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Le sanzioni degli USA verso l’Iran ed il Regolamento di Blocco

Profili giuridici e suggerimenti per gli operatori
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Indice

1. Premessa

2. Il sistema delle sanzioni americane verso l’Iran 

2.1 Le sanzioni primarie

2.2 Le sanzioni secondarie

3. Il Regolamento di Blocco

4. Conclusioni e suggerimenti operativi

 

1. Premessa

L’otto maggio 2018 il Presidente Donald Trump ha revocato l’adesione degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano, il Joint Comprehensive Plan of Actions (JCPOA), faticosamente raggiunto nell’agosto del 2015 dal Gruppo dei 5+1 ed entrato in vigore nel gennaio 2016.

L’accordo, siglato dai 5 stati dotati di diritto di veto alle Nazioni Unite (USA, Russia, Gran Bretagna, Francia, Cina più la Germania) e promosso dall’Unione Europea, sanciva la sospensione di uno dei più sofisticati sistemi sanzionatori adottati nei confronti di uno stato sovrano, in cambio, da parte del Governo di Teheran, dello smantellamento del piano di sviluppo nucleare perseguito da quest’ultimo a partire dagli anni 2000.

Unitamente alla revoca dell’adesione, gli Stati Uniti hanno annunciato la reintroduzione delle c.d. sanzioni economiche secondarie, ovvero quelle sanzioni che colpiscono i soggetti fisici e giuridici non-americani (e quindi anche le società europee) che promuovono o intrattengono relazioni commerciali con l’Iran in determinati settori economici.

L’intento di questo articolo è quello di fornire un quadro sul sistema sanzionatorio americano verso l’Iran e sulle conseguenze giuridiche che esso comporta per gli operatori commerciali europei ed italiani, che intrattengono relazioni con il Paese mediorientale.

 

2. Il sistema delle sanzioni americane verso l’Iran 

 

2.1 Le sanzioni primarie

Per comprendere la portata del sistema delle sanzioni secondarie, è necessario fare un passo indietro.

A partire dalla metà degli anni Novanta, con l’emanazione del Iranian Transactions and Sanctions Regulations (ITSR), il Governo americano ha imposto un generale divieto a tutti i soggetti fisici e giuridici statunitensi (i c.d. US persons) di porre in essere qualsiasi transazione commerciale con l’Iran avente ad oggetto l’importazione di beni di origine iraniana o l’esportazione verso l’Iran di qualsiasi bene o tecnologia di origine statunitense o straniera, sia direttamente dagli Stati Uniti sia attraverso paesi o persone terze. Si tratta delle c.d. sanzioni primarie: tali sanzioni non sono mai venute meno, neanche con l’Accordo del 2015 e, pertanto, continuano ad essere pienamente operanti.

Le sanzioni primarie si applicano non solo nei confronti dei soggetti collocati nel territorio degli Stati Uniti ma altresì nei confronti dei soggetti fisicamente collocati al di fuori di esso, le cui operazioni presentino un elemento di “americanità”.

Nello specifico, il divieto opera anche

a) nei confronti delle entità giuridiche stabilite al di fuori del territorio americano ma controllate in tutto od in parte da soggetti fisici o giuridici statunitensi;

b) nei confronti di soggetti non americani che, seppur non residenti negli Stati Uniti, facilitino transazioni commerciali verso l’Iran aventi ad oggetto beni di origine americana[1].

Le eccezioni a questi divieti, previste da determinate licenze generali rilasciate dall’OFAC[2], sono limitatissime e si applicano solamente a specifiche categorie di prodotti/servizi, quali:

  • derrate alimentari,
  • apparecchiatura medica e medicinali,
  • ricambi per velivoli,
  • determinati software per la comunicazione,
  • servizi educativi,
  • servizi sportivi.

Le pene previste nei confronti delle US persons per le violazioni della normativa descritta sono severissime: fino a 20 anni di reclusione e fino ad un milione di Dollari di multa.

Preme sottolineare che per il Governo americano sono destinatari dei divieti sopra esposti non solo i cittadini statunitensi, ma anche tutti coloro che, da un punto di vista giuridico, si trovino sotto la giurisdizione USA: si tratta dei possessori di Green Card, degli stranieri in viaggio temporaneo negli Stati Uniti o di coloro che utilizzano nelle transazioni commerciali Dollari americani.

