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L’anticipazione di tesoreria degli Enti locali: presupposti, utilizzo, rimborso

Portovenere, Castello, agosto 2019
Ph. Francesca Russo / Portovenere, Castello, agosto 2019

Presupposti

L’articolo 222 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (d’ora in avanti, Tuel), dispone che l’Ente locale possa chiedere al tesoriere, al fine di fronteggiare momentanee deficienze di cassa, oppure se versa in uno stato di dissesto, per pagamenti necessari a garantire il funzionamento dell’ente e il pagamento dei debiti dello stesso, un’anticipazione di tesoreria nel limite massimo del 3/12 – salvo norme derogatorie (da ultimo l’articolo 1, comma 555, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 ha disposto che, al fine di agevolare il rispetto dei tempi di pagamento di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2012, n. 231, il limite massimo di ricorso degli enti locali ad anticipazioni di tesoreria, di cui al comma 1 dell’articolo 222 del Tuel), è elevato da tre a cinque dodicesimi per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022) - delle entrate correnti accertate nel penultimo anno precedente a quello cui si riferisce il bilancio, riferito al differenziale tra anticipazioni e restituzioni medio tempore intervenute).

È consentita anche nel corso dell’esercizio provvisorio a ciò non ostando, dunque, la mancata indicazione nell’ultimo bilancio approvato, come risultante dall’assestamento generale, dei relativi stanziamenti in entrata (titolo V, categoria 1) e in uscita (titolo III, intervento 1 per le restituzione e titolo I, intervento 6, per gli interessi passivi) (Corte dei conti Lombardia, Parere n. 175 del 28 aprile 2015); non è soggetta al principio di autorizzazione, come per le partite di giro, rispetta uno specifico equilibrio detto “Equilibrio per movimento di fondi a breve termine” e di norma viene chiusa contabilmente nell’esercizio finanziario in cui viene concessa.

Detto principio di autorizzazione rappresenta un limite agli stanziamenti di competenza, per gli esercizi di riferimento, agli impegni di spesa e agli accertamenti riguardanti le accensioni prestiti, agli stanziamenti di cassa, per ognuno degli esercizi di riferimento, alle riscossioni riguardanti le accensioni di prestiti e ai pagamenti di spesa e non si applica all’impiego e al rimborso delle anticipazioni di tesoreria e per le partite di giro, sia in termini di competenza che di cassa.

Per assicurare la costante liquidità necessaria al pagamento delle obbligazioni scadute, nella missione 20 “Fondi e accantonamenti”, all’interno del programma “Fondo di riserva”, gli Enti locali sono tenuti a iscrivere un fondo di riserva di cassa non inferiore allo 0,2% del valore di cassa delle spese finali (primi tre titoli della spesa), il cui utilizzo è effettuato con delibera giuntale (articolo 166, comma 2- quater del Tuel). Si potrà ricorrere al fondo di riserva di cassa nei casi di utilizzo di avanzo di amministrazione, del fondo di riserva di competenza o di altri fondi rischi o quando si verifichino esigenze straordinarie di bilancio o le dotazioni degli interventi di spesa corrente si rilevino insufficienti.

La metà della quota minima prevista dai commi 1 e 2-ter dell’articolo 166 del Tuel è riservata alla copertura di eventuali spese non prevedibili, la cui mancata effettuazione comporta danni certi all’Ente locale.

Nel caso in cui l’Ente locale utilizzi in termini di cassa entrate aventi specifica destinazione per il pagamento di spese correnti (articolo 195 del Tuel) o l’anticipazione di tesoreria (articolo 222 del Tuel), il fondo di riserva deve essere compreso tra lo 0,45% (al posto dello 0,30%) e il 2% del totale delle spese correnti inizialmente previste in bilancio (articolo 166, comma 2-ter Tuel).

L’articolo 11, comma 6, lettera f), del decreto legislativo n. 118/2011 prescrive che nella relazione della Giunta al rendiconto, prevista dall’articolo 231 del Tuel, si debbano illustrare le movimentazioni effettuate nell’esercizio sui capitoli di entrata e di spesa riguardanti l’anticipazione di tesoreria, evidenziando l’utilizzo medio e massimo nel corso dell’anno, nel caso in cui il conto del bilancio, in deroga al principio generale dell’integrità, esponga il saldo al 31 dicembre dell’anticipazione attivata nel netto dei relativi rimborsi.

L’operazione finanziaria si configura come un’apertura di credito o finanziamento a titolo oneroso, di breve periodo (contenuta nel limite dei 12 mesi), al fine di superare transitorie situazioni di insufficiente liquidità e non come forma ordinaria di finanziamento, considerato anche il costo rappresentato dall’interesse da corrispondere al tesoriere sulle somme effettivamente utilizzate.

Considerata la brevità del termine entro cui le somme utilizzate devono essere restituite e visto lo stanziamento già previsto in bilancio, l’anticipazione di tesoreria non può essere equiparata all’indebitamento.

Riveste, quindi, natura di finanziamento a breve termine che non include provvista di fondi aggiuntiva, un soccorso finanziario indirizzato, come accennato, a sopperire a temporanee carenze di liquidità dell’Ente locale e a dar corso a spese per le quali è già prevista idonea copertura finanziaria nel bilancio di riferimento e non trasformarsi surrettiziamente in una forma di indebitamento, ai sensi dell’articolo 3, comma 17, della legge n. 350/2003, secondo i parametri definiti dall’articolo 119 della Costituzione (durata breve, condizioni ben precise, e soprattutto non destinata alla ingiustificata copertura alternativa della spesa).

La normativa compresa nel Tuel punta a salvaguardare il ponderato utilizzo di questo strumento finanziario sotto il profilo giuscontabile, imponendo limiti, modalità e obblighi di ricostituzione dell’anticipazione nell’esercizio finanziario corrente, nonché del principio di effettività dell’interesse passivo calcolato sui tempi e sulle somme realmente utilizzate.

