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La diatriba sul “Mercato dei bambini”

La diatriba sul “Mercato dei bambini”
La diatriba sul “Mercato dei bambini”

Abstract

La Scuola degli economisti di Chicago, a cui viene attribuita la paternità del movimento Law and Economics,[1][2] considera che tutto possa essere spiegato in termini di mercato e che nessun mercato dovrebbe essere precluso o regolato senza che si sia verificato un fallimento.

Tra le idee più controverse avanzate da Posner spicca il suggerimento che un “mercato dei bambini” risolverebbe i problemi del sistema delle adozioni. La sua analisi, integrante aspetti positivi e normativi, ha scatenato un’accesissima reazione in vari settori della società americana fino a tempi recenti e ha contribuito in maniera determinante ad alimentare il dibattito sulla Teoria Economica del Diritto.

 

La diatriba sul “Mercato dei bambini”[3][4]

La Scuola degli economisti di Chicago, a cui viene attribuita la paternità del movimento Law and Economics,[5][6] considera che tutto possa essere spiegato in termini di mercato e che nessun mercato dovrebbe essere precluso o regolato senza che si sia verificato un fallimento.

Richard Allan Posner, illustre giudice della Corte d’appello americana ed emerito professore di diritto è ritenuto l’esponente più importante in ambito giuridico.

Tra le idee più controverse avanzate da Posner spicca il suggerimento che un “mercato[7] dei bambini” risolverebbe i problemi del sistema delle adozioni.

 

Regolazione statale e la proposta di un mercato

Il sistema delle adozioni statunitense ruota attorno al baby-selling ban che si concretizza nel divieto generale di pagamento di un corrispettivo per l’ottenimento di un minore, o detto altrimenti, di rinuncia dei diritti genitoriali in cambio di una compensazione.

Tale divieto è stato oggetto di molteplici contestazioni da parte di una dottrina eterogenea. L’analisi economica del diritto di famiglia condotta da Posner esprime il dogma secondo il quale l’economia di mercato è il mezzo più efficiente di allocazione delle risorse.

Ad avviso del Professor Posner e della Dott.ssa Landes la causa del perenne squilibrio tra domanda e offerta nell’adozione di minori è rinvenibile nell’intervento statale che determina un prezzo artificialmente basso e “bloccato”.[8] In questo modo la domanda resta alta e si scontra con il limite normativo che vieta il concepimento di bambini finalizzato all’adozione. Queste restrizioni impediscono l’accesso al sistema da parte dei fornitori di input (le madri naturali) e pongono le basi per la fioritura di un mercato nero. In aggiunta, il collocamento privato non è in grado di fornire un’effettiva alternativa a quello che è il meccanismo controllato dal governo a causa di limiti fattuali e legali.[9]

Gli Autori individuano il problema principale nella penuria di bambini bianchi e nell’“ammasso di bambini neri, non più neonati e diversamente abili”.[10]

Attraverso un modello matematico P&L dimostrano che la soluzione di un prezzo concorrenziale indurrebbe ad una migliore ripartizione dei bambini tra l’affido familiare (foster care) e l’offerta in adozione, in favore di quest’ultima.

Posner e Landes propongono pertanto di sperimentare «una regolazione meno ampia del mercato dei bambini», che consenta «a una o più agenzie di adozione» di «usare l’aumento di surplus generato da ... tariffe più alte», calibrate sulla disponibilità a pagare dei genitori adottivi, «per effettuare pagamenti in favore delle donne incinte che pensano di abortire per indurle, invece, ad avere il bambino e darlo in adozione»[11].

L’idea di fornire un incentivo economico alla madre è ripresa dalla critica femminista-liberazionista[12] che si oppone alla visione, sottesa al divieto di corrispettivo, della donna incapace di fare scelte libere, coscienti e valutate non solo sul piano economico.

Herbenich[13] invece, propone allo stesso fine il riconoscimento di un credito d’imposta ai genitori naturali.

A detta degli Autori giuseconomisti i vantaggi che si otterrebbero, oltre all’aumento dell’offerta, sono: neonati di “migliore qualità”, grazie al pagamento di un prezzo e alle garanzie legali derivanti, costi più bassi di acquisto per i genitori adottivi, l’abbassamento di barriere d’entrata al mercato e del numero di bambini in affido familiare (perché non lasciato più alla discrezionalità delle agenzie che regolano la distribuzione in base ai loro costi).

Il dibattito accademico scaturito immediatamente dopo la pubblicazione dello studio si interroga sulla desiderabilità normativa di un libero mercato di bambini.