 

2.2. Le sanzioni secondarie

La principale conseguenza della revoca dell’adesione degli Stati Uniti a tale accordo è stata la reintroduzione di sanzioni nei confronti di soggetti fisici e giuridici non-americani che effettuino operazioni in determinati settori nell’economia iraniana[3], definite, appunto, sanzioni secondarie.

Mentre le sanzioni primarie entrarono in vigore dagli anni Novanta e non sono mai state né sospese né rimosse, le sanzioni secondarie furono adottate dal governo americano a partire dal 2012 e furono successivamente sospese con l’Accordo sul nucleare del 2015.

La peculiarità di queste misure sta quindi nella pretesa di avere effetti extraterritoriali, ovvero di arrivare a sanzionare con multe o con limitazioni all’accesso al mercato americano di soggetti fisici o giuridici non statunitensi, definiti foreign sanctions evaders.

La finalità perseguita dal Governo americano con tali sanzioni è quella di “strangolare” l’economia iraniana, impendendo sia l’approvvigionamento da parte degli operatori economici iraniani di beni e tecnologia occidentale, sia l’acquisto da parte degli stati e delle aziende europee di materie prime iraniane, in primo luogo del petrolio, sulla cui vendita si basa l’economia dell’Iran.

Dal punto di vista pratico, le sanzioni che il governo americano minaccia di elevare nei confronti dei c.d. foreign sanctions evaders, comprendono le seguenti misure:

  • l’imposizione di limitazioni nelle importazioni negli Stati Uniti di merce prodotta dagli evaders;
  • il divieto di essere designati come operatori primari o depositari di fondi governativi statunitensi;
  • il diniego all’accesso a prestiti erogati da enti finanziari statunitensi o di trasferimenti attraverso tali enti;
  • il divieto di operazioni in Dollari;
  • l’imposizione di restrizioni all’esportazione di beni statunitensi verso gli evaders;
  • il divieto di porre in essere operazioni immobiliari soggette alla giurisdizione degli USA;
  • il rifiuto di assistenza da parte della ExIm-Bank (l’agenzia statunitense del credito per le esportazioni);
  • l’imposizione di divieti e restrizioni per l’apertura e la gestione di conti bancari di corrispondenza negli Stati Uniti.

Rientra sempre nell’ambito delle sanzioni secondarie americane la reintroduzione da parte dell’OFAC di una black-list, contenente i nominativi di soggetti giuridici e fisici iraniani con i quali si vieta l’intrattenimento di qualsiasi relazione commerciale, a prescindere da quale sia il settore di operatività di un’azienda.

È evidente che l’obiettivo delle sanzioni secondarie americane è quello di scoraggiare le imprese europee – comprese le banche e gli istituti di credito – dal trattenere rapporti commerciali, bancari e di investimento con le imprese private e pubbliche iraniane.

Di questa situazione ne hanno subito e ne subiscono i maggiori svantaggi Germania, Francia ed Italia, i tre maggiori partners commerciali europei dell’Iran.

 

3. Il Regolamento di Blocco

L’Unione Europea, promotrice del JCPOA, ha confermato la sua intenzione di rispettare gli accordi internazionali stipulati con l’Iran e, sin da subito, ha qualificato come illegittimo il recesso unilaterale degli Stati Uniti, annunciato nel maggio del 2018.

Su queste premesse, l’Unione Europea ha riconosciuto che il ripristino da parte degli USA delle sanzioni secondarie, ledendo gli interessi delle persone fisiche e giuridiche europee che effettuano movimenti di capitali e attività commerciali con l’Iran, violi il diritto internazionale per gli effetti extraterritoriali di tale tipo di misure restrittive.

Con il Regolamento n. 2018/1100 la Commissione Europea, su delega del Consiglio, è intervenuta per schermare le aziende europee dagli effetti delle sanzioni secondarie.

L’operazione è stata effettuata aggiornando un Regolamento comunitario già esistente ma obsoleto, il c.d. “Regolamento di Blocco” (n. 2271/1996), che mira a neutralizzare – appunto a bloccare – gli effetti delle normativa americana pregiudizievole per le attività commerciali dei soggetti dell’Unione Europea con un paese terzo, nel caso di specie con l’Iran.

In questo senso, il Regolamento di Blocco qualifica come lesive per gli interessi economici e finanziari dell’Unione, e pertanto inefficaci in Europa, tutta una serie di prescrizioni contenute in atti legislativi e regolamenti statunitensi adottati contro l’Iran dalle varie amministrazioni americane a partire dal 1996[4], prescrizioni istitutive delle c.d. sanzioni secondarie.

