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Politiche energetiche ed ambientali dell’UE 2020-30: la Comunicazione COM(2014) 15 della Commissione Europea

La Commissione Europea ha presentato il 22 gennaio 2014 al Parlamento e al Consiglio Europeo una serie di documenti con cui ha articolato la sua proposta generale relativamente al quadro di riferimento delle politiche energetiche ed ambientali dell’Unione per il periodo 2020–2030.

La proposta fa seguito al Libro verde del 27 marzo 2013, attraverso il quale era stata lanciata un’ampia consultazione pubblica sui futuri obiettivi energetici e climatici europei e sulla loro struttura. Proprio in base agli esiti di questa consultazione, tra l’altro, l’Unione Europea ha stabilito l’obiettivo di ridurre, entro il 2050, le emissioni di gas serra dell’80–95% rispetto ai livelli del 1990.

Il “pacchetto” pubblicato il 22 gennaio 2014 della Commissione comprende:

(i) la Comunicazione COM(2014) 15 sul Framework 2030 (di seguito la “Comunicazione”);

(ii) l’Impact Assessment della Comunicazione;

(iii) una proposta legislativa per la costituzione di un meccanismo di riserva strategica di quote di emissione all’interno del Sistema ETS.

Il set documentale è ulteriormente integrato dallo Studio sui driver principali dei costi e dei prezzi energetici in Europa redatto dalla Direzione Generale per l’Energia (DG Energy) della Commissione e lo studio sugli impatti macroeconomici dell’evoluzione del mercato dell’energia.

La Comunicazione è “correlata” all’iniziativa lanciata il 5 novembre 2013 per la finalizzazione del mercato elettrico comune (cosiddetto “Chapeau” , che si compone anche delle proposte tecniche per la definizione di sistemi di remunerazione della capacità e per la revisione degli incentivi alle fonti rinnovabili) e indirettamente alle consultazioni in corso sulla revisione del sistema degli aiuti di stato, che si inseriscono nel lungo percorso dello “State Aid Modernisation” avviato nel 2012 e della iniziativa per la riforma del sistema ETS.

Il lavoro della Commissione segue di qualche settimana quello presentato dall’Europarlamento in cui, di concerto, le commissioni Industria ed Energia (ITRE) e Ambiente e Salute (ENVI) indicavano come target climatici al 2030: la riduzione delle emissioni del 40% rispetto al 1990, l’incremento della percentuale di fonti rinnovabili fino al 30% del mix energetico e l’incremento del 40% dell’efficienza energetica.

La Comunicazione è un documento di natura programmatica da cui non discendono direttamente obblighi giuridici per gli Stati membri. Il suo scopo principale è quello di orientare il “dibattito” in merito alla politica climatica dopo il 2020 che i Capi di Stato e di Governo debbono avviare in occasione del Consiglio Europeo di Bruxelles del 20 e 21 marzo 2014. Solamente attraverso il complesso ed articolato iter della Codecisione sarà possibile arrivare ad un documento giuridicamente vincolante per gli Stati Membri.

 

I principali contenuti della Comunicazione e gli obiettivi proposti

La Commissione attraverso la Comunicazione propone:

a) una rivisitazione degli obiettivi al 2030 (emissioni climalteranti – rinnovabili – efficienza energetica);

b) alcune ipotesi di sviluppo dei comparti il cui funzionamento più direttamente influisce sul raggiungimento di tali obiettivi (settore energetico – mercato ETS – mercati dell’energia);

c) una ipotesi di governance europea delle attività che ogni stato membro dovrà avviare per il raggiungimento di tali obiettivi;

d) una ipotesi di sviluppo futuro di politiche complementari al raggiungimento degli obiettivi (trasporti – agricoltura – CCS – innovazione).

La riduzione del 40% dell’emissione di gas serra e le modifiche all’ETS

La Comunicazione propone una riduzione vincolante dell’emissione di gas serra del 40% rispetto al livello di emissione al 1990. Tale riduzione sarebbe implementata, comunque dopo il 2020, incrementando il fattore lineare annuale di riduzione delle emissioni dei settori compresi nel sistema ETS dall'attuale 1,74% al 2,2%.

L’obiettivo di riduzione riguarda tutti i gas climalteranti, non unicamente l’anidride carbonica (CO2), come già gli obiettivi di Kyoto e quelli al 2020.

Il “peso” dell’obiettivo sarebbe suddiviso tra il –43% (rispetto alle emissioni al 2005) di riduzione a livello europeo da ripartire tra i settori economici europei inclusi nel sistema ETS ed il –30% (rispetto alle emissioni al 2005) di riduzione a livello europeo da ripartire tra gli stati membri per i settori dell’economia non inclusi nel sistema ETS, in base ad indicatori che consentano di tenere conto della distribuzione tra paesi, e relativa sostenibilità, degli investimenti necessari.

