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Omesso versamento di ritenute certificate

Nota a Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 7 luglio 2010, n. 25875
Con la sentenza n. 25875 del 07/07/2010 la Corte di Cassazione, sezione penale, ha chiarito quale è il momento consumativo del reato di cui all’articolo 10 bis del Decreto Legislativo 74/2000 il quale dispone che: “È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta”.

Prima di soffermarci su quanto stabilito dalla Suprema Corte occorre esaminare, brevemente, le caratteristiche proprie del reato di cui si parla.

La fattispecie criminosa disciplinata dall’articolo 10 bis del Decreto Legislativo 74/2000 è stata reintrodotta dalla finanziaria per il 2005, difatti, benché l’omesso versamento di ritenute certificate fosse un illecito già disciplinato dall’articolo 2 dell’ormai abrogata Legge 516/1982, non era stato incluso, al pari degli altri reati del sostituto d’imposta, nel sistema delineato dal Decreto Legislativo 74/2000.

In realtà il reinserimento della fattispecie ha riacceso le polemiche in seno alla dottrina che, invece, aveva accolto positivamente la sua epurazione. Secondo la corrente dottrinale predominante la figura criminosa de qua è profondamente lontana dall’impianto repressivo dei reati tributari introdotto dal Decreto Legislativo 74/2000 che ha inteso punire i casi di frode e di rilevante ed effettivo danno per l’Erario.

Non va, infatti, sottaciuto che la riforma del 2000 aveva posto l’attenzione su una serie di reati - caratterizzati dal dolo specifico di evasione - relativi al principale obbligo posto in capo al contribuente, la dichiarazione annuale dei redditi e IVA, ed alle condotte fraudolente ad esso connesse.

La fattispecie in commento, invece, ha ad oggetto un’obbligazione tributaria il cui titolare giuridico rimane il sostituito, difatti, il mancato pagamento delle ritenute da parte del sostituto non è, né può esserlo, determinato dalla volontà di evadere le tasse. Invero, come già anticipato, l’elemento soggettivo non è dato dal dolo specifico di evasione, ma dal dolo generico, è, quindi, sufficiente la consapevolezza di non versare le ritenute.

Ma al di là di questo aspetto, l’illecito de quo presenta, ictu oculi, delle caratteristiche singolari rispetto alle altre condotte incriminate dal Decreto Legislativo 74/2000.

Innanzitutto, non è punita una condotta fraudolenta, così come avviene per gli altri illeciti previsti dal Decreto Legislativo 74/2000, ma il mero inadempimento dell’obbligazione pecuniaria, che in alcun altro caso assume rilevanza penale se il contribuente ha presentato regolare e veritiera dichiarazione.

Inoltre, il reato è integrato solo nel caso in cui il sostituto d’imposta rilasci le certificazioni ma non provveda a versare le somme trattenute a titolo di ritenuta entro i termini per la presentazione della dichiarazione annuale, quindi, restano escluse dall’applicazione della norma tanto l’omessa presentazione della dichiarazione annuale quanto il mancato rilascio della certificazione dell’avvenuto versamento. Queste condotte erano invece punite sotto la vigenza della legge 516/1982.

Dubbi sono sorti anche in merito al momento consumativo del reato, difatti, se da una parte la norma fa espresso riferimento al termine di presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta dall’altro vi era chi sosteneva che il reato dovesse considerarsi consumato allo spirare del termine previsto dalla norma tributaria, l’art. 8 del D.P.R. 602/1973, per il versamento delle ritenute trattenute dal sostituto.

Quest’ultimo orientamento è stato accolto dal Tribunale di Milano che, nella sentenza n. 2255 del 21/11/2008, ha sostenuto: “La S.C., in una situazione come quella sopra descritta, ha avuto modo di precisare che il tempo di consumazione del reato, quale che sia la disposizione che si debba o si intenda applicare, non può essere che unico e nel caso in esame va individuato, trattandosi di reati omissivi, nel momento della scadenza del termine utile per realizzare la condotta doverosa, nella specie nel momento della scadenza del termine stabilito dalla legge vigente al tempo in cui i versamenti andavano effettuati (il giorno 15 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la ritenuta) con la conseguenza, in caso di decisione in senso opposto, di una possibile, quanto "inaccettabile", duplicità di sanzione”.

Di parere affatto contrario è, invece, la Suprema Corte che, nella sentenza in commento, afferma il principio contrario: momento consumativo del reato di omesso versamento di ritenute certificate è la data di presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta.