Il Regolamento di Blocco, così come aggiornato, è entrato in vigore il 7 agosto del 2018 e, nell’intento di neutralizzare le sanzioni secondarie americane verso l’Iran, impone a tutti i soggetti fisici e giuridici dell’Unione due divieti e riconoscendo ad essi un diritto[5]:

a) il divieto di accettare od eseguire nell’Unione Europea qualsiasi sentenza o decisione arbitrale od amministrativa di un tribunale o di un’autorità amministrativa esterna all’Unione, che direttamente o indirettamente, renda efficaci verso un soggetto europeo le sanzioni secondarie americane (Art. 4);

b) il divieto di osservare, direttamente o attraverso una consociata o altro intermediario, attivamente o per omissione deliberata, richieste o divieti, comprese le richieste di tribunali stra­nieri, basate o derivanti – direttamente o indirettamente – dagli atti normativi istitutivi delle sanzioni secondarie, o da azioni su di essi basate o da essi derivanti. È stata tuttavia prevista una eccezione a tale divieto: la Commissione Europea può autorizzare a rispettare le sanzioni secondarie, completamente o in parte, se la loro inosservanza danneggia gravemente gli interessi delle persone fisiche o giuridiche dell’Unione o quelli dell’Unione stessa, sulla base di determinati criteri (Art. 5)[6];

c) il diritto al risarcimento dei danni, comprese le spese giudiziali, causati alle persone fisiche o giuridiche europee impegnate in scambi internazionali verso l’Iran e derivanti dall’applicazione da parte di altri soggetti europei delle sanzioni secondarie americane o da azioni su di essi basate o da essi derivanti (Art. 6).

Materialmente, nel caso in cui un soggetto dell’Unione fosse leso da un provvedimento di provenienza americana (una sentenza, un ordine di un’autorità amministrativa etc.) nello svolgimento di attività commerciali con l’Iran, esso dovrà informarne la Commissione Europea nei 30 giorni successivi alla data in cui è pervenuta la lesione, o direttamente o comunicandolo alla Autorità competente dello Stato membro in cui risiede. In Italia, tale Autorità è rappresentata dal Ministero per lo Sviluppo Economico.

Il Regolamento di Blocco è direttamente applicabile negli Stati membri dell’Unione Europea e quindi le aziende ed i soggetti fisici italiani operanti con l’Iran sono tenuti a rispettarlo, alla stregua di una legge interna italiana. Le sanzioni per la violazione di questo atto normativo europeo sono disciplinate dal Decreto Legislativo italiano n. 346 del 1998 e prevedono sanzioni sino ad Euro 92.962,00.

 

4. Conclusioni e suggerimenti operativi

Nel luglio 2017 la Repubblica Islamica dell’Iran, in conseguenza del recesso unilaterale degli Stati Uniti dall’accordo del 2015, ha citato avanti la Corte internazionale di Giustizia dell’Aja il Governo americano per la violazione del Trattato di Amicizia, sulle relazioni economiche ed i diritti consolari in vigore tra l’Iran e gli Stati Uniti, chiedendo la sospensione cautelare del nuovo regime di sanzioni economiche imposto da Washington.

Il procedimento si è concluso con un sostanziale pareggio, nel senso che la Corte ha riconosciuto la sua giurisdizione (che veniva contestata dagli Stati Uniti) ma ha accolto solo parzialmente la richiesta cautelare di sospensione delle misure sanzionatorie imposte da Teheran.

Dopo un anno dalla decisione americana di ritiro dall’Accordo, il 9 maggio 2019 il Governo iraniano ha annunciato la sospensione parziale dell’adempimento dei propri obblighi derivanti dal JCPOA, fino a che – e comunque nel termine di 60 giorni – gli altri partecipanti all’Accordo non assumano azioni concrete volte a limitare gli effetti delle sanzioni americane verso l’Iran, che stanno pregiudicando fortemente l’economia del Paese.

Con il Regolamento di Blocco, l’Unione Europea, non solo ha cercato di fornire uno strumento (anche se precario), per proteggere le aziende europee dall’embargo americano verso l’Iran, ma soprattutto ha fissato un principio:

da un punto di vista giuridico l’Iran non è un paese sottoposto ad embargo e quindi, verso di esso, ai soggetti europei è pienamente consentito porre in essere transazioni commerciali, che continuano ad essere libere e non sanzionate, a meno che non riguardino particolari settori sensibili.