La Comunicazione specifica come tali obiettivi debbano essere raggiunti unicamente mediante interventi interni all'Unione. In altri termini, la riduzione di CO2 si dovrà ottenere senza ricorrere ai cosiddetti “meccanismi flessibili” del Protocollo di Kyoto (e cioè le riduzioni ottenute con progetti realizzati in Paesi terzi). La Commissione invita in particolare il Consiglio e il Parlamento europei a concordare, entro la fine del 2014, che l’UE si impegni all'inizio del 2015 a realizzare una riduzione del 40% nell’ambito dei negoziati internazionali per un nuovo accordo mondiale sul clima, che si concluderanno a Parigi alla fine del 2015.

La Commissione suggerisce inoltre che il sistema dell’ETS sia riformato, implementando una riserva per la stabilità del mercato, operativa nel 2021, cioè dall'inizio del prossimo periodo di scambio. Il meccanismo della riserva rientrerebbe all’interno dei sistemi di gestione dinamica dell’offerta e dovrebbe, almeno nelle intenzioni, aumentare la capacità di risposta dell’ETS a shock sistemici sul lato della domanda o dell’offerta. L’intervento che segue di poco la formale approvazione della proposta di backloading (in cui la Commissione ha ricalendarizzato il numero di permessi da mettere all’asta durante il periodo 2013–2020) potrebbe avere delle ripercussioni sui prezzi dei permessi anche nel breve periodo, risollevandoli dai minimi toccati tra aprile e maggio 2013.

Il target “comunitario” sulle energie rinnovabili al 27%

Altro aspetto di rilievo della Comunicazione è rappresentato dal nuovo target “comunitario” per la quota di Energie Rinnovabili sul consumo lordo di energia al 2030. La Commissione propone un target al 27% che, a differenza di quanto in vigore fino al 2020,ha natura vincolante solo a livello dell’Unione, ma non per i singoli Stati membri.

Il valore quantitativo dell’obiettivo è determinato dal peso delle fonti rinnovabili che è atteso, secondo l’Impact Assessment, come naturale sviluppo del raggiungimento dell’obiettivo di –40% per le emissioni climalteranti. I risultati delle analisi di impatto mostrano come l’obiettivo complessivo del 27% corrisponde ad una penetrazione delle fonti rinnovabili nel settore elettrico pari a circa il 45%, a fronte del 21% medio europeo attuale.

L’efficienza energetica

La Comunicazione non si “sbottona” invece per quanto concerne l’efficienza energetica, l’indicazione di possibili obiettivi e la loro natura (vincolante o meno). A tale riguardo nel nuovo quadro 2030, la Commissione si limita a propone di considerare ulteriormente “il ruolo dell'efficienza energetica nell'ambito della revisione della Direttiva 2012/27/Ue, che dovrebbe concludersi entro la fine del 2014. A quel punto, la Commissione valuterà l’eventuale necessità di modificarla”.

In concreto la Comunicazione non identifica quindi alcun specifico obiettivo per l’incremento dell’efficienza energetica per il 2030 (a fronte dell’obiettivo non vincolante del +20% già assunto per il 2020). Nell’Impact Assessment si prevede però che l’obiettivo per il 2020 venga quasi raggiunto mentre si prevede che il conseguimento dell’obiettivo del –40% per le emissioni climalteranti si tradurrà automaticamente, in termini di efficienza, in un miglioramento del 25% al 2030.

Il rafforzamento del coordinamento e della regolamentazione europea

La Comunicazione propone di fatto un rafforzamento della regolamentazione per quanto riguarda:

- il mercato dell’ETS, per il quale la Commissione presenta una proposta di revisione che rafforza l’intervento di backloading sul mercato;

- i mercati dell’energia, per i quali si ribadisce l’obiettivo del completamente di mercati integrati e competitivi, richiamando i principi già esposti nella “Chapeau” e dando ulteriore evidenza alla necessità di (i) integrare le fonti rinnovabili nei mercati energetici anche attraverso una progressiva contrazione dei sistemi di incentivazione, (ii) deregolamentare i mercati retail aumentandone il grado di concorrenza (iii) incrementare il grado di competitività dell’offerta energetica europea, tendendo conto delle tensioni che le industrie manifatturiere subiscono sul lato dei costi dell’energia e quindi ipotizzando il mantenimento del sistema di carbon leakage attualmente in vigore attraverso future opportune proposte legislative;