Il ricorso alle anticipazioni di tesoreria presuppone, dunque, che durante la gestione si accerti una situazione temporanea di squilibrio di cassa, dovuta al fatto che la massa e i tempi dei pagamenti da effettuare (slegati da periodi determinati) non coincida con lo stock e i tempi delle riscossioni spesso concentrati in alcuni periodi dell’esercizio finanziario (c.d. sfasamento temporale esistente tra la fase di diritto della competenza – accertamento ed impegno – e la fase di fatto della cassa – riscossione e pagamento).

L’utilizzo di tale strumento finanziario ha carattere eccezionale e si attiva nei casi in cui la gestione del bilancio abbia prodotto, essenzialmente in conseguenza della mancata sincronizzazione tra flusso delle entrate e dei pagamenti, temporanee carenze di cassa in rapporto ai pagamenti da effettuare in un dato periodo. Se, viceversa, il ricorso ad anticipazioni di tesoreria è continuativo, prolungato nel tempo e per importi significativi, esso allora rappresenta un elemento di particolare criticità della gestione finanziaria dell’Ente e non solo per l’addossarsi del costo per interessi passivi che l’operazione comporta. In quest’ultimo caso costituisce, inoltre, sintomo di latenti e reiterati squilibri nella gestione di competenza tra le risorse in entrata che l’Ente può effettivamente realizzare e le spese che si è impegnato a sostenere (Corte dei conti – Sezione Regionale di controllo per l’Abruzzo, Deliberazione n. 174/2021/PRSE).

La Corte dei conti Umbria, con deliberazione n. 18/2018 ha precisato come il ricorso all’anticipazione di tesoreria, soprattutto se protratto nel tempo e non restituito nella sua interezza entro l’esercizio, evidenzi uno squilibrio di cassa e provocando un peggioramento finanziario idoneo a compromettere gli equilibri di bilancio e di generare cospicui disavanzi di amministrazione.

Le cause principali del ricorso all’anticipazione possono essere ricondotte a due fattispecie:

  • “ordinarie o classiche”, causate dallo sfasamento temporale tra acquisizione delle entrate ed erogazione della spesa che portano ad una differente scadenza dei flussi monetari: infatti, le spese si caratterizzano per essere incessanti e senza soluzione di continuità, in quanto l’obbligazione sottostante è già stata adempiuta; le entrate hanno, invece, intervalli temporali regolari e cronologicamente cadenzate;
  • “straordinarie o anomale”, dovute al riconoscimento di debiti fuori bilancio (articolo 194 del Tuel) e/o utilizzo dell’avanzo di amministrazione che hanno un impatto sulla cassa.

Una attenta verifica delle cause che hanno condotto alla crisi di liquidità non può prescindere dalle seguenti azioni: a) osservare i tempi di riscossione e pagamento, ovvero incalzare la regolarità degli incassi e limitare i flussi di pagamenti (ovviamente nel rispetto delle obbligazioni assunte e/o derivanti per legge, per contratto e/o regolamento); b) vigilare sui tempi di utilizzo delle anticipazioni di tesoreria e l’usufruizione, per cassa, delle entrate aventi specifica destinazione; c) ottimizzare la spese e ridurre l’indebitamento.

In merito al corretto utilizzo dell’anticipazione di tesoreria, la Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per la Liguria, con chiara ed inequivocabile pronuncia (Deliberazione n. 58 dell’8 marzo 2019/PRSE), nei confronti di una Comune ligure, ha osservato quanto segue:

  1. nel periodo di riferimento si è riscontrato un massiccio e ripetuto ricorso ad anticipazioni di tesoreria, peraltro non restituita alla fine dell’esercizio in cui è stata attivata;
  2. mancata restituzione a fine esercizio dei fondi vincolati per pagamento di spese correnti;
  3. consistenti interessi versati sulle somme anticipate dal tesoriere;
  4. l’anticipazione di tesoreria costituisce una forma di finanziamento di carattere eccezionale a breve termine, prevista dall’articolo 222 del Tuel, cui gli Enti locali dovrebbero fare ricorso solo per fronteggiare momentanee deficienze di liquidità. Reiterata nel tempo, per importi consistenti e progressivamente crescenti e non restituita entro l’esercizio, costituisce elemento di criticità della gestione finanziaria dell’Ente, un campanello d’allarme, non solo per il sostentamento di interessi passivi sull’anticipazione attivata, rappresenta uno squilibrio di cassa ed un aggravio finanziario suscettibile di compromettere gli equilibri futuri e di produrre ingenti disavanzi di amministrazione. Inoltre, ai sensi degli articoli 5 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, e 148, commi 2 e 3 del Tuel, il ripetuto utilizzo dell’anticipazione di tesoreria delinea uno dei possibili indicatori di squilibrio finanziario di un Ente al verificarsi dei quali le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti possono attivare la procedura di verifica da parte del Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile degli Enti locali, in virtù delle consistenti anticipazioni di cassa non restituite da un Ente locale (Corte dei conti del Lazio, deliberazione n. 98/2020). Il ricorso costante alle anticipazioni di tesoreria rileva una precarietà degli equilibri strutturali di bilancio, così come il mantenimento in bilancio di residui attivi da cancellare o l’eliminazione di residui passivi da conservare, fenomeni che indicano lo stato di deficitarietà di un Ente;
  5. la perdurante situazione di sofferenza di liquidità non può derivare solo da un disallineamento temporale tra incassi e pagamenti, ma costituisce sintomo di latenti e reiterati squilibri nella gestione di competenza tra le entrate che l’Ente effettivamente può riscuotere e le spese che si è impegnato a sostenere. Questa situazione, in casi estremi, cela forme di finanziamento a medio/lungo termine e, pertanto, nella sostanza configura una violazione del disposto dell’articolo 119 della Costituzione, che consente di ricorrere ad indebitamento solo per spese di investimento;
  6. la contabilità della gestione della cassa vincolata deve risultare direttamente dalle scritture contabili tenute dall’ente locale e dal tesoriere.

