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La giurisdizionalizzazione dei controlli

da "L’Agenda Anci", febbraio 1997,

LA GIURISDIZIONALIZZAZIONE DEI CONTROLLI

Man mano che diminuisce la fiducia dei cittadini nella giustizia italiana come dimostrano i più eclatanti processi degli ultimi tempi, si fa curiosamente strada una tesi che vuole affidati alla sede giurisdizionale i cd. controlli amministrativi.

Si noti che tale tesi non è minimamente approvata dai magistrati e dalle loro associazioni che paiono paghi dei gravosi compiti già assegnati dal nostro ordinamento e in sostanza, la osteggiano apertamente.

I sostenitori della tesi sono soprattutto docenti universitari dotati di brillanti idee ma di scarso senso pratico.

Primo fra tutti il prof. Massimo Villone, Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato il quale nel corso dell’esame del DDL 1034 cd. Bassanini ha affermato di considerare "improprio ed inadeguato il sistema dei controlli preventivi, nel contesto di una complessiva revisione del sistema amministrativo" (atti Senato 18/X/96 p. 47).

La proposta di riforma propugnata dal Senato porta già direttamente alla giurisdizionalizzazione del controllo; l’art. 4 nel testo licenziato dalla Commissione svuota del tutto le funzioni e i poteri di controllo da parte del Consiglio sull’attività gestionale della giunta, e tutto ciò mentre si ampliano le prerogative dell’esecutivo.

Il risultato sarà che le minoranze, private di ogni potere, non avranno altra possibilità che il ricorso al controllo esercitato in via giurisdizionale e non solo a quello della giustizia amministrativa (ovviamente oneroso) ma a quelle della Procura della Corte dei Conti e della Procura della Repubblica che diventeranno quindi anche i veri organi di controllo.

Da ultimo la Giunta della Regione Emilia Romagna ha avanzato una proposta di riforma dell’art. 130 della Costituzione così congeniata (art. 40 in B. U. n. 133 del 23/X/96) "il controllo di legittimità sugli atti degli Enti locali si svolge mediante impugnazione da parte del Presidente della Regione dinnanzi al giudice competente. La gestione delle amministrazioni locali è soggetta al controllo della Corte dei Conti secondo quanto disposto dall’art. 100 bis e a controllo interno in conformità a quanto stabilito dalle leggi regionali nonché dagli statuti locali".

Si osserva che la proposta di giurisdizionalizzazione del controllo fu avanzata e abbandonata anche ai tempi (art. 49 dell’allora DDL) dei lavori parlamentari sulla legge 142/90.

L’idea nasce dal diritto francese, in particolare dalla legge 2/3/82 relativa ai diritti e le libertà dei Comuni, dei Dipartimenti e delle Regioni che da un lato ha affermato il principio che gli atti di queste amministrazioni sono esecutivi di pieno diritto, sopprimendo quindi tutti i controlli a carattere preventivo, dall’altro ha sottoposto detti atti all’unico controllo giurisdizionale che deve essere attivato dal rappresentante dello Stato nel Comune, Dipartimento o Regione (cfr. Pototsching Controlli e principi costituzionali sulla pubblica amministrazione, in Regione e Governo locale, 1984, 516, p. 19 e ss.).

C’è da dire peraltro che detto istituto ha avuto scarsa applicazione concreta in Francia.

In pratica è servito soprattutto per ripristinare la tanto vituperata "tutela": il Prefetto ha preferito emanare circolari e istruzioni agli enti che, normalmente, si sono adeguati.

Solo per gli enti refrattari ad ogni "tutela" si è scelta la strada giurisdizionale.

Ora chi propugna tale proposta dimostra di non conoscere assolutamente lo stato "reale" della giustizia in Italia.

Abbiamo visto sopra che ancora alla conferenza nazionale della Giustizia tenutasi a Bologna nel 1991, l’allora ministro in carica affermava che i tempi "medi" di un giudizio amministrativo (giudice competente per il sindacato sulla legittimità degli atti) ammontavano a 12 anni.

Da allora, 5 anni dopo, i tempi si sono ulteriormente dilatati.

Del tutto differente è invece la situazione della Giustizia amministrativa francese che funziona a tempi rapidi e non ha mai riportato alcuna condanna dalla Commissione Europea dei diritti dell’uomo per la lentezza dei tempi, condanna che invece è ormai usuale nei confronti dello Stato italiano, tanto che l’organismo europeo è ormai letteralmente invaso dai fondati ricorsi dei cittadini italiani che chiedono ed otterranno tale condanna.

Ora è vero che si può anche sperare (?) in una riforma della giustizia amministrativa, ma rimane comunque un’obiezione di principio: in Francia il potere di impugnazione è affidato ad un organo istituzionale-tecnico quale il Prefetto, nel nostro ordinamento il Presidente della Giunta regionale è un organo istituzionale di nomina elettiva e politica.

Quest’ultimo dunque ben potrebbe impugnare dinnanzi al Giudice competente prevalentemente gli atti di Enti locali amministrati da cittadini appartenenti a forze politiche di opposizione.

In tal caso l’obiettività del controllo, oggi assicurata dalla L. 142/90, scadrebbe per dar luogo ad una contrapposizione prevalentemente politica.

Confidiamo che gli ormai prossimi lavori della Commissione Bicamerale spazzino via tutte queste fantasiose, inattuabili (almeno nel nostro Paese) ed irreali proposte, ripristinando invece, così come avviene negli Stati federali dell’Europa il ruolo in materia di controlli dell’"organo della Regione" di cui all’art. 130 della Costituzione.