- il settore energetico, per il quale si ribadisce l’obiettivo di rafforzare la sicurezza della fornitura a fronte della vulnerabilità del sistema energetico europeo, sia per l’alta dipendenza dalle importazioni (circa 80% dei consumi), sia per l’onerosità della bolletta energetica (400 miliardi di euro nel 2012 pari a circa il 3,1% del PIL). A tal fine si pone in evidenza la necessità di: (i) sviluppare le risorse endogene, quali le rinnovabili ma anche risorse alternative come lo shale gas , (ii) diversificare le vie di approvvigionamento e rafforzare le interconnessioni; (iii) continuare sulla strada dell’incremento delle performance energetiche e delle politiche per il risparmio energetico, per le quali si prospettano proposte entro il 2014.

Per assicurare maggiori probabilità di successo alla politica delineata nella Comunicazione, la Commissione propone la definizione di un quadro regolamentare di governance, fondato su “Piani nazionali per un’energia competitiva, sicura e sostenibile”. Tali Piani, che seguiranno le linee guida che verranno sviluppate dalla CE, dovranno essere predisposti dai singoli stati membri attraverso un processo iterativo che coinvolga almeno gli stati confinanti ed essere valutati dalla Commissione in termini di capacità di conseguire gli obietti energetici ed ambientali europei.

L’andamento dei Piani ed il raggiungimento degli obiettivi saranno esaminati attraverso specifici indicatori quali i differenziali di prezzo dell’energia con i competitors extra–UE, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, lo sviluppo delle smart grids e delle interconnessioni, il livello di interazione dei mercati europei, i gradi di concorrenzialità e concentrazione dei mercati energetici nazionali o regionali e lo sviluppo tecnologico.

Trasporti e CC

Nel Quadro al 2030 la Commissione affronta anche brevemente i possibili percorsi di sviluppo di politiche complementari al raggiungimento degli ipotizzati obiettivi energetici ed ambientali. In particolare:

- per i trasporti, si constata l’incremento delle emissioni rispetto al 1990 sia attuale sia prospettico al 2020 e quindi la necessità di importanti impegni per il raggiungimento dei target al 2050 (–60% rispetto al 1990) in termini di trasformazione dell’intero sistema europei dei trasporti, di integrazione modale, di sviluppo delle infrastrutture e di utilizzo di strumenti quali la tassazione dei prodotti energetici per dissuadere il consumo;

- per la CCS, si evidenzia la necessità di mantenere un quadro europeo di sviluppo in termini di R&D e di dimostrazione commerciale e di supporto attraverso il sistema delle aste per le quote di emissione, peraltro accompagnato da un sistema di sostegni di origine nazionale fino ai casi di pre–commercializzazione, anche rivolto alle infrastrutture di stoccaggio e di trasporto.

Il “dibattito”

Sulla congruità ed opportunità degli obiettivi proposti dalla Commissione attraverso la Comunicazione si è aperto un ampio dibattito a livello nazionale ed europeo.

Da una parte il mondo dell’industria, in particolare quella manifatturiera, ha lamentato come la definizione di nuovi obiettivi in termini di riduzione dei gas climalteranti possa avere effetti “negativi” sul prezzo dell’energia in Europa, aumentando il differenziale di costo, già notevole, rispetto al costo dell’energia presente in altre aree di mercato.

In particolare – è stato osservato – negli USA, anche attraverso la produzione dello shale gas, il costo dell’energia è stato considerevolmente abbassato (permettendo di “rilocalizzare” attività che erano state in precedenza delocalizzate). Un aumento del costo dell’energia in Europa determinerebbe quindi un grave pregiudizio alla competitività delle imprese in un momento congiunturale di particolare criticità.

Hanno fatto eco a tale grido d’allarme anche importanti utilities ed operatori dell’energia che hanno evidenziato la necessità di un target unico sulla riduzione dei gas climalteranti per supportare un approccio tecnologicamente neutrale tra le tecnologie a bassa emissione di anidride carbonica. Del resto è proprio la penetrazione delle rinnovabili (a costo variabile pari a zero), unitamente al calo della domanda, ad aver progressivamente messo in crisi alcuni recenti investimenti termoelettrici (in particolare cicli combinati a gas), spiazzandone la produzione.

Di tutt’altro parere, naturalmente, sono gli esponenti delle associazioni ambientaliste, così come gli operatori della green economy, che hanno evidenziato la complessiva mancanza di ambizione della Comunicazione. Questa – hanno affermato – evitando di fissare un target per le energie rinnovabili, vincolante per gli Stati membri (ed in assenza di una reale governance di coordinamento per il raggiungimento di quello “comunitario” fissato al 27%) – sancirebbe di fatto la sostanziale ri–nazionalizzazione delle politiche energetiche.

