La vernice di Mariconi. Un affare di famiglia
Alle prime manifestazioni di perdita di colore degli affreschi estratti dalle “grotte di Resìna”, gli scavi per portare alla luce l’antica Ercolano, paure e perplessità presero la corte borbonica, tanto che Marcello Venuti, l’intellettuale che fra i primi comprese il valore delle scoperte, inviò ad Alcubierre, l’ingegnere che dirigeva le operazioni di scavo, un ufficiale di artiglieria, Stefano Mariconi, per effettuare le prime prove di una vernice che proteggesse quei tesori tanto faticosamente recuperati sotto circa venti metri di lava solidificata.
In verità vi erano stati alcuni tentativi con preparati di altri soggetti: ci aveva provato Giovanni Caselli, miniaturista di corte che aveva seguito don Carlos da Parma e che avrebbe diretto la fabbrica di ceramiche a Capodimonte. Da Roma Giuseppe Canart, scultore ingaggiato a Napoli per le sculture d’arredo della reggia di Portici, portò a Napoli una miscela procuratagli dal marchese Capponi. Nessuna delle due misture poté competere con la vernice di Mariconi.
Rocco de Alcubierre, ingegnere militare e direttore degli scavi, fu testimone delle prove che l’ufficiale fece con vernici da lui preparate; una in particolare fece rivivere i colori degli affreschi oltre ogni aspettativa. Era il 21 luglio 1739 e otto giorni dopo Mariconi era a Portici a stendere la vernice su alcuni affreschi, riservandosene uno che avrebbe lavorato in presenza di Carlo di Borbone pochi giorni dopo.
Prese così avvio un’avventura straordinaria che la corte pagò con piacere, fino a quando gli affreschi portati in superficie non aumentarono in maniera tale da evidenziare i consistenti costi, costituiti, oltre che dalla “mastrìa” dell’ufficiale anche dai materiali impiegati. Le criticità vennero in evidenza nel marzo 1741 per una nota di spese di circa cento ducati relativa ai prodotti usati per la composizione della vernice e per le trasferte di Mariconi da Napoli a Portici.
Il primo ministro José Joaquin de Montealegre ritenne esorbitante la cifra, tanto che ordinò di esaminare a fondo quella nota all’Intendente di Portici, Bernardo Voschi, che gestiva anche i fondi per gli scavi di Resìna. Convocato Mariconi per chiarimenti e constatata la sua irremovibilità, Voschi chiese una perizia a un artigiano “pratico del mestiere” che, ovviamente, e forse anche per compiacere la corte o procurarsi un ingaggio, sentenziò che Mariconi faceva troppe lavorazioni a cominciare dalla pulitura dei dipinti fino alla stesura della vernice, riducendo di due terzi la somma richiesta. Nell’occasione e, volendo riprodurre la vernice sotto accusa, furono esaminate tutte le caraffe di vetro utilizzate da Mariconi per comporre la miscela. Di fatto si scelse che l’ufficiale continuasse quel lavoro. La formula non fu mai rivelata, anzi Mariconi non presentò più note di spesa ma solo l’intero costo di ogni singola verniciatura.
Morto Mariconi nel 1750, sua moglie, Rosa Percolla, continuò a dare la vernice al costo convenuto di tre carlini al “palmo cubo”, come racconta la documentazione d’archivio. I tre carlini, poco meno di un terzo di ducato, non consentivano alla vedova una vita decente, e ciò, unitamente alla casualità del ritrovamento di affreschi, indussero la signora a più miti consigli.
Lo intuì il nuovo Intendente di Portici, Angelo Acciajuoli, che riuscì a convincerla a rivelare la formula della vernice in cambio di una pensione mensile di sei ducati, continuando inoltre a essere pagata per dare la vernice.
Acciajuoli, sotto la direzione della Mariconi, fece addirittura le prove con la vernice appena preparata. Rosa Percolla continuò a dare la vernice per molti anni, percependo anche i sei ducati di pensione.
Ancora nel 1766 Canart magnificava al primo ministro Bernardo Tanucci quella vernice stesa su circa duemila affreschi di dimensioni diverse, nonostante le critiche del custode del Museo ercolanese di Portici, Camillo Paderni.
Per saperne di più:
Documenti
ASNA, Notai della Regia Corte, Protocolli, b. 10
ASNA, Segreteria di Stato di Casa Reale, b. 1537
ASNA, Maggiordomia Maggiore e Soprintendenza Generale di Casa Reale, b. 2
ASNA, Amministrazione dei Siti Reali, b. 1016
Archivio Storico del Banco di Napoli, Banco di S. Giacomo e Vittoria, 1741-1746
Libri
AA. VV. (a cura di), Le vite di Carlo di Borbone. Napoli, Spagna e America, Napoli, 2018
AA. VV. (a cura di), Ercolano e Pompei. Visioni di una scoperta, Milano, 2018
Elvira Chiosi – Aniello D’Iorio, I primi scavi di Ercolano. Uomini e cose di una grande impresa, Napoli, 1998
Aniello D’Iorio, La Stamperia Reale dei Borbone di Napoli. Origini e consolidamento, Napoli, 1998
Mario Pagano, I primi anni degli scavi di Ercolano, Pompei, Stabiae, Roma, 2006
Michele Ruggiero, Storia degli scavi di Ercolano ricomposta su documenti superstiti da Michele Ruggiero architetto direttore degli scavi e monumenti del regno, Napoli, 1885
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