Anche Grove, come P&L, parte dal presupposto che il formale divieto contro la vendita di bambini releghi il commercio dei neonati al mercato nero e al mercato grigio.[14] A suo avviso, il cosiddetto mercato grigio deve essere permesso e i suoi vizi corretti attraverso le misure previste dalla riforma legislativa prospettata. Nella sua riforma l’intervento dello Stato è necessario, ma la sua presenza deve limitarsi alla regolazione e deve permettere lo sviluppo di un’offerta privata.

Fra gli stessi economisti si identificano concezioni accademiche divergenti in merito.

I liberali non appartenenti alla scuola degli economisti di Chicago ritengono che non tutto possa essere spiegato in termini di mercato. La libertà di una persona è ridotta se i beni “internal” alla persona sono venduti e la capacità riproduttiva è in questo senso “internal”.[15]

Si distinguono da quest’ultimi gli economisti pragmatici che sono anch’essi, come gli economisti di Chicago, favorevoli all’economia di mercato in quanto “se il mercato non è autorizzato, ci sarà un mercato nero, il quale è peggiore”.[16]

Tuttavia l’impostazione posneriana ha suscitato soprattutto polemiche tra gli studiosi.

 

Le critiche

Il giudizio più severo è dato da Kelman che descrive il discorso di Posner sulla vendita dei bambini come “irrazionale e immorale,” una “parodia di “Una modesta proposta” di Jonathan Swift”.[17]

Gli autori avversi al “mercato dei bambini” condividono il rifiuto totale per l’applicazione di un tale modello alla materia delle adozioni, o in generale, al diritto di famiglia.

Sandel e Radin mostrano i limiti della proposta di P&L da un punto di vista morale, sottolineando come «i bambini non dovrebbero essere comprati e venduti»[18] e denunciando la “mercificazione”[19] che ne deriverebbe.

Il pensiero di Anderson, invece, si costruisce come critica alla concezione, sottesa al ragionamento di Posner, del mercato come veicolo adatto a soddisfare qualsiasi desiderio, in quanto paradigma della razionalità finalizzata alla massimizzazione del “self-interested profit”.[20] Anderson mostra i limiti etici di questa impostazione opponendo una nuova teoria del valore e della razionalità che tenga conto della diversità dei beni nel “quanto” e “come”[21] valutarli. La Professoressa giunge alla conclusione che le interazioni riguardanti determinati beni, tra cui le adozioni, non possono essere espresse attraverso le regole di mercato, rigettando così l’analisi costi-benefici della vita sociale.

Altro maggiore oppositore all’applicazione del modello di mercato al diritto di famiglia è Prichard. L’Avvocato critica la capacità del mercato, rispetto agli altri meccanismi, a fungere da strumento efficiente di allocazione delle risorse. Egli afferma che il problema sostanziale nell’analisi dei due giuseconomisti è l’errore commesso nell’individuare l’obiettivo. “Lo scopo del sistema delle adozioni non è quello di soddisfare la domanda di coppie desiderose di un figlio. Questo dovrebbe essere un mero effetto secondario del raggiungimento dello scopo principale, collocare quel numero limitato di bambini non voluti”.[22]

Anche Silverman e Schlag osservano che «Una delle conseguenze di descrivere il mercato in questo modo – come un mercato di bambini – è che le preferenze o interessi dei bambini diventano completamente subordinate a quelle del venditore volontario e degli acquirenti volontari».[23]

In base a queste osservazioni sarebbe allora simbolicamente più coerente con lo scopo indicato proporre un “mercato per i bambini”[24] o un “mercato delle adozioni”.[25]

Sulla stessa linea di pensiero è la posizione di Esposito, secondo il quale l’impostazione di P&L «non riesce a dare conto delle preferenze etico-politiche espresse dal sistema delle adozioni. Il principio che deve presiedere alla costruzione e regolazione del mercato delle adozioni minorili è il “miglior interesse del minore”.[26]

Egli sottolinea che la concorrenza tra bambini di “seconda qualità” e quelli di “prima scelta”[27] andrebbe ad inasprirsi con l’aumentare di bambini maggiormente corrispondenti alle preferenze dei potenziali genitori adottivi. Di conseguenza i bambini già in eccesso con il sistema in vigore vedrebbero diminuire ulteriormente le proprie possibilità di essere adottati.

Oggetto della contestazione di Esposito è più propriamente l’approccio cardinalista di Posner e comune alla maggior parte dei giuseconomisti classici. Questo punto di vista è connotato dall’affidamento alla misurazione della disponibilità a pagare per confrontare le intensità delle preferenze dei diversi individui.