La Comunicazione segnerebbe quindi, secondo questa lettura, una “inversione del senso di marcia” rispetto al precedente Pacchetto Clima – Energia 20/20/20 determinando una instabilità regolamentare e prospettica del settore, tale mettere in discussione il raggiungimento degli stessi target al 2020.

Considerazioni finali

La proposta della Commissione, in particolare l’obiettivo sostanzialmente non vincolante per le rinnovabili, ha natura compromissoria e si rivela, almeno nel medio periodo, sostanzialmente in favore di un approccio single–target, nonostante gli scenari quantitativi elaborati dalla medesima Commissione per accompagnare la Comunicazione evidenzino i maggiori benefici che deriverebbero a livello sistemico da un approccio multi–target con forti obiettivi di penetrazione delle rinnovabili.

Anche sulla riduzione dei gas a effetto serra, la Commissione, pur identificando un target vincolante (–40% al 2030) e riconoscendo la necessità di modificare l’ETS, prevede che il meccanismo di riserva e l’aumento del coefficiente di riduzione lineare siano implementati solamente a partire dal 2021. Una soluzione che lascia la questione dell’eccesso strutturale di offerta impregiudicata sino alla fine del III periodo.

In sintesi la Commissione sembra voler prendere tempo. Come ben noto l’Europa a partire dal 2008 è stata colpita da una crisi di portata inimmaginabile al momento dell’approvazione del primo Pacchetto clima–energia. Una crisi che ha provocato un drastico calo dei consumi e del reddito.

La mancanza di obiettivi effettivamente vincolanti sugli Stati Membri così come il “rinvio” sull’efficienza energetica sono la rappresentazione plastica del timore che nuovi oneri, in particolare sistemi di sostegno, declinati in modo autonomo a livello nazionale, possano effettivamente determinare un ulteriore incremento del costo dell’energia.

Tale timore nella realtà dei fatti è solo in parte giustificato, se si considera che, come la Commissione stessa evidenzia, dal 2008 i costi dell’energia più che per l’incentivazione sono cresciuti a causa delle quotazioni delle materie prime e dell’aumento di tasse ed accise.

I regimi di sostegno, spesso declinati in modo inopportuno a livello nazionale, sono quindi una concausa (per quanto non trascurabile), ma non il nocciolo del problema, che, non solo prospetticamente, continua ad essere quello della dipendenza energetica dell’Unione per oltre l’80% del proprio fabbisogno da Paesi extra–UE.

Tale criticità prescinde anche dalle tematiche di natura ambientale correlate al global warming ed all’effetto dei gas climalteranti. In un futuro non troppo lontano, con risorse fossili sempre più “contese” con le aree a maggiore crescita economica, l’Europa potrebbe trovarsi nella spiacevole situazione di non poter produrre l’energia di cui necessita, ovvero di poterlo fare solamente a costi esorbitanti. In un tale scenario l’industria europea sarebbe spiazzata a livello concorrenziale in modo ineluttabile.

In quest’ottica per quanto comprensibili, le polemiche di parte dell’opinione pubblica verso le politiche di decarbonizzazione dell’Unione Europea paiono essere affette da una certa miopia: la strada verso un modello a bassa intensità di emissioni è un percorso obbligato, rispetto al quale si può discutere di tempi, ma di cui difficilmente si può mettere in dubbio l’obiettivo.

Inoltre, a prescindere dalla misura percentuale del taglio delle emissioni, in ogni caso, sarebbe importante che nel quadro prospettico al 2030 fossero sin d’ora tenuti in maggiore considerazione sia gli aspetti infrastrutturali che quelli legati alla ricerca e sviluppo. Aspetti sui quali la Comunicazione glissa.

È necessario invece spingere, da subito, gli investimenti in quelle forme di flessibilità (smart grid, demand management, accumuli e servizi di bilanciamento e di flessibilità), utili per integrare in modo efficace nel sistema e nel mercato elettrico le rinnovabili sviluppate nell’ultimo decennio nel nostro Continente. E ancor di più è necessario concentrare i propri sforzi e premere nella direzione della ricerca e sviluppo.

È solo così che sarà possibile per l’Unione Europa arrivare ad uno o più breakthrough tecnologici (magari nell’ambito dello storage e delle reti intelligenti) che – similmente a quanto avvenuto con le tecniche estrattive nello shale gas negli USA – siano in grado di fare dell’energia un elemento di competitività per le aziende del Continente.

