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Speculare: il denaro e la banca di Concetta Lasco

Nel 1903, nello studio di un notaio napoletano si presentano settantadue persone che, in virtù del loro mestiere, decidono di fondare un’associazione
Atto costitutivo del “Sindacato degli esercenti la pignorazione”
Atto costitutivo del “Sindacato degli esercenti la pignorazione”

Speculare: il denaro e la banca di Concetta Lasco


Nell’estate del 1903, nello studio di un notaio napoletano si presentano settantadue persone che, in virtù del loro mestiere, decidono di fondare un’associazione tra gli esercenti prestiti, anticipazioni, sovvenzioni contro pegni, ritenendo di dare a questo organismo la forma di un sindacato.

Il «Sindacato degli esercenti la pignorazione» riunisce così tutti quei commercianti che gestiscono piccole banche private, con l’obiettivo di assicurare «la difesa e protezione dei propri interessi e dritti in campo economico, ove essi sottoscrittori svolgono la loro attività, ed anche morale». Il fatto che il Sindacato rinnovi il proprio statuto nel 1908 testimonia la volontà di questi particolari commercianti di essere un riferimento ma anche un punto di forza nelle reti creditizie della città.

Tra i settantadue sottoscrittori dello statuto, oltre ai nomi più conosciuti dei gestori delle principali agenzie in città, ci sono anche dodici donne, autorizzate dai mariti così come previsto dalla legge. La storia di queste donne ci consente di sapere di più sulle cosiddette ‘pubbliche mercantesse’ – così venivano definite dalla legge le donne che esercitavano il commercio pubblicamente e notoriamente – e sul loro ruolo nei circuiti dell’intermediazione finanziaria a Napoli alle soglie del Novecento, un ruolo centrale giocato anche grazie ai diritti disuguali che ad esse vengono riconosciuti dai codici liberali ottocenteschi.

Atto costitutivo del “Sindacato degli esercenti la pignorazione”
Atto costitutivo del “Sindacato degli esercenti la pignorazione”

In questo senso lo scenario napoletano è particolarmente vivace. Analizzando i contratti di società depositati in tribunale capiamo infatti che il denaro liquido a disposizione delle mrcantesse, ma anche quello dei loro colleghi, viene spesso utilizzato, oltre che per le classiche società commerciali, per la creazione di piccole banche private impegnate nel prestito di prossimità, proprio come quelle che si riuniscono nel Sindacato del 1903.

Negli anni a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento nascono infatti a Napoli decine di “banche” – a dispetto del nome più simili ad agenzie di pegni che a moderni istituti di credito – che in maniera capillare finanziano la vita cittadina, non senza alimentare sospetti ma anche politiche concorrenziali presso grandi istituti di credito come il Banco di Napoli.

Nell’analizzare i contratti o semplicemente scorrendo l’elenco delle ragioni sociali che le banche si attribuiscono, non si può fare a meno di notare, più che in altri casi, uno straordinario protagonismo delle donne nell’esercizio del prestito di prossimità. Tra loro, la storia della pubblica mercantessa Concetta Lasco ci mostra, in un lungo periodo di tempo, l’efficacia di un modello imprenditoriale fondato sui capitali femminili.

Atto costitutivo della “Banca napoletana di pegni e sconti”
Atto costitutivo della “Banca napoletana di pegni e sconti” di Concetta Lasco e Antonio D’Angelo, con riferimenti alla dote della donna

Dobbiamo partire dall’estate del 1893 per conoscere i contenuti del contratto di matrimonio che Concetta Lasco, originaria di Marcianise e vedova del costruttore Vincenzo Bavarese, stipula con il futuro marito, il commerciante Filippo Buglione. Concetta vive in centro a Napoli, e si costituisce una dote del valore complessivo di 7100 lire, nella quale sono compresi anche la mobilia, gli abiti e la biancheria, due vestiti di damasco, oggetti d’oro, d’argento e preziosi, oltre a diversi utensili da cucina. A distanza di qualche anno, nel 1897, è forse il capitale che Concetta ha portato nel matrimonio ad essere investito per la creazione di una banca privata. Presso un notaio di via Tribunali, infatti, alla fine di novembre la donna costituisce con un certo Antonio D’Angelo una società in accomandita semplice per la nascita della «Banca napoletana di pegni e sconti». Il capitale sociale della banca è pari a 10.000 lire: Concetta – socia accomandataria, quindi responsabile illimitatamente dell’azienda – versa, appunto, 7500 lire; Antonio – socio accomandante, responsabile per il solo capitale versato – contribuisce con 2500 lire.

