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La Nave Asilo “Caracciolo”: l’esperimento educativo di Giulia Civita Franceschi

Giulia Civita Franceschi con gli alunni della nave scuola
Giulia Civita Franceschi con gli alunni della nave scuola

Nel 1913 una donna napoletana della media borghesia, poco più che quarantenne, sale su una pirocorvetta in disarmo della Marina militare e vi rimane per quindici anni assumendo la responsabilità morale della cura e dell’educazione di oltre 700 bambini e ragazzi raccolti dalla strada e lì ospitati.

Quella donna si chiamava Giulia Civita Franceschi ed è rimasta alla guida della Nave Asilo “Caracciolo” dal 1913 al 1928, sperimentandovi un metodo educativo che avrebbe fatto proseliti in tutto il mondo e mietuto consensi presso pedagogisti di fama (Maria Montessori, Edouard Claparède), governi stranieri (l’Impero del Sol Levante), autorità politiche nazionali (il ministro dell’istruzione Antonino Anile).

La nave era stata donata alla città di Napoli dal ministro della Marina Pasquale Leonardi Cattolica nel 1911 per stabilirvi un asilo destinato ad accogliere l’infanzia “pericolante”, sul modello della Nave officina “Garaventa” di Genova, attiva sin dal 1883, e della Nave Asilo “Scilla” di Venezia (1906).

Tuttavia, la rigidità della disciplina militare, su cui l’ammiraglio Cattolica aveva fondato per raddrizzare il corso delle vite di quei bambini e la sua idea della Nave Asilo come una sorta di orfanotrofio o riformatorio, cadono subito  davanti al programma pedagogico di Giulia, chiamata a condurre l’istituzione su segnalazione di Enrichetta Chiaraviglio Giolitti e Antonia Persico Nitti. Il proposito di Civita Franceschi era semplice quanto ambizioso:

“Io ero convinta che la questione essenziale consistesse nel dare ai ragazzi un ambiente che sostituisse la casa ch’essi non avevano mai avuta; e venni a bordo con lo scopo di formare l’ambiente della Nave Asilo sul tipo di una vasta famiglia”.

Lettera autografa di Giulia Civita Franceschi

I caratteri peculiari del cosiddetto “metodo Civita” erano basati su pochi ma saldi principi: il valore educativo del lavoro, sia nelle sue forme specializzate sia in quelle più semplici e naturali; il valore educativo della convivenza e della cura della casa comune; il valore morale dell’accudimento, che si esplicita nella relazione fra bambini e ragazzi di età diverse (quello che oggi si definisce peer to peer); il valore formativo dell’autodisciplina, dal cui campo sono esclusi i concetti di premio e punizione.

L’obiettivo formativo della “Caracciolo” è, nelle intenzioni di Giulia Civita Franceschi, senza dubbio ambizioso: creare negli allievi “la coscienza dell’azione fine a se stessa” per formare dei “probi lavoratori e bravi cittadini”. Tutto questo veniva realizzato attraverso l’apprendimento dei mestieri legati alla marineria senza dimenticare l’istruzione di base: leggere, scrivere e far di conto.

Ciò che rende nuovo l’approccio di Giulia Civita Franceschi è il fatto che mette al centro la figura femminile, in chiave poco  tradizionalista o patriarcale o protesa al mantenimento dello status quo, anche se vede la donna impegnata in un mestiere che gli è proprio:

“In ogni campo, la donna ha voluto conquistare conoscenze e situazioni che erano state, sino a pochi lustri or sono, retaggio esclusivo degli uomini. Molte hanno posto ogni studio per dimostrare e hanno dimostrato la possibilità di una parità, che oggi nessuno vorrebbe negare. Ma quante di noi hanno pensato di capovolgere il problema e di precisare quali e quanti campi sono loro esclusivo retaggio, che non studii, non gradi, non lauree potrebbero alienare? Un campo dove incontestabilmente vige tale nostro primato è quello dell’educazione dei giovanissimi”.

Richiesta per il ripristino dell'esperienza della nave scuola

Nel secondo dopoguerra l’avventura della “Caracciolo” e la figura di Civita Franceschi vivono una seconda primavera e si coltivano per la nave asilo sogni di rinascita dopo il trauma dell’assorbimento nel 1928 nell’Opera nazionale Balilla, che di fatto aveva decretato la fine di quell’esperimento di pedagogia sociale,

Il j’accuse di Civita “la rabbia fascista che eccelleva nel sottrarre le cose buone a coloro che le avevano volute e create” assume anche una spiccata connotazione di genere quando rileva e condanna il fatto che “la durezza sconsigliata pretendeva essere virile comportamento”.

Giulia reclama ora la salvezza non più solo per gli “scugnizzi” ma anche per le “scugnizze”. E sarà in consessi di donne, come nel Congresso delle donne napoletane del giugno 1947 e in tutto l’associazionismo femminile (dall’UDI al Comitato Salvezza Bambini), che Giulia definirà puntualmente il proprio pensiero pedagogico.

Il ruolo delle donne nell’educazione deve essere pari a quello degli uomini rivendicando così un ruolo professionale femminile all’interno della società.

 

Per saperne di più:

Documenti

  • ASNA, Prefettura di Napoli, Gabinetto, III versamento, fs. 893

Libri

  • Casiello Antonia Maria - Selvaggio Maria Antonietta - Lucia Tortora, Il “mare redentore”: la straordinaria esperienza della Nave Asilo “Caracciolo”, al link https://www.indire.it/wp-content/uploads/2016/07/Il-mare-redentore.pdf
  • Selvaggio Maria Antonietta, Giulia Civita Franceschi e l’esperimento educativo della Nave Asilo “Caracciolo” (1913-1928): una memoria da recuperare, in Guidi Laura e Pelizzari Maria Rosaria (a cura di), Nuove frontiere per la storia di genere, vol. 2, cap. 5 Culture e pratiche femminili tra lavoro e sindacato, Collana Scientifica dell’Università di Salerno, Padova, Websterpress, Libreriauniversitaria.it, 2013, pp. 253-260
  • Mussari Antonio - Selvaggio Maria Antonietta (a cura di), Da scugnizzi a marinaretti L’esperienza della Nave Asilo Caracciolo 1913-1928, Napoli, ESA, 2010
  • Giulia Civita Franceschi, Un esperimento educativo: la nave asilo Caracciolo. Relazione inaugurale di Giulia Civita Franceschi, Congresso delle donne napoletane, 29-30 giugno 1947, Napoli, A. Caldarola, 1950
  • Arcuno Olga, Giulia Civita Franceschi e la Nave-Asilo “Caracciolo”, in “Solidarietà. Mensile di educazione civile e politica”, Napoli, n. 6, VI, giugno 1949
  • Arcuno Olga, La vita sulla Nave-Asilo “Caracciolo”, in “Solidarietà. Mensile di educazione civile e politica”, Napoli, n. 7, VI, luglio 1949
  • Arcuno Olga, Scuola pescatori e marinaretti, in “Solidarietà. Mensile di educazione civile e politica”, Napoli, n. 8, VI, agosto 1949
  • Arcuno Olga, La Nave-Asilo “Caracciolo”, in “Solidarietà. Mensile di educazione civile e politica”, Napoli, n. 8, IV, agosto 1947
La nave asilo

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