 

Utilizzo

L’anticipazione di tesoreria si perfeziona con la richiesta del responsabile del servizio finanziario dell’Ente, con allegazione di una deliberazione di Giunta da adottare semestralmente e da notificare al tesoriere, prima dell’inizio di ogni semestre e comunque prima della notifica del pignoramento (in tal senso, Cassazione civile, sentenza n. 1949/2009; Corte dei conti Campania, deliberazione n. 157/2018).

La delibera di Giunta, nel quantificare l’importo dell’anticipazione, opera come limite massimo allo “scoperto di cassa”, è opponibile a qualsiasi creditore, anche se la natura del credito vantato riguardi le medesime finalità protette dal comma 2 dell’articolo 159 del Tuel (Corte Costituzionale, sentenza n. 223/2020).

Il provvedimento giuntale può essere definito come l’atto giuridico contenente l’accertamento e la reversale di incasso dell’entrata e contestuale impegno delle somme da restituire, a seguito del quale viene legittimamente stanziata la relativa somma sia nella parte entrata che spesa.

La quantificazione delle somme non soggette ad esecuzione forzata è operazione finalizzata alla protezione da ogni procedura esecutiva delle risorse finanziarie di cui l’Ente verrà a disposizione nel semestre fino alla concorrenza delle somme destinate ai pagamenti necessari a garantire la funzionalità dell’Ente locale.

Dall’azione esecutiva vanno escluse le somme di denaro per le quali specifica disposizione di legge o provvedimento amministrativo ne vincoli la destinazione ad un pubblico servizio, essendo insufficiente a tal fine la mera iscrizione in bilancio (Cassazione, Sez. Civile, Sez. III, n. 4496 del 10/07/1986) e che, pertanto, non sono disponibili, se non per fronteggiare temporanee esigenze di cassa, le somme accreditate dallo Stato o dalla Regione per l’espletamento di interventi di investimento con specifico vincolo di destinazione.

In questa funzione gioca un ruolo importante il servizio finanziario, il quale deve correlare i pagamenti da effettuare alla misura massima dello “scoperto di cassa” nonché alle spese per sostenere il costo dell’anticipazione, come definito dalla delibera di Giunta.

La richiesta di anticipazione inizia a produrre i suoi effetti in mancanza di disponibilità non vincolate nei conti intestati all’Ente locale presso la sezione di tesoreria provinciale e che, qualora sia stata anche richiesta l’utilizzazione in termini di cassa delle entrate vincolate, ex articolo 195 del Tuel, non vi siano disponibilità neppure in detti conti.

Sul piano giuscontabile si può sostenere che l’anticipazione di tesoreria si accende automaticamente al pagamento operato dal tesoriere, trattandosi di somme non messe a disposizione per essere poi impiegate, il quale dovrà provvedere ad estinguerla non appena verranno riscosse entrate dell’Ente locale non soggette a vincolo di destinazione.

Il ricorso sistematico all’anticipazione di tesoreria ne fa mutare la natura trasformandola, impropriamente, in una sorta di indebitamento a breve termine. È necessario pertanto che l’anticipazione di tesoreria sia di breve durata e non costituisca surrettiziamente un mezzo di copertura alternativo della spesa (Corte dei conti per la Puglia, Sezione regionale di controllo, deliberazione 89/PRPS/2017). Il deficit di cassa, infatti, è uno dei principali indicatori di squilibrio finanziario per il quale devono essere analizzate le cause e trovare gli opportuni rimedi, così da ripristinare i regolari flussi che consentono all’Ente di faro fronte agli obblighi di pagamento con tempestività e nel rispetto delle direttive europee (Corte dei conti per la Campania, Sezione regionale di controllo, deliberazione 1/20189/PRSP).

 

Utilizzo delle entrate vincolate in termini di cassa

Nel corso dell’esercizio finanziario può accadere, come sopra evidenziato, che l’Ente locale venga a trovarsi in condizioni di temporaneo squilibrio di cassa. Il rimedio a questo problema è dato, oltre dall’attivazione dell’anticipazione di tesoreria, dall’utilizzo, in termini di cassa, di entrate con vincolo di destinazione di cui all’articolo 195 del Tuel, da impiegare prioritariamente e prima dell'attivazione dell’anticipazione di tesoreria, considerato che l’operazione è gratuita, non comprende alcun onere per l’Ente locale costituito dal pagamento di interessi passivi sulle somme utilizzate, e può essere attivata in qualsiasi momento dell’esercizio finanziario.

In tal modo l’Ente locale procede al pagamento delle spese correnti senza dover attivare l’anticipazione di tesoreria che, ut supra, comporta l’assunzione di oneri derivanti dall’applicazione di interessi passivi da corrispondere al tesoriere sulle somme effettivamente utilizzate.

Con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione viene ricostituita la consistenza delle somme vincolate utilizzate per il pagamento di spese correnti. Un semplice esempio numerico chiarirà l’idea. Si supponga che nell’esercizio N l’anticipazione di tesoreria massima concessa sia di € 500 (pari a 3/12 delle entrate correnti accertate nell’esercizio N-2). In caso di utilizzazione non reintegrata di entrate vincolate per il pagamento delle spese correnti, poniamo di € 150, il tesoriere potrà concedere la nuova anticipazione per un importo massimo di € 350 (€ 500 - € 150) fino al momento di ricostituzione della stessa di € 150.

Il responsabile del servizio finanziario deve prestare la massima accuratezza nella gestione della liquidità dell’Ente, sia quella vincolata che quella temporaneamente depositata presso altri conti correnti e di deposito, al fine di evitare che l’Ente attivi l'anticipazione di cassa quando dispone di risorse liquide.