La Commissione Europea ha presentato il 22 gennaio 2014 al Parlamento e al Consiglio Europeo una serie di documenti con cui ha articolato la sua proposta generale relativamente al quadro di riferimento delle politiche energetiche ed ambientali dell’Unione per il periodo 2020–2030.

La proposta fa seguito al Libro verde del 27 marzo 2013, attraverso il quale era stata lanciata un’ampia consultazione pubblica sui futuri obiettivi energetici e climatici europei e sulla loro struttura. Proprio in base agli esiti di questa consultazione, tra l’altro, l’Unione Europea ha stabilito l’obiettivo di ridurre, entro il 2050, le emissioni di gas serra dell’80–95% rispetto ai livelli del 1990.

Il “pacchetto” pubblicato il 22 gennaio 2014 della Commissione comprende:

(i) la Comunicazione COM(2014) 15 sul Framework 2030 (di seguito la “Comunicazione”);

(ii) l’Impact Assessment della Comunicazione;

(iii) una proposta legislativa per la costituzione di un meccanismo di riserva strategica di quote di emissione all’interno del Sistema ETS.

Il set documentale è ulteriormente integrato dallo Studio sui driver principali dei costi e dei prezzi energetici in Europa redatto dalla Direzione Generale per l’Energia (DG Energy) della Commissione e lo studio sugli impatti macroeconomici dell’evoluzione del mercato dell’energia.

La Comunicazione è “correlata” all’iniziativa lanciata il 5 novembre 2013 per la finalizzazione del mercato elettrico comune (cosiddetto “Chapeau” , che si compone anche delle proposte tecniche per la definizione di sistemi di remunerazione della capacità e per la revisione degli incentivi alle fonti rinnovabili) e indirettamente alle consultazioni in corso sulla revisione del sistema degli aiuti di stato, che si inseriscono nel lungo percorso dello “State Aid Modernisation” avviato nel 2012 e della iniziativa per la riforma del sistema ETS.

Il lavoro della Commissione segue di qualche settimana quello presentato dall’Europarlamento in cui, di concerto, le commissioni Industria ed Energia (ITRE) e Ambiente e Salute (ENVI) indicavano come target climatici al 2030: la riduzione delle emissioni del 40% rispetto al 1990, l’incremento della percentuale di fonti rinnovabili fino al 30% del mix energetico e l’incremento del 40% dell’efficienza energetica.

La Comunicazione è un documento di natura programmatica da cui non discendono direttamente obblighi giuridici per gli Stati membri. Il suo scopo principale è quello di orientare il “dibattito” in merito alla politica climatica dopo il 2020 che i Capi di Stato e di Governo debbono avviare in occasione del Consiglio Europeo di Bruxelles del 20 e 21 marzo 2014. Solamente attraverso il complesso ed articolato iter della Codecisione sarà possibile arrivare ad un documento giuridicamente vincolante per gli Stati Membri.

 

I principali contenuti della Comunicazione e gli obiettivi proposti

La Commissione attraverso la Comunicazione propone:

a) una rivisitazione degli obiettivi al 2030 (emissioni climalteranti – rinnovabili – efficienza energetica);

b) alcune ipotesi di sviluppo dei comparti il cui funzionamento più direttamente influisce sul raggiungimento di tali obiettivi (settore energetico – mercato ETS – mercati dell’energia);

c) una ipotesi di governance europea delle attività che ogni stato membro dovrà avviare per il raggiungimento di tali obiettivi;

d) una ipotesi di sviluppo futuro di politiche complementari al raggiungimento degli obiettivi (trasporti – agricoltura – CCS – innovazione).

La riduzione del 40% dell’emissione di gas serra e le modifiche all’ETS

La Comunicazione propone una riduzione vincolante dell’emissione di gas serra del 40% rispetto al livello di emissione al 1990. Tale riduzione sarebbe implementata, comunque dopo il 2020, incrementando il fattore lineare annuale di riduzione delle emissioni dei settori compresi nel sistema ETS dall'attuale 1,74% al 2,2%.

L’obiettivo di riduzione riguarda tutti i gas climalteranti, non unicamente l’anidride carbonica (CO2), come già gli obiettivi di Kyoto e quelli al 2020.

Il “peso” dell’obiettivo sarebbe suddiviso tra il –43% (rispetto alle emissioni al 2005) di riduzione a livello europeo da ripartire tra i settori economici europei inclusi nel sistema ETS ed il –30% (rispetto alle emissioni al 2005) di riduzione a livello europeo da ripartire tra gli stati membri per i settori dell’economia non inclusi nel sistema ETS, in base ad indicatori che consentano di tenere conto della distribuzione tra paesi, e relativa sostenibilità, degli investimenti necessari.