La Corte sottolinea l’autonomia tra le due disposizioni, quella penale e quella tributaria, sostenendo che: “Mentre la norma tributaria si riferisce alle ritenute operate mensilmente e fissa quale termine per il versamento delle stesse all’erario il giorno sedici del mese successivo, l’articolo 10 bis, ha ad oggetto le ritenute complessivamente operate nell’anno di imposta, cui si riferisce la soglia di punibilità fissata dalla norma, e prevede quale termine per l’adempimento quello stabilito per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta (30 settembre dell’anno successivo), con la conseguenza che col maturare di tale scadenza si verifica l’evento dannoso per l’erario previsto dalla fattispecie penale.

Sicché la condotta omissiva propria, che ha ad oggetto il versamento delle ritenute afferenti all’intero anno di imposta, si protrae fino alla scadenza del citato termine, che coincide con la data di commissione del reato, mentre a nulla rileva il già verificatosi inadempimento agli effetti fiscali.

Si deve, peraltro, osservare che la scadenza del termine per il versamento delle ritenute fiscali non fa venir meno l’obbligazione tributaria, sicché è la permanenza di quest’ultima, considerata nel suo complessivo ammontare riferito all’anno di imposta, ad essere configurata come reato in relazione all’ulteriore scadenza fissata per il pagamento”.

La posizione assunta dalla Suprema Corte è senza dubbio, in linea con il sistema repressivo delineato dal Decreto Legislativo 74/2000: non riconosce rilevanza penale al singolo omesso versamento perpetrato nel corso dell’anno d’imposta - che, invece, rileva ai sensi dell’articolo 8 del Decreto Presidente Repubblica 602/73 - ma al mancato versamento delle ritenute certificate in occasione della dichiarazione annuale.

D’altra parte la presentazione della dichiarazione annuale - che sia ai fini delle imposte dei redditi, sul valore aggiunto o del sostituto d’imposta - rappresenta il momento di integrazione dei taluni dei reati previsti dal Decreto Legislativo 74/2000.

Si consideri, per esempio, l’articolo  2, che disciplina il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti: esso non punisce che gli atti prodromici, quale la registrazione delle fatture emesse per operazioni inesistenti, se non vengono poi inserite in dichiarazione.

In conclusione, se l’illecito de quo appare senz’altro criticabile per le argomentazioni suesposte, sulla base della sentenza della Suprema Corte non pare doversi nutrire alcun dubbio sul suo momento consumativo che va individuato nella presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta, proprio in ragione dell’autonomia della fattispecie penale rispetto a quella tributaria.

Con la sentenza n. 25875 del 07/07/2010 la Corte di Cassazione, sezione penale, ha chiarito quale è il momento consumativo del reato di cui all’articolo 10 bis del Decreto Legislativo 74/2000 il quale dispone che: “È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta”.

Prima di soffermarci su quanto stabilito dalla Suprema Corte occorre esaminare, brevemente, le caratteristiche proprie del reato di cui si parla.

La fattispecie criminosa disciplinata dall’articolo 10 bis del Decreto Legislativo 74/2000 è stata reintrodotta dalla finanziaria per il 2005, difatti, benché l’omesso versamento di ritenute certificate fosse un illecito già disciplinato dall’articolo 2 dell’ormai abrogata Legge 516/1982, non era stato incluso, al pari degli altri reati del sostituto d’imposta, nel sistema delineato dal Decreto Legislativo 74/2000.

In realtà il reinserimento della fattispecie ha riacceso le polemiche in seno alla dottrina che, invece, aveva accolto positivamente la sua epurazione. Secondo la corrente dottrinale predominante la figura criminosa de qua è profondamente lontana dall’impianto repressivo dei reati tributari introdotto dal Decreto Legislativo 74/2000 che ha inteso punire i casi di frode e di rilevante ed effettivo danno per l’Erario.

Non va, infatti, sottaciuto che la riforma del 2000 aveva posto l’attenzione su una serie di reati - caratterizzati dal dolo specifico di evasione - relativi al principale obbligo posto in capo al contribuente, la dichiarazione annuale dei redditi e IVA, ed alle condotte fraudolente ad esso connesse.

La fattispecie in commento, invece, ha ad oggetto un’obbligazione tributaria il cui titolare giuridico rimane il sostituito, difatti, il mancato pagamento delle ritenute da parte del sostituto non è, né può esserlo, determinato dalla volontà di evadere le tasse. Invero, come già anticipato, l’elemento soggettivo non è dato dal dolo specifico di evasione, ma dal dolo generico, è, quindi, sufficiente la consapevolezza di non versare le ritenute.

Ma al di là di questo aspetto, l’illecito de quo presenta, ictu oculi, delle caratteristiche singolari rispetto alle altre condotte incriminate dal Decreto Legislativo 74/2000.