Le risorse in questione sono impiegate, in via temporanea, solo per il pagamento di spese correnti urgenti ed indifferibili in situazioni di carenza temporanea di disponibilità liquide, con esclusione di Enti locali che si trovano in stato di dissesto finanziario, e non riguardano mutui assunti con la Cassa depositi e prestiti i quali hanno una destinazione specifica a spese di investimento. Per l’utilizzo l’Ente locale dovrà: 1) verificare lo stato di difficoltà temporanea di cassa; 2) procedere al pagamento delle spese correnti; 3) verificare la disponibilità di risorse derivanti dalla riscossione di entrate a specifica destinazione, o mutui contratti con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti che finanziano investimenti; 4) controllare che i pagamenti delle spese dovranno essere contenuti nel limite massimo dell’anticipazione concessa. Il tesoriere tiene contabilmente distinti gli incassi relativi ad entrate con destinazione vincolata (articolo 180, comma 3, lettera d) del Tuel), così anche per i prelievi di tali risorse (articolo 185, comma 2, lettera i) del Tuel). L’utilizzo di codici specifici negli ordinativi di incasso e di pagamento, generale la c.d. “cassa vincolata”, all’interno del fondo di cassa complessivo dell’Ente, opportunamente (consigliabile) quantificata dal responsabile del servizio finanziario con propria determina ad inizio di ogni anno.

Come per l’anticipazione di tesoreria, anche per l’utilizzo delle entrate a specifica destinazione è necessario che la Giunta deliberi in tal senso, preferibilmente all’inizio dell’esercizio finanziario, ed è attivato dal tesoriere su specifiche richieste del servizio finanziario dell’Ente. L’impiego di dette entrate comporta il contestuale vincolo di una parte dell’anticipazione di tesoreria, in termini di cassa, di quelle risorse che sono state impiegate per il pagamento delle spese correnti, ricomponendo in tal modo il vincolo di destinazione previsto nel bilancio di competenza.

Il principio contabile 3.26 del nuovo ordinamento contabile armonizzato dispone che le anticipazioni di cassa non costituiscono debito dell’Ente, in quanto destinate a fronteggiare temporanee esigenze di liquidità e destinate ad essere chiuse entro l’esercizio. Pertanto, alla data del 31 dicembre di ciascun esercizio, l’ammontare delle entrate accertate e riscosse derivanti da anticipazioni deve corrispondere all’ammontare delle spese impegnate e pagate per la chiusura delle stesse.

Le entrate derivanti dalle anticipazioni di tesoreria e le corrispondenti spese riguardanti la chiusura delle stesse, sono contabilizzate al lordo delle correlate spese ed entrate; è legittimo evidenziare il saldo al 31 dicembre (rendiconto di gestione) dell’anticipazione attivata al netto dei relativi rimborsi, dando atto in allegato di tutte le movimentazioni effettuate nel corso dell’esercizio sui capitoli interessati e specificando i tempi di utilizzo nel corso dell'esercizio.

Il principio contabile n. 11.3 invita, per le anticipazioni di tesoreria, alla corretta registrazione delle entrate e delle spese che deve aver luogo per il loro intero importo, al lordo delle correlate spese ed entrate. Pertanto, in attuazione di tale principio, è obbligatorio, per gli Enti, regolarizzare tutte le carte contabili riguardanti le anticipazioni di tesoreria ed i relativi rimborsi ed è assolutamente esclusa la possibilità di registrare le anticipazioni di tesoreria a saldo.

Va sottolineato che “l’utilizzo in termini di cassa” è da riferirsi esclusivamente all’impiego temporaneo delle disponibilità liquide, senza intaccare la destinazione specifica delle entrate vincolate, che rimane individuata dalla relativa fonte di finanziamento (entrate specificate dalla legge, trasferimenti, mutui ed altri prestiti).

A seguito della comunicazione dei sospesi in attesa di regolarizzazione, l’Ente locale effettua la seguente operazione, con periodicità almeno mensile, entro 10 giorni dalla fine di ciascun mese:

a) impegna ed emette un mandato di pagamento, a regolarizzazione dei provvisori, per l’importo degli incassi vincolati che sono stati destinati alla copertura di spese correnti, sul capitolo di spesa “Utilizzo incassi vincolati ai sensi dell’articolo 195 del Tuel n. 267/2000”, versato in entrata al bilancio dell’Ente locale recante l’indicazione di cui all’articolo 185, comma 2, lettera i) del Tuel, ossia trattasi di pagamento di risorse vincolate;

b) accetta ed emette una reversale di incasso, a regolarizzazione delle carte contabili, di importo uguale alla spesa di cui al precedente punto a), sul conto “Destinazione incassi vincolati a spese correnti ai sensi dell’articolo 195 del Tuel”. L’ordine di incasso non presenta la specificazione di cui all’articolo 180, comma 3, lettera d) del Tuel, trattandosi di incasso di entrate libere.

A seguito dell’utilizzo degli incassi vincolati per il pagamento delle spese correnti, tutte le disponibilità libere giacenti nel conto intestato all’Ente alla fine di ogni giornata di lavoro devono essere destinate alla ricostituzione delle risorse vincolate, fino al loro completo reintegro.

Le entrate a specifica destinazione hanno un vincolo di destinazione che ne impedisce l’utilizzo per scopi diversi e di impegnare somme maggiori di quelle previste ed autorizzate con il bilancio. Vi è automatismo correlato e perfetto: alla fase dell’accertamento dell’entrata viene registrato il corrispondente impegno di spesa. Il vincolo di destinazione specifico riguarda sia la competenza che la cassa, ossia queste risorse liquide rimangono nella disponibilità dell’Ente, fatto salvo l’eventuale utilizzo di cui all’articolo 195 del Tuel. Le somme vincolate ed utilizzate in termini di cassa per il finanziamento delle spese correnti, vanno reintegrate appena possibile: un eventuale sbilanciamento tra impiego delle entrate e finanziamento delle spese correnti dovrà essere ricostituito dall’Ente con mezzi ordinari di bilancio.

Si aggiunge che in base al comma 4 dell’articolo 195 del Tuel, gli Enti locali possono utilizzare entrate a specifica destinazione, in termini di cassa, anche per il pagamento di debiti fuori bilancio di cui all’articolo 194 del Tuel, o di altre spese che incidono sull’equilibrio di bilancio, ex articolo 193 del Tuel.