Da un punto di vista operativo, una società italiana che abbia in vigore un contratto con controparti europee, italiane o iraniane aventi ad oggetto forniture verso l’Iran, non può risolvere o modificare le condizioni del contratto stesso senza il consenso della controparte, se ciò avviene solamente quale conseguenza dell’adeguamento della società italiana alle misure restrittive degli USA verso l’Iran.

Nel caso in cui la società italiana ponga in essere una tale condotta, le conseguenze per essa sono duplici:

a) la possibilità di subire una sanzione amministrativa comminata dal Ministero italiano dello Sviluppo Economico fino ad Euro € 92.962,00.

b) nel caso in cui la controparte contrattuale della società italiana sia un soggetto europeo,  la società italiana è passibile di essere convenuta in giudizio avanti un tribunale nazionale per il risarcimento dei danni subiti dal soggetto europeo a causa della risoluzione o della modifica unilaterale del contratto, avente ad oggetto forniture verso l’Iran.

Alle società che operano contemporaneamente con Iran e Stati Uniti si suggerisce di effettuare una approfondita due diligence sui soggetti fisici e giuridici iraniani con i quali intrattengono relazioni commerciali (società, loro soci ed amministratori) per verificare che non siano stati inclusi nella black-list americana summenzionata.

Per quanto riguarda le società europee dotate di branch o di società da esse controllate negli USA, invece, tali branch o società – essendo sottoposte alla giurisdizione statunitense – dovranno necessariamente ottemperare alle norme imperative previste dall’ITSR verso l’Iran, e cioè alle sanzioni primarie, così come descritte nel paragrafo 2.1.

[1] Il divieto trova un’eccezione solo nel caso in cui si tratti di un bene di origine non-americana contenente un bene o tecnologia di origine statunitense per una percentuale inferiore al 10% del valore aggregato del bene stesso.

[2] Office of Foreign Assets Control, è l’ufficio del Dipartimento del Tesoro americano che si occupa del rispetto e dell’esecuzione delle sanzioni.

[3] vendita diretta o indiretta di Dollari al Governo iraniano; commercio di oro e metalli preziosi con l’Iran; vendita, fornitura o trasferimento da o verso l’Iran di graffite, metalli grezzi o semilavorati, quali alluminio, acciaio, ferro, rame, carbone e di software per l’integrazione di processi industriali; vendita o acquisto di cifre significative di Rial iraniani, mantenimento di significative somme di denaro o conti correnti in Rial al di fuori del territorio iraniano; acquisto, sottoscrizione o facilitazione dell’emissione di debito sovrano iraniano; transazioni nel settore dell’automotive. Sono inoltre rientrate in vigore le restrizioni su: operatori portuali, di spedizioni, trasporto e di cantieristica navale; transazioni relative al settore petrolifero, compreso l’acquisto dall’Iran di greggio, di derivati e di prodotti petrolchimici; transazioni di istituzioni finanziarie estere con la Banca Centrale Iraniana ed altre istituzioni finanziarie designate; fornitura di servizi di Messaging alla Banca Centrale Iraniana ed altri istituti finanziari designati; servizi di assicurazione e riassicurazione; settore energetico iraniano.

[4] «Iran Sanctions Act»; «Iran Freedom and Counter-Proliferation Act»; «National Defense Authorization Act for Fiscal Year 2012»;  «Iran Threat Reduction and Syria Human Rights Act»; «Iranian Transactions and Sanctions Regulations».

[5] Nello specifico, il Regolamento di Blocco si applica ai seguenti soggetti: le persone fisiche residenti nell’Unione e che hanno la cittadinanza di uno Stato membro; le persone giuridiche registrate nell’Unione; i cittadini di uno Stato membro stabiliti fuori dell’Unione e le società di navigazione stabilite fuori dell’Unione e controllate da cittadini di uno Stato membro, se le loro navi sono registrate in tale Stato membro conformemente alla sua legislazione; ogni altra persona fisica residente nell’Unione, salvo che detta persona si trovi nel paese di cui ha la cittadinanza; ogni altra persona fisica nel territorio dell’Unione, compresi le sue acque territoriali e il suo spazio aereo, e a bordo di aeromobili o navi soggetti alla giurisdizione o al controllo di uno Stato membro, nell’esercizio della sua attività professionale.

[6] Le domande di autorizzazione devono essere presentate alla Commissione europea per iscritto, per posta ordinaria (Commis­sione europea, Servizio strumenti di politica estera, EEAS 07/99, 1049 Bruxelles, Belgio) o per posta elettronica (EC-AUTHORISATIONS-BLOCKING-REG@ec.europa.eu).