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La capuzzella della famiglia d’Avalos

Famiglia d’Avalos. Prima e dopo la pulizia del teschio e del restauro del supporto ligneo
Famiglia d’Avalos. Prima e dopo la pulizia del teschio e del restauro del supporto ligneo

Tutti i discendenti della famiglia ne conoscono la storia, tramandata attraverso racconti e dicerie ma nessuno oggi ricorda a chi realmente fosse appartenuto. Guai però a toccarlo dal posto dove era sempre stato! Di chi o di cosa stiamo parlando? Di un cranio umano, completo di mandibola, che sul suo supporto ligneo è stato donato all’Archivio di Stato di Napoli, insieme alle scaffalature dove era custodito l’archivio di una delle famiglie più importanti dell’Italia meridionale, i d’Avalos. 

Coperto da una polvere antica, è sempre stato di guardia a pergamene e cartulari, posto in alto su una delle scaffalature, come ha confermato l’ultimo discendente dell’illustre casata, il principe Andrea, un affascinante giovanotto dall’aria dolce e bonaria.

Il direttore dell’Archivio di Stato di Napoli Candida Carrino e la paleopatologa Marielva Torino
Il direttore dell’Archivio di Stato di Napoli Candida Carrino e la paleopatologa Marielva Torino

Già ad un primo sguardo, questo interessante reperto ha rivelato che vi è sempre stato l’intento di conservare l’integrità delle fattezze della testa e, quindi, del viso, l’elemento più importante e significativo di un individuo, anche dopo la morte, finanche nella sua riduzione a scheletro. Due pezzi di spago legavano la mandibola al resto del cranio, in una posizione approssimativamente anatomica, ma coerente.

L’intento è stato quello di arrivare alla sua identità attraverso lo studio non solo del teschio stesso ma di tutti quegli elementi che potevano essere di supporto ad un’indagine approfondita.

Dopo aver liberato il cranio dal suo supporto, oltremodo tarlato, di chiara fattura ottocentesca e che appariva chiaramente essere stato costruito per reggere il reperto senza danneggiarlo, è stato tagliato lo spago.

Amalia Russo, esperta di conservazione, ha confermato le prime impressioni: si trattava di un legaccio antico, ottocentesco o degli inizi del ‘900.

Croce greca apparsa sul cranio dopo la pulizia
Croce greca apparsa sul cranio dopo la pulizia

 

A questo punto il lavoro andava fatto esclusivamente sul cranio. Una spolveratura con pennelli morbidi per asportare la polvere che si era tenacemente depositata sulle parti più esposte e in basso, come il pavimento del naso e delle orbite oltre che negli alveoli disabitati dei denti inferiori, ha dimostrato che il cranio non era stato spostato per un lunghissimo periodo di tempo dal luogo in cui era stato collocato.

Sul cranio è apparsa una croce greca di 2cm x 2cm e sulla superficie interna della mandibola una scritta, elementi che hanno confermato che si trattava senza dubbio di una persona di riferimento per la famiglia.

Ma chi era il proprietario del cranio?

Un prelato? Un confessore? Un beato?

Dopo il lavaggio, sulla mandibola è apparso uno staurogramma succeduto da una scritta Johannes ab adoratione, come ha decifrato lo storico Andrea Donati.

Ed ecco le tracce da seguire.

La scritta, sicuramente seicentesca, e l’analisi al radiocarbonio, eseguita su di un piccolo frammento osseo da Carmine Lubritto, indica che l’individuo in esame è deceduto in una forchetta temporale tra il 1397 e il 1634, molto verosimilmente tra il 1397 e il 1527. Ciò permette di stabilire l’arco temporale in cui muoversi per la ricerca.

Staurogramma sulla mandibola succeduto da una scritta Johannes ab adoratione
Staurogramma sulla mandibola succeduto da una scritta Johannes ab adoratione

L’analisi antropologica ha confermato che la scritta è stata apposta dopo la perdita dei tessuti molli e che non vi è stato intervento dell’uomo per accelerare il processo mediante scarnificazione.

L’individuo a cui era appartenuto il cranio era di sesso maschile, molto caratterizzato, forte, morto tra i 25 e i 35 anni.

I denti, presenti unicamente nel settore molare, permettono di asserire con assoluta certezza che la mandibola apparteneva al soggetto. Le piccole fratture dello smalto danno anche un altro importante indizio: una volta posto sul suo supporto, al cranio fu ripetutamente aperta e chiusa la mandibola, quasi a voler simulare che questo parlasse ... o suggerisse una musica, come la leggenda vuole che sia.

La pulizia dell’interno della scatola cranica ha permesso di recuperare sia alcuni residui botanici, che l’archeobotanica Chiara Comegna ha individuato come graminacee, sia resti di insetti.

Tali rinvenimenti permettono di ipotizzare che il cranio era stato posto su di un cuscino e su questo si fosse decomposto, prima di essere ritirato e religiosamente conservato per vegliare nei secoli sui discendenti della prestigiosa casata dei d’Avalos.

Il cranio è stato di recente ricollocato sul suo supporto ligneo, che nel frattempo è stato restaurato e sottoposto a bonifica. 

Prima e dopo la pulizia del teschio e del restauro del supporto ligneo
Prima e dopo la pulizia del teschio e del restauro del supporto ligneo

Questa operazione ha confermato che la base era stata realizzata espressamente per questo scopo: la mandibola, che è stata legata al cranio riproducendo la stessa posizione nella quale era giunta all’osservazione, garantiva al reperto una determinata altezza e solo il posizionamento in un preciso verso ne ha permesso la stabilità.

Ma ecco la leggenda:

il maestro Francesco d’Avalos raccontava che durante la composizione del suo dramma musicale per orchestra, solisti e coro Maria di Venosa, sentiva provenire dal teschio un madrigale che prepotentemente si imponeva alla sua attenzione.

La vicenda raccontata si ispirava al fosco uxoricidio-omicidio cui fu costretto, da famiglia e consuetudini, Carlo Gesualdo da Venosa sul finire del 1500, per punire la relazione adulterina della moglie Maria d’Avalos, all’epoca la donna più bella di Napoli, con il nobile Fabrizio Carafa.

Insonorizzando la stanza il maestro Francesco era riuscito a registrare la melodia, che aveva inserito nell’opera musicale come pezzo affidato a un separato gruppo di esecutori.

 

Per saperne di più:

 Libri

●       Henri Duday, The archaeology of the dead: lectures in archaeothanatology, Oxford & Philadelphia, Oxbow Books, 2009

●       William M. Bass, Human osteology: a laboratory and field manual, Columbia, Missouri Archaeological Society, 1995

●       Don Brothwell, Digging up Bones, third edition, New York, Cornell University Press, 1981

 

Film

●       Tod für fünf Stimmen (trad. it. Gesualdo - Morte per cinque voci), regia di Werner Herzog, 1995

 

Musica

●       d’Avalos Francesco, Maria di Venosa, Chandos Records, 2005

#lacasadellestorie

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