Infatti, il citato articolo stabilisce che gli Enti locali (ad eccezione degli Enti in stato di dissesto finanziario) possono, nelle more del perfezionamento di atti che hanno deliberato alienazioni del patrimonio, ai sensi dell’articolo 193 del Tuel, utilizzare in termini di cassa entrate vincolate, eccezion fatta per i trasferimenti di enti del settore pubblico allargato e dei ricavato dei mutui e dei prestiti, per un importo non superiore alla anticipazione di tesoreria disponibile, ai sensi dell’articolo 222 del Tuel, con obbligo di reintegrarle con il ricavato delle alienazioni.

Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza contabile (Corte dei conti Sardegna, Sezione controllo, n. 6/2004; Corte dei conti, Sezioni Riunite Sicilia n. 3/2013) la mancata ricostituzione dei fondi vincolati entro la fine dell’esercizio contrasta palesemente con le finalità di sana gestione finanziaria e di corretto e responsabile utilizzo delle risorse pubbliche. L’impiego, in termini di cassa, di entrate aventi specifica destinazione per il finanziamento di spese correnti, consentito in via eccezionale dalla normativa quale strumento per fronteggiare temporanee difficoltà in termini di cassa, è sottoposto a rigorosi vincoli quantitativi e procedimentali, evidentemente determinati dalla necessità di garantire, in qualsiasi momento, il reintegro, in tempi rapidi, delle somme vincolate utilizzate onde permettere l’impiego delle stesse per le finalità per le quali sono destinate.

È per tale motivo che l’importo utilizzato delle somme a specifica destinazione vincola una quota corrispondente dell'anticipazione di tesoreria, alla quale l’Ente può ricorrere nel caso debba procedere al reintegro della cassa vincolata: infatti, con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione viene ricostituita la consistenza delle somme vincolate che sono state utilizzate per il pagamento di spese correnti.

L’impiego scorretto delle somme vincolate e la mancata ricostituzione delle stesse comporta squilibri finanziari solitamente difficili da sanare che possono rivelare una situazione di potenziale dissesto. Il continuo ricorso a tale strumento (o all’anticipazione di tesoreria) rappresenta un comportamento difforme dalla sana gestione finanziaria e dimostra normalmente l’esistenza di uno squilibrio strutturale, l’incapacità dell’Ente di riscuotere le proprie entrate e la inattendibilità del conto del bilancio derivante dalla probabile presenza di residui attivi insussistenti o inesigibili che alterano anche la determinazione del risultato di amministrazione.

Qualora la mancata ricostituzione di entrate non sia dipendente da fatti contingenti o sporadici, ma risulti dovuta ad una cronica deficienza di cassa prolungata nel tempo, l’Ente è comunque obbligato a recuperare le risorse vincolate stabilmente mancanti con idonee misure correttive, per garantire che allo stanziamento e all’impegno di nuova spesa sia assicurata reale copertura.

L’impiego di somme a specifica destinazione, del resto, è spesso fisiologica espressione del diverso tempo di smaltimento dei residui attivi e passivi e della necessità di evitare il ricorso non necessario all’anticipazione di tesoreria, con inutile aggravio di costi. Cionondimeno, come nel caso di prolungato utilizzo di anticipazioni di cassa, il ricorso ad entrate a specifica destinazione, non ricostituite nei termini di legge, può essere indice di un latente squilibrio di bilancio, affetto dalla probabile sussistenza di entrate accertate, ma infondate, la cui mancata riscossione impedisce di ricostituire un fondo cassa sufficientemente capiente a ripristinare la provvista vincolata (Corte dei conti Campania, deliberazione n. 59/2018/PAR).

Si ritiene che le anticipazioni di tesoreria operino alla stregua di un normale scoperto di conto corrente, sia nel senso che si estinguono automaticamente (a seguito di riscossioni sufficienti a formare corrispondenti disponibilità di cassa) e sono riaccese al ripresentarsi di nuovo fabbisogno monetario, sia nel senso che gli interessi a carico dell’Ente decorrono dal momento dell’effettivo utilizzo di queste risorse.(cosiddetti “interessi a debito”).

 

Contabilizzazione dell’anticipazione di tesoreria

Il problema della corretta chiusura nelle scritture contabili dell’anticipazione di tesoreria non totalmente restituita alla fine dell’esercizio finanziario, stante la lacunosità della normativa e dei principi contabili, è stato sottoposto all’attenzione della commissione Arconet (organo avente il compito di promuovere l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali e dei loro organismi e enti strumentali).

Il predetto organo, nella seduta del 14 febbraio 2018, premesso che gli Enti locali hanno adottato nella prassi due diverse modalità alternative di chiusura dell’anticipazione di tesoreria al 31/12, entrambe corrette in assenza di norme e principi contabili di richiamo, che di seguito si riportano:

- la prima, avvalendosi di una regolazione contabile “a cavallo” dei due esercizi, costituita da un mandato in c/competenza dell’esercizio in chiusura e una reversale in c/competenza del nuovo esercizio, accertante l’entrata scaturente dall’anticipazione attivata e contestuale impegno di spesa con riferimento al rimborso dell’anticipazione stessa;

- la seconda, attraverso una regolazione contabile costituita da un mandato in c/residui dell’esercizio in chiusura e una reversale in c/competenza del nuovo esercizio, accertante l’entrata originata dall’anticipazione accesa e contestuale impegno di spesa con riferimento al rimborso dell’anticipazione stessa.

La Commissione ha ritenuto preferibile la seconda modalità di contabilizzazione in quanto consente la corretta interpretazione del debito finanziario derivante dall’anticipazione sia nel rendiconto (nel conto del bilancio e nello stato patrimoniale), che nel conto del tesoriere, senza peggiorare il risultato di amministrazione che non deve essere condizionato dall’utilizzo dell’anticipazione di tesoreria. Qualora al termine dell’esercizio N, l’Ente non abbia restituito integralmente l’anticipazione di tesoreria erogata, registrerà nel titolo V della spesa un residuo passivo, imputato all’esercizio N, pari alla quota di anticipazione non restituita, che concorre alla determinazione del risultato di amministrazione.