Brinig, analogamente ad Esposito, evidenzia come l’analisi degli Autori si riveli funzionale a risolvere il solo problema della mancanza di bambini di «prima qualità», disinteressandosi però degli effetti derivanti dal «potenziale eccesso di offerta di bambini più grandi o handicappati».[28]

A queste e altre obiezioni Posner risponde con un intervento datato del 1987[29] in cui ammette di aver fatto implicitamente riferimento al solo mercato[30] di bambini bianchi e sani. Gli altri bambini di cui non vi è scarsità fungono da sostituti a quelli carenti. Posner ritiene che questa situazione si accentuerebbe con l’aumentare del costo (monetario e no, ad esempio il ritardo) per l’ottenimento di un bambino bianco, il quale indurrebbe i genitori richiedenti ad essere maggiormente disposti a considerare di adottare un bambino di “seconda qualità”.

Se consideriamo, dunque, l’efficienza in termini paretiani[31], il sistema di mercato così come delineato da Posner e dalla sua collega sarà più o meno efficiente a seconda che la sorte effettiva dei bambini di “seconda qualità” risulti peggiore (ipotesi prevista dai critici), persista inalterata o sia migliorata (ipotesi prevista dall’autore).

 

Il mercato del divieto

In tempi più recenti il dibattito sul cd. mercato dei bambini ha cambiato prospettiva. Gli ultimi studi tendono a documentare l’esistenza di un mercato legale dei bambini, seppur imperfetto. I principali autori di questa corrente sono Spar,[32] Goodwin,[33] Sanger,[34] Ertman[35] e Krawiec.[36]

Il comun denominatore è la dichiarazione di indifferenza rispetto al discorso sul valore positivo o negativo del “mercato dei bambini”, sebbene a volte gli autori offrano argomenti in favore di quest’ultimo.[37] Gli studi sono mossi dalla volontà di dimostrare che un tale mercato esiste già. Il mercato a cui si fa riferimento include non solo l’adozione ma anche la vendita di gameti e altre tecnologie riproduttive: un mercato unico in cui si commercia la genitorialità.[38]

I partigiani di questa teoria denunciano l’ipocrisia del baby-selling ban, che pretende farsi portatore delle ragioni dei moralisti contrari all’idea di un commercio di bambini. L’accusa dominante rivolta al mercato in essere è la mancanza di trasparenza che impedisce il miglioramento normativo. Difatti, contrariamente alle premesse da cui sono partiti P&L, le restrizioni legislative sono misure “rent-seeking”, cioè volte a massimizzare la rendita di coloro[39] (agenzie e altri intermediari autorizzati) che traggono benefici privati nascondendosi dietro alla “regolazione di interessi pubblici”.[40]

Una volta accettata la presenza di forze commerciali nelle transazioni di vite umane, dato costante e incontrovertibile è la necessaria presenza di politiche pubbliche dirette a regolare il settore. Lo Stato deve intervenire in ragione della sensibilità della materia, per evitare abusi e discriminazioni, con particolare riguardo alle preferenze razziali.[41] L’appello è poi rivolto a superare le ultime vestigia del divieto e le altre leggi che inficiano sulla capacità dei fornitori di accedere al cd. mercato dei bambini, attraverso regole per il miglioramento delle condizioni di concorrenza.

Posner, trent’anni prima giunse a conclusioni non dissimili, offrendo però diversa soluzione. Nella sua pubblicazione posteriore (1987) chiarisce meglio il reale intento della sua proposta provocatoria, riconoscendo l’attuale esistenza del cd. mercato dei bambini e confermando l’indispensabilità della sorveglianza statale nel processo di adozione.

Il ban è causa di problemi sia secondo l’opinione dell’autore che dei teorici moderni. Tuttavia, al fine di sviluppare una concorrenza nelle adozioni, Posner propone di incrementare la deregolamentazione, mentre i secondi auspicano una regolazione maggiore, ma soprattutto, migliore.

Si tratta solo, dice Posner, “di stabilire l’estensione della regolazione pubblica”.[42]

In verità, come emerge dalle ultime osservazioni, si tratta anche di stabilire la qualità e lo scopo della regolazione pubblica.

 

Conclusione

Il saggio considerato ha aperto la strada ad una vasta e articolata diatriba tra gli accademici. In un primo momento, la dottrina ha esaminato quale fosse il sistema migliore fra mercato e modello burocratico statale in vigore. In altre parole la prima questione che si pone è quella appuno, di considerare il quantum della regolazione pubblica. Varie sono le imputazioni a carico della proposta degli Autori. Un’analisi approfondita conduce a ritenere una soluzione più efficace dell’altra a seconda delle premesse: il problema individuato e il tipo di approccio utilizzato. In particolare, sarà determinante il punto focale scelto, vale a dire l’interesse di chi debba essere protetto in primis. In questo caso il sistema socio-culturale e quello normativo hanno optato per la prevalenza del bisogno dei bambini, tutti, ad essere adottati.