La Comunicazione specifica come tali obiettivi debbano essere raggiunti unicamente mediante interventi interni all'Unione. In altri termini, la riduzione di CO2 si dovrà ottenere senza ricorrere ai cosiddetti “meccanismi flessibili” del Protocollo di Kyoto (e cioè le riduzioni ottenute con progetti realizzati in Paesi terzi). La Commissione invita in particolare il Consiglio e il Parlamento europei a concordare, entro la fine del 2014, che l’UE si impegni all'inizio del 2015 a realizzare una riduzione del 40% nell’ambito dei negoziati internazionali per un nuovo accordo mondiale sul clima, che si concluderanno a Parigi alla fine del 2015.

La Commissione suggerisce inoltre che il sistema dell’ETS sia riformato, implementando una riserva per la stabilità del mercato, operativa nel 2021, cioè dall'inizio del prossimo periodo di scambio. Il meccanismo della riserva rientrerebbe all’interno dei sistemi di gestione dinamica dell’offerta e dovrebbe, almeno nelle intenzioni, aumentare la capacità di risposta dell’ETS a shock sistemici sul lato della domanda o dell’offerta. L’intervento che segue di poco la formale approvazione della proposta di backloading (in cui la Commissione ha ricalendarizzato il numero di permessi da mettere all’asta durante il periodo 2013–2020) potrebbe avere delle ripercussioni sui prezzi dei permessi anche nel breve periodo, risollevandoli dai minimi toccati tra aprile e maggio 2013.

Il target “comunitario” sulle energie rinnovabili al 27%

Altro aspetto di rilievo della Comunicazione è rappresentato dal nuovo target “comunitario” per la quota di Energie Rinnovabili sul consumo lordo di energia al 2030. La Commissione propone un target al 27% che, a differenza di quanto in vigore fino al 2020,ha natura vincolante solo a livello dell’Unione, ma non per i singoli Stati membri.

Il valore quantitativo dell’obiettivo è determinato dal peso delle fonti rinnovabili che è atteso, secondo l’Impact Assessment, come naturale sviluppo del raggiungimento dell’obiettivo di –40% per le emissioni climalteranti. I risultati delle analisi di impatto mostrano come l’obiettivo complessivo del 27% corrisponde ad una penetrazione delle fonti rinnovabili nel settore elettrico pari a circa il 45%, a fronte del 21% medio europeo attuale.

L’efficienza energetica

La Comunicazione non si “sbottona” invece per quanto concerne l’efficienza energetica, l’indicazione di possibili obiettivi e la loro natura (vincolante o meno). A tale riguardo nel nuovo quadro 2030, la Commissione si limita a propone di considerare ulteriormente “il ruolo dell'efficienza energetica nell'ambito della revisione della Direttiva 2012/27/Ue, che dovrebbe concludersi entro la fine del 2014. A quel punto, la Commissione valuterà l’eventuale necessità di modificarla”.

In concreto la Comunicazione non identifica quindi alcun specifico obiettivo per l’incremento dell’efficienza energetica per il 2030 (a fronte dell’obiettivo non vincolante del +20% già assunto per il 2020). Nell’Impact Assessment si prevede però che l’obiettivo per il 2020 venga quasi raggiunto mentre si prevede che il conseguimento dell’obiettivo del –40% per le emissioni climalteranti si tradurrà automaticamente, in termini di efficienza, in un miglioramento del 25% al 2030.

Il rafforzamento del coordinamento e della regolamentazione europea

La Comunicazione propone di fatto un rafforzamento della regolamentazione per quanto riguarda:

- il mercato dell’ETS, per il quale la Commissione presenta una proposta di revisione che rafforza l’intervento di backloading sul mercato;

- i mercati dell’energia, per i quali si ribadisce l’obiettivo del completamente di mercati integrati e competitivi, richiamando i principi già esposti nella “Chapeau” e dando ulteriore evidenza alla necessità di (i) integrare le fonti rinnovabili nei mercati energetici anche attraverso una progressiva contrazione dei sistemi di incentivazione, (ii) deregolamentare i mercati retail aumentandone il grado di concorrenza (iii) incrementare il grado di competitività dell’offerta energetica europea, tendendo conto delle tensioni che le industrie manifatturiere subiscono sul lato dei costi dell’energia e quindi ipotizzando il mantenimento del sistema di carbon leakage attualmente in vigore attraverso future opportune proposte legislative;