La chiusura contabile dell’anticipazione di tesoreria al 31 dicembre dell’esercizio precedente, conclude la Commissione, è effettuata nell’esercizio successivo, alla prima data utile, attraverso:

a) l’accertamento dell’entrata derivante dall’anticipazione di tesoreria in essere alla data del 1° gennaio, e il correlato impegno concernente il rimborso dell’anticipazione;

b) una regolazione contabile costituita da un mandato in c/residui a valere dell’impegno concernente il rimborso dell’anticipazione di tesoreria non pagato nell’esercizio precedente, e dalla correlata reversale in c/competenza a valere dell’accertamento di cui alla precedente lettera a).

Al 1° gennaio il fondo cassa iniziale risulta pari a zero, mentre il livello massimo della nuova anticipazione di tesoreria è determinato nel rispetto dei limiti di legge, tenendo conto dell’importo dell’anticipazione non restituita (FAQ n. 29 del 26/03/2018).

Un fugace cenno va fatto riguardo il valore giuridico attribuito alle FAQ di ARCONET. La questione è stata affrontata dal Consiglio di Stato (sentenza del 16 giugno 2021) il quale, premesso che le FAQ sono sconosciute all’ordinamento giuridico non potendo essere assimilate a fonti del diritto, né primarie, né secondarie, ha comunque riconosciuto alle stesse un ruolo di carattere applicativo.

Inoltre, ha chiarito il massimo organo di giustizia amministrativa, le stesse non possono essere considerate affini alle circolari in quanto non costituiscono obbligo interno per gli organi amministrativi e non costituiscono neppure atti di interpretazione autentica.

In definitiva, i giudici di palazzo Spada concludono nel senso che, pur non avendo pretesa di vincolatività per l’Amministrazione, indirizzano i comportamenti degli interessati e non possono essere considerate come se non esistessero.

 

Rimborso

Il tesoriere è tenuto alla ricostituzione dell’anticipazione di tesoreria non appena si formano disponibilità di cassa; per l’utilizzo di somme vincolate la ricomposizione avviene con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione, mentre l’estinzione dovrà avvenire entro la chiusura dell’esercizio in cui è stata attivata.

 

La mancata restituzione al 31/12

Come abbiamo visto, nel caso in cui un Ente locale si trovi in una situazione di scarsa o insufficiente liquidità, può ricorrere a due istituti diversi e complementari tra di loro: l’anticipazione di tesoreria, prevista dall’articolo 222 del Tuel e la possibilità di utilizzare temporaneamente entrate a destinazione vincolata, ex articolo 195 del Tuel, per finanziare specifiche spese.

La finalità che accomuna questi due istituti è quella di fronteggiare situazioni di temporanea difficoltà finanziaria; la differenza è che l'anticipazione di tesoreria va di norma rimborsata entro la chiusura dell'esercizio finanziario in cui è stata concessa.

Per la sua contabilizzazione gli schemi di bilancio armonizzato hanno istituito due nuovi titoli: uno tra le entrate - Titolo VII “Anticipazioni da istituto tesoriere/cassiere” e uno tra le spese - Titolo V “Chiusura anticipazione da istituto tesoriere/cassiere”.

Può accadere che alla fine dell’esercizio finanziario l’Ente non sia riuscito a restituire interamente l’anticipazione somministrata: in tale evenienza al 31/12 l’Ente locale non ha un fondo di cassa negativo, bensì pari a zero, chiudendo l’esercizio con un residuo passivo del Titolo V di importo pari all’anticipazione non rimborsata. Nell’anno successivo il tesoriere destinerà le prime riscossioni per estinguere il debito da anticipazione (Commissione ARCONET, seduta del 22 giugno 2016 FAQ n. 29). Nel nuovo esercizio il rimborso dell’anticipazione ottenuta in quello precedente potrebbe comportare l’esigenza di attivare una nuova anticipazione con le modalità indicate dall’articolo 222, comma 1 del Tuel. È frequente che la nuova anticipazione sia di importo pari a quella da restituire: in tal caso la contabilizzazione corretta è quella di emettere un mandato a chiusura del residuo passivo iscritto nell’esercizio precedente e di iscrivere un impegno alla restituzione nel bilancio del nuovo esercizio, per cui gli incassi registrati nell’anno precedente saranno, pertanto, obbligatoriamente destinati in primis al rimborso del debito da anticipazione non restituita al 31/12.

Alla data del 1° gennaio, il livello massimo dell’anticipazione di tesoreria del nuovo anno è determinato nel rispetto dei limiti di legge, considerando eventuali somme non restituite al 31/12, le quali si trasformano in residui passivi, e di essi bisogna tenere conto nel quantificare l’entità della nuova anticipazione attivabile, viceversa rimarrebbe inosservato il limite dei 3/12 delle entrate accertate. A tal fine è necessario disporre il pagamento del residuo dell’esercizio N accendendo sull’esercizio N+1 una nuova anticipazione con il tesoriere.

L’articolo 186 del Tuel stabilisce che il il risultato di amministrazione venga determinato come somma algebrica tra la giacenza di cassa al 31/12 + residui attivi – residui passivi – fondo pluriennale vincolato in spesa. Nel caso in cui l’ente chiuda l’esercizio in anticipazione di tesoreria, evidenzierà un saldo di cassa pari a zero, mentre tra i residui passivi evidenzierà il debito per le somme da restituire al tesoriere; tale residuo passivo concorrerà a ridurre il risultato di amministrazione ovvero a generare o aumentare l’eventuale disavanzo di amministrazione. L’eventuale disavanzo di amministrazione dovrà essere ripianato secondo le regole del Tuel. Si ricorda comunque come l’esistenza al 31 dicembre di anticipazioni non restituite rappresenti un parametro di deficitarietà strutturale ai sensi del decreto del Ministero dell’Intero del 28/12/2018.

 

Questione della pignorabilità

Con sentenza n. 211 del 18/06/2003, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 159, commi 2, 3, 4 “nella parte in cui non prevede che la impignorabilità delle somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b), c) del comma 2 non operi qualora, dopo la adozione da parte della Giunta della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalità e la notificazione di essa al tesoriere dell’Ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, degli atti di impegno da parte dell’Ente stesso”.

