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Sopprimere il germe rivelatore

Storie napoletane di procurato aborto
aborto
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Nel gennaio del 1810, il tenente Fabrizio Monaci, di Napoli, è sposato ormai da quattro anni con la barese Maria Giuseppa Ferrigni quando, roso dal sospetto che la moglie l’abbia tradito, si rivolge al Giudice di Pace del circondario di San Lorenzo affinché disponga una perizia sulla donna per accertare se abbia avuto di recente un aborto. Il sospetto è aggravato dal fatto che da ormai due anni i coniugi non hanno più “commercio carnale alcuno”. Il Giudice di pace, il 23 gennaio 1810, accede dunque d’autorità presso il domicilio della donna, che trova allettata. Interrogata, rivela che da un anno, pur convivendo nella stessa casa col marito, dormono “in lettini diversi” perché Fabrizio è “infetto di morbo gallico”.

Si trova a letto, dice, per via di una piaga alla gamba e nega di aver mai abortito. La successiva perizia disposta dal giudice coinvolge un chirurgo, un medico e due levatrici che evidenziano la presenza di una piaga erpetica alla gamba, lo “stato naturale” delle pudenda e dell’utero, “le zinne afflosciate”, le mestruazioni in corso e, di conseguenza, l’incompatibilità di tale quadro clinico con un aborto recente.

La certificazione del medico curante della donna chiarirà che la stessa soffre da anni di un “vizio linfatico” e di “isterismo”, con un continuo stillicidio di materia linfatica per via uterina che ha causato una piaga erpetica cronica alla gamba. Questo spaccato di vita coniugale, emblematico della declinazione dei rapporti matrimoniali, delle condotte sessuali e della dimensione pubblica della sessualità e del suo controllo da parte dello Stato, tocca per via tangente un aspetto della storia dell’aborto tutt’altro che secondario e cioè la generale indulgenza legislativa, giurisprudenziale e morale nei confronti del reato laddove perpetrato per occultare prole illegittima.

Un reato contro la vita ma soprattutto contro l’ordine delle famiglie, declinazione ancien Régime del delitto d’onore, esso è inserito nel Code pénal dell’Impero francese che all’art. 317 prevede il reato di aborto, tanto se procurato dalla donna su se stessa, quanto da medico e da altro esercente le attività sanitarie. Il successivo Codice penale delle Due Sicilie del 1819, frutto dell’esperienza francese filtrata dai giuristi napoletani, ricalcherà la casistica del Code, ma inserirà all’art. 399 una esplicita riduzione di pena quando il reato fosse stato diretto ad occultare prole illegittima.

Esattamente sulla stessa falsariga il Codice sardo-piemontese del 1839 e il Codice del 1859, poi esteso a vari territori dopo l’Unità con decreto luogotenenziale del febbraio 1861, che riservano pari indulgenza alla cosiddetta scusante d’onore, con uno sconto di pena sia per la donna sia per chiunque altri coinvolto nel crimine.

Perizia medica su Maria Giuseppe Ferrigni. Napoli, 1810
Perizia medica su Maria Giuseppe Ferrigni. Napoli, 1810

Sarà con la codificazione penalistica post unitaria del codice Zanardelli che si produrrà una sostanziale ricollocazione morale e giuridica del reato di procurato aborto, compreso dall’entrata in vigore del nuovo codice nel 1889 nella classe dei reati contro la persona. Difendendo la vita dell’uomo fin dal momento del concepimento, si afferma una concezione del feto che muta da spes vitae a “uomo”, in una parabola di personificazione del feto che, sin dal XVIII secolo, aveva inesorabilmente condotto ad affermare il concetto di “cittadino-non nato”, per riprendere la definizione del clinico tedesco Johann Peter Frank. A fine ‘800 si è, cioè, consumato lo slittamento della sfera riproduttiva nell’ambito pubblico e statuale.

Quando la trentenne vedova Gaetana Zazzaro, caffettiera di Marianella, vede messo in pericolo il suo onore dalla gravidanza a seguito dei rapporti intimi avuti col panettiere Luigi, e si rivolge alla levatrice Francesca Conza, finisce imputata del reato di tentato procurato aborto, insieme alla sanitaria, accusata di istigazione a commetterlo.

Processo per procurato aborto a carico di Gaetana Zazzaro e Francesca Conza. Napoli, 1901
Processo per procurato aborto a carico di Gaetana Zazzaro e Francesca Conza. Napoli, 1901

Siamo nel 1901: il presunto tentato procurato aborto, che sarebbe avvenuto con l’assunzione di medicamenti abortivi, fallirà, poiché la Zazzaro darà alla luce una bambina, poi abbandonata alla Santa Casa dell’Annunziata.

Le indagini metteranno in evidenza come la Zazzaro fosse stata vittima dell’abuso d’autorità del delegato di pubblica sicurezza, che, nell’ambito della “sorveglianza sulle donne nubili e di facili costumi” aveva ricattato ripetutamente la Zazzaro di mettere la comunità a conoscenza della sua gravidanza illegittima se la donna non avesse acconsentito ad assecondare le sue richieste di rapporti sessuali.

L’attentato al proprio ruolo riproduttivo, combinato con la avvertita immoralità del comportamento sessuale, per quanto non sarà sanzionato con una condanna, avrà comunque generato un orrendo circolo di ricatti e inquisizione che si consuma sulla pelle della donna.

