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IVA - Cassazione Tributaria: con la cancellazione dal registro delle imprese la società perde la capacità processuale

La Corte di Cassazione in una recente pronuncia ha statuito che la società, successivamente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, perde la personalità giuridica.

Nel caso di specie, a seguito della cancellazione della società in questione dal registro delle imprese in data 3 luglio 2000, il 18 settembre 2002 veniva notificato al liquidatore, nonché socio, l’atto impositivo dell’accertamento dell’IVA facente capo all’ente. Il notificato impugnava suddetto atto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva il ricorso, ritenendo che tale avviso, oggetto di impugnazione, andasse notificato singolarmente a tutti i soci. Su appello dell’Agenzia delle Entrate, anche il giudice di secondo grado si pronunciava conformemente alla prima decisione. La parte soccombente ricorreva per Cassazione.

L’Agenzia sosteneva che le modifiche alle norme del Codice Civile, apportate dal decreto legislativo n. 6 del 2003, entrato in vigore il primo gennaio dell’anno successivo, non avevano inciso sulla titolarità del rapporto giuridico di imposta, dovendosi tuttora ritenere in vita la società fino alla definizione dei rapporti creditori esistenti. In questo modo l’Agenzia configurava la legittimazione ad agire del legale rappresentante in nome e per conto di una società ancora in vita.

La Suprema Corte coglie, con ciò, l’occasione per precisare le novità introdotte con la riforma legislativa in questione. Queste si individuano principalmente nell’estinzione della società come conseguenza diretta alla cancellazione della stessa dal registro delle imprese. Detto principio è affermato dal novellato articolo 2495 del Codice Civile, il quale non ha efficacia retroattiva, al fine di tutelare l’affidamento dei cittadini in ordine agli effetti della cancellazione in rapporto all’epoca in cui essa ha avuto luogo. Ne consegue che per le società cancellate prima del 1° gennaio 2004, l’estinzione opera solo a partire da questa data. In quest’ultimo caso rientra la società in specie.

Per quanto concerne gli atti datati nell’anno 2002, ovvero, la notificazione dell’atto impositivo e l’impugnazione dello stesso da parte dell’ex liquidatore, questi risultavano essere correttamente effettuati in ossequio al diritto vigente allora, che confermava l’argomentazione esposta dal ricorrente. Tuttavia, con l’entrata in vigore della legge del 2004, la capacità processuale della società deve ritenersi venuta meno con la conseguenza che l’ex liquidatore, chiamato in giudizio nel 2008 in sede di appello e, poi, di ricorso per Cassazione, non dispone più di una legittimazione a rappresentare la società. Egli può essere destinatario di un’autonoma azione risarcitoria se il mancato pagamento è dipeso da questi (responsabilità professionale), ma non della pretesa attinente al debito sociale.

Il giudice di legittimità richiama, inoltre, il fenomeno successorio, enunciato dalle Sezioni Unite, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci. Essi ne rispondono limitatamente a quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico della società estinta. Essendo l’appello proponibile nei confronti dei soci ed essendo, la persona del liquidatore, altresì socio, il giudice avrebbe dovuto in questo caso ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri soci.

In conclusione, la cancellazione della società, che ha efficacia costitutiva, determina l’insorgenza in capo ai soci-eredi della qualità di litisconsorti necessari per ragioni processuali

Con questa sentenza la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione dà chiara risposta all’annosa questione della responsabilità di soci e liquidatori per i debiti tributari della società di capitali liquidata e cancellata dal Registro Imprese dopo la riforma del diritto societario.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Civile, Sentenza 1 ottobre 2015, n. 19611)

La Corte di Cassazione in una recente pronuncia ha statuito che la società, successivamente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, perde la personalità giuridica.

Nel caso di specie, a seguito della cancellazione della società in questione dal registro delle imprese in data 3 luglio 2000, il 18 settembre 2002 veniva notificato al liquidatore, nonché socio, l’atto impositivo dell’accertamento dell’IVA facente capo all’ente. Il notificato impugnava suddetto atto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva il ricorso, ritenendo che tale avviso, oggetto di impugnazione, andasse notificato singolarmente a tutti i soci. Su appello dell’Agenzia delle Entrate, anche il giudice di secondo grado si pronunciava conformemente alla prima decisione. La parte soccombente ricorreva per Cassazione.

L’Agenzia sosteneva che le modifiche alle norme del Codice Civile, apportate dal decreto legislativo n. 6 del 2003, entrato in vigore il primo gennaio dell’anno successivo, non avevano inciso sulla titolarità del rapporto giuridico di imposta, dovendosi tuttora ritenere in vita la società fino alla definizione dei rapporti creditori esistenti. In questo modo l’Agenzia configurava la legittimazione ad agire del legale rappresentante in nome e per conto di una società ancora in vita.

La Suprema Corte coglie, con ciò, l’occasione per precisare le novità introdotte con la riforma legislativa in questione. Queste si individuano principalmente nell’estinzione della società come conseguenza diretta alla cancellazione della stessa dal registro delle imprese. Detto principio è affermato dal novellato articolo 2495 del Codice Civile, il quale non ha efficacia retroattiva, al fine di tutelare l’affidamento dei cittadini in ordine agli effetti della cancellazione in rapporto all’epoca in cui essa ha avuto luogo. Ne consegue che per le società cancellate prima del 1° gennaio 2004, l’estinzione opera solo a partire da questa data. In quest’ultimo caso rientra la società in specie.

Per quanto concerne gli atti datati nell’anno 2002, ovvero, la notificazione dell’atto impositivo e l’impugnazione dello stesso da parte dell’ex liquidatore, questi risultavano essere correttamente effettuati in ossequio al diritto vigente allora, che confermava l’argomentazione esposta dal ricorrente. Tuttavia, con l’entrata in vigore della legge del 2004, la capacità processuale della società deve ritenersi venuta meno con la conseguenza che l’ex liquidatore, chiamato in giudizio nel 2008 in sede di appello e, poi, di ricorso per Cassazione, non dispone più di una legittimazione a rappresentare la società. Egli può essere destinatario di un’autonoma azione risarcitoria se il mancato pagamento è dipeso da questi (responsabilità professionale), ma non della pretesa attinente al debito sociale.

Il giudice di legittimità richiama, inoltre, il fenomeno successorio, enunciato dalle Sezioni Unite, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci. Essi ne rispondono limitatamente a quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico della società estinta. Essendo l’appello proponibile nei confronti dei soci ed essendo, la persona del liquidatore, altresì socio, il giudice avrebbe dovuto in questo caso ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri soci.

In conclusione, la cancellazione della società, che ha efficacia costitutiva, determina l’insorgenza in capo ai soci-eredi della qualità di litisconsorti necessari per ragioni processuali

Con questa sentenza la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione dà chiara risposta all’annosa questione della responsabilità di soci e liquidatori per i debiti tributari della società di capitali liquidata e cancellata dal Registro Imprese dopo la riforma del diritto societario.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Civile, Sentenza 1 ottobre 2015, n. 19611)