In questo il legislatore costituente ha dimostrato cinquant’anni fa di essere più europeo e federalista dei suoi tristi epigoni.

da "L’Agenda Anci", febbraio 1997,

LA GIURISDIZIONALIZZAZIONE DEI CONTROLLI

Man mano che diminuisce la fiducia dei cittadini nella giustizia italiana come dimostrano i più eclatanti processi degli ultimi tempi, si fa curiosamente strada una tesi che vuole affidati alla sede giurisdizionale i cd. controlli amministrativi.

Si noti che tale tesi non è minimamente approvata dai magistrati e dalle loro associazioni che paiono paghi dei gravosi compiti già assegnati dal nostro ordinamento e in sostanza, la osteggiano apertamente.

I sostenitori della tesi sono soprattutto docenti universitari dotati di brillanti idee ma di scarso senso pratico.

Primo fra tutti il prof. Massimo Villone, Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato il quale nel corso dell’esame del DDL 1034 cd. Bassanini ha affermato di considerare "improprio ed inadeguato il sistema dei controlli preventivi, nel contesto di una complessiva revisione del sistema amministrativo" (atti Senato 18/X/96 p. 47).

La proposta di riforma propugnata dal Senato porta già direttamente alla giurisdizionalizzazione del controllo; l’art. 4 nel testo licenziato dalla Commissione svuota del tutto le funzioni e i poteri di controllo da parte del Consiglio sull’attività gestionale della giunta, e tutto ciò mentre si ampliano le prerogative dell’esecutivo.

Il risultato sarà che le minoranze, private di ogni potere, non avranno altra possibilità che il ricorso al controllo esercitato in via giurisdizionale e non solo a quello della giustizia amministrativa (ovviamente oneroso) ma a quelle della Procura della Corte dei Conti e della Procura della Repubblica che diventeranno quindi anche i veri organi di controllo.

Da ultimo la Giunta della Regione Emilia Romagna ha avanzato una proposta di riforma dell’art. 130 della Costituzione così congeniata (art. 40 in B. U. n. 133 del 23/X/96) "il controllo di legittimità sugli atti degli Enti locali si svolge mediante impugnazione da parte del Presidente della Regione dinnanzi al giudice competente. La gestione delle amministrazioni locali è soggetta al controllo della Corte dei Conti secondo quanto disposto dall’art. 100 bis e a controllo interno in conformità a quanto stabilito dalle leggi regionali nonché dagli statuti locali".

Si osserva che la proposta di giurisdizionalizzazione del controllo fu avanzata e abbandonata anche ai tempi (art. 49 dell’allora DDL) dei lavori parlamentari sulla legge 142/90.

L’idea nasce dal diritto francese, in particolare dalla legge 2/3/82 relativa ai diritti e le libertà dei Comuni, dei Dipartimenti e delle Regioni che da un lato ha affermato il principio che gli atti di queste amministrazioni sono esecutivi di pieno diritto, sopprimendo quindi tutti i controlli a carattere preventivo, dall’altro ha sottoposto detti atti all’unico controllo giurisdizionale che deve essere attivato dal rappresentante dello Stato nel Comune, Dipartimento o Regione (cfr. Pototsching Controlli e principi costituzionali sulla pubblica amministrazione, in Regione e Governo locale, 1984, 516, p. 19 e ss.).

C’è da dire peraltro che detto istituto ha avuto scarsa applicazione concreta in Francia.

In pratica è servito soprattutto per ripristinare la tanto vituperata "tutela": il Prefetto ha preferito emanare circolari e istruzioni agli enti che, normalmente, si sono adeguati.

Solo per gli enti refrattari ad ogni "tutela" si è scelta la strada giurisdizionale.

Ora chi propugna tale proposta dimostra di non conoscere assolutamente lo stato "reale" della giustizia in Italia.

Abbiamo visto sopra che ancora alla conferenza nazionale della Giustizia tenutasi a Bologna nel 1991, l’allora ministro in carica affermava che i tempi "medi" di un giudizio amministrativo (giudice competente per il sindacato sulla legittimità degli atti) ammontavano a 12 anni.

Da allora, 5 anni dopo, i tempi si sono ulteriormente dilatati.

Del tutto differente è invece la situazione della Giustizia amministrativa francese che funziona a tempi rapidi e non ha mai riportato alcuna condanna dalla Commissione Europea dei diritti dell’uomo per la lentezza dei tempi, condanna che invece è ormai usuale nei confronti dello Stato italiano, tanto che l’organismo europeo è ormai letteralmente invaso dai fondati ricorsi dei cittadini italiani che chiedono ed otterranno tale condanna.

Ora è vero che si può anche sperare (?) in una riforma della giustizia amministrativa, ma rimane comunque un’obiezione di principio: in Francia il potere di impugnazione è affidato ad un organo istituzionale-tecnico quale il Prefetto, nel nostro ordinamento il Presidente della Giunta regionale è un organo istituzionale di nomina elettiva e politica.

Quest’ultimo dunque ben potrebbe impugnare dinnanzi al Giudice competente prevalentemente gli atti di Enti locali amministrati da cittadini appartenenti a forze politiche di opposizione.

In tal caso l’obiettività del controllo, oggi assicurata dalla L. 142/90, scadrebbe per dar luogo ad una contrapposizione prevalentemente politica.

Confidiamo che gli ormai prossimi lavori della Commissione Bicamerale spazzino via tutte queste fantasiose, inattuabili (almeno nel nostro Paese) ed irreali proposte, ripristinando invece, così come avviene negli Stati federali dell’Europa il ruolo in materia di controlli dell’"organo della Regione" di cui all’art. 130 della Costituzione.

In questo il legislatore costituente ha dimostrato cinquant’anni fa di essere più europeo e federalista dei suoi tristi epigoni.