Successivamente, grazie al progresso accademico e sociale si assiste al riconoscimento dell’esistenza di dinamiche commerciali in materia di adozioni e la dottrina si concentra sulla ricerca di soluzioni per migliorare un mercato esistente ed imperfetto. La questione che si pone verte, dunque, sulla qualità e sul quomodo dell’intervento pubblico.

Il merito del testo esaminato non è tanto quello di aver suggerito la soluzione corretta a risolvere i problemi legati all’adozione, quanto piuttosto, aver indicato la via per un’analisi critica e pragmatica del sistema imposto, libera da scrupoli morali.

[1] In particolare, la nascita del movimento si riconduce a due opere: R. Coase “The Problem of Social Cost” e G. Calabresi “Some Thoughts on Risk Distribution and the Law of Torts”, entrambi datati 1961

[2] Con Law and Economics o Teoria Economica del Diritto si fa riferimento all’analisi microeconomica del diritto, ovvero all’uso di concetti economici per spiegare gli effetti delle leggi, per stabilire se queste siano efficienti dal punto di vista economico e per prevedere quali leggi debbano essere promulgate.

[3] Landes, Elisabeth M., Posner, Richard A.,The Economics of the Baby Shortage, 7 J. LEGAL STUD. 323 (1978), mercato inteso in senso economico come “economia di mercato”

[4] I testi a cui si fa riferimento sono in lingua originale, le traduzioni sono traduzioni libere.

[5] La nascita del movimento si riconduce a due opere: R. Coase “The Problem of Social Cost” e G. Calabresi “Some Thoughts on Risk Distribution and the Law of Torts”, entrambi 1961

[6] Con Law and Economics o Teoria Economica del Diritto si fa riferimento all’analisi microeconomica del diritto, ovvero all’uso di concetti economici per spiegare gli effetti delle leggi, per stabilire se queste siano efficienti dal punto di vista economico e per prevedere quali leggi debbano essere promulgate.

[7] V. supra nota 1

[8] P&L 1978

[9] V. Grove, Independent Adoption: The Case for the Gray Market, 1967

[10] P&L 1978

[11] P&L 1978

[12] V. Zierdt, Compensation for Birth Mothers: A Challenge to the Adoption Laws, 1991

[13] V. Herbenich, Remarks on Abortion, Abandonment, and Adoption Opportunities, 1975

[14] V. Grove, 1967

[15] Radin, From Babyselling to Boilerplate: Reflections on the Limits of the Infrastructures of the Market, 2017

[16] Radin 2017

[17] Kelman, Consumption Theory, Production Theory and the Ideology of the Coase Theorem, 1979

[18] Sandel, What Money Can’t Buy: The Moral Limits of Markets, 1998

[19] Radin, Market-Inalienability, 1996

[20] Rif. alla “Rational choice theory” in Radin 2017

[21] Anderson, Value in Ethics and Economics, 1993

[22] Prichard 1984

[23] Schlag, The Problem of Transaction Costs, 1989, Silverman, Regulating Independent Adoptions, 1989

[24] Prichard 1984

[25] Posner, The Regulation of the Market of Adoptions, 1987

[26] Esposito, Alcune note su di un approccio economico ordinalista allo studio del diritto, 2013

[27] P&L 1978

[28] Brinig, The Effect of Transaction Costs on the Market for Babies, 1994

[29] Posner, The Regulation of the Market of Adoptions, 1987

[30] Mercato inteso qui come domanda-offerta

[31] “Pareto superiority”, in Posner 1987

[32] Spar, The Baby Business, 2006

[33] Goodwin, The Free-Market Approach to Adoption: The Value of a Baby, 2006

[34] Sanger, Developing Markets in Baby-making: In the Matter of Baby M., 2007

[35] Ertman, The Upside of Baby Markets 2010 ; What’s Wrong with a Parenthood Market?, 2003

[36] Krawiec, Price and Pretense in the Baby Market, 2009 ; Altruism and Intermediation in the Market for Babies, 2009

[37] V. ad es. Ertman 2003, o Krawiec 2009

[38] Ertman 2003

[39] Si parla in dottrina di “monopolio delle agenzie”, v. gli stessi P&L 1978

[40] Krawiec 2009

[41] V. Goodwin 2006 e Maldonado, Discouraging Racial Preferences in Adoptions, 2006

[42] Posner 1987

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