Ancora, il principio si rinviene nell’ambito della disciplina successoria: sono ammesse, secondo l’orientamento prevalente, benché non sia mancata quale voce dubbiosa, anche rispetto alla corretta interpretazione da fornire in relazione al contenuto dell’artt. 791 cc, le donazioni cum moriar e si praemoriar in quanto atti inter vivos; non sono ammessi i patti tontinari violativi dei patti successori istitutivi o, ancora, i negozi che violino l’art. 458 cc., nonostante esistano schemi capaci di “sfruttare” a vantaggio dei contraenti eventi nefasti e dolorosi come la morte (si pensi alla vendita di nuda proprietà, per fare un esempio frequente), che rappresentano, assieme all’esigenza di impedire alterazioni della disciplina successoria, la ragione per la quale l’ordinamento vieta i patti successori in genere, siano essi istitutivi, dispositivi o rinunciativi. Ancora, sempre nell’ambito successorio, l’autonomia si manifesta nella disciplina dei legati, ben potendo gli stessi essere sia tipici sia atipici. Lo stesso principio sussiste nelle cd. garanzie patrimoniali personali, le quali ben possono essere atipiche: lo insegnano le lettere di patronage o lo stesso contratto autonomo di garanzia, per come distinto dalla “accessoria” fideiussione. Ancora, essa si rinviene nella disciplina societaria, potendo essere ammesse clausole peculiari nell’ambito dei patti parasociali, purché non lesive del divieto di patto leonino. Proseguendo ancora nell’elenco, perfino le obbligazioni naturali possono essere tipiche o atipiche, come insegnano il comma primo ed il comma secondo dell’art. 2034 cc. e perfino in relazione ad esse si è oscillato in dottrina tra i contrapposti concetti di atto di autonomia ed atto dovuto. Senza proseguire oltre nell’elencazione, appare evidente come ogni settore del diritto privato respiri in termini umani, ammettendo una autoregolazione delle parti, fino a spingersi al punto da ammettere forme di cd. “autotutela privata” (termine tanto trascurato, eppure espressione di concetti onnipresenti nel quotidiano e negli scritti giuridici) di cui sono espressione istituti come le caparre confirmatorie o le clausole penali. Il tutto denota l’intenzione –  sfociata, più specificatamente in ambito contrattuale, nella teoria soggettiva della causa in concreto, teoria fortunata che, contrapposta alla teoria oggettiva della causa astratta, costituisce oggi criterio di qualificazione giuridica di qualsiasi schema negoziale, perfino tipico – di porre l’uomo, con la sua virtuosa buona fede ed i suoi interessi, con la sua capacità di relazionarsi non solo con gli altri, bensì anche con il mercato stesso nell’ambito della circolazione dei diritti, al centro del sistema civile.

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Il presente contributo contributo è stato pubblicato come “bozza” su Academia.edu il 14 Novembre 2021.