Relazione dell’agente di Pubblica Sicurezza Antonio Giulianelli sulla condotta della vedova Zazzaro. Napoli, 1901
Relazione dell’agente di Pubblica Sicurezza Antonio Giulianelli sulla condotta della vedova Zazzaro. Napoli, 1901

Il nuovo codice penale fascista, a firma del guardasigilli Alfredo Rocco, novella completamente la materia creando una nuova categoria di delitti contro la sanità e l’integrità della stirpe, nell’ambito della politica pronatalista del regime, dove il ruolo e il corpo femminile sono considerati in funzione esclusivamente procreativa e la maternità un dovere patriottico. Inserisce, infatti, il procurato aborto nel titolo X del secondo libro, dove esso assume un posto di assoluto rilievo nell’ambito delle offese perpetrabili al supremo interesse demografico dello Stato e della Nazione.

Il feto è ormai una entità autonoma, non più portio viscerum della madre. Nel marzo del 1934 la ventitreenne Giovanna Campese viene imputata di tentato procurato aborto su se stessa, complice la madre, Francesca Bottalico. A denunciare le donne, l’amante della madre della ragazza, che riferisce di aver visto la ragazza ingerire dei medicinali con l’obiettivo di interrompere la gravidanza in atto: nubile, era incinta di un carabiniere suo fidanzato.

La sostanza ingerita dalla ragazza sarà individuata dal perito nominato dal procuratore del Re presso il Tribunale di Napoli nella segale cornuta, dai noti effetti abortivi.

Relazione di perizia chimico-tossicologica nel processo contro Giovanna Campese. Napoli, 1934
Relazione di perizia chimico-tossicologica nel processo contro Giovanna Campese. Napoli, 1934

La vicenda giudiziaria si concluderà con una assoluzione piena per le due donne: Giovanna, periziata, è, durante il dibattimento, incinta; il presunto tentativo di procurato aborto non è dimostrabile sulla base dei fatti e delle circostanze addotte. La stirpe della Nazione è, in fondo, salva.

Relazione di perizia chimico-tossicologica nel processo contro Giovanna Campese. Napoli, 1934
Relazione di perizia chimico-tossicologica nel processo contro Giovanna Campese. Napoli, 1934

Dal XVIII secolo in poi, nella scelta, fondatasi anche grazie alle scoperte scientifiche che permisero di dare sostanza e materia all’entità feto, “tra chi tutelare in concreto nell’eventualità di una contrapposizione tra i due interessi” [della madre e del nascituro], lo Stato deciderà “di privilegiare il nascituro, attraverso una più netta repressione dell’aborto”, scrive Giulia Galeotti nella sua Storia dell’aborto. Alfredo Rocco, nel 1928, dichiara che le nuove norme in materia di aborto non intendono solo sconfiggere gli effetti spesso letali per le madri ma soprattutto vogliono scongiurare l’offesa alla sanità morale e al rigoglioso sviluppo del nostro popolo. Le due, distinte individualità di madre e nascituro sono ormai piegate al servizio del supremo interesse dello Stato e così rimarranno fino al ritorno dell’aborto, in tempi più vicini a noi, da questione pubblica a questione privata.

 

Per saperne di più:

Documenti

  • ASNA, Processi antichi, Pandetta nuovissima, fs. 2028, f.lo 54149
  • ASNA, Tribunale penale di Napoli, Processi, anno 1901, fs. 23, f.lo 1004
  • ASNA, Tribunale penale di Napoli, Processi, anno 1934, fs. 164, f.lo 7932

 

Libri

  • Gissi Alessandra, Io non dovevo avere nessun rimorso. Il procurato aborto tra reato e cura (1889-1943) in “Medicina nei secoli arte e scienza: rivista di storia della medicina”, 28/1 (2016)
  • Gissi Alessandra, L’aborto procurato. “Questione sociale” e paradigmi giuridici nell’Italia liberale (1860-1911), in “Genesis”, XIV/1, 2015
  • Passalacqua Caterina, L’aborto criminoso nella dottrina penalistica tra Ottocento e Novecento, tesi di laurea, Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Messina, Corso di laurea in Giurisprudenza, a.a. 2009/10
  • Gissi Alessandra, Voci che corrono. Levatrici, procurato aborto e confino di polizia nell’Italia fascista, in “Quaderni storici”, nuova serie, Vol. 41, No. 121 (1), Voci, notizie, istituzioni (aprile 2006), pp. 133-149
  • Galeotti Giulia, Storia dell’aborto, Il Mulino, Bologna, 2003

 

Film

  • La scelta di Anne - L’événement, regia di Audrey Diwan (2021)
  • Unplanned – La storia vera di Abby Johnson, regia di Cary Solomon e Chuck Konzelman (2019)
  • Il segreto di Vera Drake (Vera Drake), regia di Mike Leigh (2004)
  • Tre vite allo specchio (If these walls could talk), regia di Cher e Nancy Savoca (1996)
  • Un affare di donne (Une affaire de femme), regia di Claude Chabrol (1988)
sopprimere il germe rivelatore

CLICCA QUI  per vedere il video dell’Archivio di Stato di Napoli.