x

x

La professione legale diventa “liquida”

Professione legale
Professione legale

Esisteva un tempo il nome dell’avvocato, il suo studio legale, il passaparola, il codice cartaceo e la libreria con il Foro Italiano rilegato di tutto punto. Esisteva, perché non esisterà più. Impossibile fino ad oggi fare la professione senza avere uno studio legale, inteso come location fisica dove organizzare le attività, avere le proprie pratiche ordinate in uno scaffale, i propri libri in fila nella libreria di studio, le postazioni di segretarie e praticanti, l’ufficio con la poltrona e la scrivania. Per decenni abbiamo visto questa figura calcare la soglia dei tribunali, incontrare clienti in studio, al ristorante, in riunione, stringere mani e studiare fino a tarda notte su appunti presi con stilografiche o Bic a seconda delle preferenze.

Abiti di tutto punto, cravatte e pochette, 24 ore alla mano e scarpe lucide. Questa la figura dell’avvocato dai film alla realtà. Tutto questo saremo destinati in un futuro, nemmeno così lontano, a vederlo a sprazzi o a non vederlo più del tutto in alcuni casi. Perché? La ragione è che la professione è divenuta liquida o lo sta diventando.

Per esercitare la professione, avere una sede fisica, una location non sarà più indispensabile, in quanto potremo lavorare da remoto, in smart working, in coworking, oppure presso il cliente direttamente se si lavora in secondment.

Lo studio inteso come location se esisterà ancora, sarà organizzato in modo completamente diverso, con tempi e logiche differenti dal passato, perché sarà un complemento e non una conditio sine qua non per la professione. Oggi è possibile avere un proprio spazio presso un co-working, con una sala riunioni da prenotare per accogliere i clienti, con servizi tutto incluso: da Internet alle banche dati, dalla biblioteca alla pulizia dei locali.

Se un tempo la segretaria era indispensabile, oggi molti necessitano solo di un cellulare, un tablet e un portatile, il resto è un di più. Prima la libreria era un fiore all’occhiello e necessaria per lo studio e l’aggiornamento; ora basta avere le psw per una banca dati, magari integrata di giurisprudenza, normativa e dottrina, per avere tutto a portata di mano, aggiornato e dovunque.

Il cloud ora permette di lavorare dappertutto portandosi dietro lo studio e potendovi accedere in ogni momento. La smaterializzazione dei documenti ha portato ad avere le pratiche tutte in formato digitale, gestibili con software e gestionali perfettamente integrati con pec, email e dotati di tutto il necessario per i depositi telematici. Firma elettronica, segreterie virtuali, collaborazioni a distanza, lavoro in network, coworking e processi telematici hanno reso la professione liquida, appunto. Certo, la strada non è completa e la il sistema giustizia necessita ancora di ammodernamenti e di snellimento, però la strada è oramai intrapresa.

Se poi pensiamo a questi ultimi mesi di emergenza sanitaria, dove il lockdown ha costretto tutti a ricorrere alle videoconference, alle chat di studio, ai servizi in cloud, ecco che il quadro comincia ad essere completo.
Gli stessi clienti oggi non necessitano più di venire in studio o di vedere fisicamente il proprio consulente legale; molti preferiscono la videocall, perché più semplice, veloce ed economica. La clientela si è geograficamente allargata a tutto il Pese, dal momento che non è più necessario vedersi di persona e il team di studio assume un significato diverso dal passato, dal momento che non è più indispensabile essere tutti vicini sotto lo stesso tetto.

Certo, molti potrebbero obiettare che nelle loro zone geografiche non è ancora così, che ci vuole ancora tempo prima che questi scenari diventino lo standard, e probabilmente così è, ma il trend è quello.

La professione dei prossimi anni sarà sempre più digitale, sempre più smaterializzata, sempre più in cloud, sempre più in team e in rete, sempre più “liquida” in altre parole.

A molti tutto ciò spaventa, ma nulla di nuovo sotto il sole. Ogni epoca storica alla fine del suo percorso ha visto detrattori, e conservatori, tradizionalisti e giustizialisti, scettici e chi grida allo scandalo. Quando Bertha Benz guidò la prima volta nel 1888 l’automobile inventata da suo marito, in un’epoca con cavalli e carrozze, la presero per una strega, per una pazza, per una inviata dal diavolo sulla Terra. Il resto è storia sotto i nostri occhi.