x

x

Ong: salvataggi in mare o crociere?

ONG
ONG

Ong: salvataggi in mare o crociere?

 

Riteniamo che in ossequio a principi di diritto internazionale quando si sale a bordo di una nave in acque internazionale è come se si fosse saliti su un’isola sotto l’egida territoriale di quel paese. E questo dovrebbe far radicare gli obblighi di assistenza “: è stata la tesi del Ministro Piantedosi, esposta in conferenza a proposito dei salvataggi operati da alcune ONG, tra cui Humanity1.

Tutto vero. Se un africano scelga di salire a bordo di una nave da crociera battente bandiera tedesca, della sua sicurezza è responsabile la compagnia di crociera.

Ma – signor Ministro – a meno che lei non possa dimostrare il contrario, stiamo discorrendo di naufraghi provenienti dall’Africa e salvati in mare dalla ONG Humanity1, che naviga sotto la bandiera tedesca! Basta uno sguardo alla carta geografica per comprendere quanto sarebbe lungo e pericoloso, specialmente per persone già così traumatizzate, il viaggio verso le coste tedesche, dalla Sicilia orientale ad Amburgo per esempio. E d’altronde le ONG sono attrezzate per il salvataggio, ma non per tragitti così lunghi e con tanti ospiti infermi o comunque traumatizzati: non sono navi da crociera. Proprio per questo la legge del mare stabilisce ovviamente che intanto i naufraghi devono essere subito accompagnati e sbarcati sul porto più vicino, restando impregiudicata ogni altra successiva decisione. Le aggiungo che la disciplina del mare prevede che, in caso di naufragio, si debbano salvare non solo le persone ma perfino il carico mercantile stivato nella nave. Il procedimento di salvataggio si conclude soltanto con lo sbarco nel porto sicuro più vicino, perché la navigazione marittima è di per sé rischiosa. Se un infartuato viene soccorso da un’ambulanza, il pronto soccorso più vicino può negare ingresso e assistenza, assumendo la propria incompetenza territoriale? E se la nave salvatrice fosse stata australiana? La salvezza dei naufraghi non può dipendere dall’esito della guerra tra ‘sovranisti’, nella specie soprattutto il ministro Matteo Salvini e l’analoga sponda politica francese (Marine Le Pen?), perché, per dirla con I. Kant, la vita umana non è un mezzo ma un fine (artt. 2 e 3 Cost.). In realtà la tesi ‘giuridica’ del Ministro ha uno scopo pratico evidente: impedire o quanto meno scoraggiare l’attività salvifica delle ONG e allontanarle materialmente dalle rotte degli emigranti. Se le ONG non pattuglino più il Mediterraneo, non ci sarebbero più interventi di salvataggio o quanto meno essi diminuirebbero. Si assisterebbe ad una selezione naturale degli emigranti: si salverebbero soltanto i più forti. Ma gli emigranti più ‘fragili’ (o meno fortunati) continuerebbero a partire dalle coste libiche, a naufragare e a morire? Il Ministro è pronto a scommettere sulla loro spontanea desistenza, anche perché – duole soltanto pensarlo - bandite le ONG dal Mediterraneo, ...nessun testimone esterno potrà più smentirlo! Ma già di per sé accettare siffatto rischio è moralmente diabolico e costituzionalmente illegittimo! Altrettanto intollerabilmente mistificatorio sembra attribuire proprio alle ONG la colpa di avere trasformato il Mare Nostrum in un cimitero liquido.

Il Ministro spera d’impedire la contestazione di delitti (già ampiamente sperimentata da precedenti  Ministri dell’Interno, con vario esito), disponendo che almeno donne, minori e bisognosi di cure siano immediatamente sbarcati nel porto siciliano più vicino. Ma così in realtà dimostra di ben sapere che l’ulteriore protrarsi del lungo viaggio per i naufraghi rimasti a bordo è comunque pericoloso e dannoso. No, non è una crociera! E, più che ‘bizzarro’, non è allarmante che, nel giro di poche ore, tutti coloro che in grande numero erano stati considerati abili a riprendere un lungo viaggio per le coste tedesche, siano stati ridefiniti ‘fragili’ e fatti sbarcare?

A dirla tutta, la politica migratoria italiana brancola tra due diversi indirizzi. Instaurare una costruttiva e positiva trattativa tra i paesi europei per distribuire equamente gli emigranti dopo lo sbarco nel porto più vicino. Oppure impedire tour court (i salvataggi e) lo sbarco sulle nostre coste. L’attuale Governo sembra preferire di fatto questa seconda alternativa. Perché? La prima infatti non ci avvantaggerebbe, giacché l’Italia accoglie stranieri in numero assai inferiore rispetto a molti degli altri paesi europei, specialmente a volere considerare i profughi dall’Ucraina. Italiani, brava gente?

Rosario Russo