Successivamente, la problematica della pignorabilità dell’anticipazione di tesoreria è stata fortemente dibattuta in giurisprudenza, sia civile che amministrativa, il cui orientamento prevalente era favorevole alla pignorabilità dell’anticipazione di tesoreria e la cui motivazione, comune a quasi tutte le pronunce, era di considerare le somme oggetto di anticipazione-apertura di credito pignorabili dal momento in cui, attraverso la reversale di incasso dell’Ente locale o anche senza, divenivano perfettamente utilizzabili e di spettanza del medesimo, entravano a far parte del suo patrimonio ed acquistavano la qualità della esigibilità in uno con quella della pignorabilità, al pari degli altri proventi.

La dichiarazione del terzo, laddove dava atto dell’esistenza di un’anticipazione, aveva carattere positivo, perché attestava un credito eventuale dell’Ente nei confronti dell’istituto di credito.

Con la sentenza n. 223 del 23 ottobre 2020, la Corte Costituzionale, in ordine alla questione sollevata dal giudice dell’esecuzione del Tribunale di Napoli Nord, secondo il quale sarebbe irragionevole e in opponibile l’impignorabilità delle somme quantificate dall’Ente nei confronti dei creditori “qualificati”, il cui diritto trova causa proprio in una delle finalità menzionate dalla norma stessa, ha ritenuto la prefata impignorabilità opponibile ad ogni creditore.

Ad avviso del giudice delle leggi, è legittimo non consentire il pignoramento delle somme di competenza degli Enti come individuate nella deliberazione semestrale, sia ai creditori “qualificati”, sia a quelli “ordinari”, in quanto la ratio legis non è la tutela del terzo, ma la garanzia di funzionalità e di continuum gestionale dell’Ente stesso.

In particolare, la sentenza precisa chiaramente che il divieto di agire esecutivamente è applicato solo quando il saldo attivo presso la il tesoriere sia di ammontare inferiore o uguale all’ammontare delle somme quantificate nella delibera semestrale di Giunta, per evitare che l’aggressione individuale, ancorché “qualificata”, possa comunque condurre ad una decurtazione significativa, oppure, addirittura, all’azzeramento delle risorse finanziarie dell’ente, così compromettendone quella vitalità istituzionale, che l’impalcatura normativa sopra designata vuole proteggere. Di tal guisa, la par condicio creditorum è rispettata dal divieto di prescindere dell’ordine cronologico dei pagamenti a titoli diversi da quelli vincolati: infatti, è costituzionalmente illegittimo l’articolo 195, commi 2, 3, 4, nella parte in cui non prevede che la impignorabilità delle somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b), c) della comma 2 dell’articolo in commento non operi qualora, dopo l’adozione della Giunta della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione delle somme destinate alle suddette finalità e la sua notificazione di essa al tesoriere, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, degli atti di impegno da parte dell’Ente stesso.

Con la sentenza in commento, la Consulta, in linea con la sentenza n. 31661/2018 della Cassazione, secondo cui non è costituzionalmente illegittimo l’articolo 159 del Tuel nella parte in cui non consente la pignorabilità delle somme di competenza degli Enti locali da parte di chi vanta crediti riconducibili al pagamento degli stipendi, al pagamento delle rate dei mutui e l’espletamento dei servizi indispensabili.

La questione non solo non è fondata ma chiarisce che lo scopo della norma non sarebbe quello di tutelare i creditori “qualificati”, piuttosto quella di garantire la funzionalità dell’Ente locale. La finalità è quella di evitare che l’aggressione, da qualsiasi creditore provenga, di una riserva essenziale di denaro possa compromettere il normale svolgimento di determinate funzioni istituzionali ritenute dal legislatore essenziale alla vita stessa dell’Ente.

Tuttavia è opportuno che l’articolo 159 del Tuel venga modificato dal legislatore, con l’inserimento di specifica previsione che l'anticipazione di tesoreria non è pignorabile e deve essere restituita entro l’esercizio finanziario in cui è stata concessa.

 

Riflessioni conclusive

In conclusione di questa disamina dell’anticipazione di tesoreria, si evidenzia come al problema della cassa non sempre è stato dato il giusto rilievo: essa, infatti, suscita interesse solo quando si riscontra una carenza di liquidità. Viene considerata, spesso, come un aspetto secondario della competenza, nel senso che, qualora quest’ultima è in equilibrio, anche i problemi della cassa, anche se possono presentare temporanee deficienze, alla fine segue l’andamento della gestione di competenza.

Un bilancio di cassa, detto anche di fatto o di gestione, di fondamentale importanza per gli Enti locali in quanto rileva in ogni momento la consistenza delle liquidità disponibili, introdotto con decreto del Presidente della Repubblica 19 giugno 1979, n. 421 ed abolito con il Decreto Legislativo n. 25 febbraio 1995, n. 77, solo di recente è stato opportunamente reinserito dal legislatore con il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modifiche.

Infatti, ai sensi dell’articolo 162 del Tuel, gli Enti locali deliberano annualmente il bilancio di previsione finanziario riferito ad almeno un triennio, comprendente le previsioni di competenza e di cassa del primo esercizio del periodo considerato e le previsioni di competenza degli esercizi successivi. Deve garantire l’equilibrio di competenza, comprensivo dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione e un fondo di cassa finale non negativo nel primo esercizio del triennio di riferimento.

Per molti anni l’aspetto finanziario non è stato considerato un ambito decisivo e caratterizzante della gestione degli Enti locali: questo atteggiamento molte volte ha condotto a situazioni di “tensione finanziaria” o, peggio ancora, al dissesto finanziario. La carenza di una regolare previsione nella dinamica delle entrate e delle uscite o delle valutazioni a medio e lungo termine sui progetti di investimento, infatti, può frequentemente accompagnare un Ente locale verso situazioni di difficoltà di cassa nel pagamento dei debiti verso i propri creditori.