Innanzitutto, non è punita una condotta fraudolenta, così come avviene per gli altri illeciti previsti dal Decreto Legislativo 74/2000, ma il mero inadempimento dell’obbligazione pecuniaria, che in alcun altro caso assume rilevanza penale se il contribuente ha presentato regolare e veritiera dichiarazione.

Inoltre, il reato è integrato solo nel caso in cui il sostituto d’imposta rilasci le certificazioni ma non provveda a versare le somme trattenute a titolo di ritenuta entro i termini per la presentazione della dichiarazione annuale, quindi, restano escluse dall’applicazione della norma tanto l’omessa presentazione della dichiarazione annuale quanto il mancato rilascio della certificazione dell’avvenuto versamento. Queste condotte erano invece punite sotto la vigenza della legge 516/1982.

Dubbi sono sorti anche in merito al momento consumativo del reato, difatti, se da una parte la norma fa espresso riferimento al termine di presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta dall’altro vi era chi sosteneva che il reato dovesse considerarsi consumato allo spirare del termine previsto dalla norma tributaria, l’art. 8 del D.P.R. 602/1973, per il versamento delle ritenute trattenute dal sostituto.

Quest’ultimo orientamento è stato accolto dal Tribunale di Milano che, nella sentenza n. 2255 del 21/11/2008, ha sostenuto: “La S.C., in una situazione come quella sopra descritta, ha avuto modo di precisare che il tempo di consumazione del reato, quale che sia la disposizione che si debba o si intenda applicare, non può essere che unico e nel caso in esame va individuato, trattandosi di reati omissivi, nel momento della scadenza del termine utile per realizzare la condotta doverosa, nella specie nel momento della scadenza del termine stabilito dalla legge vigente al tempo in cui i versamenti andavano effettuati (il giorno 15 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la ritenuta) con la conseguenza, in caso di decisione in senso opposto, di una possibile, quanto "inaccettabile", duplicità di sanzione”.

Di parere affatto contrario è, invece, la Suprema Corte che, nella sentenza in commento, afferma il principio contrario: momento consumativo del reato di omesso versamento di ritenute certificate è la data di presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta.

La Corte sottolinea l’autonomia tra le due disposizioni, quella penale e quella tributaria, sostenendo che: “Mentre la norma tributaria si riferisce alle ritenute operate mensilmente e fissa quale termine per il versamento delle stesse all’erario il giorno sedici del mese successivo, l’articolo 10 bis, ha ad oggetto le ritenute complessivamente operate nell’anno di imposta, cui si riferisce la soglia di punibilità fissata dalla norma, e prevede quale termine per l’adempimento quello stabilito per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta (30 settembre dell’anno successivo), con la conseguenza che col maturare di tale scadenza si verifica l’evento dannoso per l’erario previsto dalla fattispecie penale.

Sicché la condotta omissiva propria, che ha ad oggetto il versamento delle ritenute afferenti all’intero anno di imposta, si protrae fino alla scadenza del citato termine, che coincide con la data di commissione del reato, mentre a nulla rileva il già verificatosi inadempimento agli effetti fiscali.

Si deve, peraltro, osservare che la scadenza del termine per il versamento delle ritenute fiscali non fa venir meno l’obbligazione tributaria, sicché è la permanenza di quest’ultima, considerata nel suo complessivo ammontare riferito all’anno di imposta, ad essere configurata come reato in relazione all’ulteriore scadenza fissata per il pagamento”.

La posizione assunta dalla Suprema Corte è senza dubbio, in linea con il sistema repressivo delineato dal Decreto Legislativo 74/2000: non riconosce rilevanza penale al singolo omesso versamento perpetrato nel corso dell’anno d’imposta - che, invece, rileva ai sensi dell’articolo 8 del Decreto Presidente Repubblica 602/73 - ma al mancato versamento delle ritenute certificate in occasione della dichiarazione annuale.

D’altra parte la presentazione della dichiarazione annuale - che sia ai fini delle imposte dei redditi, sul valore aggiunto o del sostituto d’imposta - rappresenta il momento di integrazione dei taluni dei reati previsti dal Decreto Legislativo 74/2000.

Si consideri, per esempio, l’articolo  2, che disciplina il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti: esso non punisce che gli atti prodromici, quale la registrazione delle fatture emesse per operazioni inesistenti, se non vengono poi inserite in dichiarazione.

In conclusione, se l’illecito de quo appare senz’altro criticabile per le argomentazioni suesposte, sulla base della sentenza della Suprema Corte non pare doversi nutrire alcun dubbio sul suo momento consumativo che va individuato nella presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta, proprio in ragione dell’autonomia della fattispecie penale rispetto a quella tributaria.