- il settore energetico, per il quale si ribadisce l’obiettivo di rafforzare la sicurezza della fornitura a fronte della vulnerabilità del sistema energetico europeo, sia per l’alta dipendenza dalle importazioni (circa 80% dei consumi), sia per l’onerosità della bolletta energetica (400 miliardi di euro nel 2012 pari a circa il 3,1% del PIL). A tal fine si pone in evidenza la necessità di: (i) sviluppare le risorse endogene, quali le rinnovabili ma anche risorse alternative come lo shale gas , (ii) diversificare le vie di approvvigionamento e rafforzare le interconnessioni; (iii) continuare sulla strada dell’incremento delle performance energetiche e delle politiche per il risparmio energetico, per le quali si prospettano proposte entro il 2014.

Per assicurare maggiori probabilità di successo alla politica delineata nella Comunicazione, la Commissione propone la definizione di un quadro regolamentare di governance, fondato su “Piani nazionali per un’energia competitiva, sicura e sostenibile”. Tali Piani, che seguiranno le linee guida che verranno sviluppate dalla CE, dovranno essere predisposti dai singoli stati membri attraverso un processo iterativo che coinvolga almeno gli stati confinanti ed essere valutati dalla Commissione in termini di capacità di conseguire gli obietti energetici ed ambientali europei.

L’andamento dei Piani ed il raggiungimento degli obiettivi saranno esaminati attraverso specifici indicatori quali i differenziali di prezzo dell’energia con i competitors extra–UE, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, lo sviluppo delle smart grids e delle interconnessioni, il livello di interazione dei mercati europei, i gradi di concorrenzialità e concentrazione dei mercati energetici nazionali o regionali e lo sviluppo tecnologico.

Trasporti e CC

Nel Quadro al 2030 la Commissione affronta anche brevemente i possibili percorsi di sviluppo di politiche complementari al raggiungimento degli ipotizzati obiettivi energetici ed ambientali. In particolare:

- per i trasporti, si constata l’incremento delle emissioni rispetto al 1990 sia attuale sia prospettico al 2020 e quindi la necessità di importanti impegni per il raggiungimento dei target al 2050 (–60% rispetto al 1990) in termini di trasformazione dell’intero sistema europei dei trasporti, di integrazione modale, di sviluppo delle infrastrutture e di utilizzo di strumenti quali la tassazione dei prodotti energetici per dissuadere il consumo;

- per la CCS, si evidenzia la necessità di mantenere un quadro europeo di sviluppo in termini di R&D e di dimostrazione commerciale e di supporto attraverso il sistema delle aste per le quote di emissione, peraltro accompagnato da un sistema di sostegni di origine nazionale fino ai casi di pre–commercializzazione, anche rivolto alle infrastrutture di stoccaggio e di trasporto.

Il “dibattito”

Sulla congruità ed opportunità degli obiettivi proposti dalla Commissione attraverso la Comunicazione si è aperto un ampio dibattito a livello nazionale ed europeo.

Da una parte il mondo dell’industria, in particolare quella manifatturiera, ha lamentato come la definizione di nuovi obiettivi in termini di riduzione dei gas climalteranti possa avere effetti “negativi” sul prezzo dell’energia in Europa, aumentando il differenziale di costo, già notevole, rispetto al costo dell’energia presente in altre aree di mercato.

In particolare – è stato osservato – negli USA, anche attraverso la produzione dello shale gas, il costo dell’energia è stato considerevolmente abbassato (permettendo di “rilocalizzare” attività che erano state in precedenza delocalizzate). Un aumento del costo dell’energia in Europa determinerebbe quindi un grave pregiudizio alla competitività delle imprese in un momento congiunturale di particolare criticità.

Hanno fatto eco a tale grido d’allarme anche importanti utilities ed operatori dell’energia che hanno evidenziato la necessità di un target unico sulla riduzione dei gas climalteranti per supportare un approccio tecnologicamente neutrale tra le tecnologie a bassa emissione di anidride carbonica. Del resto è proprio la penetrazione delle rinnovabili (a costo variabile pari a zero), unitamente al calo della domanda, ad aver progressivamente messo in crisi alcuni recenti investimenti termoelettrici (in particolare cicli combinati a gas), spiazzandone la produzione.

Di tutt’altro parere, naturalmente, sono gli esponenti delle associazioni ambientaliste, così come gli operatori della green economy, che hanno evidenziato la complessiva mancanza di ambizione della Comunicazione. Questa – hanno affermato – evitando di fissare un target per le energie rinnovabili, vincolante per gli Stati membri (ed in assenza di una reale governance di coordinamento per il raggiungimento di quello “comunitario” fissato al 27%) – sancirebbe di fatto la sostanziale ri–nazionalizzazione delle politiche energetiche.