Nel corso della trattazione abbiamo evidenziato come l’anticipazione di tesoreria da forma di finanziamento ordinario a breve termine, a cui l’Ente ricorre per far fronte a momentanei problemi di liquidità, si trasformi in un consueto mezzo di pagamento delle spese, segno di una celata crisi, talvolta strutturale, di squilibri della gestione finanziaria, occultando forme di indebitamento vero e proprio a medio o lungo termine, che presumibilmente porterà alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (articolo 243-bis del Tuel) o, ancora peggio, alla dichiarazione dello stato di dissesto finanziario (articoli 244 e seguenti del Tuel).

In molti casi le spese correnti crescono ad un ritmo superiore rispetto alle entrate correnti, creando uno squilibrio nella gestione di competenza, il quale viene neutralizzato soltanto con applicazione di entrate “una tantum” o straordinarie. Tale comportamento, reiterato nel tempo, non può portare che a una crisi finanziaria.

La predominante regolarità di erogazione delle spese sulla riscossione delle entrate, dovuto essenzialmente ai lenti tempi di incameramento delle entrate rispetto alle spese che hanno tempi certi e scadenze predefinite, portano a una graduale riduzione delle disponibilità di cassa e ad un accumulo di residui attivi di parte corrente, che di frequente si rilevano insussistenti o di dubbia esigibilità.

Una tale situazione comporta necessariamente il ricorso all’utilizzo, prioritario e prima dell'attivazione dell’anticipazione di tesoreria, di somme vincolate.

I rimedi da porre in essere per monitorare detti fenomeni possono essere, a titolo esemplificativo, i seguenti:

  • osservare la consistenza del fondo cassa: una costante e crescente diminuzione sta a significare che ragionevolmente l’Ente locale sorregge spese effettive con entrate solo apparenti;
  • monitorare le procedure di acquisizione delle entrate da riscuotere con particolare riferimento alle fasi dell’accertamento, riscossione e revisione del mantenimento in tutto o in parte dei residui attivi, con eliminazione delle entrate inesigibili e dei crediti di dubbia o difficile esigibilità. Certificazione di crediti non certa o carente, porta inevitabilmente a un volume di entrate e residui attivi sovrastimati capace di falsare gli equilibri di bilanci e rendiconti solo formalmente in avanzi di amministrazione ma non effettivamente conseguiti, dimensionando la spesa su livelli non corrispondenti alla effettiva disponibilità di risorse finanziarie;
  • verificare l’equilibrio finanziario di parte corrente mettendo a confronto le previsioni di competenza relative alle spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative ai trasferimenti in c/capitale,al saldo negativo delle partite finanziarie e alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e degli altri prestiti, con l’esclusione dei rimborsi anticipati, non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell’entrata, ai contribuiti destinati al rimborso dei prestiti e all’utilizzo dell’avanzo di competenza di parte corrente e non possono avere altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni tassativamente indicate nel principio contabile applicato alla contabilità finanziaria;
  • vigilare le modalità di gestione delle entrare a specificare destinazione: il perdurare di un saldo negativo (flusso di cassa inferiore alla differenza tra reversali di incasso e mandati di pagamento con vincolo di destinazione), rappresenta un chiaro segnale che l’Ente sta utilizzando entrate vincolate per finanziare spese correnti e non abbia le risorse necessarie per ricostituirla;
  • verificare l’osservanza dell’utilizzo di forme di indebitamento per sovvenzionare spese correnti piuttosto che di investimento;
  • sorvegliare la ciclicità dell’utilizzo dell’anticipazione di tesoreria e la reale possibilità di ricostituirla in tempi brevi; in caso contrario, l’Ente trova difficoltà nella provvista di risorse per estinguere i prestiti a breve termine concessi;
  • appurare se l’Ente utilizzi risorse liquide non soggette al regime di tesoreria unica, destinate al finanziamento di spese di investimento, fatte confluire nel fondo cassa per finanziare spese correnti. Anche questo elemento rappresenta un segnale che l’Ente è in difficoltà finanziaria, in quanto le entrate correnti non sono in grado di coprire le spese correnti.

Qualora questi “coefficienti o parametri”, o anche alcuni di essi ritenuti determinanti, vengono rilevati in modo chiaro ed evidente, significa che l’Ente versa in uno stato di “sofferenza finanziaria o monetaria”, anche se ciò non dovesse emergere dai documenti contabili (bilancio di previsione, rendiconto di gestione, ecc.), che solo formalmente presentano equilibrio fra accertamenti ed impegni, anche di parte corrente, ed un risultato di amministrazione in avanzo. Questa situazione evidenzia come sia la cassa a finanziare un disavanzo di amministrazione occulto: in realtà la parte del bilancio “Equilibri movimento di fondi a breve termine”, che ha un suo equilibrio interno, va a sostenere altre gestioni del bilancio, soprattutto quella corrente.

È indispensabile un diverso approccio al problema e di una seria ed attendibile programmazione considerato che negli ultimi anni gli Enti locali hanno subìto una drastica riduzione dei trasferimenti erariali e non avendo, per altro, raggiunto una piena autonomia fiscale e tributaria.

Abbandonare gradualmente il vecchio e disequilibrato comportamento che monitorava la cassa solo quando oramai era più o meno compromessa e l’inizio di una nuova modalità gestionale indirizzata verso un controllo costante e rigoroso dei flussi di cassa i quali, se regolari nel tempo e sufficienti per sostenere la spesa, sono in grado di misurare lo “stato finanziario dell’Ente” certificando una buona situazione finanziaria ed evitare eventuale responsabilità contabile e/o erariale per una non corretta gestione contabile.

Adoperarsi, quindi, sulle reali cause della crisi di liquidità ed intervenire efficacemente per la loro rimozione con mezzi incisivi ed adeguati, limitando al contempo l’utilizzo dell’anticipazione di tesoreria o l’impiego, in termini di cassa, delle entrate a specifica destinazione, strumenti che non rappresentano la risoluzione definitiva al problema, ma palliativi che denunciamo esclusivamente uno stato di “difficoltà finanziaria” più o meno anormale.

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