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L’avvocato può esercitare senza studio?

Cosa prevedono la legge professionale e il codice deontologico.
Lecce
Ph. Antonio Capodieci / Lecce

L’avvocato è obbligato ad avere uno studio legale dedicato per poter svolgere la professione legale? La legge professionale e il codice deontologico cosa prevedono in proposito? Il tema è stato affrontato dal Consiglio di Stato con la sentenza del 21 gennaio 2021, per la lettura del provvedimento: Link.

Nell’immaginario collettivo è difficile immaginare un avvocato senza uno studio dedicato alla sua professione, il recente ricorso allo smart working sembra aver influenzato anche il Consiglio di Stato che è stato chiamato a decidere sulla validità di una delibera di un consiglio comunale che ha ricompreso nel Regolamento urbanistico edilizio recante “Disciplina per il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche”, fra gli edifici aperti al pubblico anche gli studi professionali di avvocati iscritti nell’elenco dei difensori d’ufficio e abilitati al gratuito patrocinio.

La questione che qui interessa è la motivazione del Consiglio di Stato che ha stabilito che non esiste alcun obbligo per l’avvocato di esercitare la sua professione presso uno studio legale.

I giudici amministrativi hanno escluso che lo studio legale abbia la qualità di luogo pubblico o aperto al pubblico in quanto “né la legge professionale 31 dicembre 2012 n. 247, in particolare l’art. 7 di essa, relativo al domicilio, né il codice deontologico forense obbligano l’avvocato per esercitare la sua professione, ad avere la disponibilità di un ufficio a ciò dedicato”.

In particolare, l’art. 7 della legge n. 247/2017 prevede solo che l’avvocato abbia un “domicilio”, ovvero in termini semplici un recapito ove essere reperibile e ricevere gli atti, ma non vieta che esso, al limite, coincida con la propria abitazione. Per l’esame della disciplina dell’ordinamento della professione forense: Link.

Pertanto, l’apertura di uno studio come comunamente inteso rientra nella libera scelta del professionista. Inoltre, aggiunge il Consiglio di Stato, lo studio legale, anche quando esiste, non è di per sé un luogo pubblico o aperto al pubblico, come si desume, per implicito, dalla costante giurisprudenza penale, secondo la quale commette il reato di violazione di domicilio previsto dall’art. 614 c.p. del codice penale chi acceda allo studio di un avvocato, o vi si trattenga, contro la volontà del titolare. Per una rassegna della giurisprudenza penale richiamata: Link.

In conclusione, l’avvocato non è obbligato a disporre di uno studio ed il relativo incarico professionale si può sempre svolgere.

La legge n. 247/2012 e il codice deontologico non vietano infatti in generale che il difensore, per svolgere il proprio mandato, possa recarsi presso la parte, in un luogo che essa ritiene adeguato alle proprie esigenze.