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Il Culto dei Morti nella Chiesa di Santa Luciella ai Librai di Napoli

Dove il velo tra la vita e la morte viene sollevato
culto dei morti
culto dei morti

La Chiesa di Santa Luciella ai Librai fu fondata da Bartolomeo di Capua, giureconsulto e grande personalità alla corte di Re Roberto D’Angiò, nell’agosto del 1327. È una delle pochissime e rarissime cappelle medievali scampate alle distruzioni e incorporazioni da parte sia dei grandi complessi religiosi o costruzioni di edifici monumentali e palazzi nobiliari.

Fu fondata su un antico cardine che portava il nome di “Vico della Campana” che poi prese il nome ufficiale di “Vico Santa Lucia-Luciella” proprio per la presenza dell’antica cappella.

Ritroviamo poi moltissime fonti, soprattutto agli inizi del ‘600, di quando per la prima volta si ritrova la chiesa con la denominazione di “Santa Luciella e San Geminiano”. Dal 1635 le notizie si fanno più evidenti e sono legate soprattutto all’ampliamento del Monastero di San Gregorio Armeno, tranne una fonte del 1641 che, invece, recita: “Santa Lucia è una picciola cappella, sita in una strada detta di Sangro, che dalla Strada d’Archo scende verso il Palazzo del Duca di Madaloni. Santa Lucia alias Santa Luciella è una cappella grande, sita dietro la Strada de’ Librari, nel vico detto della Campana, et propriamente dietro la sacristia della chiesa di San Ligorio; è juspatronato della fameglia Filomarino”.

Infatti, le suore di San Gregorio per ampliare il loro complesso decisero di occupare e chiudere quello strettissimo vicoletto che univa le odierne via San Biagio dei Librai a via dei Tribunali. Parliamo dello stesso cardine che si congiungeva con l’odierno vico San Paolo. Si dice che: “chiuse un vicolo, che veniva da basso della Chiesa di S. Luciella, e saliva fino ad Arco chiamato il vicolo di S. Paolo, ch’era strettissimo…”.

La chiusura del vicolo determinò la creazione di un piccolo spazio (oggi il civico n.6 dell’edificio) che poi nel 1644 fu oggetto di dispute e cause tra Luciella e le suore di San Gregorio.

Cimitero della Chiesa di Santa Luciella
Cimitero della Chiesa di Santa Luciella

Altro elemento da notare è che dal 1671 compaiono per la prima volta le parole “li Mastri, et Consoli della Chiesa di S.ta Lucia”; dovrebbe riferirsi proprio ai Consoli a capo dell’Arte dei Molinai o dei Pistori.

Dal 1677 al 1689, inoltre, vico Santa Luciella è anche chiamato “vico dei Marmorari” proprio perché dietro la Chiesetta le suore di San Gregorio concessero l’uso del vacuo al grande marmoraro Dionisio Lazzari e poi a Domenico Moisè.

Particolare del vestiario della Confraternita
Particolare del vestiario della Confraternita

Dal 1739 la Corporazione dei maestri pipernieri, tagliamonti e fabbricatori di Napoli scelsero Santa Luciella come luogo di culto per la propria Corporazione perché proprio a Santa Lucia affidavano la protezione della vista, messa a rischio dal proprio mestiere, ma molto probabilmente solo per pochi anni. Infatti, già nel 1762 è nominata per la prima volta la Congregazione dell’Immacolata Concezione e dei SS. Gioacchino e Carlo Borromeo quando l’ingegnere Cannatelli Nicola veniva incaricato “di una perizia circa una vertenza per lavori da eseguirsi nella Cappella di S. Luciella dell’Arte dei Molinari, presso la quale, nel 1748, si era trasferita anche la Congregazione. I lavori erano stati eseguiti per comodità di detta congregazione che, allogata precedentemente nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano a Porta Nolana, aveva bisogno nella nuova sede di sedili fissi, nuova porta e voleva che i confratelli contribuissero alla spesa. In questa vicenda intervenne anche il Principe della Riccia della famiglia di Capua, il quale pretendeva che non si fosse rimossa da una porta l’antica impresa della sua famiglia, e ottenne che si sistemasse sulla nuova porta”. E ancora nel 1776 il Carletti ci parla di Santa Luciella dicendo: “una piccola Chiesetta sotto il titolo di S. Lucia, segnata col num. 215; ceduta a’ dì nostri ad una Confraternità; qual da’ tempi antichi fu conceduta all’arte de’ Molinari; i quali ne’ tempi antichissimi di Napoli quivi aveano un Portico al Tempio congiunto, e da vetustissima tradizione si ha, che ivi offerivano i voti loro alla Dea Cerere tutelare del mestiere”.