La Comunicazione segnerebbe quindi, secondo questa lettura, una “inversione del senso di marcia” rispetto al precedente Pacchetto Clima – Energia 20/20/20 determinando una instabilità regolamentare e prospettica del settore, tale mettere in discussione il raggiungimento degli stessi target al 2020.

Considerazioni finali

La proposta della Commissione, in particolare l’obiettivo sostanzialmente non vincolante per le rinnovabili, ha natura compromissoria e si rivela, almeno nel medio periodo, sostanzialmente in favore di un approccio single–target, nonostante gli scenari quantitativi elaborati dalla medesima Commissione per accompagnare la Comunicazione evidenzino i maggiori benefici che deriverebbero a livello sistemico da un approccio multi–target con forti obiettivi di penetrazione delle rinnovabili.

Anche sulla riduzione dei gas a effetto serra, la Commissione, pur identificando un target vincolante (–40% al 2030) e riconoscendo la necessità di modificare l’ETS, prevede che il meccanismo di riserva e l’aumento del coefficiente di riduzione lineare siano implementati solamente a partire dal 2021. Una soluzione che lascia la questione dell’eccesso strutturale di offerta impregiudicata sino alla fine del III periodo.

In sintesi la Commissione sembra voler prendere tempo. Come ben noto l’Europa a partire dal 2008 è stata colpita da una crisi di portata inimmaginabile al momento dell’approvazione del primo Pacchetto clima–energia. Una crisi che ha provocato un drastico calo dei consumi e del reddito.

La mancanza di obiettivi effettivamente vincolanti sugli Stati Membri così come il “rinvio” sull’efficienza energetica sono la rappresentazione plastica del timore che nuovi oneri, in particolare sistemi di sostegno, declinati in modo autonomo a livello nazionale, possano effettivamente determinare un ulteriore incremento del costo dell’energia.

Tale timore nella realtà dei fatti è solo in parte giustificato, se si considera che, come la Commissione stessa evidenzia, dal 2008 i costi dell’energia più che per l’incentivazione sono cresciuti a causa delle quotazioni delle materie prime e dell’aumento di tasse ed accise.

I regimi di sostegno, spesso declinati in modo inopportuno a livello nazionale, sono quindi una concausa (per quanto non trascurabile), ma non il nocciolo del problema, che, non solo prospetticamente, continua ad essere quello della dipendenza energetica dell’Unione per oltre l’80% del proprio fabbisogno da Paesi extra–UE.

Tale criticità prescinde anche dalle tematiche di natura ambientale correlate al global warming ed all’effetto dei gas climalteranti. In un futuro non troppo lontano, con risorse fossili sempre più “contese” con le aree a maggiore crescita economica, l’Europa potrebbe trovarsi nella spiacevole situazione di non poter produrre l’energia di cui necessita, ovvero di poterlo fare solamente a costi esorbitanti. In un tale scenario l’industria europea sarebbe spiazzata a livello concorrenziale in modo ineluttabile.

In quest’ottica per quanto comprensibili, le polemiche di parte dell’opinione pubblica verso le politiche di decarbonizzazione dell’Unione Europea paiono essere affette da una certa miopia: la strada verso un modello a bassa intensità di emissioni è un percorso obbligato, rispetto al quale si può discutere di tempi, ma di cui difficilmente si può mettere in dubbio l’obiettivo.

Inoltre, a prescindere dalla misura percentuale del taglio delle emissioni, in ogni caso, sarebbe importante che nel quadro prospettico al 2030 fossero sin d’ora tenuti in maggiore considerazione sia gli aspetti infrastrutturali che quelli legati alla ricerca e sviluppo. Aspetti sui quali la Comunicazione glissa.

È necessario invece spingere, da subito, gli investimenti in quelle forme di flessibilità (smart grid, demand management, accumuli e servizi di bilanciamento e di flessibilità), utili per integrare in modo efficace nel sistema e nel mercato elettrico le rinnovabili sviluppate nell’ultimo decennio nel nostro Continente. E ancor di più è necessario concentrare i propri sforzi e premere nella direzione della ricerca e sviluppo.

È solo così che sarà possibile per l’Unione Europa arrivare ad uno o più breakthrough tecnologici (magari nell’ambito dello storage e delle reti intelligenti) che – similmente a quanto avvenuto con le tecniche estrattive nello shale gas negli USA – siano in grado di fare dell’energia un elemento di competitività per le aziende del Continente.