Sì al Rimborso dell’Euroritenuta per i redditi emersi da conti in Svizzera
Sì al Rimborso dell’Euroritenuta per i redditi emersi da conti in Svizzera
In applicazione della normativa comunitaria, deve riconoscersi il diritto al rimborso dell'Euroritenuta pagata all'estero sugli interessi relativi a disponibilità finanziarie detenute su conto corrente presso una banca svizzera da un soggetto fiscalmente residente in Italia, che abbia aderito alla procedura di "collaborazione volontaria", la quale consente al contribuente, mediante una dichiarazione confessoria spontanea, di regolarizzare plurimi anni di imposta relativamente a tali interessi, usufruendo di un trattamento sanzionatorio più favorevole. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con ordinanza n. 33282/2023.
Il contesto
Istituita con la Direttiva 2003/48 CE, l’Euroritenuta era finalizzata a permettere che i redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi corrisposti in uno Stato membro a beneficiari residenti ai fini fiscali in altro Stato membro fossero soggetti a un’effettiva imposizione presso quest’ultimo. Lo scopo veniva perseguito introducendo un sistema di scambio di informazioni non obbligatorio per alcuni Paesi, ai quali venne imposto di applicare una ritenuta alla fonte sugli interessi delle persone fisiche, a meno che il beneficiario effettivo degli interessi avesse optato per la comunicazione al proprio Stato di residenza delle informazioni relative al reddito detratto all’estero. Come emerge dalla Circolare del 30 dicembre 2005 dell’Agenzia delle Entrate, per esorcizzare il pericolo di dirottamento di capitali verso altri Stati e territori extracomunitari sorse l’esigenza di adottare misure equivalenti in paesi terzi. Nello specifico, l’accordo tra la Comunità Europea e la Confederazione svizzera che stabilisce misure equivalenti a quelle definite dalla direttiva 2003/48 CE del consiglio in materia dei redditi di risparmio sotto forma di pagamenti di interessi è stato concluso nel 2004.
Il caso
Il caso finito sul tavolo della Suprema Corte riguardava un contribuente che, allegando prova di adesione alla voluntary disclosure, chiedeva all'Amministrazione finanziaria il rimborso dell’Euroritenuta, applicata da un istituto di credito della Confederazione Elvetica sugli interessi in relazione ai capitali depositati. Il contribuente impugnava dapprima il silenzio rifiuto dell'Agenzia delle Entrate innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, la quale respingeva il ricorso. Spiegava poi appello avverso la decisione sfavorevole innanzi alla Commissione tributaria regionale, che riformava la decisione di primo grado ed affermava che sarebbe dovuto essere riconosciuto al contribuente il rimborso di quanto trattenuto alla fonte dall' istituto svizzero in applicazione dell' art. 11 Direttiva 2003/48/CE . Ricorreva, infine, per la cassazione l’agenzia, affidandosi ad un unico motivo. In particolare l'Ente impositore affermava che la possibilità per il contribuente di ottenere il rimborso dell'Euroritenuta fosse prevista dalla normativa convenzionale come subordinata all'applicazione della legislazione nazionale e questa dispone, all'art. 165, comma 8, del Tuir, che la restituzione non può essere accordata quando il contribuente abbia omesso di indicare i redditi conseguiti all'estero nella dichiarazione dei redditi.
La decisione
In relazione al rapporto tra la Direttiva 2003/48/CE e la normativa nazionale, specificamente il D.Lgs. n. 84/2005 - osservava il consesso nonofilattico - in caso di contrasto deve affermarsi il primato della prima sulla seconda. Quanto stabilito dall’Unione e già recepito in Italia, vuole che gli Stati membri garantiscano l’eliminazione della doppia imposizione attraverso due meccanismi alternativi: il credito d’imposta o il rimborso delle ritenute subite all’estero. L’obiettivo è appunto esorcizzare il pericolo che redditi da risparmio percepiti in uno Stato membro siano tassati duplicemente. Per questa ragione, l’art. 165 TUIR che esclude il credito d’imposta in caso di omessa indicazione dei redditi esteri nella dichiarazione, deve essere interpretato teleologicamente, non vanificando l’obiettivo summenzionato. D’altro canto, la procedura di voluntary disclosure, che consente ai contribuenti di regolarizzare spontaneamente la propria posizione fiscale, pur avendo natura speciale e agevolativa, non altera il diritto sostanziale del contribuente a ottenere il rimborso delle ritenute già versate all’estero.
In questo senso, essa si atteggia come una dichiarazione tardiva ma valida, equivalente ai fini fiscali a una dichiarazione tempestiva. Per questo motivo, l’omessa indicazione iniziale del reddito estero nella dichiarazione annuale, sanata tramite collaborazione volontaria, non preclude il riconoscimento del credito d’imposta o il rimborso della ritenuta. Secondo gli Ermellini, non è consentito introdurre ostacoli o sanzioni indirette al rimborso delle ritenute estere, anche quando il reddito sia stato regolarizzato tramite la voluntary disclosure.
In definitiva, le fonti comunitarie, convenzionali e attuative interne, impongono un’applicazione delle norme interne “comunitariamente e convenzionalmente orientata”.Il sistema previsto dalla Direttiva è strutturato per garantire una tassazione equa dei redditi transfrontalieri, senza introdurre distinzioni arbitrarie tra redditi dichiarati tempestivamente e redditi regolarizzati tardivamente. Non può ostare il rimando contenuto nell’articolo 10 del dlgs 84/2005 (recepimento della Direttiva euroritenuta) all'articolo 165 del Tuir, che esclude il diritto alla detrazione delle imposte pagate all'estero in caso di omessa indicazione in dichiarazione dei redditi esteri.
Si sono espresse in modo conforme Cass. n. 738/2023 che ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’Euroritenuta per contribuenti che abbiano aderito alla voluntary disclosure, nonché Cass. n. 1002/2023 che ha esteso l’applicabilità del principio al ravvedimento operoso, equiparando la dichiarazione integrativa tardiva alla dichiarazione ordinaria.
La conclusione
L’art. 14 della direttiva 2003/48/CE, come recepita nell'ordinamento italiano dall'art. 10, D.Lgs. del 18 aprile 2005, n. 84, attuativo della stessa, costituisce disciplina normativa speciale prevalente su quella interna e, pertanto, deve riconoscersi il diritto al rimborso dell'euroritenuta pagata all'estero, eliminando doppie imposizioni fiscali.