Particolare dello stato di abbandono del cimitero sotterraneo
Particolare dello stato di abbandono del cimitero sotterraneo

Nel cimitero sotterraneo è custodito un teschio molto particolare: un teschio che per la tradizione popolare ha conservato le orecchie. Grazie a ciò, lui già dal ‘600 era in grado di ascoltare le preghiere e le richieste d’aiuto dei Napoletani, ma non era solo un ottimo ascoltatore.

Il teschio, infatti, era un messaggero tra il mondo dei vivi e dei morti, le anime dall’aldilà attraverso di lui erano in grado di sentire, direttamente e senza alcuna intercessione, le preghiere magari proprio dei loro parenti più prossimi.

Il famoso teschio con le orecchie della Chiesa di Santa Luciella
Il famoso teschio con le orecchie della Chiesa di Santa Luciella

Si può affermare, dunque, che la Chiesa di Santa Luciella rappresenti un luogo dove il velo tra due mondi riesce ad essere sollevato, si fa sempre più sottile, facendo quasi sfiorare le due realtà, una fusione che cambia la percezione della vita e soprattutto della morte.

La credenza secondo cui i nostri defunti ci osservino e ci ascoltino è qualcosa di ancora più arcaico che si perde nel tempo.

Esiste, infatti, nel Museo Archeologico di Napoli, il mosaico di epoca romana, il “Memento Mori”, uno dei più antichi simboli esoterici ritrovati nel nostro territorio. È consuetudine nella nostra città fondere il sacro con il profano, basti pensare al Culto delle Anime del Purgatorio e al cosiddetto “refrisco” e cioè il “rinfrescare” le anime penitenti nel Purgatorio attraverso la pulizia vera e propria dei loro resti, rappresentati quasi sempre dal teschio. Un teschio adottato e preso in cura da una persona, che una volta a settimana lo lavava con l’alcool o la naftalina e, in cambio, gli chiedeva di ricevere una determinata grazia è un’immagine che ormai fa parte dell’essere napoletani. Il teschio con le orecchie rientra a pieno titolo in questo culto dei morti ancora così sentito a Napoli, perché in grado di ricordare tutte le preghiere rivoltegli, essendo anche l’orecchio già nella tradizione romana il luogo dove si conservava la memoria.

 

Per saperne di più:

Documenti

  • ASNa, Corporazioni religiose soppresse, b. 1737, c. 7
  • ASNa, Segreteria di Stato di Grazia e Giustizia, b. 57

Libri

  • Aldo Pinto, Raccolta notizie per la storia, arte, architettura di Napoli e contorni. Parte I: Artisti e artigiani, Napoli, Università degli Studi di Napoli Federico II, 2021
  • Nicola Spinosa, Aldo Pinto e Adriana Valerio (a cura di), San Gregorio Armeno. Storia, architettura, arte e tradizione, Napoli, Fridericiana Editrice Universitaria, 2013, p. 169
  • Franco Strazzullo, Documenti del ‘700 per la storia dell’edilizia a dell’urbanistica nel regno di Napoli (II), in «Napoli Nobilissima», Napoli, 1979, vol. XVIII, pp. 227 – 229
  • Niccolò Carletti, Topografia Universale della Città di Napoli in Campagna Felice, e Note Enciclopediche Storiografe, Napoli, Raimondi, 1776, p.164

 

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