In sedici punti i soci della nascente «Banca napoletana di pegni e sconti» stabiliscono la loro politica aziendale e creditizia. Viene da subito chiarito che Concetta «si obbliga di amministrare fedelmente i capitali esclusivamente nelle operazioni sociali […] alla regolare tenuta della cassa dei depositi, alla custodia di tutto il patrimonio sociale, alla esatta tenuta dei registri, alla stipula dei contratti, alla rappresentanza in giudizio innanzi a qualsiasi autorità». La donna in pratica gestirà in prima persona le operazioni dell’agenzia, che vanno dallo sconto e al risconto di buoni del Tesoro, all’anticipazione contro effetti o oggetti preziosi, fino alla apertura di conti correnti «semplici e garentiti».

Lo statuto della «Banca napoletana» dura cinque anni, durante i quali i soci divideranno proporzionalmente gli utili, e non ci sono tracce tra i documenti di scioglimenti o contenziosi tra loro.

Nel 1913, sempre dallo stesso notaio di via Tribunali, Concetta fonda una società in nome collettivo finalizzata alle «operazioni di credito in genere e più specialmente in operazioni di prestito sopra pegni». Il fatto che la banca si chiami ora «Concetta Lasco», mantenendo comunque la stessa sede sociale, ci lascia intendere che a distanza di sedici anni la donna sia ormai conosciuta nell’ambiente e il suo nome rappresenti una garanzia per la clientela, il capitale sociale è peraltro più che raddoppiato rispetto alle origini.

Nel contratto Concetta dichiara di essere l’esclusiva proprietaria di un ufficio di pegnorazione a Napoli, di essere regolarmente autorizzata dall’Autorità di Pubblica Sicurezza. È interessante notare che la donna ammette nella società un certo Grieco, l’estimatore dell’agenzia, con un capitale di 2000 lire, «che esso signor Grieco ha versato in contante nelle mani della signora Lasco». Quel denaro serve evidentemente per sopperire all’esigenza di nuovi capitali liquidi, ma Concetta chiarisce che «occorrendo per i bisogni della azienda altro capitale, questo potrà essere fornito dalla signora Lasco, e gli utili derivanti da tali ulteriori versamenti verranno attribuiti alla detta signora nella loro totalità». Tutto è pronto, ora, per proseguire la speculazione, «se la signora Lasco il consente».

Atto costitutivo della “Banca napoletana di pegni e sconti”
Atto costitutivo della “Banca napoletana di pegni e sconti” di Concetta Lasco e Antonio D’Angelo, con riferimenti alla dote della donna

La storia della banca di Concetta è solo una delle tante che ci vengono restituite dalle carte del Tribunale civile di Napoli. È importante che non si interpreti questo fenomeno come un aspetto marginale della vita economica napoletana, troppo vicino all’usura e al piccolo credito delle classi popolari, ma che si colga invece che la “speculazione” – così la chiamano gli addetti ai lavori – rappresenti un segmento del circuito degli scambi cittadino nel quale si incrociano precise scelte imprenditoriali e sul quale occorre fare nuove domande alle fonti. Prestare denaro sembra infatti un ottimo affare da perseguire per gli uomini e le donne che hanno un patrimonio da investire: essi possono infatti impiegare con profitto i propri capitali per aprire nuove e competitive linee di credito nei confronti della cittadinanza, ‘anticipando’ denaro in cambio di oggetti preziosi, biancheria, cambiali difficili da incassare, assicurando tempi negoziabili di remissione dei debiti ma – soprattutto – ridefinendo gli equilibri finanziari, e il peso della presenza femminile, in una grande città come Napoli, alle soglie del Novecento.

Per saperne di più

Documenti

  • ASNa, Tribunale di Napoli, Contratti di Società, b. 63
  • ASNa, Tribunale di Napoli – Contratti di Società, b. 164

Libri

  • M. R. De Rosa, A tempo debito. Donne, uomini, relazioni di credito a Napoli tra Ottocento e Novecento, Roma, Viella, 2017