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Praticanti - Cassazione Civile: l’avvocato titolare dello studio non può incassare il compenso per l’attività stragiudiziale che il proprio praticante ha svolto a favore di un parente

Praticanti - Cassazione Civile: l’avvocato titolare dello studio non può incassare il compenso per l’attività stragiudiziale che il proprio praticante ha svolto a favore di un parente
Praticanti - Cassazione Civile: l’avvocato titolare dello studio non può incassare il compenso per l’attività stragiudiziale che il proprio praticante ha svolto a favore di un parente

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in assenza di procura alle liti, l’avvocato titolare dello studio non può richiedere l’onorario per pratiche stragiudiziali svolte dal proprio praticante in favore di suoi parenti.

Nel caso in esame, un presunto cliente proponeva opposizione al decreto emesso dal Giudice di Pace, con il quale gli era stato ingiunto di pagare ad un avvocato una somma di denaro quale corrispettivo di prestazioni professionali, in realtà svolte dal proprio nipote, praticante nello studio legale dell’avvocato che aveva chiesto il compenso.

Il Giudice di Pace, deducendo l’inesistenza di qualsiasi rapporto professionale tra il legale e l’ingiunto per assenza di procura alle liti anche solo verbale, essendo stato incaricato delle pratiche stragiudiziali il praticante avvocato, accoglieva l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo.

Il Tribunale, in sede di giudice di appello, condannava, altresì, l’avvocato, al pagamento delle spese anche del primo grado, rilevando non solo l’assenza di un mandato scritto, ma anche l’insussistenza di un conferimento anche solo verbale dell’incarico all’avvocato, risultando incontestabile che il presunto cliente avesse avuto un rapporto con il solo nipote, abilitato a svolgere la richiesta attività stragiudiziale.

Avverso la sentenza del Tribunale, il professionista proponeva ricorso per Cassazione, deducendo vizio di motivazione della sentenza impugnata per non aver il giudice di merito rilevato la sussistenza di un rapporto professionale instauratosi per facta concludentia per la “consegna dei documenti, direttamente o per il tramite del proprio nipote, al ricorrente”.

I giudici di Cassazione hanno rigettato il ricorso proposto dall’avvocato, rilevando come nel caso in esame non vi sia mai stato un conferimento dell’incarico al legale, titolare dello studio in cui il nipote del presunto cliente svolgeva la pratica forense, neppure per facta concludentia, non essendosi instaurato alcun rapporto tra il professionista e il cliente, il quale aveva avuto un rapporto con il solo nipote, praticante dello studio abilitato allo svolgimento dell’attività stragiudiziale.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 25 ottobre 2016, n. 21543)

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in assenza di procura alle liti, l’avvocato titolare dello studio non può richiedere l’onorario per pratiche stragiudiziali svolte dal proprio praticante in favore di suoi parenti.

Nel caso in esame, un presunto cliente proponeva opposizione al decreto emesso dal Giudice di Pace, con il quale gli era stato ingiunto di pagare ad un avvocato una somma di denaro quale corrispettivo di prestazioni professionali, in realtà svolte dal proprio nipote, praticante nello studio legale dell’avvocato che aveva chiesto il compenso.

Il Giudice di Pace, deducendo l’inesistenza di qualsiasi rapporto professionale tra il legale e l’ingiunto per assenza di procura alle liti anche solo verbale, essendo stato incaricato delle pratiche stragiudiziali il praticante avvocato, accoglieva l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo.

Il Tribunale, in sede di giudice di appello, condannava, altresì, l’avvocato, al pagamento delle spese anche del primo grado, rilevando non solo l’assenza di un mandato scritto, ma anche l’insussistenza di un conferimento anche solo verbale dell’incarico all’avvocato, risultando incontestabile che il presunto cliente avesse avuto un rapporto con il solo nipote, abilitato a svolgere la richiesta attività stragiudiziale.

Avverso la sentenza del Tribunale, il professionista proponeva ricorso per Cassazione, deducendo vizio di motivazione della sentenza impugnata per non aver il giudice di merito rilevato la sussistenza di un rapporto professionale instauratosi per facta concludentia per la “consegna dei documenti, direttamente o per il tramite del proprio nipote, al ricorrente”.

I giudici di Cassazione hanno rigettato il ricorso proposto dall’avvocato, rilevando come nel caso in esame non vi sia mai stato un conferimento dell’incarico al legale, titolare dello studio in cui il nipote del presunto cliente svolgeva la pratica forense, neppure per facta concludentia, non essendosi instaurato alcun rapporto tra il professionista e il cliente, il quale aveva avuto un rapporto con il solo nipote, praticante dello studio abilitato allo svolgimento dell’attività stragiudiziale.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 25 ottobre 2016, n. 21543)