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Le associazioni e l'autonomia patrimoniale

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Le associazioni e l'autonomia patrimoniale

Le associazioni sono organizzazioni collettive stabili aventi come obiettivo il perseguimento di una finalità non economica, di un interesse comune.

La Costituzione Italiana prevede, all’art. 18, il diritto dei cittadini “di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale”. Prevede, altresì, che “sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazione di carattere militare”. La disciplina dell’istituto, così come per le Fondazioni, riposa nel Capo II del Codice Civile, negli articoli dal 14 al 35 (associazioni riconosciute) e dal 36 al 42 (associazioni non riconosciute). È pacifico ritenere che l’associazione si caratterizzi (e quindi si differenzi da altri istituti come, ad esempio, la società o il consorzio) per l’organizzazione interna di tipo collettivistico o corporativo; per la struttura personale aperta ed il conseguimento di un interesse di categoria contrapposto ad un interesse di gruppo ed, infine, per la natura non lucrativa dello scopo perseguito dai membri[1].

L’associazione può configurarsi, appunto, come “riconosciuta” o “non riconosciuta”. Ciò che distingue le due tipologie è il c.d. riconoscimento, il quale può essere richiesto dalle associazioni interessate al suo ottenimento. Le regole per il procedimento sono dettate dal DPR 361/2000. Il riconoscimento, da parte della Prefettura competente, dell’associazione, comporta l’acquisizione della personalità giuridica, con conseguente iscrizione al Registro delle persone giuridiche istituito presso le Prefetture (art. 1, c. 1 DPR cit.). La personalità giuridica si configura come lo status riconosciuto dall’ordinamento a tutte quelle organizzazioni che hanno capacità giuridica e che, in quanto tali, possono essere titolari di situazioni giuridiche soggettive analoghe a quelle che fanno capo alle persone fisiche. A seguito dell’ottenimento della personalità giuridica, l’associazione (o, più in generale, l’ente) risponde delle proprie obbligazioni solo attraverso il proprio patrimonio e non anche attraverso il patrimonio dei singoli associati. Tale meccanismo viene identificato come “autonomia patrimoniale perfetta”.

Ne emerge che la scissione tra il patrimonio dell’associazione ed i patrimoni dei singoli associati è chiara e netta. In termini di responsabilità di coloro che operano all’interno dell’ente, invero, gli associati rispondono nei confronti di terzi nella misura equivalente alla quota associativa e ai contributi versati durante la vita dell’associazione stessa. Al contrario, nel caso di un’associazione non riconosciuta (priva, quindi, di personalità giuridica) l’autonomia che si configura viene definita “imperfetta” ed il patrimonio viene definito “fondo comune”. È consentita solo una parziale suddivisione del patrimonio stesso tra ente e singoli associati. L’associazione, quindi, non può difendersi totalmente da eventuali misure di responsabilità attivate dai creditori. Questo meccanismo permette ai creditori stessi dell’associazione di rivalersi primariamente sui beni dell’ente e sui beni di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, procurando danni a terzi. Sebbene si tratti di un criterio non sempre valido o verificabile, si può affermare che l’autonomia è tanto più ampia quanto più complessa è l’organizzazione dell’ente di riferimento. A livello societario, l’autonomia patrimoniale perfetta riguarda le società di capitali (Società a responsabilità limitata, Società a responsabilità limitata semplificata, Società per azioni, Società in accomandita per azioni) mentre l’autonomia patrimoniale imperfetta riguarda, invece, le società di persone (Società in accomandita semplice, Società in nome collettivo, Società semplice). Peraltro, l’art. 42 bis c.c. prevede la possibilità di trasformare una associazione non riconosciuta in una associazione riconosciuta: “Se non è espressamente escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto, le associazioni riconosciute e non riconosciute e le fondazioni di cui al presente titolo possono operare reciproche trasformazioni, fusioni o scissioni. La trasformazione produce gli effetti di cui all’art. 2498. (…)”.

In Conclusione, avendo seppur brevemente analizzato il rapporto tra l’associazione e l’istituto dell’autonomia patrimoniale, non potranno essere sfuggite, al lettore, le chiare conseguenze che il riconoscimento della personalità giuridica comporta e, conseguentemente, il suo evidente peso. Si rimandano ad una sede futura ulteriori e doverosi approfondimenti in merito.

Note

[1] Galgano, F., Le associazioni non riconosciute ed i comitati, in Comm. c.c. Scialoja-Branca, Bologna, 1974,191